ELIMPERTO (Elmepertus, Elimpertus, Helmpertus)
Scarse sono le notizie relative ad E. che, primo di questo nome, fu vescovo di Arezzo tra la fine del sec. X e l'inizio del sec. XI.
E. venne eletto vescovo nella primavera del 986, quale successore del vescovo Alberto. La tradizione vuole che abbia ricevuto la consacrazione dalle mani del papa Giovanni XV.
Discendente probabilmente da una famiglia dell'aristocrazia toscana, legata alla crescente potenza dei Canossa, E. fu chiamato ad amministrare una diocesi sita nel cuore del Regnum Italicum, di strategica importanza nella topografia dell'epoca quale naturale punto di raccordo tra l'Italia centrale e la pianura padana, negli anni in cui gli imperatori sassoni cercavano di risolvere il conflitto con la nobiltà rurale favorendo il rafforzamento politico-giurisdizionale dei vescovi, proponendoli come fulcro organizzativo della nascente ripresa cittadina in contrapposizione alla riottosità delle famiglie comitali.
La mancanza di una esauriente documentazione impedisce di profilare un quadro sufficientemente ampio dell'intervento politico di E., che, come risulta in modo inequivocabile, si schierò a favore delle direttive imperiali, procedendo ad una sistematica riorganizzazione economica degli enti ecclesiastici dipendenti dalla sua diocesi, come testimoniano le numerose donazioni e i lasciti da lui compiuti tra il 994 e il 1010. Un documento del giugno 994 ricorda la permuta effettuata da E. con Bonizo, abate del monastero delle Ss. Flora e Lucilla, di una casa e di tutti i terreni ad essa pertinenti nella contrada di San Martino, allora posta nel suburbio aretino. Ancora a favore del suddetto monastero E. intervenne pochi anni prima della sua morte, nel 1010, per risolvere una controversia sorta in merito alla proprietà di un manso in frazione Ripule.
Del 1009 è invece una cospicua donazione a favore del monastero di S. Gennaro in Campo Leone, fondato alcuni decenni prima da Ugo, marchese di Toscana, e da sua moglie Giuditta, per ottenere il riconoscimento del quale E. aveva interceduto nel 986, pochi giorni dopo la sua elezione, presso l'imperatore.
Nella letteratura storica è stata attribuita a E. anche la fondazione del monastero di Camaldoli, ma a torto. L'errore deriva probabilmente dal fatto che egli fondò nel 1009 l'abbazia di S. Maria di Prataglia, che entrò successivamente a far parte dei beni di quel monastero. In questa abbazia, secondo una notizia riportata da Faruli, il vescovo si ritirò alla fine del 1009, e vi trascorse gli ultimi anni della sua vita, dedicandosi a completare la riorganizzazione del capitolo della cattedrale di Arezzo. Istituito probabilmente nell'840 dal vescovo Pietro [I] su privilegio dell'imperatore Lotario, in ottemperanza alle disposizioni del sinodo di Aquisgrana dell'816, il capitolo di Arezzo nel corso degli anni era andato infatti incontro ad una progressiva decadenza, nel corso della quale si erano avuti una totale dispersione dei beni di sua pertinenza e una sostanziale disattenzione alla regola.
A partire dal 995 E. fece riedificare il capitolo cittadino, ne riformò la regola, vi istituì una scuola di grammatica e lettere sacre, donò ai canonici un quarto dei beni diocesani. Mentre costituì rettore e maestro dei canonici l'arcidiacono Guglielmo (12 febbraio 1209), a capo del capitolo pose come "coepiscopus" Teobaldo, identificato dal Cappelletti con il fratello di Bonifacio, marchese di Toscana e padre della contessa Matilde.
