ALVINO, Enrico
Architetto, nato a Milano il 29 marzo 1809; studiò prima a Napoli, ove fu poi attivo per tutta la vita, nell'Istituto di belle arti con Francesco Saponieri, uno dei principali esponenti dell'accademismo architettonico napoletano. Nel 1830 si recò a Roma, vincitore di un pensionato per l'architettura. Partecipò alle mostre partenopee con progetti di chiese e palazzi e rilievi di antichi monumenti.
Presto nominato edile ed architetto municipale a Napoli, nel 1835 appare fra i professori onorari dell'Istituto di belle arti; tuttavia divenne professore ordinario di architettura civile solo nel 1859, quando, ormai architetto di fama, col Saponieri ed altri aveva già in gran parte condotto a termine quella che può considerarsi una delle più importanti imprese urbanistiche italiane dell'Ottocento: il tracciato dell'attuale corso Vittorio Emanuele (1852-1860). Altre sue opere sono: il palazzo Bennucci a Castellammare di Stabia (1843), il prospetto di S. Maria di Piedigrotta (1853),il palazzo Nunziante a Napoli e la cappella bizantineggiante annessa a quell'edificio, la trasformazione dell'ex convento di S. Giovanni delle Monache in sede dell'Accademia di belle arti (1861), la colonna onoraria di piazza dei Martiri (1866-1868) e il nucleo iniziale della stazione centrale (1876), poi sviluppato da Nicola Breglia. Accanto a queste opere di carattere più o meno neorinascimentale va anche ricordato il duomo di Cerignola (iniziato nel 1868), che pretende riecheggiare la fiorentina Santa Maria del Fiore (a quest'opera lavorò anche G. Pisanti che apportò qualche modifica al progetto dell'A.). Presentò un suo infelice progetto al concorso per la facciata del duomo fiorentino e pubblicò in proposito una Memoria illustrativa del progetto per la facciata della cattedrale di Firenze (Firenze 1864).
Si deve all'A. il progetto per la facciata del duomo di Napoli, eseguito con qualche modifica (1877-1905) dal Breglia, dal Pisanti e dal Curri: esso denota, nelle sue forme neogotiche, una sostanziale incomprensione dell'organismo architettonico preesistente e un troppo evidente contrasto con i tre portali quattrocenteschi di A. Baboccio. Appare migliore, per certo gusto scenografico e pittoresco, il rifacimento della facciata del duomo di Amalfi (da lui condotto in collaborazione con L. Dalla Corte e G. Raimondi dopo il crollo del 1861).
Tecnico di notevoli possibilità, architetto di preparazione accademica, l'A. è l'esponente più caratteristico, nell'ambiente meridionale, della generazione che segue quella propriamente romantica e precede l'altra che, negli ultimi anni del secolo, sentì urgente il bisogno di rinnovare gli stessi elementi dell'antico linguaggio architettonico ormai inadatto alle nuove esigenze del gusto e all'impiego di nuovi materiali da costruzione.
Morì a Roma il 7 giugno 1872.
È ritratto in un busto, opera di G. B. Amendola (1882), sulla Riviera di Chiaia a Napoli.
Bibl.: C. N. Sasso, Storia dei monumenti di Napoli..., Napoli 1856, pp. 325-343; C. Lorenzetti, L'Accademia di Belle arti di Napoli, Firenze s. d. [ma 1952], pp.322-324; E. Lavagnino, L'Arte Moderna,Torino 1956, pp. 367, 521-523; U. Thieme-F. Becker, Allgem. Lexikon der bildenden Künstler, I, p. 364; Encicl. Ital., II, p. 736.