FAGIUOLI, Ettore
Nacque a Verona il 3 sett. 1884 da Francesco, ingegnere civile, e Itala Zuraide Vecchi. Dopo aver frequentato l'istituto dei padri stimmatini, proseguì gli studi presso il liceo classico "Scipione Maffei" a Verona, manifestando fin da allora un preciso interesse per l'architettura. Conseguita la maturità, si iscrisse in un primo tempo all'università dì Padova, dove frequentò il biennio di architettura; successivamente si trasferì a Milano, dove frequentò l'Accademia di Brera e, nel 1908, conseguì la laurea in architettura presso il politecnico. Dopo le prime esperienze di lavoro nello studio del padre, ebbe la possibilità di fare pratica nello studio degli architetti L. Broggi e C. Nava, a Milano, presso i quali lavorò fino al 1910.
In questi due anni i progetti del F., spesso soltanto esercitazioni, risentono fortemente degli studi accademici e delle esperienze maturate presso gli architetti Broggi e Nava le cui opere erano sostanzialmente in linea con gli insegnamenti di C. Boito.
Collateralmente a quella di architetto, il F. iniziò dal 1911 un'attività incisoria, ispirandosi per lo più a monumenti e vedute veronesi. In seguito alla partecipazione a un concorso pubblico, in cui risultò primo in graduatoria, lavorò dal 1911 al 1913 alla soprintendenza ai Monumenti di Verona, Mantova e Cremona, sotto la direzione dì A. Da Lisca. Al 1913 datano i suoi primi lavori importanti: in campo architettonico partecipò, nuovamente in collaborazione con Broggi e Nava, al progetto per la sede della Banca d'Italia in via Cordusio a Milano; a partire da quell'anno iniziarono anche i suoi primi interventi nel campo del restauro su monumenti locali. È del 1913, infatti, il restauro con completamento del campanile del duomo di Verona; il progetto, non particolarmente rispettoso della ricerca storica sulle preesistenze, proponeva una ristrutturazione di stampo tardo-cinquecentesco; ebbe varie fasi, ma venne poi realizzato solo nel 1927, tranne la cuspide, peraltro mai compiuta.
Fra le opere di committenza pubblica di questi anni è da ricordare la partecipazione al concorso per la nuova sede della Cassa di risparmio in piazza Erbe a Verona (1913, in coll. con G. Greppi); il progetto, contrassegnato dal motto "Rinnovarsi o morire", fu classificato al terzo posto.
Ancora una volta la proposta dell'architetto rispecchiava qualche incertezza nella scelta di una linea programmatica, evidente nel rifiuto dello stile floreale, da un lato, e nell'accoglimento, dall'altro, di suggestioni moderniste di stampo mitteleuropeo, amalgamate, però, con la tradizione veronese tardo-rinascimentale: queste tipologie costituirono una costante di tutti gli edifici rappresentativi o pubblici progettati dal F. per il centro storico di Verona.
Il 1913 è anche l'anno in cui iniziò l'attività di scenografo per gli spettacoli estivi all'Arena di Verona, attività che fu svolta dal F. con una certa regolarità fino al 1939 e poi saltuariamente fino al 1958. La prima scenografia da lui allestita fu quella per l'Aida, appunto nel 1913 (centenario della nascita di Verdi).
Il problema della messa in scena in un luogo aperto, dove non potevano funzionare i tradizionali meccanismi di velature e illusioni sceniche, venne risolto dall'architetto mediante costruzioni tridimensionali che, se da un lato creavano il luogo dell'azione, dall'altro erano funzionali ai cambiamenti di scena: "la sua produzione di scenografa, e appunto i godibilissimi bozzetti, recano l'impronta della qualificazione architettonica del loro autore" (Bossaglia, in E. F. [catal.], 1984, p. 11). E tuttavia il F. non si distacca da un'idea romantica di scenografia e da una sostanziale adesione al concetto di verosimiglianza naturalistica e di fedeltà agli studi storici, anche se l'epoca di ambientazione non è necessariamente quella pertinente al libretto.
