ORLEANS, Elena di
ORLÉANS, Elena (Hélène-Louise-Françoise-Henriette) di. – Nacque a Twickenham, piccolo centro allora nei pressi di Londra, il 13 giugno 1871 da Louis-Philippe-Albert d’Orléans, conte di Parigi, e da sua cugina María Isabel d’Orléans, infanta di Spagna.
Il bisnonno da parte del padre, Luigi Filippo d’Orléans, fu il ‘re cittadino’ al potere in Francia dal 1830 alla rivoluzione del febbraio 1848, in seguito alla quale gli Orléans ripararono, come già a inizio Ottocento, nel Regno Unito, dove nel 1864 acquistarono a Twickenham un’antica dimora signorile chiamata York House.
Per Hélène, giovane, bella, colta, elegante e sportiva, la famiglia aspirava a un matrimonio all’altezza del casato, come era avvenuto per la sorella Amélie (1865-1951), che nel 1886 aveva sposato il principe Carlos de Bragança, erede al trono del Portogallo.
Hélène si innamorò, corrisposta, del principe inglese Albert Victor, figlio maggiore del futuro re Eduardo VII e nipote della regina Vittoria, ma l’unione venne disapprovata in quanto gli Orléans erano cattolici e gli Hannover protestanti. La giovane si disse disposta a convertirsi e al riguardo fu consultato papa Leone XIII che le prospettò la scomunica. I genitori valutarono allora altre possibilità, fra cui quella di un matrimonio con il figlio di Umberto I re d’Italia, il futuro Vittorio Emanuele III, senza che l’ipotesi potesse concretizzarsi.
Il 25 giugno 1895, sposò Emanuele Filiberto di Savoia (1869-1931), secondo duca d’Aosta, figlio di Amedeo – re di Spagna fra 1871 e 1873 – e di Maria Vittoria dal Pozzo della Cisterna, diventando Elena duchessa d’Aosta. Dal matrimonio nacquero due figli: Amedeo (1898-1942), terzo duca d’Aosta, e Aimone (1900-1948), quarto duca d’Aosta e dal 1941 al 1943 re designato – con il nome di Tomislavo II – dello Stato indipendente di Croazia controllato dagli ustascia di Ante Pavelić.
I rapporti con i parenti di casa Savoia non furono amichevoli. Elena mostrò scarsa stima sia verso Vittorio Emanuele III sia verso sua moglie di origini montenegrine che reputava poco raffinati, oltre cha a capo di una monarchia indebolita politicamente dal contrasto risorgimentale con la Chiesa cattolica. Altezzosa e glaciale, anche a corte la duchessa riscuoteva poche simpatie. Dopo aver partorito due figli maschi, mentre la regina Elena aveva messo al mondo due bambine, cominciava ad accarezzare ambizioni di successione al trono ma la nascita nel 1904 di Umberto, erede alla corona dei Savoia, pose fine alle sue mire.
Visse con il marito prima a Torino, poi dal 1905 a Napoli, città che sembrava giovare alla sua salute. Soffrendo di una malattia ai polmoni amava visitare luoghi dal clima caldo e secco. Di mentalità avventurosa e anticonvenzionale, dal 1907 fino al 1933 intraprese sei grandi viaggi in Africa e attorno al mondo, il più lungo dei quali durò circa nove mesi; compilò per ogni esplorazione vari resoconti arricchiti da serie fotografiche da lei stessa scattate, trasmettendo ai figli la passione per i grandi spazi e la natura selvaggia.
A Napoli gli Aosta soggiornarono nella reggia di Capodimonte, cercando di rinnovare i passati splendori e di influire sulla vita intellettuale della città partenopea. Come voleva la tradizione, Elena si occupò di beneficenza, prestando aiuto alla popolazione in occasione dell’eruzione del Vesuvio del 1906 e del terremoto di Messina del 1908. Sempre a Napoli, fra il 1909 e il 1911, seguì il corso di formazione come allieva infermiera della Croce rossa italiana, un’istituzione molto vicina alla casa regnante. Sostenne l’esame nell’ottobre 1911 in tempo per partire volontaria sulla nave ospedale Menfi, incaricata dell’assistenza e del trasporto dei feriti dalle coste libiche durante la guerra italo-turca. Questa sua prima missione, che durò dall’ottobre 1911 al marzo 1912, fu osteggiata dal re, dal presidente del Consiglio Giovanni Giolitti e da Emanuele Filiberto, preoccupati per l’incolumità sua e delle altre volontarie. Ciononostante, Elena riuscì a salpare per una guerra che riteneva giusta e considerava una missione civilizzatrice per la grandezza dell’Italia, secondo i canoni del nazionalismo del tempo da lei accesamente professato ed esaltato da Gabriele D’Annunzio, che le dedicò la sesta delle dieci Canzoni delle gesta d’oltremare pubblicate sul Corriere della sera nel 1911 e poi in volume nel 1912.
