VICARELLI, Fausto
VICARELLI, Fausto. – Nacque il 18 gennaio 1936 a Osimo da Egidio e da Giulia Magnalardo. Primo di due figli, il secondo, Silvano (n. 1944), anch’egli economista.
Visse nella sua città natale fino ai diciotto anni, compiendo l’intero ciclo di studi secondari e militando, anche come delegato diocesano, nella Gioventù italiana di azione cattolica. Giovanissimo, si occupò della contabilità della ditta di trasporti del padre e, occasionalmente, di una grande impresa vinicola della zona.
Si iscrisse nel 1954 alla facoltà di economia e commercio presso l’Università di Roma. Grazie a una borsa di studio del Pio Sodalizio dei piceni soggiornò durante gli studi nel collegio annesso a S. Gregorio al Celio; in quella sede strinse amicizia con Antonio Fazio, futuro governatore della Banca d’Italia. Si laureò a pieni voti nell’anno accademico 1958-59 discutendo con Volrico Travaglini una tesi in economia politica su La teoria dinamica secondo Hicks e la scuola svedese.
Subito dopo la laurea prestò servizio militare nella Scuola per allievi ufficiali e sottufficiali di artiglieria di Foligno dove, nell’ambiente della Federazione universitaria cattolica italiana, conobbe Gabriella Bulgarini che sposò nel 1964 e con la quale ebbe tre figli: Claudio, Francesca e Stefano. Nel 1975 si trasferì con la famiglia a Casal de’ Pazzi, in Roma, divenendo un punto di riferimento del quartiere per il suo impegno nelle iniziative civiche e sociali.
Nel 1961 vinse la borsa di studio Stringher della Banca d’Italia, che, utilizzata presso la Harvard University e il Massachusetts Institute of technology (Cambridge, Mass.), lo avvicinò al pensiero di John Maynard Keynes, riferimento dell’intera sua ricerca. Al rientro, stabilitosi a Roma, fu assunto al Servizio studi del Comitato nazionale per l’energia nucleare (CNEN). Nel maggio del 1965 vinse il concorso per assistente ordinario presso la cattedra di economia politica della facoltà di economia e commercio dell’Università di Roma.
La sua formazione scientifica si sviluppò all’interno dell’istituto di economia politica di Roma. Nel 1968 superò l’esame di libera docenza in economia politica, in vista del quale elaborò una dissertazione nella quale sono anticipati i temi che saranno centrali nella sua successiva ricerca (Moneta, ricchezza e bilancia dei pagamenti. Saggi di economia internazionale, Roma 1970, in partic. pp. 13-73).
Dal 1968 al 1983 fu consulente della Banca d’Italia, dove, ricordò Carlo Azeglio Ciampi, fu altamente apprezzata, «ancor prima dei contributi analitici, illuminanti, e delle proposte di politica economica, sagge, la lezione di stile e di metodo» (Ciampi, Spaventa, Carniti e Rey..., 1987, p. 561). In una fase in cui la banca stava rafforzando il suo ruolo nel dibattito e nella gestione della politica economica italiana, partecipò alla costruzione del modello econometrico della Banca d’Italia M1BI, coordinando gli studi riguardanti il settore della bilancia dei pagamenti ed economia internazionale; contribuì al modello con l’analisi dei flussi finanziari internazionali; svolse attività di aggiornamento dei giovani funzionari del Servizio studi sull’evoluzione della ricerca macroeconomica; partecipò al comitato di redazione dei Contributi alla ricerca economica del Servizio studi. In questa rivista apparve Il processo d’integrazione reale-finanziaria dell’economia italiana nella CEE (1973, n. 3, pp. 285-320), uno dei due suoi importanti contributi di quel periodo; l’altro fu la relazione presentata nel novembre del 1974 alla XV Riunione scientifica della Società italiana degli economisti su Struttura degli scambi internazionali e inflazione mondiale (in Sviluppo economico, scambi internazionali e crisi monetaria, a cura di M. Arcelli et al., Milano 1975, pp. 9-23). In entrambi evidenziò gli aspetti strutturali, finanziari e reali, che stavano condizionando la crescita economica del Paese.
