STASSANO, Ernesto Antonio Pietro
– Nacque a Napoli, nel quartiere Avvocata, il 26 maggio 1859, da Nicola, architetto, e da Clorinda Valente.
Studiò presso l’Accademia militare di Torino, nella Scuola d’applicazione di artiglieria e genio, uscendone nel 1880 con il grado di tenente e con una formazione fortemente connotata in ambito chimico-siderurgico. Nella sua attività presso gli stabilimenti militari Stassano si occupò fin dagli inizi di problemi relativi ai materiali metallici, specializzandosi sugli acciai, per i quali formulò una proposta di nomenclatura, oltre a proporre la creazione di un istituto per effettuare su di essi prove chimico-fisiche. Divenuto capitano nel 1886, fu destinato a Terni, presso la fabbrica d’armi, e successivamente a Roma, presso la direzione d’artiglieria (M. Balbi - G. Bruzzone, in Prestigioso riconoscimento..., 1992, p. 24).
Nel 1896 fu promosso maggiore, e nello stesso anno iniziò a Pont-Saint-Martin una serie di esperienze per la produzione di carburo di calcio in forni elettrici a riduzione.
L’interesse dei militari per questo prodotto era aumentato dopo che nel 1895 Adolph Frank e Nikodem Caro avevano ottenuto un brevetto per la produzione di calciocianamide a partire dal carburo di calcio e dall’azoto atmosferico. I composti azotati erano infatti indispensabili non solo per le applicazioni agricole nel campo dei fertilizzanti ma anche per quelle militari nel campo degli esplosivi (Cerruti, 2013, pp. 348). La necessità di coinvolgere un esperto di chimica metallurgica derivava dai particolari problemi posti dalla produzione industriale di sostanze azotate come per esempio l’ammoniaca: «Il sistema in cui avviene la reazione dev’essere portato ad alta temperatura e ad alte pressioni, e i parametri in gioco – reagenti, temperatura e pressione – hanno posto problemi serissimi ai tecnologi che hanno cercato di realizzare la reazione a livello industriale. Ad alte temperature, l’idrogeno si dissocia e reagisce con metalli e leghe; nel caso degli acciai, il processo può portare a fenomeni di decarburazione e di infragilimento, con gravi conseguenze sulla resistenza meccanica alle alte pressioni. Si trattava di una sfida difficile per i metallurgisti» (ibid.).
Uno dei principali limiti allo sviluppo industriale dell’Italia era il vincolo energetico derivante dalla scarsa disponibilità e dalla cattiva qualità del carbone, che pesava poi in modo particolare sulla produzione di acciaio. Negli ultimi anni dell’Ottocento la sfida tecnologica in questo settore era l’applicazione dell’energia elettrica, sia per l’estrazione del metallo dal minerale, sia per la fusione del rottame di ferro allo scopo di produrre ferro-leghe e acciaio (Iacoviello - Cavallini, 2013, pp. 362 s.). Per Stassano, la possibilità di utilizzare l’elettricità al posto del carbone era un passo indispensabile per far raggiungere all’Italia l’indipendenza industriale in campo siderurgico: in tal senso egli si poneva nella linea strategica indicata da Francesco Saverio Nitti con il fortunato slogan che rappresentava l’energia idroelettrica come ‘carbone bianco’. Un tema ripreso da Stassano nei suoi scritti, e sul quale progettava di scrivere un libro che non vide mai la luce (Nebbia, 2009).
L’attività svolta a Pont-Saint-Martin ispirò a Stassano una serie di esperienze, condotte a Roma presso le officine di S. Maria dei Cerchi, in seguito alle quali brevettò nel 1898 il primo forno elettrico ad arco, che porta il suo nome (M. Balbi - G. Bruzzone, in Prestigioso riconoscimento..., cit., p. 25). Dopo aver ottenuto il brevetto, lasciò il servizio militare attivo per dedicarsi completamente all’elettrosiderurgia. Proseguì le sue esperienze in una fonderia acquistata dall’Ilva a Darfo (Brescia), e la stessa Ilva fu tra i primi acquirenti dei suoi forni, installandone uno nelle acciaierie di Piombino (Pedrocco, 1999; M. Balbi - G. Bruzzone, in Prestigioso riconoscimento..., cit., p. 25). Dal 1898 al 1902 estese i suoi brevetti in ambito internazionale (O. Scarpa, Il pioniere dell’elettrosiderurgia..., 1938, p. 6), e nel 1901 realizzò la versione definitiva del suo forno nell’Arsenale di Torino, dove nel 1902 fu avviata una produzione regolare di acciaio, destinata alla produzione di proiettili e durata diversi anni. Stassano puntava inizialmente alla produzione di acciaio dal minerale di ferro, ma la versione definitiva del forno si basò invece sull’utilizzazione di una carica formata da rottame di ferro per l’80% e ghisa per il 20% (ibid., p. 2; M. Balbi - G. Bruzzone, in Prestigioso riconoscimento..., cit., p. 25).
