CATO (Cati), Ercole
Nacque a Ferrara da Ludovico e da Ippolita Nigrisoli. Sono incerti l'anno della nascita e quello della morte: certo è soltanto che morì a 68 anni e non prima del 1606. Nel 1563 entrò al servizio del card. Ippolito II d'Este, del quale fu segretario e col quale visse a Roma e a Tivoli ed anche a Ferrata nel breve periodo in cui il cardinale fu reggente dello Stato (1566) durante l'assenza del duca Alfonso II. Nel 1572, alla morte del cardinale, il C. ne recitò l'orazione funebre.
Ippolito gli aveva donato una castalderia a Migliaro e gli legò una pensione annua di 100 scudi, la cui riscossione fu poi sempre incerta. Pare che dopo la morte del cardinale il C. sia rimasto per qualche anno libero da impegni di corte ed abbia atteso agli studi letterari, passando gran parte del tempo a Lendinara.
Nel 1577 fu a Venezia e il doge Sebastiano Venier lo fece cavaliere. Entrò poi al servizio del duca Alfonso II come segretario privato, seguendolo costantemente nei suoi viaggi (a Roma nel 1591, a Parma nel 1593), nei suoi soggiorni e nelle villeggiature alla Mesola, alle Casette di Comacchio, a Porto. Morto Alfonso (27 ott. 1597) il successore, Cesare, nei pochi mesi del suo dominio in Ferrara, diede al C. alcuni incarichi. Lo mandò a Venezia, colfratello Renato, per chiedere al Senato veneto d'interporsi affinché il papa non muovesse armi contro Ferrara; a Firenze per ottenere che il granduca, con qualche pretesto, impedisse ad Antonio Montecatino, già primo segretario e consigliere intimo del duca Alfonso, di proseguire il suo viaggio per Roma. Costui aveva ottenuto il permesso d'andarvi adducendo la necessità di sbrigare alcuni suoi affari, ma Cesare sospettava, ed era nel vero, che vi andasse per favorire l'annessione di Ferrara allo Stato della Chiesa. Avvenuta questa annessione, il C. aderì pienamente al nuovo governo, pur restando in buoni rapporti e in corrispondenza con gli Estensi e col segretario di Cesare, G. B. Laderchi. Nel 1604 il papa lo nominò consigliere nobile della città di Ferrara.
Il C. fu soprattutto un letterato ed ebbe molti amici tra i letterati romani e ferraresi. Nel 1602 fu tra i fondatori dell'Accademia" degli Intrepidi. Autore di versi italiani, pubblicò a Ferrara nel 1584 un componimento Sopra il bello e amenissimo luogodel sig. Giulio Denalio. Alcunisuoi sonetti (uno dei quali diretto al Tasso rinchiuso in S. Anna) si leggono nelle Rime scelte dei poeti ferraresi (Ferrara 1713)ed un altro suo sonetto è premesso all'Orazione di G. Bonarelli per l'apertura dell'Accademia degli Intrepidi (Ferrara 1602).Una sua operetta polemica, l'Apologia sopra l'Historiadel sig. Andrea Nizolio, dottor di Rovigo, venne pubblicata a Bologna con lo pseudonimo di Zago di Santa Rentua nel 1584.Il Nizolio, esaltando Rovigo, aveva, a parere del C., depresso Lendinara, della quale appunto egli fa l'apologia. Nel 1587 il C. fece stampare a Ferrara, riveduta ed ampliata (la redazione originale è probabilmente quella che si trova nel ms. 451della Biblioteca comunale Ariostea di Ferrara), la sua orazione funebre per il card. Ippolito. Nel 1603pubblicò, sempre a Ferrara, un suo Discorso, tenuto all'Accademia degli Intrepidi, in cui si discute se un principe debba venire educato allo studio della filosofia o a quello delle armi, concludendo che è necessaria l'una e l'altra educazione.
La più grande e fortunata attività del C. fu quella di traduttore: l'eterogeneità delle cose tradotte dimostra la varietà dei suoi interessi. Tradusse L'agriculture et maison rustique di Charles Estienne (L'agricoltura di casa e di villa, Venezia, Aldo, 1581),traduzione che ebbe grande successo e che fu ristampata per quasi un secolo: l'ultima edizione nota è del 1677. Parecchie ristampe ebbero anche la sua traduzione De la vicissitude ou varieté des choses...di Louis Le Roy (La vicissitudine e mutabile varietà delle cosedell'universo di Luigi Regio, Venezia, Aldo, 1585)e quella della Démonomanie des sorciers di Jean Bodin (La demonomania degli stregoni, Venezia, Aldo, 1587),classico tentativo di razionalizzare la caccia alle streghe. Negli ultimi tempi della vita tradusse dal latino i libri Politicorum di Giusto Lipsio. La traduzione fu pubblicata postuma dal figlio Ludovico (Della politica e del governo dello Stato, Venezia 1618).Il C. la corredò di copiosissime note, di mole non molto inferiore a quella del testo, che esse illustrano con esempi, tratti soprattutto dalla storia del sec. XVI. Per queste annotazioni il C. fu annoverato tra gli scrittori politici.
Fonti e Bibl.:Arch. di Stato di Modena, Arch. Estense, Particolari, b. 310; Carteggi di referendari...,b. 29a; Letterati, b. 14; Ambasciatori..., Parma, b. 10; Firenze, b. 42; Modena, Bibl. Estense, Autograf. Campori, ad vocem;Ibid., mss. 685, 1021; Ferrara, Bibl. Ariostea, mss. 172, 249, 451; M. A. Guarini, Compendio histor. ... delle chiese di Ferrara, Ferrara 1621, p. 46; A. Libanori, Ferrara d'oro, Ferrara 1665, p. 88; F. Borsetti, Hist. almi Ferrariae Gymnasii, II, Ferrariae 1735, p. 147; L. Barotti, Mem. istor. di letterati ferrar.,II, Ferrara 1793, pp. 90 s.; F. Cavalli, La scienza politica in Italia, in Mem. dell'Ateneo veneto, XVI (1871), pp. 470-72; P. A. Saccardo, La botanica in Italia, ibid., XXVI (1901), p. 29; V. Pacifici, Ippolito II d'Este card. di Ferrara, Tivolis.d. (ma 1921), ad Indicem;T. Bozza, Scrittori polit. ital. dal 1550 al 1650, Roma 1949, p. 130.