MORELLI, Eugenio
MORELLI, Eugenio. – Nacque a Teglio (Sondrio) l’8 marzo 1881 da Giuseppe, medico condotto nella vicina Tresenda, e da Barbara Giuseppa Reghenzani.
Conseguita la licenza liceale nel luglio del 1899 presso il R. liceo di Sondrio, nell’anno 1899-1900 si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia a Pavia. Dopo avervi frequentato i primi tre anni, nel novembre 1902 si trasferì al R. Istituto di studi superiori di Firenze, dove il 6 luglio 1905 si laureò a pieni voti sotto la guida di Pietro Grocco, discutendo una tesi dal titolo Esame del liquido cefalo-rachidiano. Valore diagnostico e prognostico.
Dopo la laurea rimase a Firenze con Grocco, come medico interno e poi come assistente volontario in clinica medica, fatti salvi alcuni soggiorni di studio in Germania. Nel 1908, su consiglio di Grocco, tornò a Pavia come secondo assistente di Carlo Forlanini, direttore della clinica medica, che nel 1882 aveva proposto il trattamento della tisi polmonare per mezzo dello pneumotorace artificiale. Nel 1910 divenne suo primo assistente e nel giugno dello stesso anno conseguì la libera docenza in patologia speciale medica.
Come molti altri ricercatori dell’epoca, non si sottrasse al fascino esercitato dal prestigioso laboratorio di patologia generale e istologia di Camillo Golgi, insignito del premio Nobel per la medicina nel 1906. Compatibilmente con il suo incarico istituzionale, vi trascorse un periodo di formazione e perfezionamento nell’arco di un triennio (1908-11), dedicandosi a ricerche di patologia sperimentale e di batteriologia.
Fu comunque l’incontro e lo stretto rapporto umano e professionale con Forlanini a determinare i suoi interessi clinicoscientifici. Benché lo pneumotorace terapeutico fosse stato inventato già da parecchi anni, fino al 1908 la casistica era molto limitata, trattandosi di un procedimento riservato a pochi casi gravi e non esente da rischi potenziali a causa dell’elevato pericolo di embolie gassose connesso alla procedura utilizzata. Fino a quel momento, nessun clinico italiano aveva accettato la concezione che era alla base del procedimento né il procedimento stesso. Morelli, profondamente convinto della genialità e delle potenzialità dello pneumotorace, vi apportò una variazione rivelatasi poi decisiva. Si convinse che l’istituzione dello pneumotorace non dovesse avvenire comprimendo il polmone e introducendo l’aria a pressione forzata, ma piuttosto sfruttando l’elasticità stessa dell’organo che naturalmente tende a contrarsi e l’opposta tendenza a espandersi della cassa toracica. Fra pleura parietale e pleura viscerale si genera così fisiologicamente una pressione negativa che esercita una forza di aspirazione spontanea sul gas con il quale lo spazio pleurico venga a contatto. Uno pneumotorace realizzato per autoaspirazione riduce o evita il pericolo di embolia gassosa. La realizzazione pratica di tale concetto si tradusse nella costruzione di un apparecchio sotto controllo manometrico. La consacrazione ufficiale della collassoterapia come importante strumento terapeutico per la tubercolosi si ebbe nel 1912 al VII Congresso internazionale per la lotta contro la tubercolosi durante il quale Morelli presentò il suo nuovo apparecchio, ottenuto modificando quello di Forlanini.
Della sua fase pavese sono da ricordare anche i vari e notevoli lavori di dinamica circolatoria, realizzati mediante complessi apparecchi e tecniche personali di registrazione grafica e i numerosi contributi di semeiotica sull’idrotorace cardiaco, sulla perforazione polmonare, sul ‘fenomeno del soldo’ nello pneumotorace spontaneo e artificiale, sull’interpretazione della gutta cadens, sul ‘rantolo paradosso’ nel corso dello pneumotorace terapeutico, sulla ‘percussione ascoltata’. Vanno inoltre ricordati, primi in Italia, i suoi contributi sulla frenicotomia e sulla frenicoexeresi in cui valorizzò il grande vantaggio di eliminare con la frenicotomia il trauma inspiratorio e contestò l’affermazione comunemente accettata che la frenicoexeresi agisse come un piccolo pneumotorace.
Nel 1912 conseguì la libera docenza in clinica medica e divenne aiuto di Forlanini. Nel triennio 1913-16 supplì Forlanini e negli anni 1914-15 e 1915-16 la supplenza riguardò tanto l’insegnamento quanto la direzione della clinica. Il 14 maggio 1915 venne richiamato in servizio militare e un mese dopo fu nominato capitano medico e assegnato poi all’ospedale militare di Ponte Caffaro, Bagolino (Brescia) in zona di guerra. Durante questo periodo ottenne comunque periodici congedi per ottemperare agli impegni didattici e clinici.
