ECHINOCOCCO (dal gr. ἐχῖνος "riccio" e κόκκος "cocco", denominazione occasionata dalla fomia sferica e per gli uncini degli scolici larvali, contenuti nella idatide [v.])
Nome dato a un Verme platelminta della classe dei Cestodi (v.ì. La forma adulta, Echinococcus granulosus (Batsch, 1786) = Taenia echinococcus von Siebold, 1853; Echinococcifer echinococcus Weinland, 1861, è una delle più piccole tenie note. Vive nell'intestino del cane, del lupo, dello sciacallo, talora in gruppi numerosissimi. La sua estrema piccolezza stride con l'enorme sviluppo che la forma cistica larvale può assumere. È lunga 3-6 mm., con uno scolice piccolo, subgloboso, largo 1/3 di mm. munito di rostello esertile con 28-50 uncini, in due serie alternate. Caratteristica particolare e singolare della specie è che lo strobilo risulta di 3 (4 eccezionalmente) articoli in tutto: il primo ha i rudimenti degli organi genitali, il secondo ha i genitali in pieno sviluppo, il terzo ha il solo utero in pieno sviluppo, essendo le altre parti genitali in atrofia. L'utero occupa la parte media dell'articolo in forma d'un sacco, con corte bozze o diverticoli laterali, con numerosissime uova (400-800) giallicce, con un solo involucro, larghe 32-36 μ: l'embrione esacanto (vedi cestodi) misura 22 μ circa.
La forma larvale cistica (v. cestooi) è frequente in varî organi di animali domestici (bovini, ovini, equini più di rado, e anche in polli, oche, tacchini). Spessissimo si trova nell'uomo ed è singolare che, mentre nei grossi animali e anche in ovini, gli echinococchi cistici, anche di notevole grandezza, nel fegato, nel polmone non sembra rechino danno apprezzabile alla salute, viceversa, di regola sono dannosi all'uomo. La cisti varia da minime dimensioni a quella di una testa di bambino: è una formazione polimorfica, e secondo la sede e secondo che essa è primaria oppure dovuta a disseminazione secondaria per rottura di cisti madre, può essere uniloculare oppure pluriloculare: può presentare proliferazione esogena (echinococco proliferante) o endogena (cisti figlie) e presentarsi sotto la forma addirittura racemosa. Si può trovare in tutti gli organi, perciò con varia sintomatologia e gravità, sebbene con preferenza ne sia affetto il fegato. Perfino nelle ossa può svolgersi ed essere causa di frattura spontanea. Possono essere espettorate dalla bocca cisti figlie di idatidi di echinococchi bronco-polmonari rottesi: può l'idatide localizzarsi nel cervello e nel cuore dove facilmente prende l'atteggiamento della forma proliferante: sviluppata nell'utero, può simulare gravidanza e aversi, per crepa, il simulacro di un parto, con emissione di liquido idatideo e vescicole figlie e lembi della membrana cistica. Per crepa spontanea d'una cisti si può avere la disseminazione in varî organi (polmone, fegato, cuore), così pure disseminazioni intraperitoneali di germi di cisti, rotte per trauma o in atti operativi, possono dar luogo a echinococcosi diffusa secondaria, la quale può presentarsi talora con l'apparenza di una tubercolosi miliare. Notevole anzi è lo sviluppo in questi casi di veri tubercoli zooparassitarî, con cellule giganti (Armanni) e neoformazioni connettivali.
La cisti è costituita da una membrana caratteristica lamellare i cui frammenti nelle aspirazioni esplorative a scopo diagnostico hanno valore, anche quando manchino nell'aspirato i residui di scolici e uncini. Al disotto si trova lo strato matricale o proligeno che genera scolici, cistule con scolici e vescicole figlie endogene o esogene alla parete stessa o intraparietali. Il liquido idatideo contiene, oltre ad acqua, sali minerali, sostanze proteiche, acido succinico in tracce e glucosio. Esperienze inedite di idrolisi e dialisi del liquido di echinococco umano, privo di sangue (milza), compiute nella Clinica chirurgica di Siena (1914), diedero, pressoché tutto dializzabile, 40 mg.‰ di glucosio; ancora meno in echinococchi di bovini; negativa fu la ricerca d'un fermento amilolitico.
