FOSSATI, Eraldo
Nacque da Egidio e da Piera Comerio a Desio, presso Milano, il 9 sett. 1902. Compì gli studi superiori nell'ateneo di Pavia, laureandosi dapprima in giurisprudenza e poi in scienze politiche. Si perfezionò poi all'estero, nelle università di Cambridge, Londra e Vienna.
Al ritorno in Italia ebbe alcuni incarichi nelle università di Pavia, Bari e Firenze. Nel 1938 ottenne la cattedra di economia politica presso l'università di Trieste; nel 1953 passò all'università di Genova come titolare dell'insegnamento di politica economica, che lasciò nel 1957 per la cattedra di economia politica. Nel corso degli anni venne incaricato di tenere numerosi altri corsi, fra cui vanno ricordati quelli di statistica metodologica e di econometria. Fu nominato membro onorario della Società ungherese di statistica, membro dell'Institut international des finances publiques e della List Gesellschaft; fondò e diresse la rivista internazionale Metroeconomica e divenne fellow della Econometric Society.
L'attività scientifica del F. era iniziata nel 1928 con una ricerca di storia delle dottrine economiche: La sorgente del salario nel suo svolgimento dottrinale (Milano).
In essa è già presente lo spirito critico, che contraddistinguerà tutta l'opera del F., nei confronti di chi aspira a fare della scienza economica una disciplina astratta e priva del conforto dei fatti. In particolare, egli vi sottolinea come le scuole di pensiero che individuano la fonte del salario - di volta in volta - nel capitale inteso come "fondo", nel reddito dei consumatori o nel prodotto stesso, non facciano altro che scomporre un fenomeno complesso e dinamico, isolare le sue diverse fasi e identificare il fenomeno stesso con una di queste ultime, riducendolo a una realtà statica e impedendone una visione unitaria.
A questo studio era seguito Le conseguenze finanziarie della guerra (Padova 1931), sui problemi connessi alle riparazioni e ai debiti di guerra, che egli aveva avuto modo di approfondire durante i numerosi viaggi nei paesi partecipanti al primo conflitto mondiale. Nel 1932 aveva visto la luce Economisti ungheresi ed economisti italiani nel secolo XIX (Padova), frutto di un lungo soggiorno in Ungheria che aveva consentito al F. di rilevare le molteplici affinità esistenti nella letteratura economica dei due paesi.
Fin da questo primo periodo spicca la predilezione del F. per le formulazioni teoriche, sebbene egli si trovi non di rado ad affrontare temi di economia applicata. Ne è un chiaro esempio l'analisi condotta in L'esperienza americana. New Deal. Il nuovo ordinamento economico di F.D. Roosevelt (ibid. 1937), dove l'esperienza statunitense non solo viene minuziosamente esplorata sul piano storico-economico, ma è anche resa pienamente significante sul piano teorico, poiché le viene assegnato un posto preciso nella formulazione del ciclo economico e delle politiche anticicliche. Già si avverte, dalla impostazione concettuale dell'opera non meno che dagli accenni alla teoria delle crisi, la volontà di operare una profonda revisione della scienza economica in senso dinamico.
La contrapposizione fra statica e dinamica torna, questa volta esplicitamente come fulcro tematico, nel volume Ricerca sulle relazioni fra il tempo e l'utilità (Firenze 1938), rivisitazione in chiave moderna della tradizionale disputa fra scuola matematica e scuola di Vienna.
La prima, con la sua teoria "funzionale" dell'equilibrio, riteneva che quest'ultimo potesse essere determinato in maniera diretta e precisa sulla base di alcuni postulati; la seconda trovava invece espressione nella teoria "genetico-funzionale", secondo la quale, essendo date certe condizioni, sono da ricercarsi i mezzi e le modalità di realizzazione dell'equilibrio generale. La teoria funzionale, che prescinde dall'elemento temporale e cristallizza l'equilibrio nell'istante in cui esso viene raggiunto, rappresenta in maniera eccellente, nella sua perfezione formale, quella visione statica che il F. intendeva superare. La teoria genetico-funzionale, al contrario, prevede che l'equilibrio si realizzi soltanto nello svolgersi del tempo e concepisce la statica come momento particolare della dinamica. Conseguentemente a tale impostazione, il F. giunge ad affermare che l'utilità marginale di un bene è funzione non delle quantità disponibili del bene stesso, ma dell'impiego che di queste quantità viene fatto nel tempo.
Le indagini di dinamica, compiute fra il 1935 e il 1949, sono raccolte nel volume intitolato Frammenti di teoria dinamica (Bologna 1952). In esso il F. ribadisce la visione unitaria dei fenomeni economici che aveva espresso chiaramente fin dagli esordi dell'attività accademica e definisce la statica come "caso limite" della dinamica, con la quale essa costituisce una "unità logica". Non più, quindi, esclusività fra i due tipi di indagini, esse divengono complementari o, meglio, consequenziali: la statica, in un certo senso, schiude la strada alla dinamica e all'indagine econometrica, di cui può a buon diritto essere considerata presupposto fondamentale.
