NUZZI, Ferdinando
NUZZI, Ferdinando. – Nacque a Orte il 10 settembre 1645 da Giacomo e da Marianna Persiani.
La famiglia paterna, originaria di Todi e insignita del titolo comitale, si era insediata nella cittadina intorno al 1640 e aveva assunto un certo rilievo nell’ambito della provincia del Patrimonio di S. Pietro.
Nel 1654 si trasferì a Roma, dove compì gli studi, prima presso i gesuiti del Collegio romano e poi alla Sapienza, conseguendo la laurea in diritto civile e canonico. Iniziò quindi una carriera nell’amministrazione temporale pontificia, che agli esordi si rivelò piuttosto lenta. Procuratore di collegio negli anni Ottanta e canonico della basilica vaticana dal novembre 1688, fu poi votante della Segnatura e, dal 1688 al 1698, commissario della Reverenda Camera apostolica, il massimo organismo finanziario della S. Sede. In questa veste partecipò ai lavori delle congregazioni speciali per la Riforma dei tribunali create da Innocenzo XII nel 1692. Consultore del S. Uffizio dal 1696, nel 1700 divenne assessore della stessa congregazione. In questa veste, partecipò, senza assumere particolare rilievo, alle discussioni che condussero alla condanna delle tesi gianseniste dell’oratoriano Pasquier Quesnel.
Con il progressivo svolgersi della carriera curiale di Nuzzi, anche la famiglia consolidò le proprie posizioni a Roma, tanto che il fratello Gian Pietro ottenne la carica militare di sergente della provincia del Patrimonio: un’ascesa sociale che si concluse, con l’ingresso del nipote Innocenzo nei ranghi del patriziato romano, negli anni Venti del Settecento.
Chiusa dopo circa due anni la parentesi al S. Uffizio, Nuzzi tornò agli ambiti, a lui più congeniali, del governo temporale, assumendo, nel gennaio 1702, la carica di chierico della Camera apostolica e, dal 1702 al 1706, la prefettura dell’Annona, che sovraintendeva alla delicata gestione degli approvvigionamenti granari della capitale. In questa veste, operò per un miglioramento delle strutture a disposizione della prefettura, commissionando a Carlo Fontana la costruzione dei nuovi granai nell’area delle Terme di Diocleziano. Fu inoltre chiamato a partecipare alla congregazione del Sollievo, un organismo composto di cardinali, prelati e alcuni laici, istituito da Clemente XI il 1° marzo 1701, al fine di promuovere l’agricoltura e, più in generale, l’economia dell’Urbe.
I lavori della congregazione affrontarono sin dalle prime battute le questioni, tra loro intrecciate, dell’arretratezza agricola dell’Agro romano e del funzionamento del sistema annonario, ritenuto di ostacolo allo sviluppo della cerealicoltura. Di fronte all’emergere di una serie di posizioni tra loro incomponibili, Nuzzi intervenne, oltre che nell’ambito della congregazione, con la pubblicazione di un Discorso… intorno alla coltivazione, e popolazione della Campagna di Roma (Roma 1702), che cercò di mettere un punto fermo nella discussione sull’autosufficienza agricola dello Stato della Chiesa e sul funzionamento del sistema di approvvigionamento cerealicolo della città di Roma. L’opera, la cui pubblicazione non sfuggì al diarista Francesco Valesio (II, 1997, p. 289), costituiva la prima complessiva riflessione sull’agricoltura dell’Agro romano dopo quella di Giovambattista Doni (De restituenda salubritate Agri Romani, Firenze 1667), ancora legata a intenti encomiastici e dal carattere prevalentemente letterario. Pur se ricco di riferimenti storici ed eruditi, il Discorso di Nuzzi era fortemente legato alle problematiche concretamente emerse nell’ambito della congregazione del Sollievo. Aderendo a un generico mercantilismo, Nuzzi respingeva la tesi di un’infecondità naturale dell’Agro romano e criticava l’esclusiva estensione delle produzioni cerealicole, che ben difficilmente avrebbero potuto rivelarsi economicamente competitive. Sottolineava dunque l’inutilità degli incentivi sinora utilizzati (privilegi e permessi di esportazione) e proponeva di realizzare una differenziazione colturale, da sostenere con adeguate misure legislative e, al limite, con il frazionamento delle grandi tenute. In tal modo, si sarebbe potuto limitare il peso delle importazioni di prodotti agricoli e tessuti e avviare una dinamica economica espansiva.
Le tesi del Discorso furono oggetto di alcuni tentativi di applicazione, basati sull’impianto di alcune tenute modello nell’Agro romano, che non ebbero esiti significativi. Esse conobbero però una duratura fortuna durante tutto il Settecento, tanto che l’opera fu ristampata ancora nel 1783 e fu spesso richiamata nel dibattito sulle riforme nello Stato della Chiesa. La prospettiva di Nuzzi rimane tuttavia fortemente legata alla rielaborazione di più tradizionali temi della riflessione seicentesca, per cui appare problematico collegarla a un movimento riformatore che progressivamente si saldò a istanze muratoriane e illuministiche.
