MASTELLONI, Emanuele
– Nacque a Napoli il 1° genn. 1750 da Michele Angelo, marchese di Capograssi, e da Anna Brancaccio, e il giorno stesso fu battezzato nella chiesa di S. Liborio alla Carità.
La famiglia Mastelloni, di antica nobiltà, risiedeva nel palazzo di piazza Carità, e aveva un consistente numero di feudi. Nel 1725 il ramo primogenito aveva ottenuto dall’imperatore Carlo VI d’Asburgo il titolo di marchesi di Capograssi, mentre nel 1730 il ramo secondogenito ebbe il titolo di duchi di Limatola.
Dopo gli studi legali e la laurea in giurisprudenza, il M. intraprese la carriera di magistrato e il 23 dic. 1785 fu nominato giudice uditore nel tribunale della R. Udienza di Salerno. Nel marzo 1786 Friedrich Münter, vescovo luterano, storico delle religioni e orientalista, giunse dalla Danimarca a Napoli in visita a Gaetano Filangieri. Lo scopo del suo viaggio era non solo la conoscenza delle antichità italiane, ma soprattutto una missione massonica per fondare nuove logge latomistiche. Venuto a contatto con Münter, il M. aderì alla massoneria, in una particolare loggia di tipo latomistico i cui membri (tra essi il futuro ministro Giuseppe Zurlo, G. Carrascal, D. Tommasi e Mario Pagano) sceglievano nomi con significative risonanze politiche e filosofiche. All’atto di entrarvi il M. assunse il nome di Giovanni da Procida.
Nel 1789 divenne «caporuota» di provincia e nel 1795 caporale della R. Udienza di Chieti. Il 15 nov. 1797, poco dopo aver espletato un importante incarico a Lucera, fu promosso avvocato dei poveri nella Gran Corte criminale di Napoli.
Proclamata la Repubblica napoletana, il 23 genn. 1799, con decreto del generale J.É. Vachier (noto come Championnet), fu formato un governo provvisorio che, nato in circostanze di emergenza, univa eccezionalmente potere esecutivo e potere legislativo, e aveva una funzione costituente, in attesa che la compilazione e l’approvazione del testo costituzionale permettessero lo svolgimento di regolari elezioni. Il M., che aveva abbracciato la causa dei liberali, ebbe la nomina a ministro di Giustizia e Polizia, pubblicata dal Monitore napoletano il 6 febbraio. Nell’espletare questo incarico, che durò fino al 20 aprile, il M. infierì contro coloro che erano contrari alle idee repubblicane, rendendosi assai inviso ai filoborbonici. Con l’arrivo del commissario organizzatore A.J. Abrial, giunto a Napoli il 28 marzo, e la formazione di un nuovo governo provvisorio il M. fu destinato il 25 maggio a ricoprire il posto di giudice di Cassazione.
Di lì a poco ebbe inizio la reazione. Giunte a Napoli le truppe sanfediste del cardinale F. Ruffo (13 giugno), il M. fu subito oggetto del furore popolare: la sua casa fu saccheggiata e i suoi beni confiscati. Nel palazzo Mastelloni a piazza Carità aveva abitato, insieme con il marito Andrea Sanfelice, Luisa de Molina, che i legittimisti arrestarono in una soffitta.
Caduta la Repubblica, il M., dopo essere stato incarcerato e condannato a morte, ottenne dalla giunta di Stato la commutazione della condanna in esilio perpetuo e fu condotto a Marsiglia. Qui, senza mezzi di sussistenza, trascorse un periodo particolarmente difficile, riuscendo a sbarcare il lunario solo grazie alle sue conoscenze di musica e di scherma. Decise quindi di rivolgersi ad Abrial, nel frattempo nominato ministro di Giustizia, per ottenere una pensione di 100 franchi che gli permettesse di sopravvivere. Abrial, che nutriva per lui grande stima, sapendolo esule a Marsiglia e in tristissime condizioni, lo chiamò a Parigi nell’ottobre 1800, per poi nominarlo con decreto del 9 ott. 1801 sostituto commissario del governo presso la Corte criminale e speciale di Torino. Qui il M. dette prova del suo grande ingegno e della sua operosità, tanto da meritare le lodi del presidente della Corte, che lo propose al governo francese per il posto di procuratore generale della stessa Corte criminale di Torino, nomina che gli fu presto conferita e che fu seguita, il 13 sett. 1804, da quella a procuratore generale nella Corte criminale di Parma, con l’incarico di organizzare i tribunali in quella città. Lo zelo dimostrato nel servire il governo francese gli valse nel 1807 la Legion d’onore.
Il 12 apr. 1808 il M. fu trasferito a Genova e il 23 febbr. 1811 ottenne la nomina a procuratore generale della Corte prevostale di Alessandria, ufficio che tenne fino alla Restaurazione.
Ad Alessandria prese parte attiva alla vita culturale della città, dove divenne membro dell’Accademia degli Indefessi, sorta in età napoleonica in contrapposizione alla vecchia Accademia degli Immobili e connotata da un indirizzo culturale di stampo illuministico e filofrancese.
Ritornato a Napoli nell’ottobre 1814, divenne consigliere di Corte di cassazione e, nel dicembre, fu insignito con l’Ordine delle Due Sicilie. Confermato consigliere della Suprema Corte di giustizia il 12 luglio 1817, ricoprì questo incarico fino al 1825, quando si ritirò dal servizio per motivi di salute e di età.
Il M. morì a Napoli il 10 giugno 1835. Un suo ritratto è conservato nel Museo della Certosa di S. Martino a Napoli.
Fonti e Bibl.: Napoli, Arch. stor. diocesano, Parrocchia di S. Liborio alla Carità, Libro dei battezzati, vol. 7, c. 27r; M. d’Ayala, Le vite de’ più celebri capitani e soldati napoletani, Napoli 1843, p. 533; C. Dionisotti, Storia della magistratura piemontese, Torino 1881, II, pp. 404 s.; P.A. Drusco, Anarchia popolare di Napoli, dal 21 dic. 1798 al 23 genn. 1799, Napoli 1884, pp. 92 s., 237; F. Lemmi - V. Fiorini, L’età napoleonica, in Storia politica d’Italia (Vallardi), I, Milano 1897, pp. 116, 166; C. De Nicola, Diario napoletano 1798-1825, Napoli 1906, I, pp. 162, 173, 272, 284; C. Francovich, Albori socialisti nel Risorgimento: contributo alla storia delle società segrete (1776-1835), Firenze 1962, pp. 71 s.; Illuministi italiani, V, Riformatori napoletani, a cura di F. Venturi, Milano-Napoli 1972, pp. 642, 817, 932, 936; F. Grillo, La Rivoluzione napoletana del 1799, Cosenza 1972, p. 99; C. Francovich, Storia della massoneria in Italia: dalle origini alla Rivoluzione francese, Firenze 1974, p. 421; V. Gleijeses, La storia di Napoli, Napoli 1987, pp. 688-691, 702; A.M. Rao, La Repubblica napoletana del 1799, Roma 1997, p. 29; M. Battaglini, Il Monitore napoletano 1799, Napoli 1999, pp. 179, 190, 247, 459, 470, 654; G. Ruggiero, Gaetano Filangieri: un uomo, una famiglia, un amore nella Napoli del Settecento, Napoli 1999, p. 220.