FERDINANDO (Ferrán) di Maiorca
Nacque tra il 1275 e il 1280, terzogenito di re Giacomo II di Maiorca e di Esclaramunda di Foix. Sulla sua giovinezza si hanno scarsissime notizie; probabilmente dal 1286 fu educato insieme con i fratelli più grandi Giacomo e Sancio a ParigiDopo il ritorno nel piccolo Regno paterno rivelò subito un'indole avventurosa, palesemente intento a realizzare le sue ambiziose aspirazioni, visto che come terzogenito la successione al trono di Maiorca gli era preclusa. Il grande modello cui si ispirava era il cugino Federico III di Sicilia, anch'egli terzogenito, il quale nel 1296 era riuscito a farsi eleggere re e negli anni seguenti aveva difeso con successo l'isola da una preponderante coalizione di nemici.
Un prinio tentativo di fuggire in Sicilia alla corte dell'ammirato cugino con l'aiuto di Ruggero de Flor, il quale nell'ottobre 1301, in tacita intesa con Federico III, saccheggiò le coste di Maiorca, fallì. Nel periodo successivo l'infante sembra essersi schierato in maniera sempre più decisa contro la politica filopapale e filofrancese del padre e all'inizio del 1304gli si offrì un'occasione insperata di realizzare i sogni di un principato o di un regno proprio.
Al principio del XIV secolo alcuni esponenti della corrente spirituale dell'Ordine francescano, sotto la guida di Bernard Délicieux, cominciavano a opporsi all'Inquisizione in Linguadoca dominata dai domenicani, dalla quale i minoriti si sentivano minacciati in misura crescente. Soprattutto nella città di Carcassonne Délicieux riusci a conquistare al suo partito le masse popolari e parte del patriziato. Dopo che Filippo IV il Bello di Francia, recatosi in Linguadoca alla fine del 1303, aveva negato l'appoggio sperato, Délicieux e il suo principale alleato Elie Patrice, capitano e autoproclamato tribuno del popolo di Carcassonne, furono costretti a cercare un altro protettore che sostenesse i loro interessi.Mentre accompagnavano il re francese che proseguiva il suo viaggio in Linguadoca, Délicieux e Patrice si imbatterono inaspettatamente in F., il quale alla metà di febbraio 1304 si era recato col padre a Montpellier, dove il re di Maiorca voleva prestare il giuramento di vassallaggio a Filippo IV per i possedimenti continentali che egli aveva in feudo dalla Corona di Francia. Tra il 21 e il 29 febbr. 1304, in due giorni consecutivi-1 ebbe luogo un incontro tra l'infante Délicieux e Patrice. Secondo le dichiarazioni di alcuni testimoni durante il processo contro Délicieux (1319) fu lo stesso F. a prendere l'iniziativa e a dichiararsi pronto a fare quello che non intendeva fare Filippo il Bello. Comunque sia, le due partì arrivarono presto ad un accordo e Délicieux e Patrice offrirono a F. la signoria su Carcassonne e, se possibile, sull'intera Linguadoca. Tuttavia, prima che il complotto venisse messo in atto, il francescano e Patrice vollero consultare il popolo di Carcassonne. Accompagnato dal confratello Raymond Etienne, Délicieux tornò da Carcassonne all'inizio dell'aprile 1304 con una lettera dei consoli della città diretta a F. nella quale costoro, a precise condizioni, offrivano al giovane principe la signoria della città. I due francescani incontrarono l'infante a Saint-Jean Plan-de-Cors (presso Perpignan), dove questi si trovava insieme con il padre. Giacomo II già durante le trattative tra Délicieux e F. aveva avuto notizia dell'arrivo del francescano e dell'incontro segreto con il figlio. Il re di Maiorca, per il quale l'alleanza con la Francia, a causa della minaccia costituita dalla vicina e potente Aragona, era vitale e che in nessun caso poteva rischiare la rottura con Filippo il Bello, convocò prima Délicieux e poi F., usando addirittura metodi violenti nei suoi confronti, mentre i due minoriti furono espulsi immediatamente dal Regno di Maiorca.
