estroversione
Nella tipologia psicologica elaborata a partire dal 1920 da Carl G. Jung, tratto della personalità tendente a dirigere la sfera degli interessi e l’energia psichica (la libido) verso gli oggetti del mondo esterno, e a preferire i valori oggettivi a quelli soggettivi. Jung contrappone e. a introversione e distingue l’e. attiva dall’e. passiva: nella prima, l’orientamento agli oggetti esterni corrisponde a un atto cosciente e volontario del soggetto, nella seconda invece è l’oggetto esterno ad attirare magneticamente l’attenzione della persona, eventualmente anche contro la sua volontà. I soggetti estroversi tendono perciò a comportarsi in funzione delle necessità esterne e delle condizioni ambientali e sono altamente motivati a cercare frequentemente il contatto con gli altri. Negli anni Cinquanta del 20° secolo, lo psicologo Hans J. Eysenck ha sottoposto a rigorosa verifica empirica i costrutti di e. e di introversione, elaborando un modello della personalità basato su tre tratti fondamentali: e.-introversione, nevroticismo (tendenza all’instabilità emotiva) e psicoticismo (bizzarria del pensiero e asocialità). Secondo Eysenck, il tratto e.-introversione dipende in misura diretta dall’eccitabilità corticale risultante dall’attività del sistema reticolare ascendente. In base a questo modello, gli estroversi sarebbero caratterizzati da un livello cronicamente basso di eccitazione; per raggiungere uno stato di attivazione ottimale, percepito come piacevole, questi individui sarebbero perciò ‘specializzati’ nella continua ricerca di stimolazioni ambientali e sociali.