FERRARIO, Ercole
Nato il 23 marzo 1816 a Samarate, nel basso Varesotto, da Luigi, agiato proprietario terriero, e da Maria Ambrosoli, compì i primi studi presso il ginnasio di Legnano e il liceo di Porta Nuova a Milano, e si iscrisse nel 1834 alla facoltà di medicina e chirurgia maggiore dell'università di Pavia. Nel 1840 si laureò "distintamente" con una dissertazione sugli aspetti medici, ma anche igienici e sociali, del cosiddetto "morbo dei crivellatori di grano". Durante gli studi universitari era stato allievo di B. Panizza, di cui fu dal i 840 al 1845 assistente, e che sostituì, per un breve periodo, nel 1842.
Probabilmente tramite questo celebre anatomista e fisiologo il F. venne introdotto, dopo il 1842, nell'ambiente del giornalismo medico, dove iniziò tra l'altro un'assidua collaborazione con la Gazzetta medica di Milano, fondata in quello stesso anno da A. Bertani. Con quest'ultimo strinse una solida e duratura amicizia, rimanendo per alcuni anni, all'interno del periodico, uno dei suoi uomini di fiducia. Di particolare importanza fu anche l'amicizia tra il F. e G. Strambio, il discendente dell'omonimo medico lombardo. Agli anni universitari si può far invece risalire la conoscenza di A. Verga, che generò importanti scambi scientifici e culturali. L'amicizia e i contatti tra i due medici furono determinanti nella scoperta del cosiddetto sesto ventricolo cerebrale, detto anche "ventricolo del Verga", e si sa che le ricerche del Verga sulla struttura dell'encefalo furono arricchite e stimolate in parte dal contributo del F., che aveva compiuto importanti osservazioni in questo campo (A. Verga, in Gazzetta medica italiana - Lombardia, 7 luglio 1851). Scambi epistolari si ebbero inoltre tra questo e P. Mantegazza.
Tra il 1840 ed il 1848 il F. fu presente a molti degli annuali congressi degli scienziati italiani, a volte come inviato della Gazzetta medica, per la quale redigeva resoconti e relazioni giornaliere su incarico di A. Bertani. Sempre in quegli anni confermò la sua adesione alle istanze patriottiche ed antiatistriache ferventi nell'ambiente culturale e scientifico italiano. Nella primavera del 1848 il F., che risiedeva allora a Milano, prese parte diretta agli avvenimenti. Reclutato dall'ospedale militare di S. Ambrogio, del quale era stato appena nominato direttore il Bertani, con l'incarico di medico ispettore, dal 10 maggio dello stesso anno fu inviato, per ordine del ministro della Guerra piemontese, M qualità di capomedico d'ambulanza, ad occuparsi dei servizi sanitari dei corpi volontari dislocati allo Stelvio sotto il comando del colonnello D. D'Apice.
La sfortunata campagna è minuziosamente descritta e commentata in una serie di lettere (Milano, Museo d. Risorgimento, Arch. Bertani, Elenco II, phco VI) indirizzate al direttore dell'ospedale militare. Da esse sappiamo che a Tirano il F. fu testimone di un incontro tra i messi di Mazzini, di Garibaldi e di Saverio Griffini, giunti lì per concordare un piano di resistenza agli Austriaci, che per l'emergenza di quei giorni non fu possibile realizzare. In seguito alla piega presa dagli avvenimenti il D'Apice riparò in Svizzera, lasciando al suo medico il compito di mettere in salvo i feriti e gli ammalati.
Qualche tempo dopo il F. tornava a Samarate; non potendo rientrare in quel delicato momento all'università di Pavia, chiese e ottenne la condotta medica nel borgo di Busto Arsizio, dove si trasferì dal '49. La delusione subita nel '48 ebbe probabilmente un effetto non trascurabile sul suo orientamento ideologico: se non aveva mancato di entusiasmarsi alla vista della partecipazione popolare ai moti, negli anni successivi sembrò ripiegare su di una posizione moderata e antirivoluzionaria.
