FERRARI, Ettore
Nacque a Roma il 25 marzo 1845 da Filippo e da Maria Luisa Pasini, discendente da una nobile famiglia fiorentina. Secondogenito di quattro figli, la sua formazione intellettuale si svolse sotto la guida del padre.
Filippo (Roma, 25 febbr. 1814 - ibid., 30 genn. 1897), carbonaro, repubblicano, aveva partecipato alla difesa della Repubblica Romana del 1849. Interrotti gli studi giuridici, aveva iniziato la carriera artistica come incisore e scultore sotto la guida di uno zio paterno, pubblicando una serie di incisioni dedicate ai costumi romani. La coerenza con le sue idee politiche gli era costata un lungo isolamento, che si interruppe sul finire degli anni Cinquanta, quando ottenne commesse al cimitero del Campo Verano. Fra le sue opere più significative ricordiamo: un busto di Giovanni de' Medici del 1874 collocato al Pincio, un riquadro a basso rilievo con il Ritrovamento del Laocoonte del 1883, collocato al lato dell'ingresso principale dei palazzo delle Esposizioni di Roma, e le statue di Apollo e Fidia, sistemate sul terrazzo del medesimo palazzo l'anno dopo.
Attivista del comitato d'azione mazziniano di Roma, il F., nella notte del 22 ott. 1867, prese parte al fallito tentativo insurrezionale che doveva scoppiare in città contro il governo papale; a lui era stato assegnato un posto presso la colonna di via Sora, nelle cui immediate adiacenze avevano sede cinque compagnie di linea, ma forse non ebbe neanche l'opportunità di entrare in azione.
Seguì i corsi di lettere e di giurisprudenza all'università di Roma e fu membro dell'Accademia dell'Arcadia. Questa sua adesione gli furimproverata, in anni più tardi, come prova di una presunta connivenza con le classi dirigenti papaline.
Pittore e scultore, il F. fu anche attivo uomo politico, rappresentante di quella Sinistra democratica che si sentiva impegnata, spesso anche in modo ingenuo, a diffondere i valori in cui credeva e per i quali si era battuta allo scopo di allargare le basi del consenso allo Stato unitario. Nel 1877 fueletto dai democratici nel Consiglio comunale di Roma. Ricoprì questa carica, ad intervalli, fino al 1907.
Come consigliere comunale si occupò prevalentemente di questioni attinenti ai suoi interessi artistici: dalla costruzione del palazzo delle Esposizioni alla proposta di monumenti celebrativi.
Nel 1880 sposò Maria Carolina Frey von Freienstein, di parecchi anni più giovane di lui, figlia del pittore svizzero J. J. Frey e di un'esponente del "generone" di Velletri, M. M. Bartoli. Dopo un anno nacque il primo figlio, Gian Giacomo, seguito, nel 1887, dal secondogenito Giordano Bruno, venuto al mondo mentre il padre terminava la statua in gesso del filosofo nolano che, anni dopo, tra infinite polemiche, fu inaugurata a Campo de' Fiori, nel cuore della vecchia Roma.Nel 1879 prese parte ai lavori preparatori che portarono alla fondazione della Lega della democrazia. Il 29 ott. 1882 fu eletto deputato nel collegio di Perugia II (Spoleto), dove raccolse 3.003 preferenze. In quel collegio fu confermato anche nella XVI legislatura (elezioni del 23 maggio 1886) e nella XVII (elezioni del 23 nov. 1890).
La presenza del F. in Parlamento non fu particolarmente incisiva. Nella XV legislatura intervenne alla Camera soltanto su questioni di ordine artistico. Prese la parola su un problema politico una sola volta: a proposito di una lapide a Garibaldi che le autorità politiche di Foligno avevano fatto rimuovere. Nelle due legislature successive la sua presenza risaltò maggiormente. Combatté la politica coloniale del governo e si oppose alla nascita della Colonia Eritrea. Fu un tenace oppositore della Triplice Alleanza. Legato alla democrazia francese, fu un avversario tenace di F. Crispi.
