EMILIANO, Giovanni Stefano, detto il Cimbriaco
Nacque intorno alla metà del sec. XV a Vicenza.
Sulla famiglia e laAata di nascita dell'E. non vi sono certezze definitive. A. Zeno riteneva che appartenesse alla famiglia Stefani (lettera del 4 ag. 1726, inviata da Vienna al fratello Pier Caterino: Lettere, a cura di F. Morelli, II, Venezia 1752, p. 379, n. 190), mentre G. Liruti ha sostenuto - in verità con argomentazioni assai fragili - che fosse figlio di un vescovo, forse del Pietro Emiliani, letterato veneziano, che rimase vedovo nel 1405 e divenne vescovo di Vicenza nel 1409 (e mori nel 1433: cfr. s.v. in questo volume del Diz. biogr. d. Italiani). G. Tiraboschi ci informa invece che il nome del padre dell'E. era Giovanni (si veda il documento citato in Storia della letteratura italiana, III, p. 205: "Egregius vir magister Ioliannes Stefanus qu. Johannis de Vicentia"), ma non risulta che si trattasse proprio di quel Giovanni de' Vaienti, nobile vicentino, di cui parlano A. Hortis (che accoglie una segnalazione di V. Joppi) e il biografò più recente dell'E., A. Benedetti.
Per ciò che concerne la data di nascita dell'E., essa dovrebbe ricavarsi da alcuni versi del primo Encomiasticon, composto intorno al 1489 e dedicato all'imperatore Federico III e a suo figlio Massimiliano. Ricordando il giorno della sua prima laureazione poetica, l'E. scrive: "et me palladio quondam induit auro / annorum lustris nondum mihi quatuor actis" (vv. 28-29), volendo significare, a detta dei più, che non aveva ancora vent'anni quando fu insignito di quell'onore; poiché l'E. fu incoronato poeta per la prima volta nel 1469, siè pensato quindi che egli fosse nato nel 1449. Va comunque osservato che in un documento vergato in Pordenone il 12 maggio 1468, attestante la nomina a notaio conferitagli dal capitano della città Federico di Castrobarco (Benedetti, p. 142, n. 7), l'E. è detto "rettor delle scuole". Ora, appare piuttosto improbabile - anche se non impossibile - che un incarico cosi importante e delicato fosse affidato ad un giovane di appena diciannove anni, per quanto dotto e brillante egli potesse essere. Con il verso poc'anzi citato, del resto, l'E. si sarebbe anche potuto riferire al tempo che era trascorso dalla sua prima incoronazione poetica (annorum lustris nondum mihi quatuor actis: "non sono ancora trascorsi venti anni": siamo infatti nel 1489); quest'ultima è anche l'opinione del Liruti (pp. 386-387). Se cosi fosse, la data di nascita andrebbe perciò arretrata di alcuni anni.
Oggetto di discussione è stata anche la determinazione della città natale dell'Emiliano. In passato fu ritenuto originario di Verona (S. Maffei), di Udine (E. Palladio degli Ulivi) e da alcuni addirittura tedesco, per una comprensibile confusione generata dal nome di "Cinibriacus" (A. Baillet, c. Jöcher). Al momento comunque, non esiste ragione per dubitare che fosse vicentino (l'affermazione di F. De Nicola, che nella prefazione al Rimedio amoroso di Pietro Edo, Ravenna 1978, p. 10, lo dice "poeta veronese", è forse solo frutto di un lapsus): lo attestano diverse testimonianze documentarie, ed egli stesso afferma più volte di aver avuto i natali nella città bagnata dal fiume Bacchiglione (appunto, Vicenza: si veda l'epigramma indirizzato al poeta Lorenzo Roscido: "Si tibi fata dabunt, Laurenti Roscide vates, / ut gelidi redeas ad Bacchilionis aquas; / hic ubi mellifluae me lactavere Camoenae"; e Rapsodia secunda, vv. 60-61: "et mea cara parens Musis dilecta canoris, / quae bibit egelidas Bacchilionis aquas").
Avviato agli studi letterari nella città natale dal maestro Ognibene Bonisoli di Lonigo (Pantagato Leoniceno), si dedicò assai presto alla poesia e assunse il nome umanistico di Efio Quinzio Emiliano "Cimbriacus", perché riteneva, a torto, che Vicenza fosse stata fondata dai Cimbri ("Ioannes Stephanus Aemilianus, cum falso crederet [Vicetiam] a Cimbris conditam, Cimbriam illam nominavit, seque non Vicetinum, sed Cimbriacum Zeno, Vita M. A. Sabellici, p. XXXIV).