Testimonianza di questo atteggiamento è anche il suo intervento nella polemica che nel 1849divampò tra mazziniani e sostenitori di V. Gioberti, a proposito della famosa lettera del 1833 pubblicata dal Gioberti stesso con lo eudonimo "Demofil " sulla Giovine Italia. certo che il F. contattò Gioberti prima del 1849, probabilmente esortandolo ad intervenire direttamente, per chiarire la sua posizione nei confronti di Mazzini e la Giovine Italia. Nel mese di febbraio del 1849 si era intanto stabilita una cordiale amicizia tra Gioberti e C. Baudi di Vesme, allora direttore del periodico La Nazione di Torino. Gioberti spedì al Baudi una copia della sua lettera in risposta al F., perché fosse pubblicata in sua difesa. Quindi, mentre questi riceveva direttamente dal Gioberti la risposta, iltesto della stessa lettera veniva riprodotto su La Nazione del 19 marzo 1849.
Negli anni della condotta medica a Busto Arsizio, che durò fino al 1854, il F. ebbe modo di constatare di persona i problemi che affliggevano i medici nelle campagne e di intervenire nel dibattito che G. Strambio aveva suscitato sulla Gazzetta medica. Con vari interventi cercò di attirare l'attenzione dell'opinione pubblica sulle condizioni in cui i medici dovevano lavorare, allargando il discorso al problema delle condizioni dei contadini lombardi e sottolineando il disinteresse dei governi verso questo scottante problema. Fu questo il primo passo: a partire dai primi anni Sessanta il F. prese coscienza, come medico, della necessità di sottolineare gli stretti rapporti intercorrenti nelle campagne tra medicina, igiene e condizioni economiche, finendo per rivolgere l'attenzione alla decadenza materiale, morale e intellettuale dei contadini, e in particolare di quelli dell'alto Milanese. Il primo suo organico studio su tale questione (Intorno allo stato materiale intellettuale e morale dei contadini di una parte della Lombardia, Milano 1864) nacque all'interno del R. Istituto lombardo di scienze lettere e arti, di cui era socio corrispondente.
Approfondendo il problema, andava consolidando l'idea della necessità di un intervento volto al miglioramento del tenore di vita dei contadini, basata sulla considerazione che la miseria materiale e morale delle campagne poteva e doveva essere alleviata dalle classi elevate, chiamate a ricoprire un ruolo di guidg nella promozione del progresso dei contadi. Questa concezione andò progressivamente arricchendosi di nuovi elementi, tra cui la considerazione dell'esigenza di una riforma dell'insegnamento nelle campagne, ed è significativo che molte delle pubblicazioni del F. siano espressione, anche dal punto di vista formale, della ricerca di un linguaggio di comprensione immediata. Il dialogo, ambientato quasi teatralmente, diventò così per lui un modulo letterario efficace, di cui si servì frequentemente per propagandare quel programma di intervento nel contado e quelle istanze medico-sociali e igieniche che, memore del suo passato di medico condotto, non aveva mai trascurato. L'appello alla responsabilità dei proprietari terrieri, dei parroci e dei maestri, presente in molti degli scritti che egli pubblicò in questi anni, doveva, nel suo intento, condurre ad un appianamento della conflittualità tra contadini e classi elevate, ostacolo al progresso economico e fonte di tensione sociale. La preoccupazione che la crisi dell'agricoltura prendesse una piega sovversiva si fece più viva in particolare verso la metà degli anni Settanta, quando il F. ripropose il suo messaggio con maggiore drammaticità e più insistente divenne il suo richiamo ad un atteggiamento moderato. Ma il timore di uno sconvolgimento dell'ordine sociale, temuto più per le sue implicazioni etiche piuttosto che politiche, non diminuì l'impegno nello studio e nella sperimentazione di nuove tecniche di bonifica, coltivazione, concirnazione e allevamento operata nei fondi ereditati dal padre nel '73.