Due lavori seminariali di quegli anni, proposti e condotti come attività formativa dei ricercatori universitari più giovani, furono cruciali per il suo programma di ricerca. Il primo riguardò il ruolo della moneta nell’equilibrio keynesiano e si concluse con il volume a sua cura La controversia keynesiana (Bologna 1974). Il secondo si svolse nella sede di Ancona dell’Università di Urbino, dove fu chiamato nel 1970 a ricoprire (fino al 1976) l’incarico di economia politica. Nella facoltà appena costituita da Giorgio Fuà insegnavano, oltre a Guido Rey, cui era legato da legami di colleganza e amicizia, anche una schiera di giovani promettenti economisti. Con questi, e con il coinvolgimento di Pierluigi Ciocca, predispose una ricerca sui nessi esistenti, nell’Italia del secondo dopoguerra, tra sviluppo economico e struttura finanziaria; i risultati apparvero nel volume a sua cura Capitale industriale e capitale finanziario: il caso italiano (Bologna 1979). L’analisi venne rifinita nella voce Credito del Dizionario di economia politica diretto da Giorgio Lunghini (VII, Torino 1983, pp. 11-111).
Con la monografia Keynes. L’instabilità del capitalismo (Milano 1977) fornì un’originale lettura dell’intero percorso intellettuale attraverso il quale l’economista inglese definì il suo paradigma teorico. «Un libro estremamente ben scritto [...] probabilmente la miglior guida agli scritti keynesiani che esista, sia in italiano sia in inglese» (P. Ciocca et al., Il contributo scientifico di Fausto Vicarelli: una prima valutazione, con una bibliografia curata da M.T. Pandolfi, in Rivista di storia contemporanea, n.s., 1988, n. 1, pp. 9-10). Il lavoro fu immediatamente apprezzato sia in Italia (nel 1978 ricevette dall’Associazione per il progresso economico di Milano il premio come migliore opera di divulgazione economica e politica dell’anno), sia a livello internazionale, tanto che Sidney Weintraub ne caldeggiò la traduzione (Keynes. The instability of capitalism, Philadelphia-London 1984).
Individuati nella domanda autonoma degli investimenti e nella non neutralità del sistema finanziario gli elementi sui quali fondare la sua critica al pensiero macroeconomico dominante all’epoca, Vicarelli propose uno sviluppo della macroeconomia, basata sul genuino pensiero di Keynes, tra i più significativi di quel periodo (M. Zenezini, Macroeconomia. Profilo degli studi italiani: 1973-1989, in Economia 1970-1990, a cura di T. Cozzi - S. Lombardini - M. Salvati, Torino 1995, p. 98). La critica alla concezione di un’economia di mercato in grado di autoregolarsi e garantire la piena occupazione fu ribadita quando la Nuova scuola classica rivalutò l’approccio di un’economia di valori ‘naturali’ per il quale la migliore politica sta nel «“lasciar fare” alle forze del mercato il loro mestiere» (Leggi di natura e politica economica: considerazioni sui fondamenti teorici della nuova macroeconomia classica, in Politica economica, 1985, n. 1, p. 9). Una critica già rivolta nel convegno organizzato dal gruppo CNR per lo studio dei problemi della distribuzione, del progresso tecnico e dello sviluppo, tenutosi a Pavia nel 1978, con la relazione Note in tema di accumulazione di capitale in Italia 1947-63 (in Scelte politiche e teorie economiche in Italia. 1945-1978, a cura di G. Lunghini, Torino 1981, pp. 13-69), a quei «teorici fiduciosi dell’accumulazione stabile» degli anni Cinquanta che con la loro concezione di un’accumulazione del capitale spontanea e virtuosa ne avevano condizionato quantità, qualità e direzione in modo inappropriato per la successiva crescita economica e civile del Paese.