Il 30 giugno 1890 intervenne alla Camera sull'articolo 11 del progetto di legge sui "provvedimenti per la città di Roma" da lui giudicato lesivo delle autonomie municipali. Il 1º maggio 1891 partecipò al comizio operaio a S. Croce in Gerusalemme che diede luogo a seri incidenti. Il ministro dell'Interno G. Nicotera dovette riferime alla Camera, contestato sia da A. Maffi sia dal F., i quali accusarono le forze dell'ordine di provocazione. Il 4 maggio il F. tornò sull'argomento per precisare che le associazioni operaie e democratiche di Roma avevano deciso di celebrare la festa del lavoro con un comizio come affermazione di solidarietà con i lavoratori di tutto il mondo.
Il F. fu presente sulla scena politica romana per circa cinquanta anni, sempre attivo nell'organizzazione di convegni, comitati, manifestazioni politiche, gruppi di pressione, sempre disponibile a favorire il dialogo tra le forze progressiste. Legato politicamente a F. Cavallotti, era stato tra gli organizzatori del congresso di Roma dell'11-13 maggio 1890 che si concluse coi "Patto di Roma", sottoscritto da radicali, da alcuni socialisti, da irredentisti e da repubblicani. Fu questo un momento di grande rilievo nella storia della democrazia radicale, nel quale si operò la sintesi dei programmi predisposti nei decenni precedenti e che sarebbero stati attuati in futuro. Nelle elezioni politiche di quell'anno il F. fu coinvolto nello scandalo del finanziamento di 100.000 lire versato da E. Cernuschi ai democratici cavallottiani, che permise alle opposizioni di lanciarsi in una campagna di pesanti accuse di tradimento e di asservimento alla democrazia francese.
Come molti repubblicani, anche il F. si mosse politicamente su più piani. Accanto alla militanza ufficiale tra i repubblicani lo si trova, segnalato dalla polizia, tra le fila della carboneria romana e dell'Alleanza repubblicana universale (ARU), il cui scopo principale era quello di mantenere vivo l'ideale repubblicano rivoluzionario. Il 31 marzo 1896 fu chiamato a fare parte del comitato organizzativo, eletto dalle associazioni repubblicane romane, con il compito di riorganizzare il partito repubblicano nel Lazio. Il lavoro del comitato fu concluso da un congresso convocato a Roma il 20 settembre di quell'anno, che stabilì le seguenti linee operative: associazionismo di stampo collettivista, abbandono dell'astensionismo elettorale, dialogo con i socialisti. Su questa piattaforma il 29 novembre si costituiva la Consociazione repubblicana del Lazio.
Il grandissimo studio, nei pressi di porta Salaria, dove il F. lavorava, fu spesso sede di riunioni politiche. Il 18 febbr. 1894 ospitò un convegno democratico, nel corso del quale fu condannata la repressione dei Fasci siciliani e fu progettata l'unione delle sinistre in funzione anticrispina. Nel 1896 in quelle stanze si riunì il congresso delle associazioni repubblicane del Lazio; lì nacque il Comitato italiano centrale per Cuba il 6 apr. 1896 e il 14 sett. 1896 il comitato a favore degli abitanti di Candia. Nel 1897 vi fu organizzata la spedizione garibaldina in Grecia. Vi si svolgevano anche le riunioni segrete dell'ARU, e, negli anni successivi, fu sede di intensi rapporti con il movimento albanese e con quello dei Giovani Turchi.
Il 7 giugno 1898, nel contesto dei provvedimenti repressivi adottati dal governo di Rudinì dopo i moti di maggio, venne sciolta la Consociazione repubblicana del Lazio e tutti i circoli che aderivano ad essa. Nell'autunno del 1898, in casa del F., fu avviato il lavoro di riorganizzazione delle forze repubblicane. Dal 1899 al 1900 il F. fu membro del Comitato centrale del partito repubblicano, di cui conserverà sempre la tessera. Nel 1900 gli fu quasi imposta la candidatura nel IV collegio di Roma alle elezioni politiche e, solo per pochi voti, non riusci a prevalere sul clericale principe L. Torlonia. Nel igoi presiedette il congresso annuale del partito. Da quel momento cominciò a defilarsi, proprio mentre si avviava ad assumere un'importante carica in un diverso contesto.
Il F. era stato iniziato in massoneria nell'estate del 1881, nella loggia "Rienzi" di Roma su proposta di U. Bacci. Fu gran segretario del gran maestro A. Lemmi e poi di E. Nathan, cui fu sempre legato. Nel 1900 fu eletto gran maestro aggiunto. Infine, il 15 febbraio 1904, divenne gran maestro del Grande Oriente d'Italia.