Tra il 1875 ed il 1881 intraprese una ricerca di più ampio respiro che sarebbe sfociata nei due importanti studi sulla realtà dell'alto Milanese, le Osservazioni e considerazioni agronomiche intorno alle terre coltivate ed alle brughere dell'alto Milanese (Milano 1881) e la relazione sul circondario di Gallarate, che venne inserita negli Atti della Giunta per l'inchiesta agraria (Roma 1882).
Fin dal 1874 gli era apparso chiaro che quello delle "moralità" dei campagnoli fosse uno dei nodi cruciali della crisi dell'alto Milanese, come di altre plaghe della Lombardia interessate da una improvvisa trasformazione economica, sociale e culturale. Sviluppando il tema del concorso "Fondazione Ciani" bandito dal R. Istituto lombardo di scienze e lettere (un libro diretto al miglioramento morale dei contadini), aveva sottolineato con chiarezza l'importanza del problema, meritandosi, a giudizio di una commissione composta, tra gli altri, da C. Cantù, il primo premio. Lo studio Qual è la moralità dei campagnuoli e come possa migliorarsi (Milano 1875) fu attaccato dall'Osservatore romano e dall'Osservatore cattolico per la suaanalisi spregiudicata dei limiti e dei difetti del clero delle campagne, nonostante il F. non fosse "reo di tendenze anticiericali" (F. Chabod, p. 246). Ed è conferma dell'interesse suscitato da queste ricerche la lettera di S. Sonnino, che nel 1878 gli chiedeva di collaborare alla Rassegna settimanale con una periodica corrispondenza in cui si esaminassero le condizioni dei contadini e delle classi operaie nell'alta e nella bassa Lombardia. In questi stessi anni il suo impegno fu anche rivolto alla sperimentazione di nuovi mezzi per comunicare con un pubblico che non fosse esclusivamente di addetti ai lavori; non più quindi solo i manuali e i "dialoghi", ma perfino un romanzo campestre (Un villaggio del 1888 avvenire, Milano 1886, pubblicato anonimamente) e l'interessante I principali proverbi relativi all'agricoltura (ibid. 1888).
L'ultima sua pubblicazione, (L'igiene dell'agricoltore, ibid. 1893), si può considerare un compendio della sua opera di propaganda. "L'adoperarsi a rendere migliori le condizioni degli agricoltori non è solo un atto di umanità e giustizia, ma altresì un obbligo di buon governo" (p. 4); premessa che ribadiva il motivo consueto della stabilità sociale come effetto della cooperazione tra le varie classi. Tutta la seconda parte del libro era dedicata ai provvedimenti da attuarsi per migliorare lo stato igienico degli agricoltori, e il F. dimostrava nuovamente la coscienza del fatto che la questione igienica si intrecciava con quella morale, intellettuale ed economica.
Negli ultimi anni di vita il F. ridusse l'attività di ricerca, accentuando una certa innata riservatezza. Era stato sindaco di Samarate (eletto nel 1860) e poi consigliere, e fu presente nei Consigli comunali di Gallarate e Cardano al Campo. Come capitano della guardia nazionale partecipò nel '61 alla repressione del brigantaggio nel territorio di Avelfino. Sempre a Gallarate fu direttore e poi insegnante della scuola tecnica, redattore dell'Agricoltore (il bollettino del Comizio agrario del circondario di Gallarate) e dal 1869 vicepresidente del Consiglio circondariale sanitario di zona. Ebbe inoltre interessi archeologici, rivestendo la carica di ispettore degli scavi e dei monumenti del circondario di Gallarate (fece da guida a Th. Mommsen nella sua visita alla zona) e di meteorologia.
Morì a Gallarate (Varese), dove risiedeva dal 1854, il 24 marzo 1897.
