ELLORA o Elūra (A. T., 93-94)
Piccolo villaggio dell'India Britannica con appena 1200 ab., nella parte nord-occidentale dello stato indigeno di Hyderabad, poco lontano da Daulatabad (Dom. del Nizam, 20°21′ lat. N., 75°10′ long. E.). Il luogo è rinomato per una serie di templi buddhisti, brahmani e jaina scavati nel tufo delle colline di Ajanta ed è tuttora considerato come sacro, per l'esistenza di uno dei dodici templi del lingam.
I templi di Ellora sono gli esempî più grandiosi di costruzioni indiane ricavate nell'interno della roccia, o modellate in una grande massa monolitica all'aperto. Se ne contano non meno di trentaquattro, costruiti nel corso di più secoli. Fin dai primi tempi del buddhismo i monaci dovettero valersi delle caverne naturali, procedendo poi ad ampliamenti e alle prime costruzioni. È di questo periodo lo scavo e la decorazione di una dozzina di grotte sistemate a conventi (vihāra) o a templi (caitya), il più celebre dei quali, del sec. V d. C., è attribuito a Viśvakarma, l'architetto degli dei.
Verso il sec. VII con la decadenza del buddhismo e la ripresa del brahmanesimo si ha ad Ellora, come nel resto dell'India, una grande fioritura d'arte. A quest'epoca appartengono il maggior numero dei templi di Ellora e i migliori fra essi. La maggior parte furono costruiti secondo il tipo tradizionale indù, a grande sala ipostila che fa da vestibolo e precede un piccolo santuario: fra questi è il bellissimo Dhumar Lenā (sec. VIII), che è quasi un duplicato del tempio di Elephanta. Ma il capolavoro di Ellora e di tutta l'architettura rupestre indiana è il Kailāsa o Rang Maḥall, tempio di Siva, costruito verso la fine del sec. VIII in uno stile che molto si avvicina a quello dravidico del Dekkan meridionale. Per modellarlo, un grande masso quadrangolare (m. 84 × 18) fu isolato dal margine della collina alla quale apparteneva, mediante lo scavo di una trincea profonda 32 metri; e da quel masso, per l'abilità di eccezionali maestri, uscirono tutte le parti, anche accessorie, che costituiscono l'insieme di un tempio dravidico. Dal blocco originario, dopo un lavoro che si ritiene sia durato un secolo, furono ricavati una porta trionfale (gopura), due elefanti colossali, due pilastri, alcuni portici, il padiglione del toro Nandi, alcune cappelle di cui una dedicata a divinità fluviali, e infine il tempio che è alto ventotto metri. L'interno di questo è costituito dal santuario circondato da una grande sala a colonne su cui dànno cinque cappelle secondarie, di cui una dedicata a Gaṇeśa e un'altra a Pȧrvatī. Tutto questo gruppo di edifici è completamente decorato sia internamente sia esternamente. Si può dire che non vi sia un metro quadrato di parete non lavorata. Soprattutto mirabile è il basamento scolpito ad elefanti che pare sorreggano tutta la costruzione. Le varie parti del Kailāsa erano fra loro collegate da ponti che ora sono in parte crollati. Anche il jainismo ha cinque templi ad Ellora: essi sono fra i più belli: specialmente l'Indra Sabhā costruito nei secoli IX-X. I templi di Ellora furono profanati dal sultano mongolo Aurangzēb e non più adibiti al culto.
V. tavv. CXXIX e CXXX.
Bibl.: J. Burgess, The Rock Temples of E., Bombay 1877; id., Report on the Elura Cave Temples, in Archeol. Survey of Western India, n. s., V (1883); E. Benoit, L'architecture. L'Orient médiéval et moderne, Parigi 1912; V. Goloubew, Le Kailasa d'Ellora, in Annales du Musée Guimet, XLI (1916); A. K. Coomarasvamy, History of India and Indonesian Art, Londra 1927; O. Fischer, Die Kunst Indiens, Chinas und Japans, Berlino 1928; O. Reuther, in Wasmuths Lexikon d. Baukunst, II, Berlino 1930.