Impresse alla Comunione italiana una decisa impronta democratica e anticlericale, appoggiando le società per il libero pensiero e la Società per l'arbitrato internazionale per la pace di T. Moneta e insistendo nell'impegno a favore della precedenza del matrimonio civile e della legge sul divorzio e in quello per la scuola laica. La politicizzazione della istituzione massonica portò da una parte al rientro dello scisma provocato da alcune logge milanesi e livornesi, che erano su posizioni filosocialiste ma fu nello stesso tempo la causa di contrasti non meno gravi con quei fratelli che non condividevano posizioni troppo radicali. Molti massoni avrebbero desiderato occuparsi solo di questioni esoteriche e iniziatiche. Il F. cercava di contrastare l'avanzata dei cattolici nella vita politica italiana, impegnando i fratelli in una opposizione totale e senza quartiere. Ne derivarono processi ed espulsioni di quanti, ed erano tanti, preferivano prendere posizione a favore del mondo cattolico piuttosto che di quello socialista. Da ultimo, nel 1908, si arrivò alla rottura e alla nascita della Gran Loggia di piazza del Gesù, guidata da S. Fera.
Mentre il F. si batteva per tenere unite le forze progressiste, i socialisti cercavano di scrollarsi di dosso il condizionamento degli ideali riformatori massonici. Ci riuscirono nel 1914, quando al congresso di Ancona fecero votare l'incompatibilità della doppia iscrizione al partito e all'Ordine.
A cavallo del primo decennio del Novecento, le nuove forze polifiche, che si stavano rafforzando sulla scena italiana e che erano rappresentate dai cattolici, dai nazionalisti e dai socialisti massimalisti fecero della guerra alla istituzione massonica un punto qualificante della loro azione. La campagna antimassonica si radicalizzò nella primavera-estate del 1913 in vista delle elezioni politiche generali di settembre, le prime a suffragio universale maschile, per delegittimare i gruppi di democrazia laica. Il Grande Oriente non seppe e non volle difendersi e solo quando la campagna d'opinione si placò decise di fondare un settimanale che difendesse e propagandasse i principî democratici e le idee dell'Ordine. La direzione de L'Idea democratica fu affidata a G. Bandini.
Legato alla cultura democratica ottocentesca, il F. fu un interventista convinto e considerò, come tanti, la grande guerra come la quarta guerra di indipendenza, per la quale progettò la formazione di gruppi volontari di giovani massoni. Partecipò, nel giugno del 1917, al congresso di Parigi, in cui le massonerie dell'Intesa, meno quelle britanniche, si incontrarono con l'obiettivo di costituire un progetto di Società delle nazioni. Nel timore che la delegazione italiana votasse una risoluzione a favore del principio di autodeterminazione dei popoli, si scatenò sulla stampa una tale campagna ostile che il F. fu costretto a rimettere il mandato. Lasciata la gran maestranza, fu chiamato nel 1918 a ricoprire la carica di sovrano gran commendatore del Supremo Consiglio dei trentatré, carica che conservò fino alla morte. Nel 1919 fu nominato gran maestro onorario a vita e nello stesso anno rifiutò la nomina a senatore a vita per coerenza con i suoi principî politici. L'8 ag. 1922 perse la moglie Maria Carolina: A partire dalla fine del 1922 dedicò ogni sforzo a rinforzare il rito scozzese. L'anno seguente viaggiò in tutta l'Italia. Appare chiaro che l'istituzione si stava preparando a stringere le fila per difendersi dagli attacchi fascisti, mentre si aprivano le porte ai fratelli del rito simbolico che rifluivano nel rito scozzese.
Le nuove norme sulla scuola media ed elementare volute dal ministro G. Gentile spinsero il F. a ribadire che lo Stato non aveva competenza per l'istruzione religiosa. Per meglio divulgare il suo pensiero nel novembre 1923 diede vita ad una battagliera pubblicazione, Lux, che fondeva questioni politiche a problematiche esoteriche. Ancora alla fine del 1924 impegnava i fratelli a difendere i valori laici del Risorgimento.
