BRUCKNER, Ferdinand
Pseudonimo dello scrittore austriaco Theodor Tagger, nato a Vienna il 26 agosto 1891, morto a Berlino il 5 dicembre 1958. Figlio di un industriale, e di madre francese, studiò a Vienna e Parigi. Aperto alle nuove sperimentazioni artistiche del Novecento, diede vita - nel 1917 - alla rivista d'avanguardia Marsyas, chiamando a collaborarvi, fra gli altri, A. Doblin, G. Benn e M. Lichnowsky. Fondatore, a Berlino, del Renaissance-Theater, all'avvento del nazismo abbandonò la Germania stabilendosi in Francia e poi in America, dove assunse la cittadinanza statunitense.
Esordì con alcuni articoli musicali (Französische Musik der Gegenwart, nell'Allgemeine Musik-Zeitung, 1908) cui fecero seguito saggi sociologico-filosofici (Von der Verheissung des Krieges und den Forderungen an den Frieden, 1914; Über einen Tod, 1917), poesie di ispirazione neoromantica (Derr Herr in den Nebeln, 1917; Der zerstörte Tasso, 1919) e racconti (Die Vollendung eines Herzens, 1917; Auf der Strasse, 1920, cfr. più tardi Mussia, 1935). Solo nel teatro, tuttavia, la sua inquieta ricerca intellettuale trovò lo strumento più congeniale e adatto ad esprimere adeguatamente i proprî problemi: dopo alcuni tentativi minori, per lo più sulla scia di C. Sternheim e della drammaturgia espressionista (Harry, 1920; Annette, 1920; Kapitan Christoph, 1921; Te Deum, 1922, che si riallaccia, per la sua tematica religiosa, ai Psalmen Davids, 1918 e a Pascal-Grösse und Nichtigkeit des Menschen, 1918; infine una rielaborazione della Dame aux camélias, 1925, secondo un gusto di cui darà ancora prove con Die Buhlschwester, 1954, da Plauto, e Das irdene Wägelchen, 1957, rifacimento del Vasantasena), si affermò clamorosamente come autore drammatico con Krankheit der Jugend (1926), vigoroso quadro neorealista di una 'gioventù bruciata' cinica e violenta, indulgente per altro - troppo spesso - a una iperbolica tendenza all'esasperazione di marca espressionista. Il dramma era l'inizio di una tetralogia nella quale si inserirono più tardi Die Verbrecher (1928), sferzante satira del mondo giudiziario in cui torna ad emergere il motivo dell'educazione sessuale dei giovani; Die Rassen (1933), contro l'antisemitismo; e infine - a chiudere il circolo - Die Früchte des Nichts (1952), sulla disperazione della gioventù in questo secondo dopoguerra.
B. andava frattanto abbandonando i toni più apertamente truculenti dei suoi primi lavori e sostituendo alla indagine psicoanalitica dell'animo umano visto nelle sue esplosioni parossistiche e abnormi una più discreta e misurata ricerca psicologica, attenta alle sfumature e ai mezzi toni. L'opera che rappresenta la fase di passaggio a questa nuova maniera è Die Kreatur (1930), cui seguirono Elisabeth von England (1930), abile rielaborazione scenica della nota materia storica, e Timon (1931; redazioni successive, con titolo lievemente diverso: 1948 e 1956), quadro satirico della società ateniese in cui l'autore guarda con pessimismo al rapporto fra l'individuo e la comunità, nonché forse massimo esempio di quella 'scrittura grigia' che è adesso la cifra stilistica di Bruckner. Mentre gli ultimi residui espressionistici vengono definitivamente superati in Die Marquise von O. (1933; dalla novella di Kleist), l'autore riprende il filo appena iniziato della tematica storica - Napoleon der Erste (1936), Heroische Komödie (1942), puntiglioso e mordente ritratto di M.me de Staël e B. Constant, Simon Bolivar (1945), Pyrrhus und Andromache (1952; sulla falsariga di Euripide e Racine) -, per altro commisurandola a una problematica tutta moderna e trasfigurandola a tragico simbolo di una metafisica ed eterna condizione umana. A parte testi 'attuali' come Die Befreiten (1945) e Denn seine Zeit ist kurz! (1945), sulle truppe d'occupazione in territorî stranieri durante la II guerra mondiale (scritti con il vivo senso d'umana solidarietà per gli umiliati e offesi che gli ispirerà, nel 1949, le dolenti pagine di Fährten), analoghi significati è possibile reperire anche nelle tragedie Der Tod einer Puppe (1956) e Der Kampf mit dem Engel (1956), che nella forma metrica chiusa e rigorosa, 'classica' nel rispetto delle tre unità e nell'uso, per altro tutto moderno, del coro (forma già sperimentata in Pyrrhus und Andromache), affrontano due tipiche varianti sul tema dell'alienazione nel mondo contemporaneo: una la disumanizzazione della donna nel freddo e mostruoso cerimoniale della moda che la rende schiava, l'altra la tremenda potenza seduttrice del denaro che paralizza e asserve l'individuo. Ricordiamo ancora il dramma Die Namenlosen von Lexington (1947).
Mentre nei primi lavori teatrali B. si faceva diffusore di alcuni temi e motivi dell'Espressionismo, sia pure in una cifra spesso grandguignolesca, la sua produzione successiva è il rifiuto dell'avanguardia e segna il ritorno al teatro psicologico e ai moduli dell''illusionsbühne'.
Di una raccolta completa dei drammi è apparso il I volume: Schauspiele nach historischen Stoffen, Colonia-Berlino 1956. In italiano: Gioventù malata, a cura di G. e F. Di Giammatteo, in Il dramma, 15 febbraio 1947; Elisabetta d'Inghilterra, a cura dei medesimi, Torino 1952.
Bibl.: R. Lauret, Le théâtre allemand d'aujourd'hui, Parigi 1934; A. Spaini, Il teatro tedesco, nuova ed., Milano 1943; E. Rieder-Laska, Ferdinand Bruckner. Leben und Werk eines österreichischen Dramatikers bis zum Jahr 1949, diss. datt., Vienna 1950; V. Pandolfi, Da Bruckner a Hochwälder, in Spettacolo del secolo, Pisa 1953, p. 305 segg.; P. Fechter, Das europäische Drama, vol. III, Mannheim 1958, pp. 126-140; F. Schwiefert, Ferdinand Bruckner, in Maske und Kothurn, a. IV (1958), pp. 358-370; F. Lennartz, Deutsche Dichter und Schriftsteller unserer Zeit, 8ª ed., Stoccarda 1959, pp. 125-127; H. F. Garten, Modern German Drama, Londra 1959, pp. 186-188.