Fu provata l'azione tossica del liquido (Mourson e Schlagdenhaufen notarono paresi e paralisi del treno posteriore in animali da esperimento), ciò che spiegherebbe i disturbi, anche mortali, seguiti a crepa spontanea o traumatica dell'idatide: l'espandersi del liquido è evitato dai chirurghi nelle operazioni su cisti, anche per ovviare alla possibile disseminazione di germi matricali, che potrebbero riprodurre cisti a distanza. Contiene di regola residui disfatti di scolici e uncini, di particolare importanza diagnostica nelle aspirazioni esplorative, quanto i residui della cuticola.
La cisti deriva dallo sviluppo ulteriore della larva esacanta, la quale si schiude nell'apparato digerente degli ospiti intermedî dall'uovo ingerito con alimenti, acqua, materiali in genere, inquinati da feci di cani e portati alla bocca: per tale ragione l'echinococco è frequente nei paesi ove l'uomo vive in stretto rapporto con i cani (Islanda), e in persone che hanno dimestichezza con cani (pastori, contadini, donne).
L'embrione che si schiude oltrepassa le vie digerenti e per il tramite del circolo può raggiungere le svariate sedi. La maniera come si sviluppa la cisti dall'embrione esacanto è molto singolare, e, sorprendente fenomeno, dà luogo a una enorme quantità di scolici, per cui da un embrione derivano miriadi di futuri individui, che possono svilupparsi in tenie nell'ospite definitivo (cane, lupo, sciacallo). Nella sede di elezione l'embrione costituisce con il suo estremo posteriore una vescicola che si differenzia in uno strato superficiale (cuticola o parete lamellare) e in uno strato più interno (matricale) che è singolarmente prolifero. Esso dà luogo a bozzette che diventano o singoli scolici o gruppetti di scolici per gemmazione o cistule nelle quali, ingrossandosi, si ripete il fenomeno d'endogenia, derivandone scolici, gruppi di scolici e cistule; o il germe distaccato dalla parete dà luogo direttamente nel liquido idatideo a cisti figlie che restano incluse nella cisti primitiva. Vescicole figlie si possono formare anche per proliferazione esogena della vescicola madre o nello strato matricale medesimo. Da questi varî atteggiamenti nacquero espressioni servite a caratterizzare echinococchi, nella credenza di una specificità zoologica (Ech. racemosus, altricipariens, proliferans, polymorphus, plurilocularis, ecc.). La cisti può rimanere transitoriamente o permanentemente senza dar luogo a scolici (ciò vale anche per le cisti figlie eventuali, endogene o esogene), costituendo le cisti sterili o acefalocisti (v.).
Intorno all'idatide per reazione dell'ospite (infiammazione organizzante) si forma una capsula connettivale (membrana periparassitaria). Avvengono talvolta processi infiammatorî pericistici, mescolanza di sangue al liquido, usura o eventuale riassorbimento di cisti, calcificazione; non rara complicanza la suppurazione.
