PIGNATELLI, Ettore
PIGNATELLI, Ettore. – Nacque a Senise, in Basilicata, il 14 giugno 1620, da Fabrizio, principe di Noia e marchese di Cerchiara, e da Girolama Pignatelli, duchessa di Monteleone.
Gerolama, che dal padre Ettore era stata designata erede del patrimonio familiare perché maritata all’interno del lignaggio, a detrimento della primogenita Anna sposata contro la volontà del genitore con Francesco Maria Carafa, nel 1625 refutò al figlio Ettore i beni appartenuti al suo casato, che avevano il loro nucleo principale in una vasta e compatta area della Calabria Ulteriore comprensiva, per ricordare solo i possessi maggiori, del Ducato di Monteleone, della Contea di Borrello, delle baronie di Mesiano e Rosarno, delle terre di Filocastro e di Feroleto. Ettore ottenne pure dalla madre il grandato di Spagna, ereditario della famiglia, insieme ad altri titoli dei quali utilizzò quelli di duca di Borrello e di marchese di Caronia, mentre adoperò il titolo, più prestigioso, di duca di Monteleone solo dopo la morte del padre, che se ne avvalse per tutta la sua vita. Dopo il matrimonio si qualificò pure come marchese del Vaglio, avendo sposato la ricchissima ereditiera Giovanna Tagliavia d’Aragona, figlia di Diego, principe di Castelvetrano e duca di Terranova, e di Stefania Carrillo Mendoza Cortés, discendente dal conquistatore del Messico e intestataria di quel Marchesato, concesso dall’imperatore Carlo V al suo antenato e corrispondente all’ampio e ricco territorio della Valle di Oaxaca.
Stipulati a Palermo il 18 ottobre 1638 dal notaio Pietro Graffeo, i capitoli matrimoniali, oltre a fissare in Aragona Pignatelli Cortés il nome di famiglia, indicavano l’enorme fortuna che nel tempo sarebbe giunta in possesso della coppia e che consisteva, oltre che nei possedimenti della casa di Montelone, in quelli dei principi di Noia, dislocati tra Basilicata e Calabria, nel già citato Marchesato delle Indie occidentali e nel vasto patrimonio dei Tagliavia d’Aragona, allocato tra Val di Noto e Val di Mazara, nella parte meridionale della Sicilia, e comprensivo, tra l’altro, del Principato di Castelvetrano, del Ducato di Terranova, dei marchesati di Avola e Favara, della Contea di Borgetto.
Il rito nuziale fu officiato il 16 giugno 1639 a Palermo dal cardinale Giannettino Doria, arcivescovo della città e viceré di Sicilia, nel corso di un fastoso ciclo di festeggiamenti celebrati con grande giubilo di popolo e con massiccia partecipazione dell’aristocrazia locale. In base all’impegno assunto alla stesura dei capitoli matrimoniali, la coppia rimase a vivere presso i duchi di Terranova e nell’isola mise al mondo la maggior parte dei propri figli.
I Pignatelli, già dalle precedenti generazioni integrati nell’élite sovranazionale inserita nel sistema imperiale spagnolo, continuarono a sostenere la Monarquía durante la critica congiuntura del primo Seicento, allorché Madrid chiese con crescente insistenza uomini e denaro per reggere il gravoso peso di una guerra che si trascinava da tempo. Il duca di Monteleone, che già in passato aveva ripetutamente reclutato a proprie spese fanti e cavalieri da inviare sui campi di battaglia lombardi e tedeschi, all’inizio degli anni Trenta fu formalmente incaricato di provvedere all’arruolamento militare, insieme al conte di Conversano e al marchese del Vasto, ritenendosi a giusta ragione che potesse far leva sui vincoli di autorità e deferenza che lo legavano alle popolazioni, specie calabresi.