Con la vittoria nel concorso a cattedra in economia politica nel giugno del 1976 fu chiamato dall’Università di Firenze a insegnare economia politica presso la facoltà di scienze politiche Vittorio Alfieri, dove rimase fino al 1980. Colleghi furono ancora Rey, Ezio Tarantelli e Giangiacomo Nardozzi. Amico di Franco Bentivogli, rafforzò il suo rapporto con il movimento sindacale svolgendo, oltre a un’attività informale di consulenza, corsi di formazione presso il Centro studi nazionale della CISL (Confederazione Italiana Sincadati Lavoratori) a Firenze e presso il Romitorio di Amelia, centro della FIM-CISL. Fu un vero interlocutore del sindacato anche se, come Pierre Carniti riconobbe, non lo si poteva considerare «un intellettuale organico [perché pur] essendo spesso parte attiva del nostro lavoro di analisi, di ricerca, di elaborazione, di formazione dei quadri, era convinto che l’intellettuale, se affievolisce lo spirito critico, viene meno alla sua funzione, tradisce il suo ruolo» (in Ciampi, Spaventa, Carniti e Rey..., 1987, p. 573). Esortò il sindacato ad allargare i suoi obiettivi «dai problemi del salario a quelli dello sviluppo» in quanto elemento strategico per «saldare il momento della produzione della ricchezza a quello della sua destinazione alla ricomposizione di più soddisfacenti equilibri sociali» (L’accumulazione di capitale nella visione della CISL, in Analisi della CISL. Fatti e giudizi di un’esperienza sindacale, a cura di G. Baglioni, Roma 1980, pp. 448, 486, con M. Marconi).
La chiamata a Roma nel 1981 ratificò il riconoscimento della sua statura di economista. Con l’anno accademico 1981-82 riprese a insegnare economia politica I e II nella sua facoltà, dimostrando di sapersi «conquistare il carisma che viene soltanto dal difficile giudizio e dalla convinta ammirazione dei numerosi allievi» (F. Caffè, Ricordo di Fausto Vicarelli, in Politica economica, 1986, n. 3, p. 285). Nei primi anni Ottanta, momento di grandi difficoltà economiche in cui riemergevano proposte di un ‘liberismo a oltranza’, fu sollecitato a intervenire a vari livelli per contrastare il «pericolo di involuzioni autoritarie, o di restaurazioni economiche che in nome di astratte politiche di austerità passino sopra la testa dei lavoratori» (L’accumulazione di capitale nella visione della CISL, cit., p. 494). Convinto che l’occupazione dovesse essere il primo punto all’ordine del giorno dell’agenda politica organizzò, attraverso l’Ente per gli studi monetari, bancari e finanziari Luigi Einaudi – del quale era diventato nel 1983 consulente scientifico – e con il sostegno del suo presidente Paolo Baffi, una ricerca sulle prospettive economiche e finanziarie dell’Italia. Fu il modo per sollecitare gli economisti a non lasciar «cadere la sfida intellettuale implicita nella necessità di guardar oltre il breve termine [e dedicarsi ai] quesiti che investono il destino dell’economia italiana» (Occupazione e sviluppo: un binomio inscindibile, in Oltre la crisi. Prospettive di sviluppo dell’economia italiana e il contributo del sistema finanziario, a cura dell’Ente per gli studi monetari, bancari e finanziari Luigi Einaudi, Bologna 1986, p. 4). Consapevole dell’importanza che la visione economica del mondo ha nello strutturare la politica, tra il 1982 e il 1986 intervenne su Il Sole-24 ore per analizzare le difficoltà dell’economia italiana e indicare le soluzioni auspicabili. Questi articoli furono raccolti, secondo un suo abbozzo di progetto, nel volume postumo La questione economica nella società italiana. Analisi e proposte, a cura di P. Ciocca - C. Gnesutta - S. Vicarelli, Bologna 1987. Non mancò nemmeno il suo apporto teorico. Nel libro a sua cura Attualità di Keynes (Roma-Bari 1983; trad. ingl. Keynes’s relevance today, London 1985) raccolse i contributi di figure di spicco, italiane (Giorgio Lunghini, Michele Salvati, Paolo Sylos Labini) e internazionali (Frank Hahn, John Richard Hicks, Jan Kregel, Joan Robinson, Frank Wilkinson, Josef Steindl, Weintraub), accomunati dalla convinzione che «il funzionamento del sistema capitalistico non è soggetto a nessuna legge di natura, ovvero che è insensato rinunciare al ruolo della politica economica confidando nelle capacità riequilibratici di una “mano invisibile” operante attraverso le forze della concorrenza» (p. VII). Rifacendosi al Treatise on probability di Keynes, propose nel suo saggio Dall’equilibrio alla probabilità: una rilettura del metodo della Teoria Generale (pp. 291-318) un concetto di «equilibrio» che, alternativo a quello neoclassico, ritenuto incongruo per un’economia monetaria in condizioni di incertezza, permettesse di fare teoria in una realtà ‘contingente’, in un mondo in cui i contesti e i comportamenti mutano nel tempo condizionati non solo dai dati economici, ma anche dai vincoli storici, fisici, culturali, oltre che, naturalmente, dalle decisioni passate.
