FATULI
I F. risiedevano a Parma fin dal XIV secolo (per i docc. utilizzati, se non altrimenti indicati, cfr. Scarabelli Zunti, ad vocem). Si ricorda, infatti, Giovannino, che morì nel 1399, lasciando il figlio Antonio "magister a muro et lignamine"; da quest'ultimo nacque, presumibilmente tra il 1410 e il '20, Gherardo, che seguì le orme del padre e dette lustro al casato, come si ricordava in una lapide posta nel 1519 nella chiesa di S. Pietro Martire in cui era scritto "Postremos honestae et antiquae Fatulorum / Familiac cineres / ex qua Gerardus ille prodiit celebris sua tempestate architectus / cuius Ingenio et arte / nobilissima Parmensis fori turris extructa est / Thomas Fatulus Predicatorum. Ordinis / hic pie condidit / anno MDXIX" (cfr. anche Pezzana, I, 1837, p. 38).
Nell'atto matrimoniale della sorella Caterina (1437) Gherardo risulta abitante nella parrocchia di S. Martino di Galegana, ma poco dopo si trasferì, sposandosi, nella parrocchia di S. Andrea. Nel 1441 ricevette da Bartolomeo e Antonio Bernieri l'incarico di ricostruire la loro casa posta nella vicinia di S. Andrea e nello stesso anno fu testimone in un atto stipulato nel palazzo del capitano del popolo. Anche se le notizie su di lui non sono molte, nel 1447 doveva essere stimato per la sua professionalità dato che il vicario vescovile lo incaricava di fornire un parere su una casa che minacciava d'andare in rovina e il Comune gli affidava la direzione dei lavori di pavimentazione della piazza, che gli furono pagati nel novembre del 1448.
Nel 1450 costruì una casa nella parrocchia di S. Siro per il consorzio della cattedrale; lo stesso consorzio nel 1453 gli cedette una casa rovinata con orto posta nella parrocchia di S. Giovanni, in borgo Torto, che egli si obbligava a ristrutturare e rendere abitabile. Anche dal capitolo della cattedrale fu incaricato di redigere stime di immobili. Nel 1455 e nel 1456 fu impegnato a lavorare per la precettoria di S. Antonio, nei locali dell'ospedale e del convento dei frati del Tau. Disegnò pure un armadio per il canonico Antonio Oddi.
Tra il 1465 e il 1472 ricevette l'incarico d'alzare la torre civica situata nella piazza Grande, la cui costruzione era iniziata nel 1246 e che da allora aveva subito diverse modifiche.
La parte inferiore della torre era quadrata e Gherardo proseguì la costruzione con una forma ottagonale, alternando parti vuote (formate da colonne con archi) ad altre piene (tutte in muratura) e collocandovi tre ambulacri cintati e campane a vari livelli. La parte conclusiva era piramidale e raggiungeva un'altezza di 204 braccia parmigiane (circa 110 metri). La torre crollò nel gennaio del 1606, uccidendo ben 27 persone e distruggendo il palazzo del Comune.
Nel 1473, insieme con Andrea de Cumis, fu nominato sindaco dell'arte dei maestri a muro (gli ingegneri), fondata proprio in quell'anno e guidata da Guglielmo de Coraliis. Nel 1483 fu chiamato con Giovanni Antonio da Erba a stimare l'ospedale di San Bovo, piuttosto malconcio.
Morì prima del 22 genn. 1488 (cfr. Scarabelli Zunti: docc.), lasciando i figli Matteo, sacerdote, Antonio e Gaspare (entrambi impegnati nella professione del padre) e le figlie Elena e Orsolina; quest'ultima, rimasta vedova di Bartolomeo Magnani, si risposò con lo scultore Antonio Ferrari d'Agrate.
Su Antonio le notizie sono assai scarse. Nel 1481 si sa che abitava nella parrocchia di S. Paolo. Si sposò con Lucrezia Melleri e quando gli nacque (1486) la prima figlia, Genesia, risiedeva nella parrocchia della cattedrale. A Genesia seguirono Giovanna, Giovanni Simone, Caterina (1489), Gasperino, Gherardo (1497) C Lucia Camilla (1499). La sua attività nel campo dell'edilizia gli permise di guadagnare discretamente: prese in affitto delle terre a Felino (1489) e comprò case nella parrocchia di S. Barnaba, dove risiedette nel 1501; una di queste l'affittò per 5 lire imperiali all'anno (1504).
Nel 1496-97 lavorava insieme col fratello Gaspare nella costruzione dell'ospedale della Misericordia, oggi conosciuto come ospedale Vecchio (in via d'Azeglio). Morì nel 1510 e la vedova Lucrezia chiese la tutela dei figli minori e l'amministrazione dei beni, consistenti in "pochi mobilì rozzi e guasti", 37 biolche di terra a San Siro e una casa in Parma, nella vicinia di S. Barnaba, dove abitavano.
Di Gaspare, fratello di Antonio, "magister a muro et lignamine", non si conoscono le date né di nascita né di morte; le notizie su di lui sono circoscritte al decennio che va dal 1488 al '97, anno in cui probabilmente morì. Sposato con Eleonora Musacchi, vedova di Iacopo Cavalli, ebbe due figli: Michele, nato nel 1488 (padrino fu lo scultore Antonio Ferrari d'Agrate, marito della sorella Orsolina) e Ginevra, nata nel 1494. La sua abitazione era situata nella parrocchia della cattedrale.