Il duca Fabrizio e il marchese Ettore ebbero l’opportunità di distinguersi nella repressione della rivolta antispagnola di metà secolo, come si ricava da diaristi e storici che, talvolta, confusero le imprese di cui ciascuno si rese protagonista. In Sicilia Ettore si spese per sedare con tempestività e determinazione l’insurrezione scoppiata a Castelvetrano, avvalendosi dei vassalli che gli erano rimasti fedeli per sconfiggere i sediziosi che poi provvide a punire severamente. Il padre non si comportò diversamente nel Mezzogiorno continentale e, repressi i tumulti scoppiati nei feudi calabresi, si diresse verso Napoli, per soccorrere il viceré. Fece rientro nella Calabria dilaniata dalla ribellione popolare, quando fu nominato preside della Provincia di Catanzaro da Don Giovanni d’Austria, convinto che il duca disponesse della forza e dell’autorevolezza necessarie per pacificare quel territorio.
Restaurato il dominio spagnolo nel Mezzogiorno continentale e insulare, Pignatelli continuò a vivere in Sicilia, fruendo di privilegi e immunità connessi al possesso della cittadinanza isolana e godendo di grande visibilità e prestigio sulla scena pubblica palermitana, favorito e condizionato nella carriera dal suocero, illustre esponente dell’antico baronaggio. Sostenitore di quest’ultimo e dello schieramento di forze filonobiliari presenti nei parlamenti, Pignatelli fu ripetutamente eletto membro della Deputazione del Regno, la massima istituzione rappresentativa della nazione siciliana, ed entrò a far parte del Consiglio di Stato di Sicilia. Allorché Diego Tagliavia trasmise alla figlia tutti i suoi beni e titoli, riservandosi solo quello di duca di Terranova, Pignatelli subentrò al suocero negli uffici di gran almirante e gran connestabile del Regno di Sicilia, ereditari della famiglia, a cui aggiunse nel 1666 la carica di gran camerario del Regno di Napoli. Ottenne pure il titolo di principe del Sacro Romano Impero, nel 1648 concesso da Ferdinando III al duca di Terranova, con diritto di trasmissione ai discendenti di ambo i sessi.
Quando Diego Tagliavia si recò come capitano generale dell’esercito siciliano nella penisola iberica per coadiuvare Filippo IV, impegnato nella lotta contro i nemici interni ed esterni della Corona, Pignatelli fu nominato maestro di campo e lo seguì insieme a tutta la propria famiglia. Riuscì a inserirsi nella vita politica e sociale spagnola e divenne gentiluomo di camera del re. Per alcuni dei suoi figli concluse prestigiosi matrimoni con rampolli dell’aristocrazia iberica, partecipando al processo di integrazione delle aristocrazie dei diversi Reinos che aveva il suo punto di forza proprio nel ricorso a pratiche endogamiche. L’erede Andrea Fabrizio sposò nel 1665 Teresa Pimentel e Benavides, figlia del conte di Benavente; le figlie Stefania e Maria Anna si maritarono, rispettivamente, con Fernando de Zuñiga, duca di Peñaranda, e con Jaime da Silva e Fernández de Híjar, duca di Híjar, mentre Gerolama in prime nozze sposò a Madrid il principe di Avellino, Francesco Marino Caracciolo, recatosi presso il sovrano per sollecitare la concessione di onori e privilegi.
Nel 1667-68 Pignatelli divenne viceré d’Aragona, carica che aveva ricoperto suo padre prima di lui e che nella seconda metà del XVII secolo era sempre più frequentemente affidata a personaggi provenienti dai territori italiani, tutti membri dell’élite sociale e politica gravitante intorno alla Monarquía, sovente investiti del rango di grandi di Spagna e non di rado decorati del collare del Toson d’oro, prestigiosissima onorificenza che i due Pignatelli ricevettero, rispettivamente, nel 1659 e nel 1670.
