DOTTO DE' DAULI, Carlo
Nacque a Roma il 27 ott. 1846 da Antonio, funzionario borbonico nato a Palermo da famiglia genovese trasferita in Sicilia, e da Sofia Rubino, fiorentina. Cominciò gli studi a Firenze, poi a Palermo si iscrisse al liceo-ginnasio, quindi all'istituto nautico. Nel 1862 fu ammesso alla Scuola militare di Modena (da poco istituita); ne uscì sottotenente nel 1864. Destinato al 41° reggimento fanteria, fu di presidio a Bologna nel 1864-65, e nel 1866 partecipò alla terza guerra d'indipendenza. Nell'agosto '67 si mise in aspettativa; nel settembre si recò a Ginevra, al congresso della pace e vi incontrò Garibaldi.
Deluso dalle vicende del '66, il D. aveva perduto la fiducia nella monarchia. Il napoletano G. Imbriani, fervente repubblicano (conosciuto forse quando questi nel 1863-64 frequentò l'Accademia militare di Torino), di cui condivideva gli ideali patriottici e umanitari, lo affiliò alla mazziniana Alleanza repubblicana universale. A fine settembre '67 si recò a Napoli; nell'ottobre collaborò alla spedizione garibaldina nella Campagna romana, organizzando i volontari della colonna Nicotera, alla quale si aggregò nel Lazio (cfr. Scioscioli, Il Fondo Dotto de' Dauli, p. 480 n. 60, dichiarazione di G. Nicotera).
Dopo Mentana si stabilì a Napoli; cadute le speranze nell'iniziativa popolare per Roma, tornò nel regio esercito, senza interrompere i rapporti con gli amici repubblicani. Nel 1867 seguì un corso della scuola speciale presso la divisione militare di Napoli, nel '69 fu ammesso alla Scuola superiore di guerra di Torino, nel luglio '70 ritornò al 41° reggimento; nell'agosto-settembre compì una campagna topografica in zone di montagna (fu appassionato alpinista), e il 20 settembre partecipò alla liberazione di Roma. Nel 1871 fu in Basilicata, dove non era del tutto domato il brigantaggio. Quindi, per le sue convinzioni repubblicane si dimise dall'esercito (attestati riguardanti la carriera militare sono presso la famiglia Dotto).
Dal dicembre 1871 insegnò storia e geografia nelle classi tecniche, ginnasiali e liceali di vari istituti privati e comunali di Napoli e mise al servizio della politica la passione per la storia, in cui cercava la dimostrazione delle malefatte dei re, e l'erudizione geografica, di cui si servi per rivendicare le terre irredente: nel 1873 pubblicò a Napoli un volume di quasi 500 pagine (Nizza o il confine naturale d'Italia ad occidente con appendice sulle terre d'Italia soggette tuttora agli stranieri), dimostrazione dell'italianità di Nizza, con una storia della città dalle origini ai tempi moderni e un'accurata descrizione etnico-geografica, seguita da una dimostrazione analoga per Istria, Carso, Friuli, Trentino, Canton Ticino, Corsica, Malta.
Intanto il D. si era impegnato apertamente nell'attività politica. "È il più ardente repubblicano del partito di Napoli ... Individuo pericolosissimo, perché di natura impetuosa e imprudente. Ha parola facile e simpatica e si può esser certi che all'occorrenza affronterà qualunque pericolo anche colla certezza di soccombervi", scriverà di lui il 26 maggio '73 il questore di Napoli (Scirocco, Democrazia e socialismo, p. 265). Acceso mazziniano, nel marzo del '72 propose l'erezione di un monumento a Mazzini, nel '73 e nel '74 presiedette l'adunanza popolare per la commemorazione. La sua ansia era l'azione, e soffriva per l'inerzia dei meridionali. Nel '72 fu tra i fondatori e dirigenti dell'Associazione democratico-radicale del Napoletano, che ebbe vita grama. Il 14 marzo '73 rivolse un appello per la costituzione di un Sodalizio generale repubblicano di Napoli e delle province (Il Popolo d'Italia, 15 marzo). Nell'ottica dell'unità delle forze antimonarchiche cercò insistentemente l'accordo con gli internazionalisti, sia allora sia in seguito, tanto che più volte si sospetterà un suo passaggio al socialismo (su contatti con E. Malatesta nel '74, cfr. G. Trevisani, Il processo di Trani contro gli internazionalisti, in Movimento operaio, n.s., VIII [1956], 5, pp. 639-662). In effetti egli resterà sempre nel campo mazziniano, anche se, a differenza degli intransigenti, sarà disponibile per l'alleanza con le altre forze democratiche e parteciperà alla vita parlamentare.