Alla vigilia della guerra europea ottenne la nomina a ispettrice generale delle infermiere volontarie della Croce rossa italiana, incarico che ricoprì dall’aprile 1915 al marzo 1921, mentre Emanuele Filiberto era posto a capo della 3ª armata schierata sul Carso orientale. Molto amata dalle «sue infermiere», come usava chiamarle, Elena d’Aosta fu aiutata da un gruppo di crocerossine a lei vicine, in particolare da Emilia Anselmi Malatesta, con la quale visitò gli ospedali sia nelle retrovie sia nelle vicinanze della linea del fuoco e valutò la disciplina e la preparazione delle 10.000 volontarie addette all’assistenza, lamentando, all’occorrenza, la scarsa formazione dovuta ai corsi accelerati indetti in gran numero per far fronte alle necessità del conflitto, o allontanando le infermiere il cui comportamento reputava dannoso per il buon nome dell’istituzione. Non risparmiò critiche alla Sanità militare, lottò contro i pregiudizi sulle infermiere considerate inutili e d’impaccio e diresse il Corpo delle volontarie dando un’impronta severa ed elitaria che rimase a lungo come cifra dell’organizzazione. Con la ritirata di Caporetto, emanò l’ordine di rientrare a chi era troppo vicina al pericolo e si recò negli ospedali più esposti per assicurarsi che le infermiere fossero in salvo.
Per l’intera durata del conflitto, le crocerossine da lei dirette svolsero un ruolo importante nell’assistenza morale e materiale al milione e più di feriti che la guerra costò all’Italia, mentre per alcune di loro il servizio proseguì con la cura di parte dei 450.000 mutilati. Dell’attività svolta in quegli anni Elena redasse un diario costituito di annotazioni telegrafiche, testimonianza di un impegno che non lasciava spazio a riflessioni e che per migliaia di donne rappresentò una forma di rottura nei costumi e nella mentalità dell’epoca, ovvero, la manifestazione di un nuovo protagonismo femminile nato dall’esperienza di guerra che Elena seppe in qualche modo interpretare. La duchessa documentò altresì fotograficamente la sua azione umanitaria, promuovendo una campagna di istantanee sulle ustioni provocate dall’uso delle armi chimiche e sulle ricerche scientifiche per la cura dei mali da esse causati. Per il suo servizio di guerra, ottenne varie decorazioni, fra cui nel 1920 la prestigiosa medaglia Florence Nightingale. Tornata la pace, nel marzo 1921 diede le dimissioni da ispettrice generale del Corpo delle infermiere della Croce rossa e fu nominata ispettrice onoraria, carica che mantenne fino al 1939 quando, alla vigilia del secondo conflitto mondiale, l’incarico di ispettrice generale venne affidato a Maria José, moglie di Umberto, l’erede al trono.
Nel 1919, Elena ed Emaunele Filiberto appoggiarono apertamente l’occupazione di Fiume; contro il parere del presidente del Consiglio Francesco Saverio Nitti, nel novembre di quell’anno la duchessa si recò nella città istriana facendosi ricevere da D’Annunzio, per il quale nutriva – contraccambiata – una grande ammirazione. Al suo ritorno, Nitti minacciò duri provvedimenti contro di lei per quella che fu considerata un’azione sconsiderata, capace di compromettere casa Savoia e il governo italiano alle prese con una delicata crisi internazionale, e impose alla coppia ducale di allontanarsi per un periodo dall’Italia e di recarsi in Belgio.