Successivamente si trasferi in Friuli, dedicandosi, oltre che all'attività letteraria, all'insegnamento della grammatica greca e latina. Nel 1468 era a Pordenone, dove assunse, come si è detto, l'incarico di direttore delle scuole.
Secondo A. Hortis, in quel periodo l'E. potrebbe aver composto un poemetto in latino, giuntoci anonimo, che narra di alcuni contrasti sorti tra i Pordenonesi e il capitano della città Federico di Castrobarco, sfociati in una vera e propria rivolta nel 1468. La supposizione dell'Hortis (che ritiene possa trattarsi di opera giovanile dell'E.) non è però suffragata da alcun riscontro di carattere testuale.
Nel 1469, sempre a Pordenone, l'E. incontrò l'imperatore Federico III, che in riconoscimento dei suoi meriti letterari gli conferi la laurea poetica e la nomina a conte palatino. Fu questo un episodio assai importante nella vita dell'E., che influenzò decisamente la sua ispirazione poetica: da quel momento, infatti, buona parte dei suoi componimenti fu volta a celebrare le lodi dell'imperatore Federico prima, e di suo figlio e successore Massimiliano poi, ai quali tra l'altro non si stancava di chiedere, in cambio della sua devozione, sovvenzioni in denaro che gli permettessero di migliorare lo stato di cronica povertà in cui diceva di versare.
L'E. passò poi ad insegnare a San Daniele del Friuli (dalla fine del 1469 agli inizi del 1470, con lo stipendio di 52 ducati) e, nel 1470, a Gemona, dove ottenne di essere iscritto nella nobiltà locale sposando Giacomina Montegnacco Fantoni, di ricca e aristocratica famiglia, dalla quale ebbe tre figli: Vegenzio Marone, Lapro e Deiopea.
Tra il 1482 e il 1486 l'E. svolse attività di insegnante di nuovo a Pordenone, ed ebbe modo di venire a contatto con alcuni dei numerosi umanisti ed uomini politici (tra i quali P. Capretto [Edo], G. F. Fortunio, I. Caviceo, A. Filosseno, il conte Iacopo di Porcia e il capitano imperiale G. Elacher) che a quel tempo si stringevano attorno alla nobile famiglia dei Mantica; per questi ultimi esegui inoltre numerose iscrizioni celebrative (una è tuttora leggibile sul terrazzino centrale del palazzo dei conti Montereale Mantica).
Durante questo secondo soggiorno pordenonese l'E. ebbe un figlio naturale, Elio Basso, frutto di una relazione con una Caterina di Domenico a Zocco. La donna (che l'E. chiamò poeticamente Elia, come risulta dal dialogo di Pietro Capretto [Edo] De Amoris generibus, pubblicato a Treviso nel 1492, del quale l'E., insieme con Antonio Filermo e con lo stesso Pietro Capretto, è uno degli interlocutori) contrasse in seguito regolare matrimonio con un Leonardo Pellipari, e l'E. si impegnò (con sentenza arbitrale del 29 maggio 1488; Benedetti p. 112) ad assicurare una rendita al figlio, che in seguito portò a vivere con sé a Cividale, forse perché la madre era scomparsa prematuramente. Elio mori in tenera età intorno al 1494; in occasione di questo triste evento l'E. compose il Threnos de morte Helii pueri sui e un'epigrafe funebre che fu posta sulla tomba del figlio, nella chiesa dei padri conventuali di S. Francesco in Cividale.
Nell'estate del 1486 fu a Venezia in visita all'amico Filippo Buonaccorsi di San Gimignano (Callimaco Esperiente), a quel tempo ambasciatore del re di Polonia, Casimiro IV Iagellone presso la Repubblica veneta. L'E. mantenne sempre buoni rapporti di amicizia con Callimaco, di cui nel 1489, su invito del capitano di Pordenone Giorgio Elacher e di Princivalle Mantica, curò l'edizione di un poemetto, l'Attila (pubblicato in quello stesso anno a Treviso), al quale premise una prefazione e un Protrepticon in "Attilam" Callimachi. In una lettera indirizzata all'E. il 23 dicembre da Venezia (senza indicazione dell'anno) M.A. Sabellico si congratula con lui per aver conseguito una carica onorevole presso un re, di cui non fa il nome; Angiolgabriello di S. Maria (p. LXIII) pensa che questo re possa essere Casimiro di Polonia, al quale l'E. sarebbe stato raccomandato da Callimaco. Esperiente.
