ERZERUM (nel nuovo alfabeto turco-latino, Erzurum; A. T., 73-74)
Città dell'Anatolia orientale; il nome, che significa "terra dei Rūm (Bizantini)", le fu dato dagli Arabi. Dagli Ammeni era chiamata Garin, dopo la conquista di Teodosio fu detta Teodosiopoli. Presa dagli Arabi nel sec. VII d. C., passò nel sec. XI in potere dei Selgiuchidi e fu governata dalla famiglia Saltïq. Nel sec. XII l'occuparono per breve tempo i re della Georgia, poi la ripresero i Selgiuchidi e quindi i Mongoli e la dinastia turcomanna degli Aq Qoyunlu della Persia e in seguito la dinastia persiana dei Safawidi. A questi la tolsero i Turchi ottomani nel 1514. Per la sua vicinanza al confine persiano fu spesso contesa da Persiani e Turchi e devastata da guerre; nel sec. XVII un certo Abāza Pascià vi governò autonomo per 12 anni, arrendendosì nel 1628 alle forze del sultano di Costantinopoli. I Russi vi giunsero due volte durante le loro guerre contro i Turchi, nel 1828 e nel 1878; dopo il 1880 i Turchi la munirono di moderne difese. Nel 1919 fu sede del primo congresso nazionalista indetto da Mustafa Kemal Pascià. La città ha molti ricordi storici e monumenti dell'età selgiuchida, come la Ulu Giāmi′ (su antica chiesa cristiana?); la moschea detta Lāleh Pascià Giāmi è del sec. XVI. Frequentemente fu rovinata dai terremoti.
Fino al 1920 fu capoluogo del grande vilâyet omonimo; nel 1880 contava 38.906 ab. (26.564 Musulmani, dei quali molti Curdi, 10.909 Armeni, ecc.); gli Armeni ne sono poi totalmente scomparsi. Ora è capoluogo del più ristretto vilâyet omonimo (26.330 kmq.), che contava nel 1927 una popolazione di 270.925 ab. (36.422 parlanti curdo), di cui solo 30.800 nella città. È località importante di transito sulla via da Trebisonda a Tabrīz, ai piedi di un monte su un altipiano, a 1880 m. s. m.; il clima è sano, spesso rigido in inverno; 8 km. a N. di essa scorre il ramo occidentale dell'Eufrate (Kara Su).
Bibl.: V. Cuinet, Turquie d'Asie, I, Parigi 1891-95, pp. 181-190; Evliyā Celebi, Siyāhetnāmeh, Costantinopoli 1314 ègira (1895), II, pp. 205-219; Mehmend Nusret, Ta'rīkhce-i Erẓerūm, Costantinopoli 1338 èg. (1922).