Echinococcosi nell'uomo. - È la malattia determinata dalla localizzazione, nei nostri organi o tessuti, della tenia echinococco nella sua fase cistica larvale (cisti idatidea). Qualcuno degli embrioni, infatti, resisi liberi nell'intestino umano dalle uova quivi pervenute con l'acqua, con gli ortaggi o con altri alimenti, ovvero portate direttamente in bocca dalle mani o per contatto delle stesse labbra con animali infestati da uova di tenia echinococco, può, attraverso la mucosa intestinale, penetrare nei vasi sanguigni (radici della vena porta) o nei vasi linfatici, ed essere trasportato nel fegato o nel circolo venoso generale. Nel primo caso esso potrà facilmente arrestarsi nei sottili capillari del parenchima epatico; nel secondo caso, essendo i capillari polmonari i primi vasi che potranno trattenere l'embrione, questo si fisserà nel parenchima polmonare, il che spiega perché le più frequenti localizzazioni si abbiano o nel fegato o nei polmoni. L'embrione, però, può sorpassare i capillari sia epatici sia polmonari e immettersi nel torrente arterioso, nel qual caso potrà fissarsi in qualsiasi organo o tessuto. Alla fissazione dell'embrione segue la sua trasformazione cistica. La cisti idatidea, spesso unica, ma talora multipla anche nello stesso organo, durante il suo sviluppo comprime e atrofizza il tessuto nel quale ha sede, provocando nello stesso tempo, da parte di esso, fatti reattivi che si estrinsecano con la formazione di tessuto connettivale (tessuto pericistico) e con affluenza di leucociti polinucleati, prevalentemente eosinofili, di linfociti, di cellule giganti e di cellule plasmatiche. I sintomi che rivelano la presenza dell'echinococco si manifestano quando esso ha raggiunto un certo volume, oppure quando, per la sua speciale sede, provoca, anche se piccolo, disturbi funzionali più o meno gravi: compressione encefalica, midollare, compressione o occlusione dei grossi dotti biliari. Se l'organo nel quale la cisti si sviluppa è superficiale, si potrà constatare l'aumento del suo volume, la superficie globosa, liscia e la consistenza duroelastica, più o meno nettamente fluttuante della cisti. La palpazione non è dolente. Talora, imprimendo dei piccoli colpi secchi sulle dita della mano bene applicata sulla parte più sporgente della tumefazione, si può apprezzare una caratteristica vibrazione, il cosiddetto fremito idatideo. I sintomi subiettivi e i disturbi funzionali variano secondo la sede. Un echinococco del fegato provoca senso di pesantezza e talora dolenzia con irradiazioni alla spalla destra o alla parte alta dell'addome. Se il tumore si sviluppa in alto, comprimendo il diaframma ed esercitando quindi anche uno stimolo sulla pleura, si ha tosse e talora anche dispnea e versamento pleurico. Per compressione sulla vena cava o sulla vena porta si ha versamento sieroso, da stasi, nella cavità peritoneale (ascite), ed emorragie della mucosa intestinale. Si possono avere anche metrorragie e talora epistassi. Frequentissimi i disturbi gastrici o intestinali, più o meno lievi (disappetenza, atonia digestiva, disgusto per i grassi, talora diarrea). Se comprime i grossi dotti biliari si ha itterizia. Nelle localizzazioni polmonari: attacchi di bronchiti, di pleuriti e sovente emottisi. Durante l'evoluzione della cisti si manifestano frequentemente attacchi d'urticaria, provocati da assorbimento da parte dell'organismo di prodotti a esso nocivi, contenuti nel liquido idatideo. La presenza d'una cisti di echinococco viene diagnosticata non solo per il complesso di di questi sintomi, ma anche: per il reperto radiologico (raggi X) che mette bene in evidenza l'opacità globosa, a limiti nettissimi, data dalla cisti; per l'esame del sangue che talora ci fa rilevare aumento dei leucociti a granulazioni eosinofile, e per la dimostrazione in esso di quelle sostanze (anticorpi) che l'organismo produce allo scopo di neutralizzare i prodotti nocivi elaborati dal parassita (reazione di Ghedini-Weinberg, o deviazione del complemento); e per la reazione di Casoni, comparsa cioè di una chiazza rossa pruriginosa sulla cute, poco dopo l'iniezione di piccola quantità di liquido sterile di echinococco nello spessore della pelle. La puntura esplorativa, per constatare i tipici caratteri del liquido e l'eventuale presenza degli uncini del parassita, è da sconsigliarsi, potendo provocare la fuoriuscita di scolici e la loro disseminazione.