Nel 1486 fu invitato dal Consiglio nobile di Sacile ad assumere la direzione delle scuole della città; l'incarico gli fu poi confermato per altri due anni, e l'E. si vide costretto a declinare l'invito del conte lacopo di Porcia, giuntogli contemporaneamente, a recarsi presso di lui per diventare precettore dei suoi nipoti.
Nel 1488 andò ad insegnare di nuovo a Gemona; l'anno successivo (ma il Manzano ritiene che si tratti del 1498) si recò, insieme con il figlio Vegenzio Marone, a Lintz per rendere omaggio all'imperatore Federico III. Qui fu di nuovo insignito (questa volta dal figlio di Federico, Massimiliano) dell'alloro poetico e gli fu anche confermata, con diploma imperiale datato 3 ott. 1489 (Benedetti, p. 124), la nomma a conte palatino. L'episodio fu solennemente ricordato dall'E. nel quinto Encomiasticon e nel Diarium divi Caesaris ad Phamam.
Gli Encomiastica sono le opere maggiori dell'Emiliano. Furono stampati per la prima volta a Venezia, per i tipi di Aldo Manuzio, nel 1504, con una prefazione del teologo Giovanni Camerte diretta a Massimiliano; furono poi ristampati a Strasburgo da Schurer nel 1512, a Francoforte nel 1601 e di nuovo a Francoforte nel 1637, nel secondo volume dei Germanicarum rerum scriptores, a cura di M. Frelier. I cinque poemetti, preceduti da un Protrepticon, con il quale l'autore raccomanda il libro agli amici Ermolao Barbaro, Callimaco e Pomponio Leto, trattano dell'elezione di Massimiliano a re dei Romani (avvenuta nel 1486) e della rivolta dei Fiamminghi, che nel 1488, guidati dall'arciduca Filippo, si ribellarono a Massimiliano.
Intorno al 1490 l'E. si trasferi a Cividale del Friuli; nel 1493 compi forse un breve soggiorno presso la corte austriaca (si veda l'Epicedion ad Io. Fuchsmannum di Johann Spiessheimer [G. Cuspiniano], edito da A. Zingerle, p. 120), e in quello stesso anno pose mano alle Rapsodiae, sei poemetti elegiaci offerti a Nicolò Donà in occasione della sua nomina a patriarca di Aquileia.
Di particolare interesse è la Rapsodia secunda, nota anche con il titolo De Aquileiensi diocesi, un excursus storico-geografico, zeppo di riferimenti mitologici, sui luoghi e sulle popolazioni delle regioni comprese nel patriarcato di Aquileia, dal quale emerge una straordinaria erudizione ed una profonda conoscenza delle fonti classiche.
Mori nel 1499 a Cividale del Friuli (od. prov. Udine), ove fu sepolto nella chiesa dei padri conventuali di S. Francesco.
La produzione letteraria dell'E., che fu poeta tenuto in grande stima presso i suoi contemporanei, è prevalentemente a carattere encomiastico e celebrativo, e comprende circa cinquemila versi latini in metro vario (p. Edo dice che compose anche in greco: cfr. De amoris generibus, libro I), nei quali numerosissimi sono i riecheggiamenti dei classici (Virgilio, Ovidio, Marziale, Stazio e Giovenale tra i più familiari all'autore). Ci sono inoltre giunte alcune epistole e tre sonetti in volgare (Mazzatinti). L'E. fu anche autore di un poema storico sulla spedizione che Maometto II compi nel 1480 contro l'isola di Rodi, l'Asteride, o Bellum Rhodiacum, e di un compendio delle Historiae rerum Venetarum di M. A. Sabellico, opere che però non ci sono pervenute.
Un elenco dei componimenti dell'E. è stato pubblicato da Angiolgabriello di S. Maria (pp. LXXIII ss.) e, più recentemente, da A. Benedetti (pp. 197-204).
Edizioni: De beati Symonis pueri Tridentini martyrio, Tarvisii 1480; Epicedium in obitum Friderici III, Argentinae 1514; Encomiastica (I-V) ad… Fredericum imperatorem et Maximilianum regem Romanorum, a cura di M. Frelier, in Germanicarum rerum scriptores, II, Francofurti 1637, pp. 190-214; De carminibus Latinis saeculi XV et XVI ineditis, a cura di A. Zingerle, Oeniponti 1880, pp. 45-65; A. Benedetti, Nota storica sull'attività del Bellunello in Pordenone, in IlNoncello, VIII (1957), pp. 39-42 (pubblica due distici ed un epigramma dell'E., e la riproduzione fotografica del suo ritratto dal manoscritto Lat., classe XIV, cod. L [ = 4238], c. 107r, della Biblioteca naz. Marciana di Venezia); Rapsodia secunda, a cura di B. Ziliotto, in Pagine istriane, XXXVIII (1959), pp. 32-34.