Nei lavori dell’ultimo periodo riguardanti sia l’azione della banca centrale sia i vincoli che la collocazione internazionale impone alla crescita del Paese, rese palese come la sua analisi fosse strettamente legata a una visione della politica economica dagli evidenti caratteri strutturali; come lo inducesse a rifiutare qualsiasi riferimento a istituzioni cui delegare l’azione di politica economica tramite regole fisse; come richiamasse il politico economico alle sue responsabilità nel modificare la realtà sapendo che si è «padroni, ma anche vittime, del proprio destino e delle proprie intenzioni» (P. Ciocca et al., Il contributo scientifico di Fausto Vicarelli..., cit., p. 12). Fu sua convinzione profonda che il lavoro dell’economista dovesse essere al servizio della società per orientare, con consapevolezza e intelligenza, la costruzione del futuro nell’uguaglianza e nella dignità della persona e del cittadino; che la storia può e deve essere libertà e la politica economica deve essere strumento per la costruzione di «spazi di libertà (libertà dall’oppressione, dall’emarginazione, dall’isolamento), e quindi aprirsi alla felicità» (Sottosviluppo e solidarietà. Il caso del Brasile, Roma 1987, p. 18).
Morì in un incidente automobilistico a Roma nella notte di pioggia del 23 novembre 1986.
Il giorno delle sue esequie, nella sua chiesa parrocchiale – nei cui pressi il Comune di Roma pose nel 2002 la targa toponomastica largo Fausto Vicarelli – l’afflusso di giovani e di anziani del suo quartiere accomunati nel dolore della sua morte fu tale che Luigi Spaventa provò «un sussulto di coscienza [per apprendere] quanto tempo e quanto lavoro Vicarelli dedicava ad aiutare spiritualmente e materialmente altri uomini: che non erano economisti, accademici, sindacalisti, banchieri centrali, ma semplicemente altri uomini, che solo si distinguevano per essere più deboli e ai quali, come ci fu testimoniato, egli dava la forza del suo affetto in un’opera silenziosa di cui noi, suoi colleghi, poco o nulla sapevamo» (Ciampi, Spaventa, Carniti e Rey..., 1987, p. 566; ripreso, all’interno di un più ampio ricordo di Fausto Vicarelli, in E. Rea, L’ultima lezione, Torino 1992, pp. 246-252).
L’essere stato membro attivissimo della sua comunità parrocchiale e del comitato di quartiere indusse, nel 1987, amici e colleghi a costituire l’Associazione Fausto Vicarelli, con sede sia a Roma sia a Osimo, sua città natale, con un doppio obiettivo: da un lato, onorare la sua figura di persona realizzando interventi di solidarietà nei confronti di soggetti bisognosi, e dall’altro, organizzare iniziative per ricordare il senso del suo lavoro scientifico. A quest’ultimo riguardo fu bandito, dal 1989 al 2011, in collaborazione con l’Ente per gli studi monetari, bancari e finanziari Luigi Einaudi, il premio Vicarelli per la migliore tesi di laurea su temi di economia; furono inoltre organizzati diversi convegni scientifici in suo onore sia a Roma sia ad Ancona e a Osimo.
