CISTERNA, Eugenio
Nacque il 30 ott. 1862 a Genzano (Roma) da Giacomo e Bettina Pigliucci. Poco più che dodicenne si trasferì a Roma dove frequentò la bottega di Andrea Monti e divenne allievo del figlio di questo Virginio, che era pittore e decoratore di chiese, e con il quale in seguito si imparentò. sposandone la sorella. Alle lezioni di pratica pittorica accompagnò lo studio della tecnica e del simbolismo della pittura cristiana, che riteneva essere la più alta fonte di ispirazione per un pittore di soggetti sacri, sostando a lungo nelle chiese e nelle cripte antiche. A tal punto riuscì a penetrare questo spirito che, quando nel 1882 egli eseguì il suo primo lavoro, la decorazione della cripta di S. Agnese in Agone, l'archeologo G. B. De Rossi volle che fosse segnata ben visibile la data dell'esecuzione, al fine di evitare confusioni tra le pitture moderne e quelle antiche presenti nella chiesa. Quest'opera inaugurò la copiosa produzione del C. come decoratore di chiese che improntò tutta la sua attività e gli dette la notorietà.
Insieme con il cognato Virginio, infatti, decorò le numerosissime chiese parrocchiali che, sullo scorcio dell'Ottocento sorgevano nei nuovi quartieri della Roma umbertina. Il suo nome è legato alle chiese di S. Brigida in piazza Farnese, per cui eseguì un dittico raffigurante S. Brigida e s. Teresa (1894), del Corpus Domini presso porta Pia, in cui dipinse il Convito eucaristico nell'abside ed una teoria di Angeli salmodianti nella navata centrale e nall'arcata sopra il presbiterio (Natura e arte, X [1900-1901], I, p. 276); della scomparsa chiesa della Sacra Famiglia in via Sommacampagna (scene del Pastor Bonus); di S. Agnese fuori le Mura, di cui affrescò una cappella della navata destra con scene del Martirio di s. Emerenziana e dei Funerali di s. Agnese, oltre alla pala dell'altare raffigurante la santa (1896). Due pale d'altare con il Sacro Cuore e l'Immacolata il C. dipinse per la chiesa delle suore di carità di S. Vincenzo de' Paoli in via di S. Maria in Cosmedin (Angeli, 1903). In queste opere il C. mostra di essere rigidamente ligio agli schemi classici ed alla tradizione pittorica sacra rifacendosi continuamente "a vecchi modelli cui non sono estranei manierismi e stilizzazioni raffaellite, dominate sempre da insistenti inquadrature pseudogotiche" (C. Ceschi, Le chiese di Roma dalle origini del neoclassicismo al 1961, Bologna 1964, p. 145). Negli affreschi che eseguì agli inizi del Novecento in alcune cappelle della chiesa di S. Gioacchino ai Prati di Castello cercò invece di imprimere una nota più moderna e personale nella scelta della tecnica ad imitazione di mosaico.
Nel 1900 il C. fondò una famosa fabbrica di vetrate artistiche (lo Studio vetrate d'arte Giuliani, che affidò alle nipoti M. Letizia e Laura Giuliani) per la quale eseguì diversi cartoni. Esempio di questa attività sono le vetrate della chiesa di S. Teresa al corso d'Italia (R. U. Montini, S. Teresa al corso d'Italia, Roma s.d., p. 61, illustr. 16), fra cui un accenno particolare merita la vetrata in forma di trittico raffigurante l'Ultima cena, sul lato sinistro del transetto. La tecnica impiegata per queste vetrate prevedeva l'uso di rassodare con un'ulteriore cottura le immagini preventivamente dipinte sul vetro intero, anziché quello di comporre le figurazioni con frammenti di tasselli vitrei precolorati.
Nel 1909 acquistò il palazzo già di Gugliemo Della Porta e vi eseguì decorazioni (L. Salerno, in Via Giulia, Roma 1973, pp. 196 s.).