La condotta avventata dell'infante condusse inevitabilmente alla rottura con il padre. F. lasciò dunque Maiorca e riparò alla corte del cugino Giacomo II d'Aragona, presso la quale soggiornò tra il 1305 e il 1306. Cercò di ottenere dal cugino innanzi tutto un supporto finanziario per le imprese che progettava, ma Giacomo reagì freddamente, giacché non aveva alcuna intenzione di permettere che eventuali avventure di F. mettessero in pericolo la sua posizione di supremazia nel Mediterraneo, consolidata faticosamente negli ultimi decenni. Nella primavera 1306 il re aragonese tentò invece, insieme con la madre di F. Esclaramunda, di riconciliare l'infante con il padre. L'iniziativa dovette ottenere almeno un successo parziale, dato che Giacomo II di Maiorca nel suo testamento, redatto nel settembre 1306, dotò F. delle città di Aumelas, Pouget, Pouzols, Saint-Bauzille, Vendémian, Plaissan, Saint-Paul, Saint-Georges, Paulhan, Adissan, Vailhan e Frontignan, tutte nella signoria di Montpellier, che l'infante avrebbe dovuto ricevere in feudo dal fratello maggiore ed erede al trono Sancio.
Prima che si arrivasse ad una definitiva riconciliazione tra padre e figlio, i rapporti tra i due furono sottoposti ad una nuova prova. A partire dal 1303 Federico III aveva tentato di legare più saldamente a sé la Compagnia catalana, che precedentemente aveva militato in Grecia al servizio dell'imperatore bizantino Andronico Il. Nel 1306 il re di Sicilia intensificò ulteriormente gli sforzi perché anche l'imperatore titolare di Costantinopoli e rivale di Federico, Carlo di Valois, tentava di convincere la Compagnia di passare al suo servizio. Probabilmente con l'appoggio del fratello Giacomo II d'Aragona, che in questo modo sperava di levarsi di torno l'irrequieto infante, nella primavera I 306 il re di Sicilia iniziò a trattare con F. per proporgli di recarsi in Romania e di assumere il comando della Compagnia catalana in suo nome. All'inizio del 1307 F. si trasferi in Sicilia, e il 10 maggio a Milazzo i due cugini stipularono un contratto che stabiliva le condizioni alle quali F. avrebbe preso il comando dei Catalani. L'infante avrebbe dovuto comandare la compagnia come luogotenente di Federico III ed eseguire tutti gli ordini del re, al quale doveva prestare l'omaggio e il giuramento di fedeltà. Inoltre F. si impegnò a non stipulare trattati e a non contrarre matrimonio senza l'approvazione di Federico. In cambio il re promise di sostenerlo con tutte le sue forze e di intervenire presso la Compagnia affinché questa lo riconoscesse come comandante supremo in suo nome e gli prestasse l'omaggio. Come termine della partenza venne fissato il maggio 1307.
In effetti già il 20 maggio 1307 F., con quattro galere, raggiunse Gallipoli, dove sin dal primo giorno si trovò di fronte a grosse difficoltà a causa della rivalità tra i due capitani della compagnia, Berengar d'Entença e Bernat de Rocafort. Rocafort era pronto a riconoscere F. solo come comandante supremo della Compagnia, ma non come luogotenente di Federico III, e riuscì a portare sulle sue posizioni gran parte della Compagnia, cosicché F., dinanzi a questa resistenza irriducibile, prese in considerazione il ritorno in Sicilia. Su richiesta dei Catalani alla fine si dichiarò, tuttavia, disposto ad accompagnare la Compagnia fino a Salonicco e a ricomporre i contrasti tra i due condottieri, senza però venire riconosciuto formalmente comandante supremo. Durante la marcia verso Cristopoli (Kavala) nel luglio 1307 si arrivò ad un aperto conflitto tra i contingenti di EntenQa e di Rocafort, durante i quali il primo perse la vita. Dato però che Rocafort continuò a non voler riconoscere F. come luogotenente del re siciliano, l'infante considerò fallita l'intera missione e abbandonò la Compagnia.