Numerosi versi sono inoltre editi in Angiolgabriello di S. Maria, G. Liruti, A. Benedetti; quest'ultimo ha pubblicato anche uno dei sonetti in volgare dell'E. ("S'eo el sol vedesse esser alquanto lento", p. 114, che non è "l'unico esempio in volgare italiano", come egli dice), e dodici sue epistole: undici a Percivalle Mantica (pp. 168-179) e una a Marco Antonio Sabellico (pp. 90-191).
Fonti e Bibl.: Udine, Arch. notarile, Protocolli di Giacomo Frescolini; Ibid., Bibl. com., Mss. Joppi, 596; Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. Lat., cl. XIV, cod. L ( = 4238), c. 107r; P. Haedus (p. Capretto), De amoris generibus, Tarvisii, per Gerardum de Flandria, 1492, passim; L. G. Giraldi, De poetis nostrorum temporum, I, Florentiae 1551, p. 24; E. Palladio degli Olivi, Rerum Foroiuliensium…, Utini 1659, p. 19; G. F. Palladio degli Olivi, Historie della provincia del Friuli, II, Udine 1660, p. 145; G. G. Capodagli, Udine illustrata, Udine 1665, p. 564; M. Lipenius, Bibliotheca realis philosophica, II, Francofurti 1682, p. 185; A. Zeno, Vita M. A. Sabellici, in Storici delle cose veneziane, I, Venezia 1718, p. XXXIV; A. Baillet, Jugemens des savans sur les principaux ouvrages des auteurs, IV, Amsterdam 1725, p. 199, n. 1246; S. Maffei, Verona illustrata, III, Verona 1731-32, p. 203; F. S. Quadrio, Ragion d'ogni poesia, II, Milano 1741, I, p. 201; C. Jöcher, Allgemeines Gelehrten Lexikon, I, Leipzig 1750, p. 120; G. Agostini, Notizie istorico-critiche intorno la vita e le opere degli scrittori viniziani, I, Venezia 1752, p. 554; A. Zeno, Dissertazioni vossiane, II, Venezia 1753, pp. 335 s., e passim; G. Liruti, Notizie delle opere e delle vite scritte da letterati del Friuli, I, Venezia 1760, pp. 382-394; Angiolgabriello di S. Maria (p. Calvi), Bibl. e storia di quegli scrittori… di Vicenza, III, Vicenza 1775, pp. LIV-LXXXVII; M. Denis, Die Merkwürdigkeiten der K. K. Garellischen Bibliothek, Wien 1780, p. 150; G. Tiraboschi, Storia della lett. ital., III, Milano 1833, p. 205; V. Lancetti, Memorie intorno ai poeti laureati, Milano 1839, p. 176; J. B. Grässe, Lehrbuch…, Dresden-Leipzig 1842, p. 854; A. Zingerle, De carminibus Latinis saeculi XV et XVI ineditis, Oeniponti 1880, pp. XLVI- XLVIII; F. Manzano, Cenni biogr. dei letterati ed artisti friulani, Udine 1884-87, pp. 80 s. n. 1; A. Hortis, Pordenone e Trieste e un poemetto ined. dei fatti di Pordenone, Trieste 1890, p. 39 n. 15; G. Grion, Guida storica di Cividale, I, Cividale 1899, pp. 286 ss.; Baccio Ziliotto, Elio Quinzio Cimbriaco, in Pagine istriane, XXXVIII (1959), pp. 31-32; A. Benedetti, Lattività educativa e poetica del Cimbriaco, in Atti dell'Acc. di lett., sc. e arti di Udine, s. 7, III (1960-63), pp. 109-205; G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti delle Biblioteche d'Italia, III, pp. 123, 148, 215; M. E. Cosenza, Biogr. and bibliogr. dictionary of the Italian humanists, II, Boston 1962, pp. 1008 s., sub voce Cimbriacus; P. O. Kristeller, Iter Italicum, ad Indicem, sub voce Cimbriacus; Gesamtkatalog der Wiegendrucke, I, pp. 127 n. 167, 428 nn. 863-4; IV, p. 110 n. 4254; Repertorium fontium historiae medii aevi, IV, p. 317.