SCHIAPARELLI, Ernesto
– Nacque il 12 luglio 1856 a Occhieppo Inferiore, a poca distanza da Biella. Il padre Luigi era professore di storia all’Università di Torino, la mamma Francesca Corona, benestante, si occupava della famiglia, che abitava la grande casa di via Chiave.
L’atto di battesimo di Ernesto Schiaparelli (scritto con due p), conservato nella chiesa parrocchiale di S. Antonino a Occhieppo Inferiore, è datato 13 luglio e riporta i nomi Luigi, Clemente, Bartolomeo ed Ernesto. Quest’ultimo venne dato soltanto al momento della somministrazione della cresima. L’errore di trascrizione nei documenti pubblici del cognome, che aveva generato da tempo l’uso della doppia p anche per altri membri della famiglia, fu sanato solo nel 1871, cosicché il biografato nacque «Schiapparelli» e morì «Schiaparelli». Il fratello Cesare fu industriale e bravo fotografo e le sue conoscenze influenzarono Ernesto nella documentazione fotografica dei suoi futuri scavi archeologici.
Nel 1878, dopo aver conseguito la laurea in lettere all’Università di Torino, discutendo una tesi in egittologia intitolata Del sentimento religioso degli antichi Egiziani secondo i monumenti (a stampa per i tipi dei Fratelli Bocca, Torino-Roma 1877) e sotto la guida di Francesco Rossi, Schiaparelli si trasferì a Parigi per un corso di specializzazione presso l’École pratique des hautes études della Sorbona, dove poté seguire le lezioni di Eugène Revillout e Gaston Maspero. Con quest’ultimo instaurò un saldo rapporto di amicizia che lo agevolò durante le sue ricerche in Egitto, quando, dopo la morte di Auguste Mariette (1881), Maspero fu chiamato a sostituirlo alla direzione del Service des antiquités de l’Égypte. Fu inoltre ammesso alla Scuola italiana di archeologia nel 1877-78, insieme con altri due futuri illustri archeologi, Adriano Milani e Gherardo Ghirardini (Barbanera, 2015).
Fatto ritorno in Italia verso la fine del 1879, assunse per breve tempo l’incarico di ispettore della Pubblica Istruzione a Roma, per poi trasferirsi a Firenze presso il Museo archeologico come assistente delle collezioni egizia ed etrusca. Nel 1880 venne incaricato del trasferimento della collezione egizia nell’attuale sede del palazzo della Crocetta, rinnovandone l’esposizione e gli arredi; il nuovo museo fu inaugurato il 2 febbraio 1883 alla presenza di re Umberto I di Savoia. Nel frattempo arricchì la sezione egizia grazie a due campagne di acquisti, condotte nel 1884-85 e nel 1891-92, che aumentarono a 8000 esemplari le consistenze del museo.
Durante il secondo viaggio in Egitto, nel 1892, Schiaparelli assistette a un’importante scoperta archeologica: la tomba monumentale, scavata sul pendio della collina antistante la città di Assuan, del dignitario Harkhuf, vissuto durante la VI dinastia (2305-2118 a.C.).
La tomba presentava sulla facciata iscrizioni relative ai viaggi che Harkhuf aveva compiuto nel territorio nubiano, per ordine dei sovrani Merenra e Pepi II. Schiaparelli comprese immediatamente l’importanza di questi testi autobiografici, e si dedicò al loro studio e alla loro pubblicazione (Una tomba egiziana della VI dinastia, in Atti dell’Accademia nazionale dei Lincei, Rendiconti, cl. di scienze morali, storiche e filologiche, s. 4, X (1930), pp. 25-53). Il suo maggiore impegno filologico resta tuttavia l’edizione del Rituale dell’apertura della bocca, un complesso di riti che serviva ad animare l’immagine del defunto.
Durante la prima campagna (dicembre 1884), entrò in contatto con i frati francescani della Missione di Luxor, dove alloggiava, e vide le condizioni di estrema povertà in cui vivevano i frati in Egitto per sostenere le persone più bisognose. Rientrato in Italia, volle aiutare le Missioni francescane d’Egitto, così il 12 gennaio 1886 venne fondata l’Associazione nazionale per soccorrere i missionari italiani (ANSMI), con sede a Firenze.
