CARLI, Ferdinando (Ferrante)
Nacque a Parma il 18 apr. 1578 da Giovanni Gianfattori, famiglio di casa Farnese, che gli diede appunto i nomi di due dei suoi padroni, e Claudia Bochi. Più tardi lasciò cadere il cognome paterno considerandolo plebeo e assunse in suo luogo il secondo nome: Carlo e Carli sono le sole denominazioni testimoniate presso i contemporanei sino a quando l'importante contributo dell'Affò non chiarì le origini autentiche del personaggio.
Nel 1591 ottenne la tonsura e due anni dopo gli ordini minori. A Bologna, Padova e Pavia fece studi di filosofia e di legge, laureandosi in diritto civile e canonico, ma trascorse questi anni per lo più a Bologna, allontanandosene verso il 1602-1603 quando, come segretario, seguì a Roma il card. Paolo Sfondrato. Qui si legò all'ambiente che gravitava intorno all'Accademia degli Umoristi, dove espose nel 1605 un Discorso delle rassomiglianze poetiche;conobbe il Marino e, più tardi, Virginio Cesarini, che gli dedicò l'ode "Stolto il volgo". Nel 1605 lo Sfondrato fu destinato al vescovado di Cremona e portò con sé il C., che fu ascritto all'Accademia degli Animosi. Restò qui, tranne brevi interruzioni, come un soggiorno a Bellagio nel 1611, per alcuni anni, fino a quando ottenne dallo Sfondrato la sua libertà e un appannaggio. Nei primi mesi del 1612 era a Bologna, dove pubblicò alcuni brevi scritti encomiastici e apologetici: il Dialogo di Zefiro, Flora, Cupido, Felsina, 1612; il Ragguaglio della perdita e ricuperazione della S. Benda di Nostra Signora, 1613; la Breve descrizione della festa fatta nella gran sala del sig. Podestà l'anno 1615 il dì 2marzo, 1615.
Durante il soggiorno bolognese il C. fu uno dei protagonisti della polemica del 1614 intorno al Marino: in quell'anno pubblicò, collo pseudonimo di conte Andrea dell'Arca, la Essamina intorno alle ragioni del conte Lodovico Tesauro in difesa d'un sonetto del Cav. Marino.
L'opuscolo è una puntigliosa ritorsione polemica nei riguardi del Tesauro, autore dello scritto (Ragioni in difesa d'un sonetto del Cav. Marino [son. "Obelischi pomposi a l'ossa alzaro"], Venezia 1614) che il C. ritiene non solo pieno d'errori ma anche plagio sfacciato della Difesa di Dante del Mazzoni. Ad ogni citazione del Tesauro fa seguire immediatamente la sua replica critica, in una specie di commento interlineare che si propone di rettificare o deridere le conclusioni dell'avversario. Il C. sostiene la validità,della tradizione e trova dunque vana la novità del Marino. L'idea critica dominante è che solo il verisimile possa essere il fondamento della poesia, perché solo il verisimile può "persuadere e regolare gli affetti" del lettore. L'operetta del Tesauro pecca contro la grammatica, la retorica, la poetica, la logica, la storia, la favola, l'etica, la cosmografia, l'astrologia ecc.: i singoli punti sono partitamente svolti. L'opuscolo è nel suo complesso una incongrua superfetazione su un testo di peso e valore marginali: l'argomentazione vi è tutta indiretta e sfocata; ed è sintomatico che l'oggetto stesso della disputa quasi non venga toccato: il Marino è nominato genericamente a p. 90, e si ha l'impressione che l'autore sia preoccupato di non urtare lo scrittore napoletano, lasciandosi libera, per dir così, una via d'uscita. La polemica infatti si accese (ne parla A. Aprosio, Biblioteca aprosiana, Bologna 1673, pp. 454 ss.), con la partecipazione di Francesco Dolci, Francesco Forteguerri, Giovanni Capponi, G.L. Valesio e, ancora, del Tesauro; e sebbene il C. cercasse di mobilitare gli avversari del Marino, finì col tacere, intimorito dalla virulenza degli antagonisti e soprattutto dalla sottile ipocrisia ricattatoria del Marino stesso: esemplari, per questo, son due lettere del Marino al C., del 22 febbraio e del 24 dic. 1614 (pubbl. dall'Affò, V, pp. 27 ss. e 33 ss., poi da C. Delcorno, 1963, pp. 103 s., 107 s. e da M. Guglielminetti, in G. B. Marino, Lettere, Torino 1966, pp. 169 s., 186 a.). Alcune lettere relative alla polemica (sue, dell'Achillini, del Preti, del Pascili, del Grimaldi, del Tassoni; per il quale cfr. A. Tassoni, Lettere, a cura di G. Rossi, II, Bologna 1910, p. 204) furono raccolte dal C. e si leggono nel ms. 269 dell'Ecole de Médecine di Montpeller. Il ms. raccoglie anche parte della corrispondenza con G.B. Manzini, R. Campeggi, G. P. Bellori, T. Stigliani e altri.
