CORTESE, Ersilia
Nacque a Roma il 1° nov. 1529 da Iacopo, gentiluomo modenese che aveva fissato all'inizio del secolo il suo domicilio a Roma, facendosi rapidamente ricco con l'esercizio dell'avvocatura ed accumulando, sotto vari papi, numerose cariche e benefici ecclesiastici, e da Giulia Forina, moglie di Francesco Perez, pretore e capitano a Tocco (Benevento).
Trascorsa la primissima infanzia a Tocco, dove la madre era tornata, la C. fu presto accolta come figlia in casa del Cortese, che del resto l'aveva già ampiamente dotata poco dopo la nascita, e si cominciò a impartirle una educazione del tutto signorile. Il 3 dic. 1536 veniva promessa ad Antonio Fontanella de Calori, ma il matrimonio non fu poi concluso. Morto il Perez, il padre, che nel frattempo aveva ricevuto gli ordini sacri, provvedeva, avendone avuto facoltà da Paolo III, a legittimarla il 23 ag. 1541. Nel dicembre dello stesso anno la C. lasciava per alcuni mesi la casa paterna (dove, appena creato cardinale nel giugno 1542, avrebbe fissato la sua residenza anche l'austero fratello di Iacopo, Gregorio) per compiere una "spedizione matrimoniale" a Modena, dove fu però assai freddamente accolta, non solo per i natali non puri e per la dubbia origine delle ricchezze paterne, ma anche, molto verosimilmente, per l'esagerata esibizione della sua raffinata cultura romana, che la faceva apparire "presuntuosa come una cortexana".
Dopo esser stata promessa, ancora una volta senza esito nuziale, ad Agostino Fregoso il 4 nov. 1542, la C. venne infine quasi imposta in moglie dal cardinale Giovanni Maria Ciocchi Del Monte, intimo amico del Cortese, al nipote Giambattista, il 4 maggio 1544. Le nozze, che rimasero infeconde, furono turbate dalla morte del Cortese il 25 agosto dello stesso anno; inoltre, Giambattista, famoso per la sua violenza e bizzarria, riuscì a perdere quasi del tutto il favore dello zio cardinale, mantenuto invece interamente dalla C., che, anche per merito dei mezzi forniti dalla cospicua eredità patema, poté entrare in lizza nella lotta per il primato tra le dame romane, ottenendolo pienamente quando il cardinale Del Monte, l'8 febbr. 1550, fu eletto papa, assumendo il nome di Giulio III. Pochi mesi dopo l'evento, il 21 luglio, trascurando i passati contrasti, il nuovo pontefice nominò Giambattista governatore della città di Fermo. Insoddisfatto, quest'ultimo tentò di sfruttare il conflitto scoppiato tra il pontefice e Ottavio Farnese per crearsi un dominio. Ottenuto dallo zio il titolo di duca di Nepi e poi il comando delle truppe papali contro i Farnese, intraprese nel luglio del 1551 l'assedio della Mirandola, nel corso del quale, il 14 aprile dell'anno seguente, perse la vita lasciandosi cogliere dagli assediati con una sortita, "da bestia", secondo l'obiettivo commento di Giulio III.
La C. si chiuse nella sua vedovanza, rifiutando le proposte di matrimonio che forse già nel 1552 e poi di nuovo nel 1553 le giungevano con l'autorevole mediazione pontificia, e si dedicò sempre più intensamente alle dotte occupazioni che avevano allietato i suoi primi anni di matrimonio e le sue solitudini durante le assenze del marito guerriero.
Nel settembre 1552 si apre un suo carteggio con Pietro Aretino, sul pretesto di una medaglia con l'effigie della dama, opera di Giovanni Zacchi, concludendosi dopo più di un anno, tra alti e bassi, offerte di sonetti d'adulazione e scariche di invettive dello scrittore per la scarsa liberalità della Cortese.
Ma la morte di Giulio III, il 23 marzo 1555, portava, dopo il brevissimo pontificato di Marcello II, all'elezione il 23 maggio dello stesso anno, del cardinale Giovan Pietro Carafa, col nome di Paolo IV. L'ex "cardinal Teatino", che, regnando Giulio III, era stato il più aspro e temuto censore della sua non austera gestione delle chiavi di S. Pietro, distrusse rapidamente le fortune della famiglia Del Monte, accanendosi in particolare contro la C., oltretutto rea di aver rifiutato le nozze che erano state proposte da un nipote del nuovo pontefice. La C. dovette infine abbandonare Roma, e la sua presenza è infatti documentata nel 1557 a Costacciaro, un paese del Perugino.