Il pensiero massonico del F. può essere compendiato da quanto scrisse nel dicembre di quell'anno: "La Massoneria non è un partito o una corrente. politica, nel significato che comunemente si dà alla parola; ma una scuola e quasi vorremmo dire una grande chiesa laica che aduna e accorda uomini di diverso credo politico in un ordine più elevato di eterni principi umani. E ben possiamo affermare, come affermiamo che essa è apolitica, intendendo ch'essa è non già fuori della vita nazionale, bensì fuori dagli angusti cancelli dei partiti, al di sopra delle piccole e grandi competizioni di fazione. Ma essa si muove ugualmente e profondamente nell'orbita della vita pubblica creando le vaste correnti, disciplinando e organizzando le agguerrite falangi che agiscono in difesa della libertà e per la conquista di sempre maggiori progressi nel campo morale e civile".
Il F. non sciolse il suo rito neanche dopo l'approvazione della legge, del novembre 1925, contro le società segrete, voluta da Mussolini. Il suo studio fu più volte invaso da facinorosi. Sorvegliato dalla polizia, fu denunziato il 25 maggio 1929, con l'accusa di aver tentato di riorganizzare la massoneria, e sottoposto ad ammonizione. Era infatti in rapporti epistolari con G. Leti, avvocato e noto antifascista, emigrato in Francia, suo luogotenente, cui nel maggio 1929 trasmise i pieni poteri.
Morì a Roma il 19 ag. 1929.
Come scultore, il F. esordì al concorso Albacini dell'Accademia di S. Luca nel 1868 con un bozzetto in terracotta sul tema "Labano accoglie amorevolmente Giacobbe", tuttora conservato presso l'Accademia. La commissione d'esame, presieduta da P. Tenerani, gli assegnò il premio, consistente in un pensionato biennale, ma biasimò la composizione per l'eccessivo trasporto affettivo delle figure.
Per il giovane F. l'innesto di elementi lessicali della scultura berniniana sulla compassata sintassi purista voleva essere una forma di ribellione all'accademismo e al conformismo papalino. La soluzione da lui adottata, tuttavia, non modificava il concetto purista ma semplicemente lo disturbava: le capigliature sottili e attorcigliate risultano davvero inadatte ai piani larghi dei panneggi e al moto lento dei gesti di Labano e Giacobbe.
Durante gli anni Settanta il F., alla ricerca di un proprio linguaggio plastico, sperimentò una sorta di romanticismo storico personalizzato dall'uso del lessico barocco. Questa operazione, che può apparire ritardataria, era aggiornata sia all'ambiente romano, che solo dal 1870 si aprì al romanticismo storico, sia ai tempi della scultura, che percorse più lentamente i passaggi della formazione e crisi dell'universo romantico. Varie opere del periodo di frequenza all'Accademia si rifanno a soggetti letterari: tra queste si ricordano il bassorilievo Eudoro e Cimodicea, frutto della lettura dei Martyrs di F.-A.-R. de Chateaubriand, e l'Ildegonda (1870), personaggio di T. Grossi. In questo periodo sarà fondamentale'per la poetica del F. l'elaborazione del tema del ribelle, sul quale costantemente tornerà nella sua carriera: a questo proposito si veda l'energica rappresentazione del Bruto (1870). Nello Stefano Porcari maturò, attraverso una serie di disegni e bozzetti, i modelli formali che si ritroveranno a lungo nella sua statuarla monumentale (Mantura, 1974; E. F. 1845-1929, 1988: a questi due studi in particolare si fa riferimento per le altre opere citate in seguito).
Agli anni Settanta appartengono pure una Ermengarda del 1874, uno Iacopo Ortis, con il quale ottenne una menzione d'onore all'Esposizione nazionale di belle arti di Napoli del 1877, e un gruppo dal titolo Cum Spartaco pugnavit (in gesso), che, tra polemiche e accuse di plagio, vinse il primo premio all'Esposizione nazionale di Torino del 1880.
Gli inizi del F. nella professione furono, comunque, difficili, forse anche a causa della dichiarata fede repubblicana. Nel 1873 partecipò al concorso per quattro statue da collocare all'ingresso del Verano, ma venne respinto alle due ripetizioni della prova. La prima occasione di cimentarsi con la dimensione monumentale gli fu offerta nel 1875 dalla Romania, che gli commissionò prima un monumento al poeta Heliade Radulesco da erigersi a Bucarest (la fusione fu ultimata nel 1877), e poi un Ovidio da collocarsi a Costanza, realizzato nel 1879. In questi due monumenti romeni il F., favorito dal tema, rinunciò alla citazione colta e semplificò lo stile in senso realista, sviluppando una poetica più coerente con la funzione monumentale.
