CRIVELLI, Eusebio
Della nobile famiglia milanese, figlio di Giovan Pietro, fu attivo nella prima metà del XV secolo. Non si sa se esplicò soltanto un'attività militare; certo nel 1447, quando Micheletto Attendolo, comandante dell'esercito veneziano, dopo essere giunto fino alle porte di Milano pose l'assedio a Lecco, il C. vi difendeva il ponte, che il 27 giugno cadde nelle mani dei Veneziani.
Costoro, levato il campo presso Oggiono, avevano investito il contingente di truppe del C., facendo un gran numero di prigionieri e avendo, come si è detto, la meglio. Un mese dopo, anche con l'aiuto degli abitanti della città e delle vallate vicine, il C. poteva lanciare una controffensiva che otteneva il risultato della riconquista del ponte.
Morto Filippo Maria Visconti, il C. aderì alla Repubblica Ambrosiana, ma quando, all'interno di essa, dopo l'elezione di Carlo Gonzaga a capitano del Popolo il 14 nov. 1448, prese corpo una fazione che, capeggiata da Giorgio Lampugnano e da Teodoro Bossi, voleva cedere il potere allo Sforza, il C. vi aderì. Com'è noto, questa congiura fu soffocata, i capi arrestati, il Lampugnano ucciso. Il C. era allora capitano di Vimercate e fu convocato a Milano, ma si guardò bene dall'obbedire all'invito e si sottrasse alla cattura con la fuga. Francesco Sforza, preso il potere, non dimenticò l'atteggiamento del C. e l'11 marzo 1450 lo creò cavaliere aurato.
Il C. morì nel 1452.
Aveva sposato Caterina Mussi, da cui aveva avuto Antonio e Franchino. Il nipote Giovan Giacomo, figlio di Antonio, quando il 9 nov. 1497 fu compiuta la tomba di famiglia a S. Francesco Grande, fece porre nel primo chiostro della chiesa, detto di S. Antonio, una lapide che ricordava l'avo e il padre. Un'altra lapide simile, secondo la testimonianza di G. Sitoni di Scozia (Theatrum equestris nobilitatis, Mediolani I 706, p. 56), fu posta nel punto, che era allora il più alto del duomo e che il Sant'Ambrogio identifica con la guglia o torricella di nordest.
Le lapidi ricordavano anche le cariche ricoperte da Antonio, il quale, nato nel 1420 circa, oltre al già ricordato Giovan Giacomo, ebbe anche Francesco, Ludovico e Gabriele. Secondo E. Casanova, fu consigliere ducale. Dal 1° apr. 1461 fino al 1° aprile dell'anno successivo, ricoprì la carica di capitano di Tortona e di Alessandria. Divenne podestà di Savona dal 1° maggio 1469 "ad beneplacitum", ma già dal 1° ottobre del medesimo anno passava, sempre "ad beneplacitum", a ricoprire la carica di castellano del castello di S. Croce a Cremona, con l'obbligo di mantenere quattro affines, un magister a lignamine, uno a balistis, un ferrarius e un bombarderius. Antonio era stato funzionario già con Francesco Sforza e con Galeazzo Maria, quando, morto questo, e divenuto duca Gian Galeazzo sotto la reggenza della madre, egli diveniva, l'11 luglio 1477, commissario di Como "ad beneplacitum". Lo era ancora nel 1482, allorché nel gennaio, scrivendo al duca, lo rendeva edotto dei disordini avvenuti a Mendrisio. Dal 1° nov. 1484 divenne commissario di Piacenza, probabilmente per i tre anni successivi. Capitano della Valle di Lugano dal 1° febbr. 1497, nell'agosto del medesimo anno scriveva a Ludovico il Moro, non manifestando molta soddisfazione per l'invio nella valle di Peretto Corso, che avrebbe dovuto porre rimedio a vari disordini lì avvenuti. Divenne, in epoca imprecisata, senatore. Con ogni probabilità morì poco dopo e fu la sua morte a dare occasione al figlio di porre la lapide sopra citata.
Non va confuso con lui l'AntonioCrivelli attivo intorno alla metà del XV secolo. Di lui si sa che, figlio di Giovanni e di Antoniola Mandelli, fece parte del Consiglio generale nel 1447. Durante la Repubblica Ambrosiana era, insieme con suo fratello Ugolino, governatore di Pizzighettone, che fu da loro, dietro ricompensa, promessa allo Sforza. In effetti, essi aprirono le porte della cittadina, altrimenti inespugnabile dall'esterno, e vi fecero penetrare lo sforzesco Roberto Sanseverino. La Repubblica li dichiarò ribelli e pose su di loro una taglia di 1.000 ducati ciascuno, se vivi, e di 500, se morti. Venuto al potere Francesco Sforza, assegnò al C. 1.000 ducati di rendita, a conto dei quali lo investì di Dorno e Lomello. Era ancora vivo nel 1453 ed aveva sposato Dorotea de Limellis, da cui ebbe Bartolomeo e Ugolotto. Quest'uffirno era stato dallo Sforza creato cavaliere aurato nel 1450 e divenne conte di Dorno e Lomello, quando, nel 1458, al feudo fu annesso tale titolo. Di lui si sa soltanto che il 30 apr. 1480 fu testimone a Napoli della conferma dell'atto di fidanzamento di Gian Galeazzo Sforza con Isabella d'Aragona, del 26sett. 1472, e che il 6 dic. 1494, fu creato membro del Consiglio segreto. Aveva sposato Margherita, figlia del senatore Pietro Pusterla, da cui ebbe Antonio Maria, Bartolomeo, Giovan Alessandro e Barbara.
Fonti e Bibl.: V. Forcella, Iscrizioni delle chiese... di Milano, III, Milano 1890, p. 104; Gli uffici dei dominio sforzesco. a cura di C. Santoro, Milano 1948, pp. 241, 269, 282, 488, 540, 585; B. Corio, Storia di Milano, a cura di A. Morisi Guerra. Torino 1978, pp. 1270, 1295; E. Motta, Guelfi e ghibellini nel Luganese, in Periodico della Soc. stor. comense, IV (1884), pp. 89, 94, 133, 148, 154 s.; D. Sant'Ambrogio, Di una singolare epigrafe in onore di E. C., in Arch. stor. lomb., s. 2, VIII(1891), pp. 688-94; E. Casanova, Nobiltà lombarda, Milano 1930, pp. 41, 45; E. Resti, Documenti Per la storia della Repubblica ambrosiana, in Arch. stor. lomb., s. 8, V (1954-55), pp. 223 s.; F. Cognasso. La Repubblica di S. Ambrogio, in Storia di Milano, VI, Milano 1955, p. 446.