L’opera, sostenuta da importanti donazioni, si diffuse rapidamente in tutto l’Egitto e successivamente in gran parte del Medio Oriente, fino a raggiungere la Cina. A questa straordinaria attività filantropica si contrappose una feroce campagna denigratoria, che non scalfì, però, l’entusiasmo di Schiaparelli e dei suoi collaboratori. Con lo scoppio della Grande Guerra, il personale laico e religioso operante venne rimpatriato. Terminata la guerra, l’ANSMI riprese la sua attività, le strutture danneggiate vennero riparate e molte di nuove ne fiorirono. A distanza di oltre cento anni, l’ANSMI è ancora operativa con una ventina di installazioni assistenziali.
A fine Ottocento si era creata una situazione di forte disagio, sofferta dai nostri numerosi migranti, operai e braccianti, che avevano oltrepassato il confine alla ricerca di lavoro. Queste persone, prive di qualsiasi tutela, necessitavano di assistenza sanitaria e sociale e di mantenere i collegamenti con le loro famiglie. Anche a questa emergenza Schiaparelli non fu insensibile e, coinvolgendo monsignor Geremia Bonomelli, contribuì alla creazione dell’Opera di assistenza agli operai emigrati all’estero, fondata il 21 gennaio 1900. Ascoltando poi le pressanti richieste di aiuto che provenivano da Oltreoceano, anche da parte dell’arcivescovo di New York, nei primi mesi del 1908 volle creare una nuova organizzazione assistenziale rivolta ai connazionali emigrati nelle Americhe. In breve sorsero strutture di accoglienza e appoggio per gli italiani, spesso sfruttati, a costituire una costola dell’ANSMI, che di li a poco avrebbe dato vita a Italica Gens. Questa terza creatura di Schiaparelli, di cui fu poi segretario generale, ebbe la stessa sede dell’ANSMI, trasferita all’interno del Museo Egizio di Torino del quale, dal 1894, era divenuto direttore, lasciando l’incarico di Firenze. Questo fatto determinò il suo futuro destino che lo vide costantemente impegnato su fronti diversi: alla direzione del museo, con i suoi tanti bisogni, si contrapponeva l’attività dell’Associazione che si andava costantemente espandendo.
Giunto a Torino nell’autunno del 1894, il 30 settembre fu nominato direttore del Museo Egizio e si dedicò con energia al suo riassetto, dato che il museo, rimasto a lungo inattivo, rischiava di perdere quel primato che lo aveva reso celebre nel mondo. Occorreva rinnovare gli allestimenti adottando nuove e luminose vetrine, soprattutto in occasione dell’Esposizione generale italiana (primavera del 1898). Contestualmente, bisognava incrementare le collezioni, colmando le lacune della collezione Drovetti e promuovendo una campagna di acquisti in Egitto che si svolse nell’inverno del 1901, con risultati «molti e preziosi». Tuttavia Schiaparelli aveva ben compreso che occorreva intraprendere anche ricerche direttamente sul campo, in analogia con altri musei, programmando più stagioni di scavo e individuando a priori i siti maggiormente interessanti per le necessità del museo. Inoltre, le funzioni di Schiaparelli compresero anche l’intensa attività legata alla conservazione dei reperti custoditi nel museo e provenienti dal territorio (che comprendeva il Piemonte, la Valle d’Aosta, la Liguria e più tardi una parte della Lombardia), in base alla quale ci si doveva prender cura delle scoperte che avvenivano casualmente seguendo, nel medesimo tempo, l’urbanizzazione e la tutela del territorio.
L’attività di ricerca, promossa da Schiaparelli, ebbe inizio nell’inverno 1903, con i fondi messi a disposizione personalmente dal re Vittorio Emanuele III, che permisero la fondazione della Missione archeologica italiana (MAI). Il contributo reale consisteva nella somma di 15.000 lire annue, per la durata di quattro anni, alla quale si aggiunse il sostegno economico dato dal ministero della Pubblica Istruzione di 5000 lire annue. Tali finanziamenti consentirono alla MAI di svolgere le prime quattro campagne di ricerca, che interessarono importanti siti come Eliopoli, Ermopoli, Giza, Valle delle Regine, Deir el-Medina, Hammamiya, Qau el-Kebir e Assiut.