Confermando la versatilità e la vivacità del suo ingegno, il F. non mancò di approfondire altri campi di indagine, fra quelli che, come l'econometria, più gli apparvero suscettibili di sviluppi teorici (Dell'econometria, Padova 1951). Egli ravvisava nell'econometria - con la quale si assume un modello teorico alla base della ricerca quantitativa - il superamento sia della statistica economica, intesa come misura che non accetta l'apporto della teoria, sia dell'economia pura, concepita come teoria priva del conforto dei dati. All'econometria dedicò anche una efficace Introduzione di calcolo statistico nell'econometria (Genova 1958), opera con cui tentò di avvicinare gli studenti delle facoltà di giurisprudenza e di scienze politiche allo strumento matematico, che egli reputava di fondamentale importanza per lo studio dei fatti economici e delle loro relazioni.
Con The theory of general static equilibrium, pubblicato l'anno precedente in Inghilterra (Oxford 1957), il F. era tornato a occuparsi di statica e di dinamica, pur trattandosi di una riedizione, ampiamente riveduta e notevolmente arricchita, degli Elementi di economia razionale (Padova 1946), che avevano già riscosso in Italia un considerevole successo.
Ripercorrendo le linee evolutive del pensiero economico, da A. Smith a D. Ricardo, da A. Marshall a V. Pareto, il F. scorge un unico filo conduttore: la consapevolezza, dapprima confusa e poi via via più chiara, della generale mutua dipendenza dei fenomeni economici. In Pareto questa interdipendenza è formalizzata in un preciso sistema di pensiero, detto dell'"equilibrio generale statico". L'incidenza del fattore temporale, che tanta parte aveva nel pensiero di Marshall, viene qui completamente "dimenticata", e non in modo accidentale: Pareto è convinto che l'analisi delle forze economiche "in simultaneo e statico equilibrio" sia il fondamento di qualunque loro ulteriore conoscenza. Il F. evidenzia il carattere "istantaneo" e "puntuale" della teoria paretiana e mette in luce altresì la necessità di passare dall'istante al periodo e dal punto allo spazio di un'area. Una delle ipotesi assunte da Pareto alla base dell'equilibrio, e cioè la perfetta previsione del futuro, che appunto neutralizza l'importanza del tempo, viene a cadere nell'opera del F. di fronte al fatto incontestabile delle previsioni "imperfette" degli individui. Allo stesso modo egli inficia l'adimensionalità spaziale dell'equilibrio paretiano, riconducendo infine l'attività economica a un continuum spazio-temporale. Ciò gli consente, inter alia, di recuperare la teoria della moneta, per la quale è necessaria la considerazione dell'elemento tempo, e la teoria dei trasporti, a sua volta impensabile in un sistema che non contempli come fattore economico determinante l'estensione dello spazio. La teoria di Pareto viene così a essere "integrata" - secondo le parole dello stesso F., il quale non ritiene di avere superato la raffinata visione paretiana - da quegli elementi di considerazione dinamica che costituiscono un punto di riferimento costante nella pur multiforme evoluzione del suo pensiero.
Il F. morì a Genova il 14 giugno 1962.
I numerosissimi scritti del F. (articoli, opuscoli, collaborazioni a riviste italiane e straniere) sono stati in gran parte raccolti nel volume Oeconomica varia. Excerpta theoricae notulae, Milano 1960. Tuttavia, sembra opportuno ricordare almeno i titoli delle opere più importanti, oltre a quelle già citate: Il problema delle riparazioni nei suoi rapporti con l'economia germanica, con pref. di C. Supino, Milano 1926; La stabilizzazione monetaria nel Belgio, in Giornale degli economisti, XLII (1927), pp. 92-103; L'esperienza monetaria austriaca, Milano 1928; L'Ungheria economica. Studi e ricerche sulle condizioni demografiche, economiche e finanziarie dell'Ungheria attuale, Padova 1929; Il rapporto del comitato consultivo speciale della Banca dei regolamenti internazionali, Pavia 1932; L'automatismo del gold standard, ibid. 1933; Linee di economia corporativa, Firenze 1937; Della presunta legge universale dell'agricoltura, ibid. 1938; Ricerche sui contributi inglesi alla teoria della moneta, ibid. 1940; Note di dinamica economica, Padova 1942; Schema di un tipo di relazioni fra investimento e reinvestimento, ibid. 1942; Produzione effettiva e produzione potenziale, I-II, ibid. 1949; Elementi di politica economica razionale, ibid. 1955; Essays in dynamics and econometrics, New York 1956; Problemi dei nostri giorni. Note economiche del periodo 1946-1957, Milano 1957; L'alfabeto dell'economia razionale, con introd. di G.L.S. Shackle, ibid. 1961; Saggi monetari, Genova 1961.
Fonti e Bibl.: Per la ricostruzione della biografia e della carriera del F. è stato utilizzato il suo fascicolo personale depositato presso l'Università degli studi di Genova. Ricordo del prof. E. F., in Rass. gallaratese, XXII (1963), pp. 133-135; G.U. Papi, E. F., in Riv. di politica economica, LII (1962), pp. 1063-1077.