CHIÒ, Felice
Nacque a Crescentino (Vercelli) il 29aprile del 1813. Rimasto orfano in tenera età, compì gli studi a Vercellì; si iscrisse poi all'università di Torino, dove si laureò in filosofia il 10 ag. 1835. Sposò Camilla Rodini, da cui ebbe due figli, Comelia e Rodolfo. Si accostò allo studio della matematica sotto la guida di G. Plana, docente di analisi infinitesimale. Nel 1838 fu nominato professore di matematica all'Accademia militare di Torino; il 9 ott. 1854 ottenne l'insegnamento di fisica matematica all'università di Torino, e qualche anno più tardi Passò alla cattedra di analisi e geometria superiore.
Il C. svolse anche attività poi itica, mantenendo sempre una posizione autonoma alla sinistra dello schieramento liberale, il che gli valse un isolamento sempre più accentuato col passare degli anni e antipatie diffuse nell'ambiente colto di Torino. Fu comunque eletto al Parlamento subalpino per sei legislature dal 1849 al 1860 nel collegio della città natale.
Tra i progetti di legge di cui fu relatore, il più significativo è quello relativo all'ammissione al godimento dei diritti civili dei cittadini del regno emigrati all'estero.
Dal 1864 al 1867 il C. fu membro dei Consiglio superiore per gli istituti d'istruzione e fu chiamato a presiedere più volte le commissioni nominate per il conferimento delle cattedre. L'indole altera e sdegnosa, che lo rendeva schivo alla notorietà e alle onorificenze, e il carattere scontroso e poco socievole pesarono sulla sua carriera accademica, sicché il valore dei suoi studi matematici ottenne più larghi consensi e maggiori riconoscimenti all'estero che nella sua Torino. Il 9 febbr. 1865 la sezione di matematica della Società di scienze naturali dì Cherbourg gli conferì il diploma di corrispondente; tre anni dopo ottenne lo stesso riconoscimento dalla Società filomatica di Parigi.
Il C. impostò i suoi studi soprattutto in direzione di un approfondimento della matematica astratta e speculativa. Il suo primo lavoro di cui si fa menzione in un'opera a stampa (cfr. B. Liouville, in Journal de mathématiques, III [1838], p. 337) riguardò l'analisi del seguente problema postogli dal Plana: tra i piani tangenti ad un ellissoide trovare quello sul quale il triangolo determinato dai tre piani principali dell'ellissoide abbia arca minima.
Il C. apprezzò molto e studiò a fondo l'opera del grande matematico A-L. Cauchy; applicandone i metodi e riprendendone i risultati più significativi, giunse a sua volta a conclusioni importanti. Il teorema principale che egli dimostrò è il seguente: Sia u0 , u1. , u2 ... una serie divergente con termini positivi decrescenti; le serie u0 senω, u1 sen (ω + ϑ), u2 cos (ω + 2ϑ)..., convergono per Vπ e ϑ tranne nel caso in cui ϑ = 0 o ϑ = 2kπ, k intero. Il C. presentò questo lavoro all'Accademia delle scienze di Torino il 5 febbr. 1841 dopo averne fatto menzione al II congresso degli scienziati italiani nel settembre 1840 a Torino (cfr. Atti, Torino 1841, p. 4519 ma i matematici torinesi, ligi alle idee di Fulero e Lagrange, non accettarono il lavoro. Questo teorema fu pubblicato nel 1844 in Nova Acta Societatis Regiae scientiarum UpsaNensis, XII (1844), pp. 267 ss., dal matematico K. J. Malmsten.
Ma un'altra questione interessò soprattutto il C.: l'uso di procedimenti iterativi (costruzioni di serie convergenti) nella risoluzione di equazioni. In partimIare il C. studiò la serie di Lagrange. Lagrange considerò l'equazione da risolversi sotto la formula u - x + f(x) = 0 e ne dedusse la formula generale F(x) = F(u) + F' (u)f(u) + 1/1 × 2 × dF' (u) / du × f(u)2 + 1/1 × 2 × 3 × dF' (u) / du3 f(u)3 + ..., diede una regola per determinare la convergenza di questa serie e l'applicò per trovare tutte le radici dell'equazione proposta assegnando diverse forme alla funzione f(x), e cercò di dimostrare che se f(x) è una funzione intera di x, si ottiene sempre la radice più prossima allo zero. Il C. riconobbe inesatta l'affermazione che la radice espressa fosse quella del minimo valore numerico. Dal 15 giugno 1842 al 4 giugno 1843 inviò una memoria e parecchie note all'Accademia delle scienze di Torino in cui trattava gli argomenti sopra accennati.