Il C. operò molto anche fuori Roma e all'estero: all'inizio del secolo intraprese a Milano la decorazione del santuario di Maria Bambina, di cui in particolare il dipinto della Presentazione al tempio è ritenuto la sua opera migliore (Muñoz, 1924, ill, p. 343), e la decorazione della cripta della nuova chiesa del Corpus Domini. Nel 1903 era a Lourdes a verificare l'esecuzione dei mosaici della cappella italiana di cui aveva fornito i cartoni (ibid., p. 340: "mosaico parete centrale a nicchia"). A Piacenza dipinse cinque absidi per il duomo (ibid., p. 344: "abside dei pontefici, bozzetto decorativo"), e nel 1906 vi affrescò la chiesa del Carmelo, opera questa che suscitò la critica di A. Pettorelli (Le pitture nella chiesa del Carmelo a Piacenza, in Boll. stor. piacentino, I [1906], pp. 128-135): "l'onda di languore scaturisce da tutte le pareti, da tutti i volti, e contro essa non giova l'insistenza dell'oro. né la miriade di brillanti rilievi".
Nuovamente a Milano nel 1910 iniziò la decorazione della chiesa superiore del Corpus Domini con il grande affresco dell'abside (Scarpa, 1934, p. 882). Ma veramente innumerevoli sono le chiese, sparse in varie città d'Italia, per le quali il C. eseguì affreschi e decorazioni; a Treviglio compì varie opere nel duomo, a Monza nella chiesa degli Angeli, a Napoli affrescò la cupola della chiesa di Piedigrotta, a Caravaggio dipinse il santuario, a Rovereto affrescò l'abside della chiesa di S. Maria (ibid., p. 884), a Siracusa decorò la cattedrale. Durante la prima guerra mondiale e subito dopo, l'artista lavorò nelle nuove chiese parrocchiali di Legnano e Legnanello e, all'estero, per la chiesa di S. Giuseppe a Courtrai in Belgio, e in Svizzera, dove eseguì una grande pala d'altare (illustr. in V.S., 1933; a Schwyz?). Sempre durante il periodo bellico, il C. affiancò alla sua primaria attività di decoratore quella di restauratore, eseguendo un restauro affidatogli dal Mufioz nella chiesa di S. Sabina (1914-19) a Roma.
Riprodusse pittoricamente l'originaria decorazione musiva dell'arco maggiore, raffigurante una serie di medaglioni con busti di Santi e il Cristo in quello centrale, che era andata semidistrutta nel 1587per gli interventi operati nella chiesa da Domenico Fontana. Questo restauro del C. andò però perduto per lavori effettuati sull'arco maggiore nel 1955, in seguito ai quali si dovette procedere ad un nuovo restauro (E Darsy, S. Sabina, Roma 1961, p. 100).
Nell'ambito della sua attività di decoratore, alle grandi figurazioni religiose il C: alternò anche pannelli decorativi e fregi di vario stile destinati ad essere impiegati in ville e palazzi; ricordiamo ad esempio, fra le sue ultime opere, le decorazioni per il padiglione italiano all'Esposizione internazionale di Anversa (1930) ed a quella di Parigi (1931). Lavoratore infaticabile, era ormai costretto dalla paralisi all'immobilità, ma volle ugualmente eseguire i disegni per la cappella funebre di casa Pirelli nel cimitero monumentale di Milano. Fu il suo ultimo lavoro: morì a Genzano (Roma) il 22 sett. 1933.
Bibl.: D. Angeli, Le chiese di Roma, Roma 1903, pp. 12 ss.; A. Muñoz, Il pittore E. C., in Arte cristiana, XXII (1924), pp. 339-346; O. Piccolomini-L. Trani, Piccola guida della pontificia chiesa di S. Gioacchino in Roma, Roma 1930, pp. 23, 26, 39, 43, 48, 50, 63 s., 66; V. S., E. C. …, in Pro Familia, 15 ott. 1933; P. Scarpa, E. C. e la sua opera pittorica, in L'Illustrazione vaticana, 16-31 ott. 1934, pp. 881-884; M. Carreras Amato, E. C., in Strenna dei romanisti, XXI (1963), pp. 115-121; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 15.