Il decorso delle cisti d'echinococco è molto lento, anche di anni. Gli esiti sono: o l'involuzione spontanea o la rottura della cisti. La prima avviene per morte del parassita, la quale può essere provocata o da penetrazione di bile nella cavità cistica, o da suppurazione del connettivo pericistico, o da infezioni generali dell'organismo (tifo), o da iniezioni nella cavità cistica di sostanze nocive al parassita (sublimato, formolo, ecc.). Il liquido cistico in questi casi si assorbe, la membrana si raggrinza e degenera e può anche calcificarsi; si ha quindi la guarigione. La rottura si determina per il progressivo aumento di volume della cisti e conseguente distensione della sua membrana, o per un trauma, e può effettuarsi, a seconda della sede, o nella cavità peritoneale, o nella cavità pleurica, dove possono vuotarsi anche gli echinococchi del fegato qualora distendano e ulcerino il diaframma, nei bronchi, nello stomaco, nell'intestino, nel bacinetto renale se si tratta di echinococco del rene, e perfino nei grossi vasi sanguigni. Queste rotture sono accompagnate da vivo dolore e da emissione, con la tosse, col vomito o con le urine, del contenuto cistico, di vescicole figlie, e di frammenti della parete cistica. Possono essere seguite da morte per shock o collasso, come avviene nei casi di rottura nella cavità peritoneale, o per asfissia, nei casi di rottura nei bronchi, o per embolia. Talvolta però il vuotamento in una cavità comunicante con l'esterno può determinare la guarigione. I piccoli versamenti o filtrazioni di liquido cistico, che talora seguono a punture eseguite a scopo diagnostico o curativo, o anche durante gl'interventi chirurgici, si rendono causa di disseminazione e attecchimento di scolici nei tessuti vicini (echinococcosi secondarie).
La cura è eminentemente chirurgica e consiste o nell'asportazione della cisti, se è possibile, o nell'incisione della parete cistica, previa iniezione nella sua cavità di una soluzione all'i % di formolo, allo scopo d'uccidere i parassiti, vuotamento del contenuto compresa la membrana proligera e sutura.
Il numero dei casi di echinococco potrebbe infinitamente ridursi con opportuna profilassi, incenerendo le carni e i visceri di animali infetti, e impedendo, così, l'infestazione dei cani, il cui contatto, del resto, è sempre bene evitare.
Echinococco alveolare o multiloculare. - È una varietà d'echinococco molto rara nell'uomo, caratterizzata dal fatto che l'embrione, incistandosi, forma, invece che un'unica cavità cistica, una massa plasmodiale avente l'eguale aspetto dello strato granuloso dell'echinococco tipico, e nella quale si formano numerose ma piccole cavità o alveoli, dalla cui parete interna granulosa nascono, come nella forma precedente, vescicole proligere e scolici. Questa massa plasmodiale si diffonde nell'organo dove s'è fissata, mandando dei prolungamenti o estroflessioni cordoniformi nel cui spessore s'originano nuovi alveoli. Al taglio il tessuto presenta un aspetto fittamente areolare, con alveoli di volume variabilissimo; a contenuto spesso torbido o poltaceo o gelatinoso, sì da simulare un cancro gelatinoso. La rottura delle cisti, dato il loro piccolo volume, è assai più rara che nella forma idatidea. Oltre che nel fegato, questa forma di echinococco è stata riscontrata anche, sebbene molto di rado, nel polmone, nel peritoneo, nel cervello, nel rene e nella milza.
L'unica cura, quando è possibile, è la resezione dell'organo, operazione non sempre attuabile sia per la sede, sia per la diffusione plasmodiale.
La tenia dell'echinococco alveolare è molto simile alla tenia dell'echinococco idatideo, se si eccettuano lievi differenze nelle dimensioni del corpo, nel numero e nella forma degli uncini. I luoghi però nei quali è stato riscontrato l'echinococco alveolare non coincidono con quelli dove domina l'echinococco idatideo.