Dalla penisola iberica non fece ritorno: morì a Madrid l’8 marzo 1674 e le sue spoglie, trasportate ad Alcalà, furono sepolte nella chiesa delle Cappuccine.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Napoli, Archivio Serra di Gerace, Ms. Livio Serra, I, p. 235; Fondo Aragona Pignatelli Cortés (su cui si veda almeno I. Donsì Gentile, Gli Aragona Pignatelli Cortes, principi del Sacro Romano Impero, duchi di Monteleone: la dimora, la famiglia, l’archivio, in Per la storia del Mezzogiorno medievale e moderno, II, Roma 1998, pp. 813-828); E. Capecelatro, Diario… contenente la storia delle cose avvenute nel Reame di Napoli negli anni 1647-1650, a cura di A. Granito, I-III, Napoli 1850-1854, ad nomen; V. Auria, Diario delle cose occorse nella città di Palermo e nel Regno di Sicilia, in Biblioteca storica e letteraria di Sicilia, a cura di G. di Marzo, V, Palermo 1869, ad nomen; M. Serio, Veridica relazione di tumulti occorsi nell’anno XV indizione 1647 e 1648 nella città di Palermo, ibid., IV, Palermo 1869, ad nomen; F. della Marra, Ruina di case napoletane del suo tempo, in Archivio Storico per le Province Napoletane, XXV (1900), pp. 373 s.; I. Fuidoro, Successi del governo del conte d’Oñate, Napoli 1932, pp. 74, 186; Corrispondenze diplomatiche veneziane da Napoli. Dispacci, VII, Roma 1991, pp. 50-51.
C. De Lellis, Discorsi delle famiglie nobili del Regno di Napoli, II, Napoli 1663, pp. 154-161; J.W. Imhof, Genealogiae viginti illustrium in Italia familiarum, Amstelodami 1710, pp. 262-272; F.M. Emanuele e Gaetani, Della Sicilia Nobile, I-V, Palermo 1754-1775, ad nomen; V. Castelli di Torremuzza, Fasti di Sicilia, II, Messina 1820, ad nomen; A. Calcagno, Notizie genealogico-storiche dell’antichissima e illustrissima famiglia Pignatelli Aragona Cortes, in Teatro araldico, a cura di L. Tettoni - F. Saladini, VIII, Milano 1847, pp. n.n.; M. Aymard, Une famille de l’aristocratie sicilienne aux XVIe et XVIIe siècles: les ducs de Terranova, in Revue historique, CCXLVII (1972), pp. 29-66; Titulos y privilegios de Napoles (siglos XVI-XVIII), I, Onomastico, a cura di D. Ricardo Magdaleno, Valladolid 1980, pp. 429 s.; G. Intorcia, Magistrature del Regno di Napoli. Analisi prosopografica, Napoli 1987, p. 359; R. Cancila, Gli occhi del principe. Castelvetrano: uno stato feudale nella Sicilia moderna, Roma 2007, pp. 19-22 e passim; D. Shamà, L’aristocrazia europea ieri e oggi. Sui Pignatelli e famiglie alleate, Foggia-Roma 2009, pp. 127 s., 205 s.; C.J. Hernando Sánchez, Dominar y obedecer: la nobleza italiana en el gobierno de la Monarquía de España, in Cheiron, XXVII (2010), pp. 15-70; P. Molas Ribalta, Virreyes italianos en la corona de Aragon, in Centros de Poder italianos en la Monarquía hispanica (siglos XV-XVIII), a cura di J. Martinez Millán - M. Rivero Roderíguez, I, Madrid 2010, pp. 31-55; G. Cirillo, Spazi contesi, I, Milano 2011, pp. 107-122, 298-300, 319; L. Scalisi, Al di là dei mari. I possedimenti messicani degli Aragona Pignatelli Cortés, in Studi storici dedicati ad Orazio Cancila, a cura di A. Giuffrida - F. D’Avenia - D. Palermo, Palermo 2011, pp. 392-412.