Questa fase della sua vita, è rispecchiata nell'impresa di cui, nell'estate del 1554, da dama alla moda, la C. aveva chiesto il concetto ad Annibal-Caro, già autore di un sonetto in suo onore; ma questi le aveva proposto varie elaborazioni del tema della menomazione vedovile che risultarono sgradite alla virile committente. Fu dopo l'elezione di Paolo IV che ella ottenne, da Gerolamo Ruscelli, un'impresa che esprimeva validamente la sua reazione ai colpi della sorte e al recente tracollo dei propri beni, composta dall'immagine di una casa in fiamme e dal motto, di derivazione senechiana, "Opes non animum".
Le sventure dei Del Monte, e con esse della C., dovevano comunque concludersi con la morte di Paolo IV e l'elezione di Pio IV; annullati i decreti contro di lei, la C. acquistò il pieno favore del papa, e si diede per certo il suo imminente matrimonio col nipote di quest'ultimo, Gabrio Serbelloni, futuro combattente a Lepanto. Anche le sue attività mecenatesche potevano ora prendere nuovo vigore, ed in questi anni la C. vide aggiungersi ancora qualche nome all'elenco di quella dozzina di poeti e poetesse di vario valore che le avevano reso omaggio.
Un folto gruppo di composizioni encomiastiche in suo onore è conservato nel volume Per Donne Romane (Bologna 1575), curato da Muzio Manfredi, che incluse nella sua raccolta anche due vecchi sonetti della stessa C., ambedue sul tema dell'esilio da Roma. Infine, tralasciati nella tarda età gli esercizi poetici, ella dedicò le sue cure alla ricerca e alla pubblicazione delle opere latine dello zio cardinale, Gregorii Cortesii Mutinensis ... Epistolarum familiarium liber. Eiusdem Tractatus adversus negantem B. Petrum Apostolum fuisse Romae..., Venetiis, per Fr. Franciscium 1573, accompagnando il volume con un'elegante lettera dedicatoria al pontefice Gregorio XIII. Nella vecchiaia la C. fu, inoltre, conosciuta e assai stimata da Sperone Speroni, che volle che si chiamasse Ersilia una propria nipotina, nata dalla figlia di lui Diamante e dal conte Capra di Vicenza. In onore della C. egli scrisse tre sonetti e volle infine le nozze tra la propria nipote Lucietta e Alberto Cortese, un nipote della C. che questa aveva preso a prediligere.
Nel 1581 la C. promuoveva una delle sue tante liti familiari per problemi patrimoniali contro Giacomo, figlio di Gian Andrea Cortese; un documento del 1587, relativo a questa lite, è l'ultimo tra quelli noti a far riferimento alla C. vivente. Si ignorano data e luogo della morte.
Fonti e Bibl.: Lettera alla C. di Vittoria Farnese, duchessa d'Urbino, del 14 ott. 1555, in Lettere de' Principi, I, Venezia 1564, p. 187; P. Aretino, Lettere sull'arte, a cura di F. Pertile-E. Camesasca, II, Milano 1957, pp. 408-410, 413-415; A. Caro, Lettere familiari, a cura di A. Greco, II, Firenze 1959, pp. 152, 173-175 (per il sonetto in onore della C., citato nella prima di queste lettere, vedi A. Caro, Rime, Venezia 1757, p. 56); G. Ruscelli, Le imprese illustri, Venezia 1566, pp. 199-201; B. Segni, Istorie fiorentine, XIII, Augusta 1723, p. 333; S. Speroni, Opere, Venezia 1740, IV, pp. 375 s.; V, pp. 247, 253, 256, 259; G. Tiraboschi, Storia della letter. ital., VII, 3, Napoli 1781, pp. 47 s.; Id., Biblioteca modenese, II, Modena 1782, pp. 167 s.; C. Malmusi, Di due celebri donne modenesi del sec. XVI, in Mem. della R. Acc. di scienze, lettere ed arti in Modena, sez. di lettere, s. 1, VIII (1866), pp. 10-13; R. Erculei, Una dama romana del XVI secolo (E. C. Del Monte), in Nuova Antologia, 1° ag. 1894, pp. 499-520; 16 ag. 1894, pp. 686-707; A. Solerti, Vita di T. Tasso, I, Torino-Roma 1895, p. 253; L. von Pastor, Storia dei papi, VI, Roma 1922, pp. 114, 230; P. Litta, Le fam. celebri ital., s.v. Del Monte di Montesansavino.