L'attività dell'architetto per la committenza privata rivela, in questi anni, un'attenzione particolare per il dettaglio ornamentale, soprattutto per quanto riguarda le progettazioni di arredi, dai mobili in legno, legati ancora alla tradizione rinascimentale e barocca, agli oggetti in ferro battuto, in cui le esperienze dei maestri artigiani lombardi e veneti si mescolano all'uso di elementi dell'ultimo liberty ormai sul punto di sfociare negli schemi déco.
Negli anni della prima guerra mondiale il F., ufficiale del genio, rimase per un anno sull'altopiano di Asiago e successivamente fu mandato a Roma, a Castel Sant'Angelo, in qualità di architetto militare. In riconoscimento dell'attività svolta, nel 1922 ricevette la nomina a cavaliere dell'Ordine della Corona. Al soggiorno romano si riferiscono quattro acquerelli (L'arco di Settimio Severo, Villa d'Este, due con Castel Sant'Angelo) che, insieme con due acqueforti di soggetto veronese, figurarono nel 1919 a Verona alla Esposizione cispadana di belle arti degli artisti soldati e congedati (cfr. Verona anni Venti [catal.], Verona 1971, pp. 54 s.).
Dopo la guerra, oltre alla partecipazione all'attività di ricostruzione e di restauro (si veda, ad esempio, il progetto del 1928 per il ponte sull'Arno a Pisa), è da segnalare la progettazione di vari monumenti ai caduti della guerra, molti dei quali non eseguiti; fra quelli compiuti si cita il più importante, il monumento a Cesare Battisti a Trento, che, dopo varie e travagliate fasi progettuali (1926-1930), venne inaugurato nel 1935: un'ara su un alto basamento all'interno di uno spazio delimitato da un colonnato circolare trabeato.
Il progetto per il garage FIAT (1919) di via Manin a Verona si inserisce nel dibattito sulle architetture a fini industriali. L'edificio rivela caratteri di modernità nella distribuzione degli elementi architettonici, che sfrutta i dislivelli del terreno, e nella particolare soluzione di copertura in ferro a capriate (ora manomessa) e allo stesso tempo dimostra attenzione, da un lato, per la cultura della Secessione viennese, dall'altro per i suggerimenti di A. Sant'Elia.
In questi anni il F. progettò per Verona la sistemazione (1924) del ghetto e dell'area del teatro Filarmonico con il Museo Maffeiano, nonché la prima realizzazione del ponte della Vittoria (1925). Per il completamento della loggia del Capitanio in piazza dei Signori a Vicenza, proponeva (1926-1928) diverse soluzioni non attuate: una prevedeva l'aggiunta di un edificio porticato che trascriveva in un linguaggio moderno gli elementi architettonici cinquecenteschi derivati dai palazzi palladiani; un'altra, invece, suggeriva l'aggiunta di due campate alla loggia e mirava ad inserire meglio l'edificio nel complesso di piazze che forma lo spazio urbano intorno ad esso. Ancora a Verona, per la realizzazione del nuovo palazzo delle Poste 0930; progetto 1922-26), il F. indicava come modelli di riferimento edifici romani manieristi e barocchi.
Per la committenza privata costruì ville (Cipriani, Bassani, Bonomi) in Borgo Trento, il quartiere nord-occidentale di Verona che costituiva la nuova zona di espansione della città. Nel progetto per la ristrutturazione dell'università del Bo a Padova (1934) il F. cercò di mediare la ripresa dello stile cittadino rinascimentale con l'adesione allo stile monumentale ufficiale, un modo di procedere che si ritrova oltre che nel citato monumento a Cesare Battisti a Trento, nelle proposte, non realizzate, per un ossario da erigersi a Praga per i caduti italiani della prima guerra mondiale (1935; concorso nazionale: primo classificato), come anche nel progetto per una fontana destinata alla piazza della Stazione di Bologna (1938) e in alcune delle scenografie di questi anni per l'Arena di Verona: ad esempio, quella per la Lucia di Lammermoor (1934), in cui sono, tra l'altro, evidenti i riferimenti alle opere di artisti contemporanei pure attivi nel campo della scenografia teatrale, quali Carlo Carrà e Mario Sironi.