Anche questa volta l'Accademia respinse gli scritti presentati soprattutto per l'intervento del relatore Menabrea. li C. presentò le sue ricerche all'Accademia delle scienze di Parigi nel settembre del 1844 e nel giugno del 1846 e 1847 dove furono approvate. Il teorema che correggeva quello di Lagrange sulla radice espressa era dichiarato "une proposition nouvelle qui mérite d'étre remarquée", e fu ordinata la stampa delle memorie, tra i Mémoires présentés par divers savants à l'Académie des sciences nel 1854, con il titolo Recherches sur la série de Lagrange, Premier mémoire, XII(1854), pp. 340-422 e Secondmémoire, ibid., pp. 423-68. Il C. provò con esempi numerici che la serie di Lagrange, ancorché convergere, non esprime sempre la minima radice e diede un'altra regola che determina la radice espressa da quella serie, ogni qual volta sia convergente e reale: supponiamo u e f(x) reali; la radice rappresentata dalla serie di Lagrange sarà quella tra le radici reali che meno differisce da u, tra le maggiori di u se f(u)> 0 ovvero tra le minori di u se f(u)⟨ 0.
Nelle memorie Recherches sur la série de Lagrange il C. determinò alcune condizioni sotto cui la regola di convergenza data da Lagrange riesce esatta, la rende più semplice e dimostrò che il massimo da cui essa dipende si trova semplicemente usando le regole del calcolo differenziale. Nel 1852 pubblicò a Torino una Memoria sopra una questione di algebra, in cui si precisa la regola di Newton per estrarre le radici di un grado qualunque dei binomi irrazionali senza dover risolvere equazioni complesse.
Nel 1853 pubblicò sempre a Torino un Mémoire sur les fonctions connues sous le noni de résultautes ou de déterminans, in cui sono di grande interesse le applicazioni delle proprietà dimostrate ed alcuni esempi. Poco più tardi sugli Atti dell'Accademia delle scienze di Torino uscirono due note sulla somma della progressione armonica, Nota sulla formula sommatoria applicata al calcolo di ʃ 1/ x = 1 + 1/2 + 1/3 + ... 1/ x (V [1869-70], pp. 753-62) e sul calcolo delle differenze finite, Théorème relatif à la different. d'Une intégrale définie par rapport à une variable comprise dans la fonction sous la signe ζ et dans les limites de l'intégrale, étendue au calcul aux différences, et suivi de quelques applications (VI[1870-71], pp. 194-230). Nel 1860, sugli Annali di matematica pura ed applicata, comparve una nota del C. sulle curve a doppia curvatura, Nota sopra due proposizioni di Navier intorno alla curvatura delle curve a doppia curvatura, III[1860], pp. 353-62). Prendendo spunto da due proposizioni di Navier che giudicò inesatte, il C. mise in luce le vere proprietà che legano tra loro le tre supeffici, la polare, quella delle tangenti e la superficie delle normali principali, dimostrando che le prime due sono superfici sviluppabili e la terza è una supefficie gobba. Il lavoro è dedicato al conte L. Menabrea a cui il C. raccomandò il progetto di costruzione di un ponte sulla Dora presso la confluenza con il Po. Secondo il C. il ponte era necessario per il commercio del basso Vercellese con il mercato di Chivasso.
Negli ultimi anni il C. rivolse i suoi studi alla teoria delle funzioni prendendo come guida il Cauchy, e trattò questi studi nelle sue lezioni universitarie nel corso di analisi superiore.
Lasciò lavori manoscritti e tra essi una terza memoria sulla serie di Lagrange (un sunto fu presentato alla Società filornatica di Parigi il 31 ott. 1868), una memoria sull'ottica geometrica ed altre sulle quadrature.
Già sofferente di artrite, il C. tenne la sua ultima lezione il 9 maggio 1871; Sispense pochi giorni più tardi, il 28 maggio, a Torino, la città da cui, nonostante le molte delusioni patite, non si era mai voluto allontanare.
Fonti e Bibl.: Necrol., in Boll. di bibliogr. e storia delle scienze mat. e fisiche pubbl. da B. Boncompagni, IV(1871), pp. 363-400; Università di Torino, Stato di servizio, 1854, II, p. 174; F. G. Tricomi, Matematici ital. del primo secolo dello Stato unitario, in Atti d. Acc. d. scienze di Torino, classe di sc. mat., fis. e nat., s. 4, I (1962), pp. 34 s.; G. Ricci, in Un sec. di progresso scientifico ital., I, sez. di mat., 1, Analisi, Roma 1939, p. 102; L. Geymonat, in Storia delle scienze, I, Torino 1962, p. 614; Il Parlamento subalpino e nazionale, Roma 1896, p. 279.