A Bologna, secondo l'Affò, probabilmente brigò per qualche cattedra o ufficio ma senza gran successo, perché tra il 1615 e il '16 lo ritroviamo a Cremona ancora presso il card. Sfondrato. Morto questo nel febbraio 1618 il C. accolse l'invito di Paolo V a scrivere la storia della basilica vaticana e a fine sett. 1618 era di nuovo a Roma. Pur asceso al sacerdozio e protetto dal card. Scipione Borghese, nipote del papa, che alla fine del '20 gli ottenne un beneficio nella basilica di S. Gregorio (e di questo tempo è il Sermo de Deo trino et uno dedicato a Paolo V, recitato nella cappella del Quirinale e pubblicato a Roma senza indicazione d'anno), dovette vivere con qualche ristrettezza; così come sotto il pontificato di Gregorio XV (al quale è dedicato un Sermo de Christo ascendente, anche questo pubblicato a Roma senza data), mentre gli fu vantaggioso il papato di Urbano VIII.
Da almeno una ventina d'anni il C. era in rapporto con vari artisti (in particolare con Lodovico Carracci). Nell'ambiente romano poté coltivare e incrementare le sue attività di dilettante, collezionista e intermediario, se non proprio di mercante d'arte. Fu in relazione con uno dei maggiori organizzatori della vita artistica romana, Cassiano Dal Pozzo, con molti pittori, ed ebbe qualche parte nei dibattiti intorno alle arti figurative (per la sua ostilità al Bernini si veda S. Fraschetti, Il Bernini, Milano 1900, p. 71). Nella Raccolta dilettere sulla pittura scultura ed architettura, I, Roma 1754, pp. 197-215, 218-40, 244 s., Si trovano una lettera del C. al Lanfranco e numerose al C.: 17 di Lodovico Carracci, 10 di Giovanni Lanfranco, altre di Alessandro Tiarini, Giov. L. Valesio, Lavinia Fontana, Simone Vouet, Niccolò Tornioli, Giulio Cesare Procaccini. L'elenco dichiara una netta predilezione pei Bolognesi (e più volte il C. è nominato da C. C. Malvasia, Felsina pittrice, Bologna 1678, I, p. 448 e passim), e particolare per il Lanfranco, al quale commissionò varie opere per la sua collezione e di cui descrisse le pitture della cupola di S. Andrea della Valle a Roma (cfr. A. Borzelli, L'Assunta del Lanfranco in S. Andrea della Valle giudicata da F. C., Napoli 1910).
Il C. coltivò in proprio studi attinenti la storiografia artistica. Descrisse anche la basilica vaticana: son citati nelle fonti un TypusVaticani Templi (Roma 1621), che risulta irreperibile, e un Templum Vaticanum expressum (Roma 1622, che è certo indicazione erronea). L'opera restò inedita (cfr. Pezzana, in continuazione, dell'Affò, VI, pp. 696 s.): due frammenti furono pubblicati da G. Severano, Memorie sacre delle sette chiese di Roma, Roma 1630, pp. 268-92. Parte dell'opera è conservata ms. nella Biblioteca Vaticana, mss. Vat. lat.10741-42 e 10744 (una breve descrizione è data da Ch. Huelsen, Il Circo di Nerone al Vaticano, in Miscellanea Ceriani, Milano 1910, pp. 266-68).
La bibliografia data dall'Affò elenca ben cinquanta scritti inediti: vi si notano discorsi e lezioni accademiche, la citata descrizione delle pitture del Lanfranco, iscrizioni ed elogi, una biografia di Paolo V, chiose al De anima aristotelico, scritti politici e morali, poemetti sacri e varie tragedie. Parte di questo materiale (lettere; poesie; il racconto dei suoi disgusti col Marino, ecc.) passò dalla biblioteca Albani alla biblioteca dell'Ecole de Médecine di Montpellier ed è elencata da G. Mazzatinti, Inventario dei mss. italiani delle biblioteche di Francia, III, Roma 1888, pp. 67 ss., 81.
Il C. passò gli ultimi anni sempre al servizio dei cardinali Scipione e Pier Maria Borghese, e morì a Roma il 9 giugno 1641.
Fonti e Bibl.: L. Allacci, Apesurbanae, Romae 1633, 92-96; Iani Nicii Erithraei [G. V. Rossi] Pinacotheca, I, Colonia Agripp. 1645, pp. 240-45; G. Nicodemi, Otto lettere di L. Carracci a don F. C., in Aevum, IX (1935), pp. 305-13; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, III, Bologna 1783, p. 94; I. Affò-A. Pezzana, Mem. degli scrittori e letterati parmigiani, Parma 1789-1833, V, pp. 21-54; VI, pp. 691-701, 978 s.; VII, pp.22 s., 667; G. Melzi, Dizionario di opere anonime e pseudonime, Milano 1848-1859, I, pp. 81, 214; II, p. 37; III, pp. 77, 134; J. Dumesnil, Histoire des plus célèbres amateurs italiens, Paris1853, pp. 334-402; C. Delcorno, Appunti per l'Epistol. di G. B. Marino, in Studi secenteschi, IV (1963), pp. 101-08; F. Croce, Tre mom. del barocco letter. ital., Firenze 1966, pp. 98, 112, 121; F. Haskell, Mecenati e pittori, Firenze 1966, pp. 199 s.; C. Delcorno, Un avversario del Marino: F. C., in Studi secenteschi, XVI(1975) I, pp. 69-155.