BELLAZZI, Federico
Nacque a Milano il 26 giugno 1825 da Giovanni, sarto, e da Rosa Ronchi. Nel 1846 entrò nel seminario maggiore di Milano che abbandonò, al principio del 1848, per iscriversi a giurisprudenza presso l'università di Pavia. Nel marzo, scoppiata l'insurrezione, accorse sulle barricate di Milano; qui, su proposta di C. Correnti, ebbe la carica di segretario generale del governo provvisorio, con la cura del protocollo segreto. In quel periodo redasse, insieme con un altro studente di legge, Luigi Ancona, un giornale, intitolato, nei primi numeri, Viva l'Amore! e, dal 20 aprile, La Politica per il popolo, con periodicità trisettimanale.
Il foglio, dal motto "Italia libera e Pio IX", sosteneva la necessità di annettere la Lombardia al Piemonte, diffondendo i principi moderati tra gli strati popolari, in polemica con il giornale democratico L'operaio, al quale venne anche contrapposto, a partire dal 12luglio, un supplemento dal titolo L'operaio galantuomo.
Al ritorno degli Austriaci, sottratti gli incartamenti del governo provvisorio, il B. riparò a Lugano, dove li consegnò a C. Cattaneo, che li utilizzò nella compilazione dell'Archivio triennale. Passato in Piemonte, il B. si arruolò combattendo a Novara e, dopo la sconfitta, riprese a Torino gli studi giuridici, guadagnandosi la vita come precettore in casa del conte V. Crivelli. Più tardi, trasferitosi a Genova, con un mutamento rispetto alla sua posizione politica del periodo milanese che già si presentiva nei contatti col Cattaneo, frequentò l'ambiente del partito democratico. Dopo aver combattuto nella seconda guerra d'indipendenza, fu assunto come segretario da Garibaldi. Partito questi coi Mille, il B. rimase in Genova, lavorando all'organizzazione della Cassa centrale di soccorso, - istituita da A. Bertani, il quale dapprima nutrì diffidenza nei suoi confronti, poi, assunta la segreteria della dittatura in Napoli, lo nominò con procura suo rappresentante. Sorti frattanto i Comitati di provvedimento nel dicembre 1860, con l'intento di animare fa lotta di liberazione del Veneto e del Lazio, il B. fu eletto membro del comitato centrale e ne assunse la direzione interna, o segreteria.
Egli incrementò il numero dei comitati e ne propagò l'opera anche all'estero, specialmente nelle isole Ionie e in Grecia, dove si manifestavano fermenti filoitaliani e dove si delineò, in certi momenti, in particolare sotto il governo Rattazzi, la possibilità di un'impresa garibaldina, connessa con la prospettiva dell'assunzione al trono di quel paese del principe Amedeo di Savoia. All'opera dei comitati egli affiancò l'organizzazione dei tiri a segno nazionali e un'associazione femminile per la raccolta di fondi a favore dei volontari; promosse, inoltre, la trasformazione del giornale studentesco Ateneo nel quotidiano, organo dei Comitati di provvedimento, dal titolo Roma e Venezia, e che poi si fuse con Il Diritto.
L'orientamento dato dal B. a questa complessa organizzazione fu nettamente garibaldino, all'insegna del motto "Italia e Vittorio Emanuele", in contrasto sia con l'impostazione moderata e govemativa, sia con l'intema corrente mazziniana, dalla quale si originarono, come contraltare alla sua direzione, le Associazioni unitarie. Il dissenso tra le due correnti scoppiò nell'assemblea generale dei comitati del 15 dic. 1861; il B. diede le dimissioni, ritirandole il 10 genn. 1862 in vista di un accordo che si realizzò due mesi dopo con la fusione di garibaldini e mazziniani nelle nuove Associazioni emancipatrici, poi sciolte da Rattazzi.
Così i rapporti del B. con Mazzini, che erano stati buoni e frequenti, andarono diradandosi e peggiorando; vicino a Garibaldi nell'opera dei tiri a segno, il B. usò la sua influenza per moderarne la campagna anticlericàle, quantunque in certa misura la condividesse: notevole è, in questo senso, la parte avuta nel suscitare ed appoggiare un'associazione del clero liberale e patriottico, che ebbe tuttavia, scarso successo. Si allontanò da Garibaldi quando lo vide preparare quella spedizione verso Roma, che fu bloccata ad Aspromonte. Garibaldi però gli conservò la sua stima, affidandogli l'istruzione del figlio Ricciotti e presentandolo come candidato amico ai cittadini del collegio di Erba, Canzo, Annone e Valle Assina, che lo elessero deputato nel 1863 e poi ancora per la IX e X legislatura. Si dedicò allora all'attività parlamentare, e specialmente alla questione della riforma penale e carceraria.