Tra i numerosi scritti di argomento medico, igienico-sociale e agronomico, oltre a quelli gia citati, si ricordano: Di una particolare forma di malattia onde sono presi i crivellatori di grano. Dissertazione inaugurale del dott. E. Ferraro alunno dell'almo collegio Borromeo, Milano 1840; Del passare l'inverno nelle stalle, considerato come cagione di molte malattie, in Gazzetta medica di Milano, n. 51, 19dic. 1846; Singolarità rinvenuta nel cervello di un uomo, che non aveva mai offerto sintomi di alienazione mentale. Lettera al chiarissimo sig. prof. B. Panizza, in Gazzetta medica italiana - Lombardia, n. 4, 27 genn. 1851 (relativa alla scoperta del sesto ventricolo cerebrale); Intorno ad una particolare forma di spasmo che si osserva frequente in Busto Arsizio, ibid., n. 33, 16 ag. 1852; Relazione di una epidemia che si osservò in Busto Arsizio nell'anno 1852, Milano 1853; anche in Annali universali di medicina, CXLIII (1853), pp. 97-130; Intorno ai progetti di bonificazione della brughera di Gallarate, in Atti del R. Istituto lombardo, III (1862), p. 273; Considerazioni intorno all'analogia che v'ha tra la pellagra e l'affezione lichenosa, Milano 1863, estr. dalla Gazzetta medica italiana - Lombardia, n. 16, 20 apr. 1863; L'uso degli orecchini giudicato da una donna. Lettera al signor redattore dell'"Igea, Milano 1863, estr. da Igea, 1862, n. 19; Considerazioni naturali ed agronomiche intorno alle brughere occidentali della Lombardia, in Politecnico, II (1866), 3, pp. 229-265; Intorno all'influenza delle risaie sulla salute, in Gazzetta medica italiana - Lombardia, n. 49, 7 ott. 1867 (pseudonimo "Carlo Ferererio"); Intorno all'emigrazione che avviene nel circondario di Gallarate ..., Milano 1868, anche in Rend. del R. Ist. lombardo, s. 2, I (1868), pp. 11 s.; I proprietari e i campagnuoli. Cicalata, in L'Indipendente (Milano), 25 dic. 1875 (pseudonimo "Aquilino Grandanaschi"); Sulla convenienza di convertire le brughere in boschi. Dialogo tra un contadino e il suo padrone, in LAgricoltore, bollettino del Comizio agrario di Gallarate, I (1882), 1, pp. 11-14 (firmato "Un Castaldo"); Le condizioni dell'agricoltura e della classe agricola nel circondario di Gallarate, Roma 1882.
Un posto a parte meritano le biografie di medici del passato, apprezzate dai contemporanei, apparse sulla Gazzetta medica tra il 1847 e il 1861 e pubblicate separatamente negli stessi anni: Della vita e della medicina di F. Redi, Milano 1847; Di A. Cocchi e della sua medicina, ibid. 1848; Sulla vita e sugli scritti medici di A. Vallisneri, ibid. 1854; Intorno alla vita ed alle opere mediche di L. Settala, ibid, 1856; Intorno alla vita ed alle opere mediche di A. Trevisio, ibid. 1856; La vita di A. Tadino medico milanese, ibid. 1857; La vita di F. G. Borro medico e chimico milanese, ibid. 1858; Notizie biografiche intorno a M. Malpighi, ibid. 1860; Lavita di G. Strambio, ibid. 1861.