Echinococcosi negli animali. - Sono specialmente recettivi all'infestazione, in ordine decrescente, i bovini, gli ovini, i suini; lo sono molto meno il cammello, il dromedario, i solipedi e i carnivori; in via molto eccezionale possono infestarsi anche i tacchini. La diffusione geografica della malattia è in rapporto alla frequenza della Taenia echinococcus nel cane; però anche il lupo e lo sciacallo possono ospitare detta tenia, quindi, indipendentemente da ogni profilassi, tali animali possono contribuire alla perpetuazione del ciclo vitale del parassita. La malattia è specialmente diffusa in Tunisia, Egitto, India, Vittoria, Tasmania, Argentina, Uruguay. Nell'Europa il primato è detenuto dall'Irlanda, Meclemburgo, Pomerania e Russia. È relativamente diffusa anche in Italia e specialmente in Sardegna. La sede di predilezione dell'echinococco è rappresentata dal fegato e dal polmone; a notevole distanza vengono le localizzazioni in altri organi (milza, cuore, reni, peritoneo, cervello, ecc.) Secondo Lichtenfeld, mentre nei bovini il polmone è colpito nel 69,3% e il fegato solo nel 27%, negli ovini si ha rispettivamente il 52,2% e il 44,9%, nei suini il 18,8% e il 73,1%, negli equini il 5,5% e il 94,5%.
Eccezion fatta per le localizzazioni in organi di alto valore fisiologico (come il cervello), per le invasioni massive e per le gravi complicanze ascessuali, l'echinococcosi non determina nei nostri animali, specie nei grandi erbivori, manifestazioni allarmanti, incompatibili con la funzione economica a cui sono adibiti e spesso solo la macellazione mette in rilievo la forma parassitaria di cui erano insospettati portatori.
Qualunque sia la localizzazione, le cisti possono essersi sviluppate a qualsiasi profondità nell'organo che le ospita; la forma di quest'ultimo viene alterata quando le cisti sono superficiali, o quando, essendo impiantate in profondità, sono numerose e di notevole volume. Queste cisti si presentano di diverso aspetto a seconda che sono fertili e sterili o degenerate o suppurate. Le fertili e le sterili possono raggiungere il volume d'una grossa arancia, contengono un liquido chiaro o leggermente paglierino; ma gli echinococchi vecchi finiscono per degenerare, allora il liquido cistico s'intorbida, si fa lattescente poi caseoso, s'infiltra di sali calcarei, mentre la cisti si raggrinza, s'atrofizza progressivamente (cisti degenerate); in altre circostanze le cisti vengono invase dai germi della suppurazione e l'intera cisti si trasforma in un ascesso incistato (cisti suppurate). Qualunque sia l'organo sede della cisti, il tessuto a essa circostante, leso per azione compressiva e tossica, si atrofizza e viene sostituito da tessuto connettivo. In veterinaria la diagnosi è fondata in gran parte sul rilievo dei sintomi clinici. Le prove sierologiche si sono dimostrate di scarso valore specifico. Di scarso valore pratico si sono appalesate le prove allergiche (per via sottocutanea e intradermica). Un valore decisivo ha l'esame fisico-chimico e microscopico del liquido cistico estratto mediante puntura. Tuttavia la tecnica dell'estrazione si rende più difficile che nell'uomo per le difficoltà che s'incontrano nell'esatta localizzazione della cisti, in rapporto alla topografia assai profonda dei visceri dei grossi erbivori. Come in tutte le malattie parassitarie, anche nell'echinococcosi si ha eosinofilia che può avvalorare gli altri reperti.
Non si conosce nessuna cura medicamentosa efficace e il trattamento chirurgico in veterinaria incontra, dal lato pratico, difficoltà insormontabili. Ha perciò importanza massima la profilassi, diretta alla distruzione dei visceri parassitati, alla cura dei cani portatori della Taenia echinococcus, alla distruzione delle feci inquinate.