Durante il servizio al fronte osservò che alcuni fra i principî che avevano fornito a Forlanini la base per introdurre lo pneumotorace nella terapia della tubercolosi potevano essere validi anche per la cura delle ferite polmonari. L’applicazione della collassoterapia ai feriti toracici gli consentì di ridurre fortemente, dal 34 al 5%, la mortalità. Sulla base di tale esperienza di medico militare, pubblicò La cura delle ferite toraco-polmonari (Bologna 1918): il volume costituisce l’evoluzione delle idee di Forlanini, che ne scrisse la prefazione pochi giorni prima della morte, e riassume le nuove concezioni fisiopatologiche sul torace, alla luce dell’esperienza bellica.
Fatto ritorno alla vita civile dopo essersi guadagnato due medaglie d’argento e due croci di guerra al valore militare, dal 1° dicembre 1918 fu nominato professore incaricato presso la cattedra di patologia medica dimostrativa dell’Università di Pavia. Mantenuto l’incarico fino al conseguimento del titolo di professore straordinario non stabile di patologia speciale medica (1° febbraio 1925), il 1° febbraio 1928 divenne professore straordinario stabile a Pavia, avendo anche, nell’anno accademico 1925-26, l’incarico di insegnamento di patologia e clinica della tubercolosi polmonare. Nel 1927 fu designato vicepresidente della Federazione italiana contro la tubercolosi, di cui divenne poi presidente nel 1955.
Nel 1928 lasciò Pavia per la R. Università di Roma, dove fu chiamato a ricoprire la neoistituita cattedra di clinica della tubercolosi e delle malattie dell’apparato respiratorio, la prima cattedra universitaria italiana di tisiologia e la seconda al mondo dopo quella di Parigi, istituita l’anno prima. La sede fu collocata a Porta Furba presso il vecchio sanatorio Ramazzini, che divenne così la culla della prestigiosa scuola romana di tisiologia dalla quale sarebbero usciti i più brillanti tisiologi e quasi tutti i direttori dei sanatori dell’Istituto nazionale fascista per la previdenza sociale e dei consorzi provinciali antitubercolari.
Morelli fece ben presto del Ramazzini la centrale operativa della lotta a tutto campo alla tubercolosi, una malattia sociale che a quel tempo faceva 60.000 morti all’anno. Per rendere operativa la legge varata nel 1927 sull’assicurazione obbligatoria contro la tubercolosi pensò che, oltre a medici specialisti adeguatamente preparati, occorresse anche una buona rete sanatoriale. Lavorando a stretto contatto con alcuni ingegneri e con il direttore sanitario progettò il ‘sanatorio tipo’, occupandosi personalmente di tutti gli aspetti, dalla tecnica edilizia ospedaliera alla scelta dei luoghi, fatta sulla base di criteri climatici e socio-economici. Neanche in questa occasione dimenticò la sua vocazione sperimentale, creando all’interno del Ramazzini un apposito padiglione destinato agli studi preliminari e alle prove di materiali e di attrezzature. In pochi anni furono realizzati il primo preventorio italiano (sanatorio in cui si realizzavano interventi preventivi sui soggetti con tendenza alla tubercolosi) a Sondrio e una sessantina di nuovi sanatori sparsi sul territorio nazionale. Il nuovo ospedale sanatoriale di Roma, a lui affidato, fu intitolato per suo volere al maestro Carlo Forlanini e venne inaugurato nel 1934. Il complesso ospedaliero disponeva di biblioteca, museo, perfino di una sala cinematografica e, naturalmente, di spazi per le lezioni destinate agli specializzandi, accanto a infrastrutture di servizio e tecniche, per l’epoca decisamente nuove. Dotato di oltre 1000 letti diventò, grazie all’opera di Morelli, un centro di formazione e di riferimento anche internazionale per studenti e medici. In un arco di 30 anni lo frequentarono 588 medici appartenenti a 88 paesi.
Morelli non trascurò alcun aspetto e alcuna arma che potesse rivelarsi efficace per vincere definitivamente la tubercolosi. Così nel reparto chirurgico si sviluppò la moderna chirurgia toracica, dapprima con la collassoterapia e poi con gli interventi di exeresi polmonare. Dimostrò, inoltre, sempre un grande interesse verso le possibilità offerte dalla chirurgia, arrivando a ideare lui, medico, una nuova tecnica chirurgica, il ‘velario apico-ascellare’, un intervento di toracoplastica per il quale concepì un apposito strumentario. Nel reparto di radiologia venne perfezionato un metodo di ‘aspirazione endocavitaria’, sviluppata da Vincenzo Monaldi per il trattamento della tubercolosi cavitaria (e non solo), che trovò ampia diffusione in Italia e all’estero. Nei laboratori di batteriologia e di sierologia si compirono importanti ricerche, citate poi anche da Selman Abraham Waksman, lo scopritore della streptomicina.
