Spenser, Edmund
Poeta inglese (Londra 1552 circa - ivi 1599), attento lettore di classici greci (Omero, Esiodo, Platone, Teocrito), latini (Orazio, Virgilio, Ovidio), francesi (Du Bellay e Marot) e, soprattutto, italiani. Della nostra letteratura studiò con intelligenza gli autori del Trecento e dell'Umanesimo che molto gli giovarono, insieme con il platonismo ficiniano, per l'attuazione delle sue opere. È autore del Calendario del Pastore (The Shepheards Calendar, 1579), di Lamenti (Complaints, 1591), di Amoretti (1595), di Epithalamion (1595) e dell'elegia pastorale Astrophel (1595). Il suo capolavoro è La Regina delle Fate (The Faerie Queen, incompleta) che costituisce il primo romanzo epico inglese in forma allegorica. Per la creazione dei personaggi e delle scene tenne presente come modelli le opere dell'Ariosto e del Tasso, e, secondo alcuni, anche del Boiardo da cui prese la suddivisione della materia.
L'allegoria, di cui il romanzo è piena, fece molto discutere i contemporanei per la sua interpretazione e derivazione. Alcuni subito videro in S. un emulo di D. e non tardarono a definirlo il ‛ Dante inglese '. Il problema persiste ancora. Pur negando che S. avesse studiato o letto anche parzialmente D., è certo che l'opera del poeta inglese ha alcuni punti di contatto con la Commedia. Infatti, come D. nel dedicare l'opera a Cangrande indicò in una lettera il modo con cui il poema dovesse intendersi e leggersi, così S., per rendere manifesto l'intento dell'opera, spiegò in una lettera a sir Walter Raleigh, cui essa è dedicata, la necessarietà dell'uso dell'allegoria e la sua interpretazione. E per S. la " prolungata allegoria o concetto oscuro ", ovvero il polisenso dantesco, serve per trasformare il lettore e " modellare un gentiluomo o una persona nobile con una disciplina virtuosa e gentile ". Inoltre egli ha condensato nel romanzo, trasformandoli con l'ausilio dell'allegoria, i problemi religiosi, politici e sociali del suo tempo, così come D. ha fatto nella Commedia. Ma, in verità, tra i personaggi della fantasia popolare cavalleresca, che tra l'altro sono di derivazione ariostesca, tra le oscure scene e la latente monotonia di S. e le figure di D. corre una notevole differenza, che non può autorizzare a presupporre un influsso dantesco.
D'altra parte, i punti di contatto, minuziosamente elencati dal Dédéyan, possono essergli derivati dallo studio dei nostri autori del Trecento e del Quattrocento; per l'allegoria, invece, lo S. può aver tenuto presente W. Langland, che con Piers Plowmann, alla fine del 1300, aveva insegnato agl'Inglesi tale figura letteraria.
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