Per sollecitare l'iniziativa nel Sud, entrò nel '73 in un comitato formato per estendere al Mezzogiorno lo sforzo organizzativo intrapreso dai repubblicani in Italia e compì una serie di viaggi nelle province meridionali allo scopo di costituire una rete di comitati locali. Affermatosi rapidamente in campo nazionale, si incontrò con i principali esponenti del partito, a Torino, Firenze, Roma, nelle Romagne, nelle Marche. Nel novembre '72 intervenne al congresso al teatro Argentina, in cui fu approvato il primo Patto di Roma; nel marzo '73 prese parte a Roma al XII congresso delle Società operaie affratellate; intervenne a Firenze a una riunione dei più autorevoli repubblicani l'11 giugno, e il 19 novembre ad un'altra più importante, in cui si stabilirono le direttive dell'azione nel paese secondo una linea legalitaria (Berselli, Gli arresti di villa Ruffi, pp. 48 s.): il D. solo sostenne la possibifità di un'insurrezione e insistette anche in seguito per l'azione rivoluzionaria, incontrando l'opposizione dei dirigenti nazionali (Scirocco, Democrazia e socialismo, p. 267). Il 2 ag. '74 si recò al convegno indetto a villa Ruffi, presso Rimini, per stabilire la condotta dei repubblicani in vista delle elezioni politiche. Il governo vide nell'adunanza un fatto sedizioso: fece arrestare i convenuti e colse l'occasione per sciogliere le associazioni repubblicane. Il D. fu arrestato con gli altri; come gli altri fu prosciolto dalle accuse e scarcerato nel dicembre '74.
Rientrato a Napoli nel febbraio '75, riprese l'insegnamento privato. Desideroso di una migliore sistemazione economica, non volendo dipendere dal padre (passato dopo il '60 nell'amministrazione italiana come funzionario di prefettura), cominciò a pensare di lasciare Napoli per trasferirsi a Genova o a Forlì, dove contava sull'appoggio degli amici repubblicani. Intanto continuò l'attività politica nella ricostituita organizzazione del partito col maggior prestigio derivatogli dalla prigionia. Nell'agosto del '75 andò a Rimini per l'anniversario di villa Ruffi, quindi percorse le province di Foggia, Campobasso, Potenza, Avellino, Benevento, Caserta e Salerno, constatando ovunque miseria e malcontento, ma poca disposizione all'insurrezione. I risultati delle sue osservazioni furono esposti in una serie di ventotto lettere pubblicate tra il maggio e il dicembre 1876 su L'Italia degli Italiani, raccolte nell'opuscolo Sulle condizioni morali e materiali delle province del Mezzogiorno d'Italia (Napoli 1877).
Il D. metteva in evidenza la prepotenza dei ricchi, la miseria e il servilismo delle masse, l'arbitrio delle autorità e degli amministratori, la mancanza di istituti di credito e la diffusione dell'usura, la scarsità delle vie di comunicazione. Rimedi potevano essere la riforma della legge comunale e provinciale, la diffusione del credito agricolo, la costruzione di strade, ferrovie, porti, una migliore distribuzione della fondiaria, lo sfruttamento delle (in realtà scarse) risorse minerarie. Soprattutto, secondo le concezioni mazziniane a cui si ispirava, occorreva assicurare il progresso morale delle popolazioni con la responsabilizzazione dei ricchi, l'elevazione dei poveri, l'impegno del governo e delle amministrazioni locali.