Nel settembre 1919, coerente con il suo impegno nel mondo della beneficenza, e prima del coinvolgimento diretto nell’affare di Fiume, Elena aveva promosso ed era diventata presidente dell’Opera nazionale di assistenza all’Italia redenta. L’istituzione con sede centrale a Roma agiva attraverso comitati regionali e locali che organizzarono asili infantili, dispensari, orfanotrofi e laboratori femminili nelle terre annesse al Regno d’Italia dopo la Grande Guerra. Nel 1924, l’Opera venne eretta in ente morale, nel 1960 cambiò denominazione in Opera nazionale di assistenza all’infanzia delle regioni di confine per essere poi sciolta nel 1977.
In continuità con il sostengo a D’Annunzio e a quella che l’epica nazionalista chiamò l’‘impresa’ di Fiume, la duchessa condivise con il marito anche le simpatie per il fascismo e, nel 1922, per l’ascesa al potere di Benito Mussolini, verso il quale in più occasioni gli Aosta mostrarono apprezzamento personale e politico.
Fino agli anni Trenta, Elena continuò a viaggiare in Africa, Asia e Australia. Il 4 luglio 1931 a Torino morì Emanuele Filiberto, mentre nel corso della seconda guerra mondiale la duchessa perse Amedeo, fatto prigioniero dai britannici sull’Amba Alagi nell’Etiopia settentrionale; qualche anno dopo, nel 1948, scomparve a Buenos Aires anche Aimone.
Rimasta sola, avendo deciso di non abbandonare l’Italia anche dopo la proclamazione della Repubblica, Elena visse ritirata nella residenza di Capodimonte fino al 1948, quando il palazzo divenne museo, e poi a Castellammare di Stabia, dove morì il 21 gennaio 1951.
Nel 1947 aveva donato alla Biblioteca nazionale di Napoli oltre 11.000 volumi e opuscoli, parte dei suoi cimeli di viaggio, carte geografiche e una ricca raccolta fotografica (circa 9800 immagini, databili fra il 1890 e il 1930 e inerenti la vita privata della sua famiglia, la sua attività di ispettrice della Croce rossa, i safari e le battute di caccia grossa compiuti in Africa), oltre a un nucleo di manoscritti che costituiscono il Fondo Aosta.
Opere e scritti: Viaggi in Africa, Milano 1913; Voyages en Afrique, Paris 1913; Alle signore ispettrici delle infermiere volontarie della Croce rossa italiana. Circolare, giugno 1915, s.l. 1915; Alle infermiere volontarie. Zona di guerra, 20 ottobre 1917, s.l. 1917; Vers le soleil qui se lève, Ivrea 1916; Vie errante. Sensations d’Afrique, Ivrea 1922; Accanto agli Eroi. Diario di guerra di sua altezza reale la duchessa d’Aosta ispettrice generale delle infermiere volontarie della Croce rossa italiana, prefazione di B. Mussolini, Roma 1930; Attraverso il Sahara. Giornale di viaggio, gennaio-marzo 1933, ibid. 1935.
Fonti e Bibl.: Napoli, Biblioteca nazionale, Fondo Aosta; V. Gnifetti, Sulla «Memphi». Lettere e appunti, Torino 1911; E. Majer Rizzioli, Accanto agli eroi. Crociera sulla «Menfi» durante la conquista di Libia, Milano 1915; Id., Fratelli e sorelle. Libro di guerra 915/18, Milano 1919; Opera nazionale di assistenza all’Italia redenta, Roma 1920; P. Alatri, Nitti, D’Annunzio e la questione adriatica (1919-1920), Milano 1959, pp. 252-254; E. Borra, Amedeo di Savoia. Terzo duca d’Aosta e viceré d’Etiopia, Milano 1985, ad ind.; S. Bertoldi, Aosta. Gli altri Savoia. Storia di parenti rivali, Milano 1987, ad ind.; Donne al fronte. Le infermiere volontarie nella Grande guerra, a cura di S. Bartoloni, Roma 1998; C. Casalegno, La regina Margherita, Bologna 2001, p. 210; S. Bartoloni, Italiane alla guerra. L’assistenza ai feriti 1915-1918, Venezia 2003, ad ind.; C. Albanese, La principessa beduina. L‘avventurosa vita di Elena di Francia duchessa d’Aosta, Milano 2007.