Un successivo finanziamento reale, accresciuto da quello ministeriale, consentì il proseguimento degli scavi fino al 1920, permettendo di esaurire le ricerche in alcune località e di avviarne di nuove a Gebelein, Assuan e Bahnasa (Ossirinco).
Quest’ultimo sito era stato individuato per favorire la ricerca di papiri per conto della neonata Società italiana per la ricerca dei papiri greci e latini in Egitto, che sosteneva i lavori anche con un proprio contributo ministeriale. Il ventennio di ricerche in undici località del Basso, Medio e Alto Egitto permise la scoperta di migliaia di reperti, dei quali oltre 35.000 vennero accordati dal governo egiziano al nostro Paese, per il museo di Torino.
I grandi cantieri dell’area tebana della Valle delle Regine (1903-05) avevano messo in luce numerose tombe di regine e principi tra cui, nel 1904, quella della regina Nefertari, sposa di Ramesse II. Dalle tombe giunsero a Torino importanti resti di corredi funerari e decine di sarcofagi con le loro mummie. A Deir el-Medina (1905-09), oltre alla necropoli dove furono ritrovate nel 1906 la tomba intatta di Kha e Merit e la cappella funeraria di Maia, furono scoperti per la prima volta i resti del villaggio abitato in epoca faraonica dagli artisti che costruirono e decorarono le tombe nella Valle dei Re e delle Regine. Tra le case, vennero trovate due grosse giare contenenti oltre trenta papiri di argomento amministrativo di epoca tolemaica. L’unica campagna condotta presso le piramidi di Giza, nel 1903, aveva restituito molto materiale lapideo: false porte, tavole per offerta, sarcofagi e statue. Tra il 1903 e il 1906 vennero esplorati i resti della città e della necropoli di Eliopoli; qui le ricerche furono complesse e meno proficue, a causa dell’acqua che invadeva lo scavo e dello sconvolgimento totale del sito avvenuto in epoca antica.
A Qau el-Kebir, tra il 1905 e il 1906, vennero sistematicamente esplorate le tombe monumentali del Medio Regno (1980-1700 a.C.), appartenute ai governatori del luogo. Giunsero così a Torino il sarcofago in pietra di Ibu e una statua di grandi dimensioni ritrovata nella tomba di Uahka II, oltre a molto altro materiale proveniente anche dalle tombe private. La vicina necropoli di Hammamiya (1905-06), restituì reperti risalenti al periodo predinastico e all’Antico Regno. Le ricerche a Gebelein, tra il 1910 e il 1920, consentirono poi la scoperta di numerose deposizioni molto antiche, oltre ad alcune tombe ritrovate intatte con i loro corredi, tra le quali quella di Iti e Neferu, le cui straordinarie pitture sono conservate ora in museo. La vasta necropoli di Assiut, esplorata dal 1906 al 1913, mise in luce numerose tombe databili tra la VI e la XII dinastia (2305-1759 a.C.). Tra i corredi funerari, oltre ai molti sarcofagi rettangolari con iscrizioni, furono recuperate numerose statue, nonché modellini riproducenti barche e lavori domestici. Con gli scavi del 1914 nella necropoli rupestre dei principi di Elefantina ad Assuan, si concluse l’attività archeologica di Schiaparelli, sebbene fosse sua intenzione proseguirla. Per questo motivo l’esplorazione del sito fu sommaria, pur mettendo in luce numerose piccole tombe e pozzi intatti contenenti corredi funerari completamente rosi dalle termiti.