Durante il viaggio che Ottone III compì in Italia tra il 996 e il 998 E. ottenne dal sovrano la "tuitio" imperiale per i suoi canonici di Arezzo. Un privilegio imperiale dell'aprile del 995, inoltre, ripristinò tutte le proprietà e i diritti già riconosciuti a quei canonici dall'imperatore Lotario. Tale privilegio sarà confermato da Enrico II nel 1020. Per dotare la città di una nuova sede cattedrale in sostituzione delle vecchie sedi di S. Donato e S. Stefano, nel 995 incaricò l'architetto Mainardo di recarsi a Ravenna per studiare la struttura architettonica di S. Vitale e di progettare una nuova chiesa da dedicarsi a S. Maria. La dedicazione della nuova cattedrale avvenne forse nel 996 ad opera del pontefice Giovanni XV che dimorò in Tuscia per qualche tempo dopo essere stato cacciato da Roma da Giovanni di Crescenzio. Da un documento del 1009 apprendiamo che all'architetto Mainardo vennero concesse, quale ricompensa per l'opera prestata, una casa ed una vigna di pertinenza del vescovo. Le fonti coeve testimoniano numerosi interventi compiuti da E. a favore della cittadinanza duramente provata dal terremoto che colpì Arezzo nel 1005. Non ci è giunta documentazione alcuna circa i rapporti intercorsi tra E. e i duchi di Toscana. Da un documento del 995 veniamo informati che E. in quell'anno si trovava a Valva, per presenziare, quale "episcopus et missus Ugonis dux et marchio Tusciae", ad un placito convocato dallo stesso duca per motivi che ci restano tuttavia sconosciuti. Pure di difficile decifrazione, per la mancanza di documentazione, è la posizione assunta da E. nel secolare conflitto che opponeva alla Chiesa di Arezzo, di più antica fondazione e titolare di numerose pievi sparse nel territorio senese, la Chiesa di Siena. Il fatto che il territorio diocesano non abbia conosciuto sostanziali modifiche nel corso dell'episcopato di E. sembra testimoniare a favore di una strenua difesa effettuata da quel vescovo di tutti i diritti diocesani, sia in ambito cittadino sia in ambito rurale.
E. morì probabilmente nei primi mesi del 1013 e, comunque, avanti il marzo di quell'anno, quando Guglielmo, suo successore sulla cattedra di Arezzo, concesse al monastero di S. Maria di Prataglia alcuni fondi in memoria "Elimperti episcopi".
Dal quadro complessivo della sua opera si evince il profondo interesse di E. per il rinnovamento della vita del clero attraverso il rafforzamento e la definizione delle sue istituzioni. Il ruolo di guida da lui svolto nella ripresa cittadina di Arezzo sembra essere inequivocabile, mentre resta priva di riscontro una sua reale partecipazione agli avvenimenti politici che videro in quegli anni la rivolta romana di Giovanni di Crescenzio e la conseguente discesa in Italia dell'imperatore Ottone III. E. fu fedele all'imperatore e intrattenne ottimi rapporti anche con il pontefice di elezione imperiale Giovanni XV, che soggiornò in Arezzo per un breve periodo tra il 995 e il 996. Non è possibile, tuttavia, stabilire con esattezza sino a che punto la scelta politica di E. sia stata determinata da una sincera partecipazione all'idea della "Renovatio Imperii" in chiave romana e imperiale promossa da Ottone III e Silvestro II, oppure da opportunità politica, dato che Arezzo era una diocesi di giurisdizione papale nel cuore di un dominio imperiale.
Fonti e Bibl.: L. A. Muratori, Rer. Ital. Script., I, Mediolani 1723, col. 184; Historia custodum Arretinorum, a cura di A. Hofmeister, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, XXX, 2, Lipsiae 1934, pp. 1472 s.; Documenti per la storia di Arezzo nel Medio Evo…, a cura di U. Pasqui, I, Firenze 1899, nn. 79, 90, 92-97; Die Regesten des Kaiserreiches unter Heinrich II. 1002-1024, a cura di Th. Graff, in J. F. Böhmer, Regesta Imperii…, V, 2, Wien-Köln-Graz 1971, p. 1080 n. 1977; Papsturkunden 911-1024, a cura di H. Zinimermann, ibid., II, 5, ibid. 1969, p. 292, n. 731; G. Burali, Vite dei vescovi aretini, Arezzo 1638, pp. 34 s.; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra…, I, Venetiis 1717, coll. 414 s.; P. Faruli, Annali ovvero Notizie istoriche dell'antica, nobile e valorosa città di Arezzo in Toscana…, Foligno s.a. [1717], ad Indicem; G. B. Mittarelli, Annales camaldulenses Ordinis Sancti Benedicti…, I, Venetiis 1755, pp. 300, 314, 330, 343, 384, 402; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia…, XVIII, Venezia 1854, pp. 65-88.