Nel 1880 il F. vinse il concorso per il monumento equestre a Vittorio Emanuele II a Venezia, inaugurato nel 1887; da questo momento realizzò in varie città, grandi e medie, monumenti pubblici a uomini politici ed eroi del Risorgimento italiano.
Monumenti celebrativi dedicati a Vittorio Emanuele e a Garibaldi furono realizzati in quasi tutte le città d'Italia, e come ricorda G. Piantoni (in E. F., 1988, p. 25) il F. fu particolarmente richiesto "non solo per le sue note convinzioni politiche, ma anche per le sue doti artistiche. Lo scultore raggiungeva infatti nelle sue opere più riuscite un giusto equilibrio fra la rappresentazione storica del personaggio o dei fatti e la formazione allegorica. Era questo un nodo fondamentale della scultura celebrativa postunitaria: individuare il rapporto più significativo e coinvolgente fra la rappresentazione realistico-narrativa e quella allegorico-simbolica".
Tra i monumenti realizzati dal F. si ricordano in particolare quelli a Giuseppe Garibaldi a Vicenza (1886), Pisa (1892), Tortona (1895), Rovigo (1897), Macerata (1895), Massa Marittima (1904), Cortona (1895) e Bevagna; a Quintino Sella in Roma (1893); a Terenzio Mamiani a Pesaro (1896); ad Engel a Vicosoprano, in Svizzera (1899); a Carlo Cattaneo a Milano (1893); a Gabriele Rosa in Iseo (1914); a Giovanni Bovio in Trani (1914); a Giuseppe Verdi a Filadelfia (1887); ad Antonio Meucci a Staten Island, New York (1923); a Traiano e Decebalo a Cluj, Romania (1927); ai caduti nella guerra mondiale in Alessandria d'Egitto (1924) e Marino (1927); i busti di Francesco Carrara nel Camposanto di Pisa; a Jakob Moleschott nell'università di Roma.
I monumenti cui la fama del F. è maggiormente legata sono ambedue a Roma: il Giordano Bruno del 1887 a Campo de' Fiori e il Giuseppe Mazzini (1902-1911, ma pensato già a partire dal 1890) sull'Aventino.
Le due opere furono fortemente osteggiate per il loro significato politico: il monumento a Giordano Bruno attese tredici anni e pagò pesanti limitazioni, quello a Mazzini dovette attendere il 1949 e la nascita della Repubblica italiana per trovare una collocazione, e solo a patto di apportare le censure volute dalla S. Sede, che giudicava irriverenti alcune allegorie.
All'apice della sua notorietà politica e artistica il F. occupò posizioni eminenti: fece parte della giunta superiore e del Consiglio per le belle arti dal 1882 al 1892; dal 1896 fu titolare della cattedra di scultura presso il Regio Istituto di belle arti in Roma, del quale fu poi presidente dal 1906.
L'attività pittorica del F., per lo più acquarelli di paesaggi dal vero della Campagna Romana, iniziò già nel 1870 al seguito di O. Carlandi e prosegui come puro svago personale per tutta la vita. Forse per questa ragione l'artista, che pure nel 1904 fu tra i fondatori del gruppo dei XXV della Campagna Romana, conservò la sua produzione come privata e personale.
P. Roccasecca
Il figlio Giordano Bruno (Bruno) nacque a Roma il 28 luglio 1887.
Fu pittore, allievo di E. Coleman e di O. Carlandi all'Accademia di belle arti di Roma; fece parte dei gruppo dei XXV della Campagna Romana con il soprannome di "capretto". Realizzò studì, acquarelli e dipinti a olio legati al tema della Campagna Romana (cfr. R. Mammuccari, Poesia della campagna romananell'arte dei "XXV", Velletri 1979, pp. 101 s.). Nel 1913 eseguì il bozzetto per la copertina del numero speciale dell'Illustrazione italiana (Natale-Capodanno 1913) dedicato alla Campagna Romana (cfr. anche La campagna romana tra Ottocento e Novecento, catal. a cura di E. M. Eleuteri, Latina 1980, pp. 75-77, 106 s.). Nel 1914 lavorò alle decorazioni del padiglione italiano dell'Esposizione universale di San Francisco (California). Dal 1928 al 1938 fu segretario tecnico per la parte illustrativa della redazione dell'Enciclopedia Italiana. Dopo l'armistizio dell'8 sett. 1943 fece parte del Comitato d'azione nazionale e poi del Fronte clandestino militare di resistenza: il 13 marzo 1944 fu arrestato e il 27 aprile fu fucilato a Roma presso il Forte Bravetta.