Fonti e Bibl.: La maggior parte delle carte e dei documenti privati del F. è attualmente conservata dall'ing. G. C. Albertini di Milano, discendente del medico. Il materiale, messo a disposizione per questa biografia, comprendemolte lettere; di particolare importanza quella di Gioberti (13 marzo 1849), numerose di A. Verga (1843-1875), di A. Bertani (1842-1871), p. Mantegazza (1858-1893), G. Strambio (1856-1893), S. Sonnino (8 genn. 1878). Sono stati inoltre consultati gli inediti senza data: Raccolta inordinata di proverbi, Proverbi relativi allagronomia, Lo stato dei campagnuoli agiati, Un esempio proposto aipossessori di terre. Nell'archivio privato sono presenti anche diverse cartelle di appunti, minute di lettere e documenti personali. Sono in corso di catalogazone le carte ritrovate recentemente nel Museo di Gallarate; tra queste si trovano manoscritti originali di alcune opere del F., documenti riguardanti il curriculum scolastico e universitario, quaderni di appunti privati. Notizie sulla carriera universitaria e sul periodo di assistenza alla cattedra di anatomia sono anche nell'Archivio di Stato di Pavia (Arch. d. Univ. di Pavia. Medicina, cart. 8, ff. 436, 486). Le sue lettere al Bertani del 1848, nell'Archivio Bertani, sono pubblicate in G. Macchi, Un patriota e scienziato gallaratese: E. F., Gallarate 1929, pp. 23-42 (in App. elenco di scritti e bibliografia, pp. 47-63). Cfr. i necrol. in Cronaca prealpina (Varese), 25 marzo 1897, p. 2 e 27 marzo 1897, pp. 2 s.; in Bull. dell'agric., n. 15, 15 apr. 1897, p. 2; in Gazzetta del Manicomio della provincia di Milano, XVIII (1897), 1, p. 8. Sulla vita e sugli scritti del F. si vedano inoltre: S. De Renzi, Storia della medicina in Italia, V, Napoli 1848, pp. 684, 686, 718 (brani del F. a pp. 687 e 719); C. Cantù, Storia di Milano, in Grande Illustrazione del Lombardo Veneto, Milano 1858, I, p. 217; A. De Gubernatis, F. E., in Dict. des écrivains du jour, Florence 1888, p. 939; Id., Piccolodiz. dei contemporanei ital., Roma 1895, p. 383; In memoria di E. F., Milano 1897; L. Breganze Bossi, Gallarate nel secolo che muore, Gallarate 1897, p. 9; R. Ruffini, Mazzini e Gioberti, in IlRisorgimento ital., Torino 1913, pp. 903 ss. (sulla lettera di Gioberti al F.); Un dimenticato: E. F., in Unione (Gallarate), 12 apr. 1919, p. 2; G. Macchi, Ilmedico Andrea Trevisio, ibid., 4 dic. 1920, p. 3; G. Macchi, Giornalisti (spigolature gallaratesi), in L'Araldo (Gallarate), 18 febbr. 1922, p. 2; G. Macchi, Gallarate nel 1848, in Insubria (Varese), II (1925), II, p. 31; V. Adami, L'ospedale militare di S. Ambrogio e A. Bertani nel 1848, Milano 1927, p. 27; B. Grampa, Pagine di storia e vita bustese, Busto Arsizio 1927, pp. 183 s., 249; Iscrizioni lapidarie gallaratesi, Gallarate 1929, pp. 27 s.; G. Macchi, Un patriota e scienziato gallaratese: E. F., Gallarate 1929; F. Chabod, Storia della politica estera italiana, Bari 1951, pp. 246, 273, 363, 368, 511; G. D. Oltrona Visconti, Per il curriculum di E. F., in Rassegna gallaratese di storia e arte, XVII (1958), 3, pp. 138 s.; E. V. Ferrario, Un sociologo dell'800, il medico E. F., in Ilgiardino di Esculapio, Milano 1960, pp. 35-51; R. Rogora, Condizioni morali ed economiche della popolazione dell'alto Milanese negli scritti di E. F., in Almanacco della famiglia bustocca, Busto Arsizio 1961, pp. 98-123; L. Cafagna, E. F. Parroci e contadini nell'alto Milanese, Il Nord nella storia d'Italia, Bari 1962, pp. 86-101; M. Sandroni, Le carte di E. F., medico dell'800 e studioso delle campagne dell'alto Milanese, in Storia in Lombardia, IV (1985), 3, pp. 204-211; Id., E. F., un medico gallaratese tra storia, economia e scienza sociale, in Tracce, X (1989), 1, pp. 21-41.