ETHOS (τὸ ἔϑος)
In latino: mos, habitus, indoles moralis. È particolarità della retorica, la quale presentando varî tipi di individuo (l'iracondo, l'avaro, il pio, il rustico, il timido, il mite, il libidinoso o capriccioso, il severo, il vecchio, l'adolescente e così via), avverte lo scrittore o l'oratore che il sermo, lo stile dell'opera deve imitare la proprietà di ciascuno di essi (Rhetores Lat. min., Halm, 439). Così Orazio contrapporrà una fabula morata, cioè fornita di buona rappresentazione di caratteri, anche scritta male, ad altre scritte con cura e con studio di armonia, ma prive di ogni effetto sull'animo dello spettatore. Senonché, mentre in retorica l'e. è un mentis et morum perpetuus tenor (ibi), cioè un carattere stabile; e il pathos invece è una repentina et temporalis animi incommoditas, come l'ira, il dolore, etc. - trasportando questi due concetti nel gergo critico dell'arte figurata, si è dovuto dare una diversa sfumatura esegetica ai due termini, in quanto, come ben si capisce, in scultura e in pittura (arti statiche) non può funzionalmente esistere una disposizione d'animo temporalis. Pertanto ethe sono stati detti gli affetti e i caratteri miti, dolci, composti, raffrenati; e pathe i concitati e sfrenati e commossi (Quint., vi, 2, 8). Anche l'arte arcaica ha cercato di esprimere coll'atteggiamento del corpo e con le linee del viso qualche sentimento ("sorriso arcaico", elemento, tuttavia, piuttosto di stile che di espressione psicologica).
Così pure nella pittura dei vasi la lotta, la corsa, ed altre prestazioni umane, sono regolarmente rappresentate, ma i visi, il moto delle membra, il differente apprezzamento della situazione fatto dal vinto e dal vincitore: tutto questo non entra nella concezione del disegnatore arcaico, e solo qualche accenno qua e là è dato trovare. Ma dopo il 480 a. C., in Grecia le scuole filosofiche, richiamando l'attenzione dei cittadini sull'uomo, che diventa il centro e la misura di tutte le cose, hanno profondamente cambiato e umanizzato le menti del pubblico e degli artisti, e anche l'arte diventa "umana"; perciò Aristotele potrà dire di Polignoto che egli fu il primo pittore di caratteri e che i giovani debbono studiare le opere sue e di quanti altri - pittori o scultori - hanno lasciato documenti artistici di alto valore etico (Poet., 6 [1450 a]; Polit., viii, 5, 7). Polignoto pertanto non ha inventato il motivo della bocca spirante, dei denti in vista, del volto atteggiato in aspetto vario, privo dell'antica rigidità; tutti motivi che potevano preesistere; ma ha trasportato questi accorgimenti disegnativi entro la lotta della Ilioupèrsis, trasformandone il carattere tumultuario e guerresco in una rappresentazione etica di un grande dramma storico di animi, più che in un contrasto fatale di corpi e di armi; rappresentazione nella quale tanto i vincitori che i vinti manifestavano la loro composta tensione psicologica di consapevoli attori di quel dramma, e preferivano forse apparire nello stato d'animo susseguente o antecedente alla lotta, anziché nel facile e oggettivo intreccio della battaglia. Anche il frontone orientale di Olimpia nel quale è rappresentato il momento precedente alla gara con le quadrighe è pieno di e.; e. che si limita a rappresentare lo stato d'animo preoccupato o anelante degli attori per voler evitare di trasformarsi e di decadere nel pathos selvaggio che si avrà necessariamente tra poco, quando la corsa si svolgerà (v. pathos).