A proposito dell'attività scenografica del F. negli anni '30, va tenuto presente che nel 1934 si costituì l'Ente autonomo per gli spettacoli lirici dell'Arena di Verona, alquanto influenzato nelle indicazioni per gli allestimenti, dalla politica culturale del regime fascista; a queste indicazioni si attenne in parte il F., mediando uno stile eclettico-decorativo con le esigenze di grandiosità formulate dalla committenza. Il numero unico ufficiale Arena di Verona (Verona 1934), pubblicato in occasione della costituzione dell'ente, contiene uno scritto del F.: La scenografia dell'Arena di Verona (pp. 88-93).
Fra le realizzazioni architettoniche più interessanti di questi anni è da annoverarsi la villa girevole "Il Girasole" a Marcellise, progettata in collaborazione con gli ingegneri A. Invernizzi e R. Carapacchi; la villa, terminata nel 1935, ha una parte girevole che segue il sole nel suo moto, in un certo senso rispecchiando il mito del movimento propugnato dal futurismo, e, allo stesso tempo, essa costituisce un esempio notevole di progettazione collettiva, secondo il modello indicato dal Bauhaus.
Durante la seconda guerra mondiale il F. dovette lasciare Verona per motivi politici legati alla militanza di uno dei figli fra i partigiani e si rifugiò a Genova, dove fu ospite dell'ingegnere Invernizzi: in questo periodo si dedicò particolarmente all'attività di acquafortista, rappresentando angoli di Genova poi scomparsi a causa dei bombardamenti.
Tale attività, peraltro, non era mai stata interrotta dal F.: tant'è che, oltre a varie mostre veronesi, nel 1916 aveva partecipato a una mostra, a Londra, dell'Associazione italiana degli acquafortisti, alle Biennali di Venezia dal 1922 al 1930, alla prima Biennale romana nel 1921.
Un folto gruppo di acqueforti (170: tutte, o quasi, vedute veronesi) sono state ristampate sui rami originali ed esposte nel 1981 a Verona (Casa di Giulietta) insieme con i suoi bozzetti scenografici: "il periodo migliore, il più maturo di Fagiuoli va dal 1928 al 1945... L'analisi del lungo elenco delle sue acqueforti riconferma l'evolversi costante e fedele di un'epoca analizzata minutamente sia nei costumi dei rari personaggi, sia nel modo di rendere una immagine che subisce l'influsso del tempo e che la sigla, fissandola in modo inequivocabile" (Tedeschi, in catal., 1981, p. 92).
Alla fine della guerra il F. si dedicò al restauro e alla ricostruzione, sia a Verona (ad esempio in via Anfiteatro e all'Istituto Campostrini) sia a Firenze, per il ponte alla Carraia (1949). Negli ultimi anni, oltre ad alcuni complessi condominiali a Verona e ad alcuni interventi per le stagioni liriche dell'Arena, propose progetti per la ricostruzione del teatro Filarmonico (1948) e del ponte della Vittoria a Verona (1951), che era stato distrutto nel 1945 dalle truppe naziste in ritirata.
Nel 1958 venne realizzato il progetto per la costruzione del liceo "Scipione Maffei", già proposto nel 1935, in cui il F. si confrontava con il problema dell'inserimento di un edificio moderno in un contesto urbano dominato dalla prestigiosa chiesa di S. Anastasia e dall'adiacente S. Pietro Martire.
Il F. morì a Verona il 19 marzo 1961.
Una cospicua quantità di disegni (circa 3.000) insieme con altro materiale è pervenuta al Centro studi e archivio della comunicazione dell'Università di Parma, per donazione degli eredi. Questo materiale è stato esposto nel 1984 in una mostra monografica organizzata dal centro stesso.
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