PARASTATALI, ENTI
. Il termine "ente parastatale" è usato per la prima volta negli articoli 2 e 18 del r. decr. 13 novembre 1924 n. 1825, che disciplina il contratto d'impiego privato. Si ritrova poi molto spesso nella legislazione successiva, che continuamente fa richiamo a istituti ed enti parastatali, oltre che nei decreti-legge che istituiscono enti ai quali è attribuita tale qualifica. I loro caratteri distintivi sono tuttora dibattuti e incerti.
Si discute se gli enti parastatali debbano ritenersi figure intermedie tra le persone giuridiche di diritto privato e quelle di diritto pubblico, o siano senz'altro enti pubblici differenziati da speciali caratteristiche. La tendenza che vede negli enti parastatali enti diversi dai pubblici e dai privati e ne fa una categoria intermedia, si basa sull'interpretazione letterale dell'art. 2 del r. decr. 13 novembre 1924 che enuncia successivamente gli enti morali, gli enti parastatali, gli enti pubblici. Secondo questa corrente dottrinale, gli enti parastatali deriverebbere dal diritto pubblico francese che conosce gli établissements d'utilité publique, fiaura intermedia e non chiaramente differenziata dagli établissements publics. Secondo l'opinione prevalente nella dottrina francese, sono établissements publics quelli che esercitano la loro attività, consistente nell'adempimento di un pubblico servizio, alle dirette dipendenze dello stato, dei dipartimenti e dei comuni, che di questi enti sono una vera e propria categoria integratrice e sono di conseguenza forniti anche di potestà d'impero. Gli établissements d'utilité publique, invece, esplicano sempre funzioni di carattere pubblico, ma indipendentemente dagli organi dell'amministrazione dello stato, dei dipartimenti e dei comuni, e, pur avendo le caratteristiche delle persone giuridiche pubbliche, non partecipano della potestà d'impero. Richiamandosi appunto a tale dottrina, si vorrebbe introdurre nel nostro diritto questo tipo intermedio di persona giuridica tra le pubbliche e le private. Ma ciò non pare ai più rispondente allo spirito del diritto italiano, che conosce solo persone giuridiche pubbliche e persone giuridiche private.
La dottrina che oggi sembra prevalere ritiene gli enti parastatali istituti di diritto pubblico. S. Romano, infatti, premesso che nel nostro diritto "non vi sono enti semi-pubblici" e che tutte le persone pubbliche sono per definizione enti ausiliarî dello stato e che perciò tutte si potrebbero dire parastatali, come svolgenti la loro azione accanto ad esso, osserva però che esistono alcune persone pubbliche, le quali si accostano più immediatamente allo stato e più meritano la qualifica di enti parastatali, riservata così per antonomasia ad esse. O. Ranelletti ritiene gli enti parastatali "indifferenziati per la natura giuridica dagli enti pubblici", ma distinti da essi, in quanto lo stato deve formare, o concorrere a formare, l'unità di fatto che costituisce il sostrato della persona giuridica, e inoltre tali enti debbono, per le loro stesse finalità, svolgere la loro azione su tutto il territorio nazionale. G. Girola ritiene fondamentale la differenziazione derivante dalla maggiore o minore intensità e qualità di controllo esercitata dallo stato sulle due categorie.
Nonostante le divergenze dottrinali e la molteplicità e varietà delle caratteristiche degli enti designati dalle leggi costitutive come parastatali, si possono enunciare alcuni fondamentali e generali caratteri distintivi di questi enti. Tali caratteri sono i seguenti: 1. l'alta importanza e la speciale connessione dei fini dell'ente parastatale con quelli dell'attività economico-sociale dello stato, sì che lo stato potrebbe perseguire tali fini per proprio conto, direttamente; 2. la particolare forma d'intervento dello stato nella genesi e nel funzionamento dell'ente, che consiste nel formare, o nel concorrere a formare, il sostrato di fatto della persona giuridica e nel determinare e regolare i mezzi dai quali l'ente trarrà sussistenza; 3. l'estensione dell'azione dell'ente a tutto il territorio nazionale; 4. la maggiore intensità della vigilanza e del controllo esercitati da parte dello stato, che spesso, per gli atti più importanti, assumono il carattere di una tutela di merito; 5. la totale o prevalente nomina governativa dei loro organi direttivi; 6. la concessione di un regime fiscale di favore più o meno largo; 7. l'espressa denominazione attribuita all'ente dalla legge costitutiva, anche quando manchi qualcuno degli elementi indicati.