Negli anni precedenti aveva diretto la ricostruzione della chiesa e del convento delle monache carmelitane dell'antica osservanza.
La chiesa era dedicata a S. Maria Maddalena ed era chiamata "nuova" per distinguerla da quella già esistente, sede parrocchiale. Il complesso conventuale sorgeva sulla strada S. Michele (all'angolo delle attuali vie Repubblica e Lalatta), quasi di fronte a S. Sepolcro. Per pagarlo le monache vendettero un pezzo di terra che possedevano ad Antognano (rogito di Giò. Batta Bizzocchi, 28 genn. 1488).
Il 1488 fu un anno particolarmente importante per Gaspare: oltre alla nascita del figlio (30 ottobre), acquistò, il 21 luglio, terre con alberi a San Michele de' Gatti e a Barbiano (il che indica che aveva una certa disponibilità finanziaria e che aveva già raggiunto una buona posizione patrimoniale), progettò un tabernacolo per l'altare del Corpus Domini nella chiesa di S. Giovanni e mise le campane sulla torre della stessa chiesa; il 10 settembre stipulò un contratto con l'arte della lana - rappresentata da Pedro Baiardo, Luca Diemo e Bartolomeo Balduchini - per realizzare in duomo una cappella (la seconda a sinistra per chi entra), "de la largeza, longeza, alteza de quela medesima statura et forma che è quela propinqua e la capela che fu del quondam conte Andrea de Valera". Veniva pure specificato che le pareti dovevano essere imbiancate fino in fondo, che nel muro vi dovevano essere alcune nicchie per le ampolline, che l'altare doveva avere una lastra per "poterle metere una anchona la quale sia de natura che si possa serare e chiavare". Anche le finestre dovevano essere simili a quelle della cappella Valeri. Il pagamento previsto era di 250 lire: entro Natale gliene sarebbero state date la metà, il resto l'anno successivo, al termine dell'opera.
Nel 1491 gli fu appaltata per 3.500 lire la costruzione delle volte e dei tetti dell'ospedale della Misericordia.
Si tratta di tre navate, progettate da Giovanni Antonio da Erba e ancora esistenti, seppure profondamente modificate: la corsia di settentrione (allungata nel 1782), quella di ponente e quella di levante (o di S. Ilario). Il quarto braccio, formato dalla chiesa e dalla parte sulla strada, doveva essere già compiuto. I lavori durarono alcuni anni e nel 1496 e '97 figurano nei libri contabili ancora pagamenti a suo favore.Dopo quella data non si hanno più notizie di Gaspare.
Fonti e Bibl.: Per Gherardo: Parma, Soprintendenza ai beni artistici e storici, E. Scarabelli Zunti, Documenti e memorie di belle arti parmigiane, 1451-1500, ad vocem; A. Pezzana, Storia della città di Parma, I, App., Parma 1837, p. 38; II, ibid. 1-842, pp. 466, 647, 681; III, ibid. 1847, pp. 97, 125, 156; V, ibid. 1859, pp. 161 s., 166, 336; G. M. Allodi, Serie cronologica dei vescovi di Parma, Parma 1856, II, p. 144; M. Lopez, Il battistero di Parma, Parma 1864, pp. 42 s., 84 s.; L. Testi, recens. a Bernardino Zaccagni e l'architettura del Rinascimento a Parma di M. Salmi, in Arch. stor. delle province parmensi, XVIII (1918), pp. 184 s.; G. Drei, L'antica torre del Comune di Parma, in Aurea Parma, VII (1923), p. 203; P. Zorzanello, Il crollo della torre di Parma, in Crisopoli, III (1935), pp. 41-43 (con disegno della torre); I. Bocchialini, La torre del Comune di Parma, in Aurea Parma, XLI (1957), pp. 235-242; M. Corradi Cervi, Evoluzione topografica della piazza Grande di Parma dall'epoca romana alla fine del sec. XIII, in Arch. stor. delle province parmensi, XIV (1962), p. 44; M. O. Banzola, L'ospedale Vecchio di Parma, Parma 1980, pp. 111, 118, 120, 122; P. Mendogni, Artisti e artigiani operanti a metà del '400 in S. Antonio Abate e in altre chiese, in Aurea Parma, LXV (1981), pp. 268 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 292.
Per Antonio: Parma, Soprintendenza ai beni artistici e storici, E. Scarabelli Zunti, Documenti e memorie..., ad vocem; A. Pezzana, Storia della città di Parma, V, 1859, p. 335; M. O. Banzola, L'ospedale..., 1980, p. 111; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 292 (sub voce F. Gherardo).
Per Gaspare: Parma, Soprintendenza ai beni artistici e storici, E. Scarabelli Zunti, Documenti e memorie..., ad vocem; Ibid., Id., Materiale per una guida artistica di Parma, Chiese e conventi, II, p. 40; A. Pezzana, Storia della città di Parma, V, 1859, pp. 161, 335; M. Salmi, Bernardino Zaccagni e l'architettura del Rinascimento a Parma, in Bollettino d'arte, XII (1918), pp. 86, 96, 98 (cfr. recens. di L. Testi, in Arch. stor. delle province parmensi, XVIII [1918], pp. 148 s., 178 s., 183, 188, 191; replica di M. Salmi, ibid., XIX [1919], pp. 272, 277); M. O. Banzola, L'ospedale..., 1980, pp. 111, 115, 118; P. P. Mendogni, Artisti e artigiani, in Aurea Parma, LXV (1981), p. 268; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 292 (sub voce F. Gherardo).