Tra il 1902 e il 1909 Stassano illustrò i propri risultati in diverse pubblicazioni (O. Scarpa, Il pioniere..., cit., p. 5), e li presentò al Congresso internazionale di chimica svolto a Roma nel 1906, anche per difendere il proprio lavoro da detrattori e concorrenti (pp. 2 s.). Nel 1904 fondò (ancora a Torino) la Società forni termoelettrici Stassano e costruì una fonderia per la produzione elettrosiderurgica di acciaio, dotata di cinque forni di diverse dimensioni produttive. Tra il 1902 e il 1915 i forni Stassano si diffusero in diversi impianti industriali, non solo in Italia: oltre a quelli commissionati dall’Ilva, altri furono installati nell’acciaieria Vanzetti a Milano, nella Bonner Faserfabrik in Germania, a Sankt Pölten in Austria, a Dunston e Newcastle nel Regno Unito, e a Bridgeton e Redondo negli Stati Uniti (M. Balbi - G. Bruzzone, in Prestigioso riconoscimento..., cit., p. 25); ne furono installati anche negli stabilimenti Ansaldo di Genova, ma quando l’azienda decise di orientarsi decisamente verso l’elettrosiderurgia abbandonò il forno Stassano puntando dapprima sullo sviluppo di un ‘forno Ansaldo’ e in seguito sui forni Héroult e sui brevetti svedesi della Elektrometall (Fontana, 1998, p. 96).
Dopo la guerra, provato da gravi problemi di salute e dalla perdita della moglie e dei figli, uno dei quali morto a trent’anni, quando si apprestava a divenire collaboratore del padre (Nebbia, 2009), Stassano si dedicò totalmente all’attività di innovatore tecnologico. Consapevole della progressiva erosione delle fortune industriali del suo brevetto a vantaggio del forno Héroult (Cavallini, 2005, p. 129), lo lasciò decadere, e lo considerò lui stesso come confinato alla produzione di acciai speciali, per i quali erano richiesti minori volumi produttivi e maggior precisione di carica (Nebbia, 2009). Orientò quindi le sue attività, illustrate in una memoria pubblicata postuma, verso le applicazioni elettriche nel campo dei gassogeni, e per queste ricerche ottenne il sostegno di un gruppo di industriali napoletani (Scarpa, 1938, p. 4; Nebbia, 2009). Mentre era impegnato in queste nuove ricerche morì improvvisamente a Napoli il 5 maggio 1922.
Fonti e Bibl.: O. Scarpa, Il pioniere della elettrosiderurgia fu un italiano. Il maggiore Ernesto Stassano, biografia redatta nel 1938, con elenco delle pubblicazioni e dei brevetti di Stassano (pp. 5 s.), conservata a Milano, Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci, Archivio storico, Documentario CNR, Cartelle nominative, f. Ernesto Stassano, disponibile on-line all’indirizzo: http://www.museoscienza.org/voci-della-scienza/storie/stassano.asp (8 marzo 2019); al forno Stassano è dedicata una scheda on-line che riprende i dati provenienti dal catalogo dello stesso Museo (http://www.museoscienza.org/approfondimenti/documenti/forno-stassano/ (8 marzo 2019). Dall’analisi delle pubblicazioni di Ernesto Stassano deriva la relazione di M. Balbi e G. Bruzzone tenuta il 9 maggio 1992 presso il Museo, parzialmente pubblicata nel resoconto dell’evento (Prestigioso riconoscimento dell’ASM International al forno elettrico di Ernesto Stassano, pp. 23-25).
G.L. Fontana, La riorganizzazione della struttura produttiva, in Storia dell’Ansaldo. 5. Dal crollo alla ricostruzione 1919-1929, Roma-Bari 1998, pp. 73-98; G. Pedrocco, I Bresciani. Imprenditoria, professionalità, tecnologia nel caso della siderurgia bresciana (1945-1996), in Altronovecento, 1999, rivista online: http://www.fondazionemicheletti.it/ altronovecento/articolo.aspx?id_articolo=1&tipo_articolo=d_saggi&id=224 (8 marzo 2019); M. Cavallini, Fortuitum & sordidum opus: appunti di storia della metallurgia, Perugia 2005; G. Nebbia, E. S. 1859-1922, in Altronovecento, 2009, rivista on-line: http://www. fondazionemicheletti.it/altronovecento/articolo.aspx?id_articolo=14&tipo_articolo=d_persone&id=73 (8 marzo 2019), che riprende con qualche variante un necrologio anonimo pubblicato da La chimica & l’industria nell’agosto del 1922, e riproposto in rete da G. Scorrano, in La chimica italiana all’inizio del secolo XX (le commemorazioni dei chimici defunti 1919-1928), http://www.chimica.unipd.it/gianfranco. scorrano/pubblica/lachimicaitaliana1919-28.pdf; F. Iacoviello - M. Cavallini, La siderurgia, in Il contributo italiano alla storia del pensiero. Tecnica, Roma 2013, pp. 360-367; L. Cerruti, L’industria dei composti azotati, ibid., pp. 348-359.