Nel corso della sua lunga attività archeologica Schiaparelli fu affiancato da valenti collaboratori che, anche in sua assenza, seppero gestire i lavori con esemplare professionalità. In quest’ottica seppe organizzare una ‘squadra’, con la presenza costante di un fotografo, un disegnatore e un restauratore. Negli anni i suoi principali collaboratori furono vari studiosi. Francesco Ballerini, egittologo comasco, lo accompagnò sui cantieri tebani, a Giza, Eliopoli, Qau el Kebir e Assiut, curando ovunque con perizia e bravura preziosi quadernetti di appunti e disegni, oltre alla notevole quantità di riprese fotografiche su lastre in vetro. In attesa di Schiaparelli e Ballerini ancora impegnati nella Valle delle Regine, i lavori di Giza vennero avviati nel 1903 dall’archeologo Evaristo Breccia, futuro direttore del Museo greco-romano di Alessandria d’Egitto. Nel 1905, sul cantiere di Deir el-Medina, c’era Roberto Paribeni, viceispettore dell’allora Museo preistorico etnografico e kircheriano di Roma, che scoprì le due giare contenenti numerosi papiri demotici e greci. Nel 1910, con la prematura scomparsa di Ballerini a soli 33 anni, le ricerche proseguirono a Gebelein e Assiut sotto la direzione di Virginio Rosa, un giovane cultore della materia, originario di Pinerolo, che diede ottima prova della sua preparazione. Di lui rimangono preziosi appunti, fotografie e un importante Giornale di scavo, che documenta la scoperta di decine di tombe e le preziose pitture della tomba di Iti e Neferu. Contemporaneamente l’egittologo Giulio Farina, futuro direttore del Museo Egizio di Torino, operava a Bahnasa (Ossirinco), alla ricerca di papiri. A seguito della drammatica morte di Rosa, avvenuta poco dopo il suo rientro in Italia, i lavori di Assiut vennero proseguiti nel 1912 da Pietro Barocelli, allievo di Schiaparelli e da poco ispettore alla Soprintendenza alle Antichità del Piemonte e della Liguria.
La presenza di molto materiale antropologico sugli scavi di Gebelein e Assiut aveva poi indotto Schiaparelli ad avvalersi, dal 1913, dell’antropologo Giovanni Marro, futuro direttore del Museo di antropologia di Torino. Fu collaboratore di Schiaparelli, già dalle prime campagne, Bolos Ghattas, originario di Luxor, conosciuto per mezzo dei frati francescani, che curò per intero l’organizzazione logistica dei cantieri per tutta la durata delle ricerche. Non va poi taciuto il costante sostegno dei frati francescani che non mancarono di offrire ogni tipo di aiuto, collaborando anche direttamente alle ricerche.
L’amicizia personale di Schiaparelli con Maspero, che, come detto, era stato nominato direttore del Service des antiquités de l’Égypte, favorì notevolmente lo svolgimento dei lavori, consentendo lo scavo contemporaneo in più località, e di trattenere il materiale archeologico in Egitto prima della divisione dei reperti con il museo del Cairo. Un ultimo improvvisato viaggio in Egitto, nell’inverno del 1923, consentì a Schiaparelli il recupero della restante parte di materiale archeologico ancora depositato presso i frati di Luxor, prima dell’entrata in vigore delle nuove e più restrittive normative che regolavano la spartizione dei ritrovamenti.
Frattanto, con l’istituzione delle Soprintendenze archeologiche, Schiaparelli era stato nominato soprintendente il 15 marzo 1908; passarono sotto la sua responsabilità gli scavi archeologici e i musei di tutto il territorio, compreso quello egizio, fino al 1927, quando gli successe Barocelli e poi dal 1929, Giulio Farina, alla direzione del solo Museo Egizio.
L’arrivo in museo del ricco materiale proveniente dagli scavi, seppur distribuito nel corso degli anni, determinò l’esigenza di nuovi spazi e la riorganizzazione dell’esposizione, ora capace di comprendere tutte le fasi della storia dell’antico Egitto. Il primo importante riallestimento venne presentato ai giornalisti il 10 ottobre 1908, mentre l’inaugurazione delle nuove sale dedicate alle antichità di Gebelein e Assiut avvenne il 17 ottobre 1924, alla presenza del re Vittorio Emanuele III, esattamente un mese dopo la nomina di Schiaparelli a senatore del Regno.