Con le sue quattro galere F. navigò verso l'isola di Taso, dove si imbatté in Ramon Muntaner, il quale si unì a lui con un'altra galera. Con questa flottiglia i due saccheggiarono il porto tessalo di Almiro e l'isola di Scopelo, prima di dirigersi verso Negroponte (o Eubea), dove alla fine di luglio fecero scalo in un porto sulla costa nordoccidentale dell'isola. Ma qui Teobaldo di Chepoy, il quale dalla primavera 1307 si trovava in Grecia con undici galere veneziane per sostenere gli interessi di Carlo di Valois in Romania, con un colpo di mano prese prigionieri F. e Muntaner, nell'intenzione di eliminare un pericoloso rivale del suo signore Carlo di Valois. Il francese consegnò F. al duca di Atene Guido II de la Roche, il quale dapprima rinchiuse l'infante a Tebe, poi su insistenza di Carlo di Valois lo consegnò a Roberto d'Angiò, allora reggente del Regno di Napoli. A Napoli F., grazie all'intervento della sorella Sancia, moglie di Roberto d'Angiò, fu trattato più come ospite che come prigioniero; nella primavera 1308 re Carlo II d'Angiò, su insistenza di Carlo di Valois, di Filippo IV di Francia e di Roberto, lo liberò definitivamente dalla prigionia. Già il 2 luglio F. era a Perpignano, e qui dopo quattro anni finalmente si riconciliò con il padre.
F. non rimase a lungo nel piccolo Regno di Maiorca, i cui angusti confini non offrivano alcuna possibilità di soddisfare l'ambiziosa aspirazione a una propria signoria. Dopo il fallimento, nella primavera 1309, delle trattative matrimoniali con la corte di Castiglia allo scopo di concludere le nozze con Isabella, sorella del re Ferdinando IV, già nell'estate successiva F. tornò alla corte di Giacomo II di Aragona e insieme con il re prese parte all'assedio di Almeria. Anche Giacomo Il gli propose un'interessante ipotesi matrimoniale, che avrebbe anche potuto favorire i progetti in Oriente dell'infante.
Si trattava del matrimonio con Clemenza, nipote di re Roberto di Napoli e sorella di re Carlo Roberto di Ungheria. Tra il dicembre 1309 e il febbraio 1310 ci fu pertanto un fitto scambio di inviati fra Giacomo II e Roberto, ma il progetto fallì a causa delle riserve che il re di Napoli sollevò sin dall'inizio. Roberto temeva probabilmente un'alleanza siculo-ungherese, dato che F. era in stretti contatti con Federico III, mentre Carlo Roberto, figlio di Carlo Martello, il fratello maggiore di Roberto morto prematuramente, non aveva rinunciato alle aspirazioni al trono di Napoli. Ma il definitivo affossamento del progetto matrimoniale fu opera dello stesso Carlo Roberto, che per consolidare la sua posizione ancora incerta in Ungheria decise di maritare la sorella ad un magnate ungherese. Falli anche un terzo progetto di matrimonio, promosso di comune accordo da Giacomo II di Maiorca e Giacomo II d'Aragona, che prevedeva l'unione tra F. e la figlia del giuffice di Gallura. F. avrebbe dovuto in cambio appoggiare militarmente il re d'Aragona nella conquista dell'isola. Dopo la presa di possesso Giacomo gli assicurava la somma annua di 100.000 solidi barcellonesi pagati dall'isola.
Nella primavera 1311 Roberto d'Angiò a sorpresa chiese a Giacomo II di Maiorca di inviargli il figlio con un contingente di cavalleria. Probabilmente il re di Napoli sperava di impiegare F., deluso per non avere ricevuto da Federico III l'appoggio sperato per crearsi una propria signoria, contro il re siciliano. L'infante, che si aspettava peraltro anche dagli Angioini un sostegno per i suoi obiettivi, ancora prima dell'aprile 1311 giunse a Napoli, dove fu accolto con tutti gli onori. Questo inatteso voltafaccia inquietò Federico III e Giacomo II di Aragona, i quali temevano azioni militari di F. contro la Sicilia. Ma già nell'estate successiva F., deluso nelle sue aspettative fece ritorno a Maiorca (dove il 29 maggio era morto il padre) e intensificò di nuovo i rapporti con Giacomo II d'Aragona, il quale al momento sembrava l'unico in grado di offrirgli un appoggio concreto. Nell'autunno 1311 F., insieme con il fratello maggiore Sancio, succeduto al padre sul trono, si recò in Francia alla corte di Filippo il Bello, dove all'inizio del 1312 Si scontrò con Carlo di Valois, ritenuto responsabile della sua cattura da parte di Teobaldo di Chepoy nel luglio 1307.
