ALBERI, Eugenio
Nato a Padova il 1 ott. 1807, compì gli studi giuridici a Bologna, ma la sua vocazione fu, soprattutto, letteraria (è ammirata la purezza del suo stile) e storiografica. Nel 1830 pubblicò il Quadro strategico delle guerre combattute in Italia dal principe Eugenio di Savoia, dando inizio ad una serie di importanti opere storiche ed erudite che videro la luce negli anni successivi: così la Vita di Caterina de' Medici (1838), L'assedio di Firenze (1850), le Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato durante il sec. XVI (1853-63), l'edizione delle Opere di Galileo (1847-56).
Partecipe della fiducia dei moderati italiani nell'efficacia educativa e nazionale della stampa periodica, fondò e diresse, dal 1834 al 1836, il giornale La Ricreazione; entrò anche in rapporti col Vieusseux e collaborò all'Antologia. Dopo il matrimonio con Virginia di Baillou, si stabilì a Firenze, partecipando intensamente alla vita culturale della città. Nel 1840 divenne direttore della Società Editrice, e poi del libro-giornale a fascicoli settimanali Il Mondo Contemporaneo, della collana Biblioteca d'Italia e dell'Annuario Storico Universale: per tali pubblicazioni si valse della tipografia di Felice Le Monnier, che acquistò in quel tempo una durevole fama. L'A. iniziò anche la stesura di un romanzo storico.
I suoi sentimenti nazionali e guelfi si espressero negli opuscoli del 1847: Del Papato e dell'Italia (ove criticava come antistoriche le affermazioni del Balbo circa un problema nazionale italiano prima della fine del Settecento) e Dell'occupazione austriaca di Ferrara. Era favorevole a riforme, anche per lo Stato pontificio, ed al moto per l'indipendenza. Nel 1848 fu volontario con il figlio Faustino nelle truppe pontificie, e fece parte dello Stato Maggiore di Giovanni Durando; concorse alla difesa della città di Vicenza e poi, col Ruspoli, ne trattò la resa alle truppe austriache.
Durante la guerra del 1859 (alla quale partecipò il figlio Carlo, che fu poi, nel 1866, ferito mortalmente a Custoza), egli confermò il suo atteggiamento antiaustriaco ed il suo amore alla causa dell'indipendenza, ma anche la sua avversione alle correnti anticlericali e unitarie. Il suo federalismo (che si richiamava a Balbo, ma anche a Ferrari), seguì la politica di Napoleone III (con il quale l'A. fu in carteggio e amicizia) e le aspirazioni della maggior parte dei cattolici, preoccupati per l'indipendenza del pontefice. Iniziò allora, con Daniele Orsini, Luigi Alberti, Epifanio Geri ed altri, la pubblicazione di un quotidiano cattolico federalista, Firenze (1863-64), e di molti opuscoli (La Toscana durante la guerra dell'indipendenza, La politica napoleonica e quella del governo toscano, L'Italia uscente l'annp 1860, Brevi osservazioni ad una lettera del signor M. Carletti...), sostenendo tesi vicine a quelle di Clemente Busi ed altri: desiderò che l'ordinamento regionale proposto dal Minghetti giungesse alla costituzione degli Stati Uniti d'Italia e si oppose all'unità immediata, che gli parve immatura e affrettata, odiosa a molti Italiani, soprattutto delle regioni meridionali, a buona parte dei Francesi e del mondo cattolico.
La sua netta opposizione alla politica piemontese e all'unità italiana allontanò da lui gran parte degli antichi amici del gruppo del Vieusseux, che lo accusarono di dericalismo e di ricevere sovvenzioni dal granduca. Cattolico intransigente e temporalista, partecipò nel 1863 al Congresso cattolico di Malines, condividendo la posizione antiliberale dei delegati italiani, e fu, nel 1865, fra i promotori della intransigente "Associazione Cattolica Italiana per la difesa della libertà della Chiesa in Italia". Combatté gli errori elencati nel Sillabo del 1864, sostenne e la causa papale e la incompatibilità in Roma dei due poteri (Del dominio temporale della Chiesa, Firenze 1870), difese il principio dell'infallibilità pontificia al tempo del Concilio vaticano, la cui storia fu scritta dal suo amico mons. Cecconi, arcivescovo di Firenze. L'A. riaffermò i suoi principi in Il problema dell'umano destino, che, pubblicato nel 1872, ebbe larga diffusione e suscitò gli attacchi dei suoi avversari politici e religiosi. Fu vicepresidente dei primi congressi cattolici italiani, pronunciando importanti discorsi, a Venezia nel 1874 (Non vi è civiltà all'infuori del Cattolicesimo) e a Firenze nel 1875 (Fondazione di un grande giornale cattolico). Lasciò incompiuto un Atlante storico comparato d'Italia.
Altri suoi scritti sono: L'Arte e l'artista (1840); Dell'ufficio morale dello storico (1857); L'Italia nel secolo decimosesto (1858). Sue lettere inedite sono alla Biblioteca Nazionale di Firenze nei carteggi Vieusseux, Le Monnier, Tommaseo, ed altri.
L'A. mori a Vichy il 24 giugno 1878.
Bibl.: Necrologia, in Archivio Storico Italiano, s. IV, II (1878), pp. 172-175, e in Illustrazione Italiana, 28 luglio 1878, p. 55; R. Della Casa, I nostri, quelli di ieri e quelli d'oggi, Treviso 1903, pp. 15-18; N. Tommaseo, Cronichetta del 1865-66, a cura di G. Gambarin, Firenze 1940, pp. 9 e 107; M. Tabarrini, Diario 1859-1860, a cura di A. Panella, con intr. e note di S. Camerani, Firenze 1959, passim; A. Berselli, L'Associazione Cattolica Italiana per la difesa della libertà della Chiesa in Italia (1865-66), in Quaderni di cultura e storia sociale, III (1954), pp. 237-268; Id., Le relazioni fra i cattolici francesi e i cattolici conservatori bolognesi dal 1858 al 1866, in Rass. stor. del Risorgimento, XLI (1954), pp. 276-80; E. Michel, A. E., in Diz. del Risorgimento naz., II, p. 31; P. Arcari, A. E., in Dict. d'hist. et de géogr. ecclés., I, col. 1402; S. Furlani, A. E., in Encicl. Cattolica, I, col. 661.