Dal 1993 opera presso la facoltà di economia dell’Università di Macerata il Laboratorio Fausto Vicarelli, che promuove ricerche, organizza incontri scientifici sul rapporto tra credito, industria e finanza e programma le Lezioni Vicarelli, svolte da personalità di chiara fama scientifica.
Il 2 giugno 1987, il presidente della Repubblica gli conferì, alla memoria, la medaglia d’oro ai benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte e il 25 giugno 1988 gli fu assegnato (alla memoria) il premio Scanno (L’Aquila) per l’economia.
Opere. L’intera produzione scientifica è stata raccolta nel volume in corso di pubblicazione da parte della Banca d’Italia: Fausto Vicarelli. Tornare a Keynes. Scritti scientifici, a cura di C. Gnesutta.
Fonti e Bibl.: M. Tonveronachi, J. M. Keynes. Dall’instabilità ciclica all’equilibrio di sottoccupazione, Roma 1983; Ciampi, Spaventa, Carniti e Rey parlano del libro di Fausto Vicarelli, “La questione economica nella società italiana”, in Politica economica, III (1987), 3, pp. 561-578; C. Bentivogli - S. Trento, In ricordo di F. V.: l’eredità keynesiana, in Il Progetto, X (1990), 60, pp. 81-86; S. Trento, Ricordando F. V., in Lettera FIM, II (1991), 1, pp. 11-13; L’economia al servizio dell’uomo. Valori ed efficienza, a cura di S. Lombardini - A. Tripoli, Bologna 1994, pp. 1-159; G. Nardozzi, Moneta e credito, in Economia 1970-1990, a cura di T. Cozzi - S. Lombardini - M. Salvati, Torino 1995, pp. 221-268; Economic theory and social justice, a cura di G. Gandolfo - F. Marzano, London-New York 1996 (in partic. G. Gandolfo, F. V. A personal reminiscence, pp. 1-8; A. Fazio, Opening address, pp. 27-32; A. Tripoli, pp. 255 s.; F. Bentivogli, pp. 257-260); C. Gnesutta, L’attualità della riflessione scientifica di F. V., in Rivista italiana degli economisti, 2001, n. 3, pp. 431-450; A. Fazio, L’impegno scientifico e civile di F. V., in Bollettino economico, 2003, n. 40, pp. 5-7; C. Gnesutta, F. V., in Osimani con la testa. Economia e società a Osimo tra medioevo ed età contemporanea, a cura di R. Giulianelli - M. Moroni, Ancona 2008, pp. 275-303; Capitale industriale e capitale finanziario nell’economia globale, a cura di C. Gnesutta - G.M. Rey - G.C. Romagnoli, Bologna 2008 (in partic. G.M. Rey - G.C. Romagnoli - C. Gnesutta, L’Italia non deve rinunciare alla crescita, pp. 17-37; P. Alessandrini - A. Niccoli, Finanza internazionale e distribuzione del reddito, pp. 119-141); G. Garofalo - C. Gnesutta, A return to fundamentals: F. V.’s thought on finance vs. growth and efficiency vs. stability, in Rivista italiana degli economisti, 2010, n. 1, pp. 105-142; G. Michelagnoli, Fra Keynes e Sraffa. Prospettive storiografiche sul pensiero economico di F. V., in Il pensiero economico italiano, 2013, n. 2, pp. 69-98; A. Moretti, F. V. Un grande semplice uomo, in Ingrandimenti, 13 luglio 2014; M. Cedrini, V.’s Keynes (and today’s international disorder), in Journal of post Keynesian economics, XLI (2018), 1, pp. 3-15; P. Paesani, V., Keynes, and the unstable nexus between investment, liquidity, and finance, ibid., pp. 16-35; M. Tancioni, V.’s Keynes and the new-Keynesian analytical method, ibid., pp. 36-55.