Al suo rientro a Maiorca F. doveva già essere atteso da inviati di Federico III, i quali gli comunicarono che il re di Sicilia lo voleva vedere urgentemente per discutere con lui una questione importante. Se si deve prestare fede alla versione aragonese della Cronaca di Morea (il Libro de los fechos), Margherita di Villehardouin, ultima figlia del principe Guglielmo II, dopo la morte della sorella Isabella era andata a Napoli e aveva concluso un accordo segreto con la regina Sancia, sorella di F., in base al quale all'infante doveva essere assicurato il possesso del principato di Acaia, sebbene Margherita non potesse far valere in alcun modo diritti sulla successione in Morea. F. avrebbe dovuto prendere in moglie Isabella di Sabran, la figlia nata dal matrimonio di Margherita con Riccardo Orsini di Cefalonia, che avrebbe portato come dote i diritti sul Principato di Acaia. Sancia, che desiderava favorire con tutte le forze le aspirazioni del fratello, armò segretamente un galeone e spedì Margherita alla corte di Federico III di Sicilia. Questi sollecitò pertanto F. a recarsi al più presto da lui. Senza che gli fosse possibile consultare Giacomo Il d'Aragona, F. nel marzo 1312, su una galera messa a disposizione dal fratello Sancio, si recò in Sicilia, dove Federico III, ben soddisfatto di essersi riguadagnato il vecchio alleato, il 24 luglio 1312 a Messina gli conferì la giurisdizione civile e penale su Catania e gli donò il castello della città come allodio.
Il contratto matrimoniale tra Isabella di Sabran e F. fu firmato finalmente nel febbraio 1314 a Messina. Margherita di Villehardouin cedette espressamente a F. tutti i diritti e le entrate che possedeva in Morea. Inoltre rinunciò ai suoi diritti su Clarenza e Calamata, mentre la figlia Isabella portò in dote Matagrifon, un feudo ereditario di Margherita. Il 18 febbraio il matrimonio fu celebrato alla presenza di Federico III. F. iniziò subito ad organizzare una spedizione militare in Morea con l'aiuto del fratello Sancio e di Giacomo II d'Aragona, ma dovette rinviare la partenza di oltre un anno.
Nell'estate 1314 scoppiò di nuovo la guerra tra Napoli e la Sicilia, e il 9 ag. 1314 Roberto d'Angiò sbarcò con un grosso esercito presso Trapani. Il 16 l'Angioino iniziò l'assedio della città, che resistette per vari mesi. F. ebbe un ruolo determinante nella efficace difesa di Trapani, perché dislocò le truppe a Monte San Giuliano (l'odierna Erice), dominante la città. Dopo che l'esercito angioino si fu estenuato in quattro mesi di inutile assedio, Sancia, su incarico di Roberto d'Angiò, chiese a F. di adoperarsi presso Federico III per un armistizio. Effettivamente Roberto e Federico III, grazie all'iniziativa dei due fratelli, il 16 dic. 1314 conclusero una tregua, con termine al primo maggio 1316, che mise provvisoriamente fine alle operazioni militari.
Anche dopo la partenza di Roberto F. dovette però rinviare i suoi piani di una spedizione in Oriente, perché il 5 apr. 1315 gli nacque un figlio - il futuro Giacomo III di Maiorca - e la moglie Isabella, probabilmente per le conseguenze del parto, il 7 maggio morì. Nel suo testamento, redatto il 15 marzo 1315 e aperto il 12 maggio alla presenza di F. a Catania, Isabella aveva lasciato in eredità tutti i suoi possedimenti e i suoi diritti al nascituro, mentre a F. sarebbe spettato l'usufrutto vitalizio. F. nel frattempo aveva invano richiesto la restituzione dei beni mobili della suocera Margherita di Villehardouin, da poco deftinta, che il bailo angioino in Acaia, Nicolas le Maure, aveva requisito. Il comportamento ostile del funzionario angioino convinse F., dopo essersi consultato con Federico III, a realizzare i suoi progetti una volta per tutte con la forza delle anni. Il re di Sicilia cercò di dare all'infante la necessaria copertura diplomatica e il 28 apr. 1315 si rivolse alla Repubblica di Venezia con la preghiera di considerare F. come un amico.