Gli enti parastatali costituiscono in pratica un poderoso strumento, attraverso cui lo stato estrinseca e attua prevalentemente la sua politica economica e sociale. In base appunto ai fini che lo stato si propone di raggiungere attraverso tali enti, essi si possono raggruppare in grandi categorie. Particolarmente vasta è quella costituita dagli enti parastatali di credito. A documentare la loro importanza basta ricordare che questi istituti sono dotati di fondi patrimoniali per circa quattro miliardi di lire e che la loro gestione involge tredici miliardi di disponibilità. Essi esercitano prevalentemente forme specifiche di credito: credito agrario, industriale, navale, prestiti per le esecuzioni di opere pubbliche. Una categoria speciale di enti parastatali è costituita dagli enti sindacali, che nel sistema giuridico-economico italiano vengono conquistando sempre maggior importanza. Altri istituti con finalità economica sono rivolti a facilitare e coadiuvare lo sviluppo dell'attività commerciale, produttiva, ecc. Ci sono poi enti parastatali a finalità unicamente sociale, come tutti gli enti assicurativi, e altri a finalità sociale e culturale insieme. Ve ne sono infine alcuni che si differenziano dalle aziende autonome statali unicamente perché forniti di personalità giuridica, ma, nella finalità e nell'azione che svolgono, si possono veramente considerare come un ramo dell'amministrazione statale (tali, ad es., l'Istituto centrale di statistica, l'Istituto poligrafico dello stato, ecc.). Dare notizia sui singoli enti parastatali attualmente esistenti in Italia sarebbe troppo lungo e comunque assai complicato, perché per molti enti, particolarmente per quelli già esistenti prima della coniazione della nuova terminologia, ma che degli enti parastatali sembrano avere i requisiti, vive sono le discussioni se spetti o no la qualifica di parastatali e i vantaggi che da essa derivano.
Bibl.: G. Frignani, Istituti parastatali e problemi di assistenza e previdenza sociale (Discorso alla Camera dei deputati), Roma 1926; S. Lessona, Il concetto di persona giuridica pubblica e la competenza esclusiva della giurisdizione amministrativa ordinaria, in Rivista di diritto processuale civile, III, ii (1926); F. Cammeo, Gli impiegati degli enti pubblici e le norme sull'impiego privato, in Giurisprudenza italiana, III (1927), i; id., Corso di diritto amministrativo, Firenze 1931; A. Mauro, Sul concetto di Ente parastatale, in Riv. di diritto pubblico, I (1928), p. 206; O. Ranelletti, La giurisprudenza competente e le controversie contro le pubbliche amministrazioni aventi per oggetto diritti patrimoniali derivanti dal rapporto d'impiego, in Foro it., I (1928), p. 94; id., Istituzioni di diritto pubblico, Padova 1932; A. Rispoli, Istituzioni di diritto amministrativo, Torino 1929; G. Salemi, Lezioni di diritto amministrativo, Padova 1929; G. Girola, Enti parastatali, Urbino 1929; S. Romano, Corso di diritto amministrativo, Padova 1930; R. Vadalà, L'ente parastatale nell'ordinamento giuridico italiano, in Giur. it., VI (1931), p. 89; Furgiuele, Sui criterî terminali di competenza fra giurisprudenza amministrativa e giurisprudenza ordinaria in materia di rapporti di lavoro, in Foro amministrativo, V (1931), p. 17; U. Forti, Lezioni di diritto amministrativo, Napoli 1931; F. D'Alessio, Istituzioni di diritto amministrat. italiano, Torino 1931; V. Campogrande, Istituzioni di diritto amministrativo, Torino 1931; A. Cioffi, Caratteri distintivi degli enti pubblici minori, in Riv. di diritto pubblico, giugno 1932; F. Danesi, Gli istituti di credito parastatali in Italia, Bologna 1933.
Per la giurisprudenza cfr. sentenze pubblicate in Rivista di diritto pubblico, 1927, II, p. 272; 1929, II, p. 513; 1930, II, p. 498; 1930, II, p. 277; Foro amministrativo, 1929, II, p. 148; Giurisprudenza del lavoro, 1929, p. 313; Massimario giurispr. del lavoro, 1929, p. 601; Giurisprudenza italiana, 1930, p. 100; Foro italiano, 1931, III, p. 33.