L’uomo schivo, dal carattere determinato e autoritario, che aveva dominato la scena per decenni, era oramai stanco e malato. Morì a Torino il 14 febbraio 1928.
Allora come oggi, a distanza di tanti anni, si fatica a rendere giustizia alla straordinaria attività che in più campi ‘il Maestro’ seppe sviluppare in oltre quarant’anni. Quanto scritto da un giornalista, il 17 ottobre 1924, in occasione della visita al museo rinnovato, sbozza un ritratto fedele dell’uomo e dello studioso: «è di una cortesia rara e squisita, e di una chiarezza assoluta; padrone del suo campo come pochi. Non c’è ombra di pedanteria nelle sue parole, piene di amabilità mondana. Il modo con cui usa e sottolinea certi aggettivi: “curiosissimo, interessantissimo”, dimostra il compiacimento del dotto, e il piacere di potervi presentare mille oggetti preziosi, che non trovereste altrove. Il prof. Schiaparelli è veramente l’anima del “suo” Museo» (Nella polvere dei secoli: le nuove sale del Museo egiziano, in La Stampa, 17 ottobre 1924, p. 5).
Fonti e Bibl.: E. Schiaparelli, Relazione sui lavori della Missione archeologica italiana in Egitto 1903-1920, I, Esplorazione della “Valle delle Regine nella Necropoli di Tebe, Torino 1824; II, La tomba intatta dell’Architetto Cha nella necropoli di Tebe, Torino 1827; A. Erman, Recensione di S., in Zeitschrift der Deutschen morgenländischen Gesellschaft, XLVI (1892), pp. 574-579; F. Ballerini, Nella Valle delle Regine. Gli scavi della Missione archeologica italiana, in La Lettura, XII (1903), pp. 1061-1066; Id., Notizie sommarie degli scavi della Missione archeologica italiana in Egitto anno 1903, Torino 1903; G. Marro, L’esplorazione della necropoli di Gebelein..., in Atti della Società italiana per il progresso delle scienze, XVII riunione, Torino 1928, pp. 3-47; G. Marro - Z. Berti, Ricordo di E. S., in La Voce del Nilo. Numero speciale..., 1937, pp. 10-21; S. Curto, Gli scavi italiani a el-Ghiza (1903), Roma 1963; E. Piano, Memorie e documenti per una storia dell’Associazione nazionale per soccorrere i missionari italiani 1884-1928..., Civitella S. Paolo 1970; P.R. Del Francia, Il Museo egizio di Firenze, in Arte sublime nell’antico Egitto (catal.), Firenze 1999, pp. 219-224; E. Parlamento, Cerca... e ricerca: memorie, documenti e curiosità di Occhieppo Inferiore, Ivrea 2004; La vita quotidiana nell’antico Egitto. Vivere come al tempo di Iti e Neferu, la «Bella» (catal.), a cura di E. D’Amicone, Torino 2006, ad ind.; B. Moiso, Le campagne di scavo di E. S. in Egitto dal 1903 al 1920, in E. S. e la Tomba di Kha, a cura di B. Moiso, Torino 2008, pp. 199-269; Lungo il Nilo. Ippolito Rosellini e la spedizione franco-toscana in Egitto 1928-29, a cura di M. Betrò, Firenze 2010; M. Barbanera, Storia della archeologia classica in Italia, Bari 2015, ad ind.; R. Boano, La scuola di paleontologia di Torino: dall’istologia dei tessuti mummificati al monitoraggio e alla conservazione programmata delle mummie del Museo egizio e del museo di antropologia, in Medicina nei secoli, XVIII (2016), 3, pp. 831-841; B. Moiso, La storia del Museo egizio, Modena 2016; P. Del Vesco - F. Poole, «Deir el-Medina in the Egyptian museum of Turin. An overview, and the way forward», in Outside the box. Selected papers from the Conference Deir el-Medina and the Theban necropolis in contact», Atti della Conferenza internazionale, Liegi... 2014, a cura di A. Dorn - St. Polis, in corso di stampa.