Alla fine del giugno 1315 F. si imbarcò a Messina con 500 cavalieri diretto in Morea, dove l'8 luglio 1315 approdò nei pressi di Clarenza, dopo che un tentativo da parte di Nicolas le Maure e Niccolò Orsini di sventare lo sbarco era fallito. Le truppe del bailo angioino ripiegarono dapprima su Clermont e poi su Calamata, da dove Nicolas le Maure tentò di organizzare la difesa della Morea. Dopo la conquista di Clarenza F. cercò dapprima di consolidare la sua posizione per via diplomatica e richiese di nuovo la restituzione dei beni requisiti della suocera. Solo dopo un nuovo rifiuto, l'infante passò all'offensiva e conquistò in successione Andravida, L'Oriol e la Glisière. Dopo questi successi Niccolò Orsini conte di Cefalonia, Nicolas de Dramelay barone di Chalandritsa e Nicolas de Nivelet fecero atto di sottomissione a F. e gli consegnarono il castello di Clermont. F. tentò allora di sottomettere l'intero principato d'Acaia, con un'unica campagna militare, e proseguì verso sud in direzione di Beauvoir, dove s'imbatté in un esercito di Nicolas le Maure e gli inflisse una decisiva sconfitta. Dopo la conquista di Beauvoir e l'ulteriore ritirata del bailo angioino su Calamata l'infante pensò di avere in pugno la situazione e lo stesso Le Maure si sottomise o più probabilmente finse di sottomettersi a Ferdinando. Senza che fosse riuscito a prendere Matagrifon, il nuovo signore della Morea ripiegò su Clarenza, dove trascorse l'inverno.
Per dare stabilità politica alla sua nuova signoria già in luglio, poco dopo l'arrivo a Clarenza, F. aveva intrecciato relazioni con la casa regnante di Cipro. Il 16 luglio nominò tre procuratori con l'incarico di trattare un matrimonio con il casato dei Lusignano. Il progetto fu sostenuto in maniera determinante da Maria di Cipro, moglie di Giacomo II d'Aragona e sorella di Enrico Il di Lusignano, la quale il 16 ag. 1315 giunse a Clarenza. I procuratori di F. poterono perciò, già il 5 ott. 1315, concludere a Nicosia un accordo che prevedeva il matrimonio del loro signore con Isabella d'Ibelin, figlia di Filippo d'Ibelin e cugina di Enrico II di Lusignano. Come dote la sposa avrebbe portato 100.000 bisanti, il cui pagamento avrebbe dovuto avere luogo in due rate, dopo la ratifica dell'accordo, nell'agosto 1316, da parte di F., il quale a sua volta doveva versare a Isabella un dovario di 50.000 bisanti. Lo stesso giorno uno dei procuratori di F. concluse in suo nome anche fonnalmente il matrimonio.
L'arrivo di Matilde di Hainaut, figlia di Isabella di Villehardouin e di Fiorenzo di Hainaut, che vantava legittimi diritti sul Principato di Acaia, mutò repentinamente la situazione generale in Morea a sfavore di Ferdinando. Il bailo Nicolas le Maure accolse pubblicamente Matilde a Port-de-Jonc alla fine del 1315 e la condusse a Calamata, mostrando così chiaramente a tutti che il suo riconoscimento di F. come principe di Acaia era stato solo una mossa tattica. La conseguenza fu una defezione generale dallo schieramento di F.: Niccolò Orsini, Nicolas de Dramelay e il vescovo Giacomo di Oleno riconobbero la signoria di Matilde dopo che ella ebbe loro assicurato l'impunità. Solo il signore di Nivelet rimase fedele a Ferdinando. In un primo tempo tuttavia l'infante riuscì a mantenere il controllo della situazione. Reagì alla fellonia di Nicolas di Dramelay occupando Chalandritsa, nel cui castello fu posto un contingente catalano forte di 150 uomini che resistette a tutti i tentativi di riconquista. L'assedio di Patrasso, invece, che era difesa dall'arcivescovo Ranieri, fallì, cosicché F. si dovette limitare in seguito alla presa di alcune piazze meno difese.
