EXEQUATUR
. Misure cautelative verso la Chiesa adottate spesso dagli stati dal basso Medioevo in poi, per sottoporre al controllo statale atti pontifici, specie conferimenti di benefici e scomuniche.
Misure siffatte si hanno in Inghilterra sin da Guglielmo il Conquistatore, e si riscontrano poco più tardi in quasi tutti i paesi. Ma si tratta di provvedimenti occasionali cui è estranea l'idea che allo stato competa il diritto di controllare l'intera legislazione ecclesiastica e di negare riconoscimento e forza vincolante alle norme generali poste da organi ecclesiastici, le quali ledano interessi statali. Martino V con la bolla Quoad antidota del 30 aprile 1418 revocò la facoltà, che Urbano VI in vista dello scisma aveva concessa ad alcuni prelati, che nelle loro diocesi non si potessero eseguire lettere apostoliche prima che fossero loro mostrate, alfine di constatarne l'autenticità: e la revocò perché questi prelati tendevano ora ad arrogarsi un diritto di placet. Nella bolla non si accenna a nessuna analoga pretesa statale.
Dal sec. XV il diritto si generalizza: Martino I di sicilia lo adotta nel 1408, Alfonso V di Aragona nel 1423, nel Napoletano è introdotto nel 442, Luigi XI di Francia sottopone a esame preventivo le bolle e i brevi della Curia romana, in Baviera la placitazione è istituita nel 1491: e con i nomi più varî, placet, exequatur, pareatis, vidimus, praemunire, droit d'annexe, droit de vérification, lettre d'attache, placetum regium, regio pase, l'istituto permane fino ai nostri giorni.
L'unificazione italiana trovò in vigore in quasi tutti gli stati misure di controllo siffatte. Un'unificazione delle varie norme fu compiuta nel 1863 con il r. decr. 5 marzo 1863, n. 1169, che stabiliva che "qualunque provvisione ecclesiastica proveniente da Autorità non residente nel Regno" non avrebbe potuto ricevere "pubblicazione o esecuzione esterna, pubblica o privata, se non dopo" che fosse munita dell'exequatur; in pari tempo il r. decr. 26 luglio 1863, n. 1374, sottoponeva a placitazione determinati atti vescovili. L'art. 16 della legge delle guarentigie 13 maggio 1871 abolì in massima ogni ingerenza statale sulla pubblicazione degli atti dell'autorità ecclesiastica, salvo che per gli atti portanti destinazione di beni ecclesiastici e provvista di benefici. Per il r. decr. 25 giugno 1871, n. 320, e l'annesso regolamento erano sottoposti a exequatur gli atti emanati dalla S. Sede rientranti nelle categorie per cui la legge delle guarentigie aveva conservato questa forma di controllo. Tale decreto fu modificato con il decr. legge 30 gennaio 1916, n. 107, il r. decr. 28 dicembre 1919, n. 2561, il r. decr. 6 maggio 1920, n. 642: per essi restarono sottoposti a exequatur solo gli atti della S. Sede che riguardassero le provviste dei benefici maggiori (sottoponendosi a placet quelli concernenti altri benefici e a regio assenso quelli concernenti destinazione di beni ecclesiastici); l'exequatur era concesso con r. decr. su proposta del ministro di Giustizia, sentito il Consiglio di stato in adunanza generale e il Consiglio dei ministri. L'istituto è venuto meno col Concordato dell'11 febbraio 1929.
Bibl.: B. Z. van Espen, Tractatus de promulgatione legum ecclesiasticarum, in Opera omnia, Lovanio 1721, II; Wanner Hoefelin, De placeto ecclesiastico, Dilling 1782; C. Tarquini, Dissertatio de regio placeto, Roma 1852; P. Hinschius, System des kathol. Kirchenrechts, III, Berlino 1883, p. 749 segg.; A. Galante, Il diritto di placitazione e l'economato dei ben. vac. in Lombardia, Milano 1894; id., v. Exequatur e placet regio, in Encicl. giur., V, iii, Milano 1911.