Dopo aver esercitato brevemente le funzioni di protesoriere nel corso del 1704, nel maggio 1706 Nuzzi fu nominato segretario della congregazione dei Vescovi e regolari, carica che conservò fino al 1715, affiancandola a quella di membro di numerose altre congregazioni, tra le quali il S. Uffizio. Negli anni del pontificato di Clemente XI, era dunque un autorevole prelato di Curia, ben introdotto nei principali circoli culturali romani, in particolare in quelli dei cardinali Giuseppe Renato Imperiali e Pietro Ottoboni.
Non a caso, Giusto Fontanini, bibliotecario di Imperiali ed erudito assai in voga nel primo trentennio del Settecento, gli dedicò il suo De antiquitatibus Hortae coloniae Etruscorum (Roma 1708), in seguito ristampato insieme al Discorso sull’Agro romano (Roma 1723). A testimonianza degli interessi letterari ed eruditi di Nuzzi stanno anche la sua piccola raccolta di antichità, che conservò a Orte, e la sua iscrizione all’Arcadia con il nome di Dositeo Nuntino (1716). Anche se non fu in possesso di una significativa collezione di pittura, dovette inoltre mantenere rapporti piuttosto stretti con alcuni artisti, tra cui Carlo Fontana e Mattia De’ Rossi.
Culmine della lunga carriera di Nuzzi fu il cardinalato, che gli venne concesso il 16 dicembre 1715. Nell’aprile 1716 fu nominato al vescovato di Orvieto, dove si trasferì qualche mese dopo. La nomina corrispondeva verosimilmente a un’aspirazione dello stesso Nuzzi che, ormai anziano, poté dedicarsi a consolidare la posizione della sua famiglia nel Patrimonio.
Non a caso, risalgono a questi anni le principali commissioni artistiche di Nuzzi, che rivolse quasi esclusivamente a Orte, sia in quanto committente privato sia in quanto promotore di restauri e abbellimenti di edifici pubblici. Al 1716-17 data la completa ristrutturazione, nel centro della cittadina, del palazzetto di famiglia. L’opera fu affidata a Carlo Francesco Bizzaccheri, uno degli architetti più noti della Roma dell’epoca, che realizzò un’architettura piuttosto tradizionale, ma ingentilita da elementi tipici del rococò romano. Nello stesso giro di anni, furono pure fortemente accelerati i lavori di ristrutturazione della cattedrale, un’opera che Nuzzi seguì sempre con attenzione, anche mobilitando il suo credito presso la Curia romana.
Morì improvvisamente a Orvieto il 1° dicembre 1717. Suo nipote Innocenzo gli eresse un monumento nella cappella di S. Brizio del duomo, in seguito rimosso.
Fonti e Bibl.: F. Valesio, Diario di Roma, I, Milano 1977, pp. 563, 568; II, ibid. 1977, pp. 289, 325, 576, III, ibid. 1978, pp. 119, 121, 194, 610, 713; IV, ibid. 1978, p. 66; Notizie storiche degli Arcadi morti, II, Roma 1720, pp. 182-186; M. Guarnacci, Vitae et res gestae pontificum romanorum et S.R. Ecclesiae cardinalium…, II, Roma 1751, pp. 290 s.; A. Canaletti Gaudenti, La politica agraria ed annonaria dello Stato pontificio da Benedetto XIV a Pio VI, Roma 1947, p. 51; Illuministi italiani, VII, Riformatori delle antiche repubbliche, dei ducati, dello Stato pontificio e delle isole, Milano-Napoli s.d. [1965], ad ind.; N.A. Mallory, Carlo Francesco Bizzaccheri (1655-1721), in Journal of the Society of Architectural Historians, XXXIII (1974), pp. 41 s.; L. Ceyssens - J.A. Tans, Autour de l’Unigenitus. Recherches sur la genèse de la constitution, Leuven 1987, ad ind.; V. Reinhardt, Die Präfekten der römischen Annona im 17. und 18. Jahrhundert. Karrieremuster als Behördengeschichte, in Römische Quartalschrift, LXXXV (1990), pp. 98-115; C. Weber, Die ältesten päpstlichen Staatshandbücher. Elenchus Congregationum, tribunalium et collegiorum Urbis: 1629-1714, Rom-Freiburg-Wien 1991, p. 134; S. Tabacchi, Tra riforma e crisi: il “buon governo” delle comunità dello Stato della Chiesa durante il pontificato di Clemente XI, in Papes et papauté au XVIII siècle, a cura di P. Koeppel, Paris 1999, pp. 55 s.; C. Weber, Die päpstlichen Referendare 1566-1809. Chronologie und Prosopographie, Rom-Freiburg-Wien 2004, pp. 768 s.; S.E. Anselmi, Committenze a Orte in età barocca. Cultura gesuita e influenza pozziana. Gli Alberti e i Nuzzi, Roma 2006, pp. 51-57, 59, 64, 67, 70, 97-103, 135; S. Tabacchi, Il Buon Governo. Le finanze locali nello Stato della Chiesa, Roma 2008, ad indicem.