I risultati di una sua inchiesta sulla vita nelle carceri furono esposti nel libro Prigioni e prigionieri nel Regno d'Italia (Firenze 1866), in cui si accusava la brutalità e l'inerzia dell'amministrazione carceraria e si sosteneva un rinnovamento dei metodi di detenzione. Alla Camera propugnò l'istituzione dellepie opere di patronato per il lavoro degli ex detenuti e fece parte (1866) della commissione per la riforma del sistema penale. Dopo la terza guerra d'indipendenza, ebbe l'incarico di visitare le case di pena del Veneto e di stendere un rapporto sulla loro situazione; ne pubblicò solo una prima parte (Case di pena e carceri giudiziarie nelle provincie di Venezia e Mantova, Firenze 1867), Volummosa e corredata di dati e tavole statistiche. Nel 1867 presentò un'interpellanza sulla detenzione preventiva dei minorenni e fece parte di un comitato per l'erezione del monumento nazionale a Cesare Beccaria, dal quale prese nome un giornale settimanale, da lui diretto e avente per fine la riforma carceraria.
Nel settembre 1867 il B. fu nominato prefetto di Belluno dal governo Rattazzi, da lui appoggiato. Caduto però questo alla fine di ottobre e successogli il governo Menabrea, il ministro dell'Interno, F. A. Gualterio, che aveva dato ai prefetti severe direttive nei confronti del partito d'azione, ebbe sospetti politici sul B. e il 13 noveffibre ne sollecitò le dimissioni. Il B. rifiutò e il 17 venne destituito, con un provvedimento che giudicò come un'ingratitudine e una ingiustizia. Il disagio economico acuì la sua crisi personale: l'11 genn. 1868 si suicidava in una pensione di Firenze.
Fonti e Bibl.: Una documentazione relat. all'opera del B. nei Comitati di provvedimento, costituita da lettere e verbali autografi, si trova nel Museo centr. del Risorg. in Roma. Si vedano inoltre: A. Bertani, Cassa centrale di soccorso a Garibaldi, Genova 1860, p. 9; C. Cavour, La quest. romana negli anni 1860-61. Carteggio, II, Bologna 1929, p. 135; Ediz. naz. degli scritti di G. Mazzini. Epistolario, LXX, pp. 205, 211, 266, 311, 314, 342, 343, 344; LXXI, passim; LXXII, passim; Le carte di A. Bertani, a cura di L. Marchetti, Milano 1962, passim; L.Anelli, Storia d'Italia dal 1814 al 1863, Milano 1864, IV, pp. 314, 322, 323, 324, 325, 326, 329, 333, 334, 335, 341, 357, 358; V, p. 78; Il suicida B., le sue riparazioni e isuoiinsegnamenti, in L'Unità cattolica, Torino, 15 genn. 1868, n. 11; A. Pascolato, F. B., commemor., Venezia 1868; P. Dal Canto, Biografia di F. B., Firenze 1869; J. White Mario, A. Bertani e i suoi tempi, Firenze 1888, II, p. 276; A. Dallolio, La spediz. dei Mille nelle memorie bolognesi, Bologna 1910, p. 175; I. Nazzari Micheli, Cavour e Garibaldi nel 1860, Roma 1911, p. 103; G. Leti, Roma e lo Stato Pontif. dal 1849 al 1870, Ascoli Piceno 1911, II, pp. 128-131; A. Comandini, Commemoraz. italiche, Milano 1912, p. 234; C. Kerofilas, La Grecia e l'Italia nel Risorg. italiano, Firenze 1919, p. 74; N. Rosselli, Mazzini e Bakounine, 12 anni di movim. oper. in Italia, Torino 1927, p. 37; G. E. Curatolo, Il dissidio tra Mazzini e Garibaldi, Milano 1928, p. 225; P. C. Masini-G. Bosio, Bakunin, Garibaldi e gli affari slavi (1862-63), in Movim. operaio, IV, 1 (1952), pp. 78-92; B. Righini, I periodici fiorentini (1597-1950), Firenze 1955, p. 124; D. Bertoni Jovine, I periodici popol. del Risorgimento, Milano 1959, I, pp. LXXIX, LXXX, LXXXI, LXXXII e 349-354; III, pp. 99, 107.