La poliedricità pose al riparo Morelli dall’insidia di finire prigioniero di un’idea: all’avvento dei farmaci che aprirono la strada alla terapia biologica della tubercolosi, egli, paladino ormai settantenne della terapia meccanica, incentivò, con giovanile entusiasmo, lo studio degli aspetti farmacologici, batteriologici e chemioterapici dei nuovi antibiotici. Nel 1936 fondò la rivista Annali dell’Istituto Carlo Forlanini per consentire una larga diffusione del lavori compiuti nell’istituto, la cui pubblicazione è cessata nel 1997. Sempre molto attento anche agli aspetti didattici e culturali, nel 1941 creò al Forlanini un Museo di anatomia, vedendovi un importante mezzo per migliorare la preparazione del personale medico e paramedico, in base alla sua convinzione che la cura della patologia respiratoria dovesse iniziare proprio dalla morfologia e dall’anatomia patologica. Istituì, infine, anche il Centro di statistica sanitaria, ritenendo che «come l’anatomia patologica è alla base della formazione del medico professionista, così la statistica è alla base del medico sociale» (Patriarca, 1998, p. 340).
Deputato in Parlamento dal 1924, rimase in carica dalla XXVII alla XXX legislatura. Nel 1943 fu nominato senatore del Regno, divenendo anche membro della Commissione degli Affari interni e della giustizia del Senato (dal 1° maggio al 5 agosto 1943) e tuttavia, come sostenne Cesare Frugoni (1974, p. 193) che lo conobbe bene, i suoi discorsi alla Camera e al Senato «furono sempre non politici ma di problemi medici».
Dal 1930 al 1938 fu segretario nazionale del sindacato dei medici e dell’Ordine dei medici. Certo che il medico dovesse avere l’obbligo di una sempre maggiore istruzione, pose a caposaldo del suo compito sindacale «l’elevazione della cultura del medico» (Il medico nel regime fascista, in Le Forze sanitarie, III [1934], 9, p. 536). Fondò e diresse la rivista medica Le Forze sanitarie, distribuita a tutti i medici italiani e ottenne la medaglia d’oro al merito della Sanità pubblica.
Appassionato di volo, nel 1937 conseguì il brevetto di pilota civile e l’anno successivo passò dai ruoli dell’esercito al Corpo sanitario aeronautico con il grado di tenente colonnello. Richiamato alle armi nel 1940, diventò poi generale medico dell’aeronautica. Dal 1939 diresse la rivista Bulgaria, organo dell’Associazione italo-bulgara fondata otto anni prima per favorire l’incremento dei rapporti culturali tra i due paesi.
Partecipò come relatore a numerosi congressi nazionali e internazionali; la sua produzione clinico-scientifica fu molto vasta e le sue pubblicazioni di ricerca furono raccolte, per cura di C. Frugoni, nel volume Scritti di Eugenio Morelli (Bologna 1964).
Collocato a riposo nel 1956, morì a Roma il 21 settembre 1960.
Fonti e Bibl.: Pavia, Arch. stor. dell’Università, Fascicolo personale; Ibid., Sistema museale di Ateneo, Fondo dell’ex-Istituto di Patologia generale «C. Golgi» di Palazzo Botta, Studenti, scat. 7 (copie di certificati rilasciati); Senato della Repubblica, Atti parlamentari, III Legislatura, Discussioni, 28 settembre 1960, pp. 14.501 s. (commemorazione); Annuari dell’Università di Pavia 1908-27, passim; C. Frugoni, necr., in Il Policlinico, sez. pratica, LXVIII (1961), 7, pp. 255-260; Id., E. M., in Id., Ricordi e incontri, Milano 1974, pp. 178-196; G. Cosmacini, Medicina e sanità in Italia nel ventesimo secolo, Bari 1989, pp. 195-204; G. Daddi, Breve biografia del prof. E. M., in Trattato di pneumologia, diretto da G. Daddi, 3ª ed., I-III, Padova 1998, pp. 1613-1615; P.L. Patriarca, E. M.: caposcuola della tisiologia italiana, in Storia della medicina e della sanità in Valtellina, Sondrio 1998, pp. 333-343. Particolarmente importante per comprendere la figura di M. e la sua opera è il volume collettivo monografico a lui dedicato dalla rivista Lotta contro la tubercolosi e le malattie polmonari sociali, LI (1981).
Antonella Berzero - Paolo Mazzarello