Fonti e Bibl.: Il ricchissimo archivio Ferrari attualmente è disperso in molte sedi; le parti più significative sono conservate a Roma, presso l'Arch. centrale dello Stato, il Museo centrale del Risorgimento, la Galleria naz. d'arte moderna, l'Arch. storico del Grande Oriente d'Italia. Roma, Arch. centrale dello Stato, Casellario pol. centrale, b. 2016; Arch. di Stato di Roma, Prefettura, Gabinetto, b. 472; Roma, Arch. storico del Grande Oriente d'Italia, Verbali di Giunta, 1893-1914; Ibid., Museo centrale dei Risorgimento, Carte Albani, b. 1057; E. Arbib, Sommario degliatti del Consiglio comunale di Roma dal 1870al 1895, Roma 1895, p. 187; Storia dei collegi elettorali 1848-1897, Roma 1898, ad Indicem; Relazione sulla proposta di un decreto-legge per le onoranze a E. F., Roma 1949; R. Rainero, L'anticolonialismo ital. da Assab ad Adua, Milano 1971 , pp. 130-148; La politicaestera dell'Italia negli atti, docum. e discussioni parlamentari dal 1861 al 1914, II, 2 (1883-1887), a cura di G. Perticone, Roma 1974, p. 1264; III, I (1887-1896), ibid. 1978, pp. 125 s.; A. Galante Garrone, F. Cavallotti, Torino 1976, pp. 580-582; M. Casella, I repubblicani a Romaalla fine del secolo, in L'associazionismomazziniano, Roma 1979, pp. 176: 221; M. Casella, Democrazia socialismo movimento operaioa Roma (1892-1894), Roma 1979, pp. 292-369; A. M. Isastia, Le memorie di E. F. sugli avvenimenti romani dell'autunno 1867, in Arch. trimestrale, VI (1980), p. 100; S. Miccolis, La figuradi E. F. e alcune lettere di G. Bovio, ibid., IX (1983), pp. 37-56; L. Rossi, E. F. politico, in E. F. 1845-1929, a cura di B. Mantura-P. Rosazza Ferraris, Milano 1988, pp. 32-35; F. Cordova, Agliordini del serpente verde. La massoneria nella crisi del sistema giolittiano, Roma 1990, passim; LaRomania per E. F., Roma 1994; A. M. Isastia, Il progettoliberaldemocratico di E. F., Roma 1995; Ead., E. F., Ernesto Nathan e il Congresso massonico del 1917a Parigi, in IlRisorgimento, 1995, 3 (in corso di stampa); Ilprogettoliberaldemocraticodi E. F., Atti delConvegno (Roma, PalazzoBarberini, 5-6 maggio 1995, Roma (in corso di stampa).
Per l'attività del F. scultore si veda: P. Orano, E. F., in Emporium, XI (1900), pp. 407-426; A Flamma, E. F. Studio critico con illustrazioni, Roma 1907; A. Colasanti, F. E., in Encicl. Ital., XV, Roma 1932, pp. 52 s.; P. Manzi, Cronistoria di un monumento: Giordano Bruno a Campo de' Fiori, Nola 1963; Aspettidell'arte a Roma (catal.), a cura di D. Durbé-P. Frondini-G. Piantoni-A. M. Damigella, Roma 1972, pp. XV s., 14-17; B. Mantura, E. F. sculture tra il 1867 e il 1880, in Capitolium, XLIX (1974), 7-8, pp. 41-50; E. F. Uno dei XXV della CampagnaRomana (catal.), Roma 1986; Filippo, E., Giordano Bruno Ferrari, tre generazioni di artisti (catal.), Sezze 1986-87; E. F. 1845-1929 (catal.), a cura di B. Mantura-P. Rosazza Ferraris, Milano-Roma 1988 (con ult. bibl.); L. Berggren, Giordano Bruno a Campo de' Fiori, Lund 1991, pp. 11 s.; A. V. Jervis, in La pittura italiana. L'Ottocento, II, Milano 1991, p. 822; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, pp. 446 s.
A. M. Isastia-P. Roccasecca