Matilde di Hainaut nel frattempo era passata all'offensiva e aveva inviato verso nord un esercito di 500 cavalieri, il cui nucleo principale era formato da borgognoni, e 7.000 fanti sotto il comando di Niccolò Orsini. F., che nel frattempo era ripiegato su Andravida, il 21 febbr. 1316 gli mosse incontro con un esercito numericamente inferiore (200 cavalieri e 3.000 fanti). Il giorno dopo presso Picotin (Paleopoli), non lontano da Andravida, ebbe luogo battaglia. F. riuscì ad infliggere ai nemici una bruciante sconfitta: 500 cavalieri e 700 fanti delle truppe dell'Orsini rimasero sul campo.
Nonostante questa brillante vittoria, tuttavia, gli avvenimenti presero una piega sempre più sfavorevole per l'infante, perché il marito di Matilde, Ludovico di Borgogna, nell'aprile 1316 giunse a Patrasso con un contingente di altri 1.500 cavalieri borgognoni. In questa situazione sempre più critica F. si rivolse al fratello Sancio e ai Catalani nel Ducato di Atene perché gli inviassero rinforzi. In effetti, il re di Maiorca promise di inviare 10 galere e il duca di Atene 700 cavalieri e altrettanti fanti. Ludovico di Borgogna nel frattempo sferrò l'offensiva e dopo la riconquista di Beauvoir pose l'assedio a Chalandritsa. F., che temeva la perdita di questo castello così importante strategicamente, mosse contro la città assediata, ma non riuscì a costringere Ludovico ad accettare battaglia. Questi, infatti, si ritirò con le sue truppe nella ben difesa Patrasso e di li spedì un'ambasceria al catepano greco di Monemvasia, chiedendo nuovi aiuti. Solo dopo che il funzionario greco ebbe promesso l'invio di 2.000 uomini, Ludovico si decise a modificare la sua strategia e ad affrontare F. in campo aperto, prima che arrivassero i soccorsi da Maiorca e da Atene o F. potesse rientrare nella fortificata Clarenza.
Di fatto F., dopo un consiglio di guerra con i suoi capitani, decideva di asserragliarsi a Clarenza e di attendervi l'arrivo di truppe fresche. Riusci effettivamente a portare le sue truppe nella città, ma il 3 luglio 1316 ne uscì di nuovo con il suo esercito, probabilmente perché temeva che i rinforzi non sarebbero giunti in tempo e che rischiasse di rimanere bloccato nella città senza rifornimenti. Nella notte F. pose l'accampamento nei pressi del castello di L'Oriol con l'intenzione di proseguire il giorno dopo verso est. Il 4 luglio Ludovico, proveniente da Patrasso, raggiunse anch'egli L'Oriol, dopo che nella notte aveva ricevuto gli attesi rinforzi greci di 2.000 uomini. Dinanzi alle preponderanti forze nemiche il 5 luglio 1316 F. tentò di evitare la battaglia con una ritirata sul villaggio di Manolada, ma, non riuscendo a scrollarsi di dosso l'esercito nemico, decise, contro l'opinione dei suoi subalterni, di accettare battaglia, sebbene avesse davanti forze tre volte superiori. Dopo un successo iniziale, durante il quale F. riuscì a sfondare la prima fila dell'esercito nemico comandata da Niccolò Orsini, un attacco laterale delle truppe scelte di Ludovico di Borgogna diede la svolta decisiva allo scontro. F., le cui truppe si dispersero in una fuga senza speranza, rinunciò a fuggire a Clermont e fu catturato da un ignoto soldato, che lo decapitò.
Se avesse resistito ancora solo pochi giorni a Clarenza, la battaglia avrebbe potuto avere un altro esito, perché poco dopo la giornata di Manolada arrivarono in Morea sia le truppe del duca d'Atene sia le galere di Maiorca. Così alle navi del fratello di F. non rimase altro da fare che riportare in patria i malconci resti dell'esercito dell'infante e la sua salina. Secondo il suo desiderio F. fu inumato nel convento domenicano di Perpignano il 2 nov. 1316.
Il figlio Giacomo nato dal suo matrimomo con Isabella di Sabran in seguito salì sul trono di Maiorca col nome di Giacomo III; il figlio nato dall'unione con Isabella d'Ibelin e battezzato con lo stesso nome del padre sposò Escheva di Lusignano.
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