Il D. svolse un'intensa attività pubblicistica. A Napoli nel 1875 collaborò alla Spira, un quotidiano fondato da G. Bovio, pubblicato dal 4 aprile al 29 luglio, quindi a L'Italia degli Italiani, organo dei mazziniani "puri", fondato da M. R. Imbriani, che iniziò le pubblicazioni il 10 marzo 1876, poi, con Ricordi storici, alla Spira riapparsa dal 1° nov. '77 al 21 marzo '78. Nel '76 diede articoli o corrispondenza a Pensiero e azione di Genova, L'Amico del popolo di Bologna, L'Emancipazione diretta a Roma da M. Quadrio. Si preoccupò di cercare corrispondenti per L'Italia degli Italiani; fu tra i promotori di un quotidiano mazziniano a Roma, e nel '76, fondato Il Dovere, raccolse azioni e abbonamenti. "Zelante, attivo, intelligente, capace di un lavoro variato", lo giudicò Sara Nathan (G. Monsagrati, Momenti dell'intransigentismo repubblicano: il gruppo romano del "Dovere", in L'associazionismo mazziniano, Roma 1982, pp. 35, 52 s., 70-73). Continuando l'attività pubblicistica, al declino del Dovere, scomparso nel 1884, il D. collaborò al Fascio della democrazia, alla Emancipazione di F. Albani e a molti giornali locali, come Il Cittadino romagnolo di Forlì e IlLucifero di Ancona.
Per la notorietà acquisita dopo villa Ruffi, nelle elezioni del novembre '76 si presentò a Urbino, ma fu sconfitto nel ballottaggio. Ancora nel '77 fu tra i repubblicani che cercarono l'intesa con gli internazionalisti. A lui fu affidato l'incarico di far pervenire a C. Cafiero, in carcere dopo il moto del Matese, una somma raccolta a Roma, ma l'offerta fu respinta. Benché continuasse a curare l'organizzazione nel Napoletano (tra l'altro nel giugno '77 fu tra i fondatori del Circolo G. Imbriani, e successivamente del Circolo repubblicano, sorto sull'esempio di quelli di Brescia e di Roma, inaugurato il 9 febbr. '78), il D. era sempre più deluso dall'apatia dei Napoletani ed ammirato dell'entusiasmo dei repubblicani romagnoli.
Intanto, presso l'università di Napoli, il 26 nov. 1877, conseguì il diploma di insegnamento per la storia e la geografia nelle scuole tecniche e normali. Con questo titolo ottenne, sul finire del 1878, la nomina a professore di italiano, storia e geografia presso il ginnasio comunale di Forlì ed esaudì il suo desiderio di trasferirsi in Romagna. Il 26 nov. '79, presso l'università di Bologna, ottenne anche l'idoneità all'insegnamento delle lettere italiane. Successivamente, sempre a Forlì passò alla cattedra di storia e geografia alla scuola tecnica comunale.
Il D. sposò Maria Rubino, di origine calabrese (non parente della madre). Ebbe due figli: Spartaco (Forlì, 17 dic. 1879) e Antonio (Roma, 8 sett. 1888).
In Romagna continuò ad operare per l'unità delle forze democratiche, sempre fiducioso nell'imminenza della rivoluzione. Il 21 apr. 1879 partecipò a Roma alla riunione in cui fu fondata la Lega della democrazia e manifestò le sue perplessità circa l'utilità dei metodi legalitari che Garibaldi intendeva seguire. Prese egualmente parte attiva, con l'abituale irruenza, alla campagna della Lega per il suffragio universale. In un'adunanza popolare a villa Filetto (Russi, prov. di Ravenna) il 19 marzo '82 nacquero tafferugli e furono uccisi due carabinieri. Il D., accusato di avere eccitato gli animi con le sue parole, fu arrestato; scarcerato dopo 29 giorni, fu poi completamente scagionato (cfr. due sue lettere nella Lega della democrazia del 27 e del 28 apr. 1882). In occasione del processo, celebrato a Perugia, sfidò a duello due avvocati, e li ferì entrambi. Valente schermidore, sostenne parecchi duelli.
Nelle elezioni dell'ottobre '82 (a suffragio allargato e a scrutinio di lista) fu il primo dei non eletti nel collegio Pesaro--Urbino. In elezioni suppletive, fu eletto nello stesso collegio il 15 luglio '83, ma la votazione fu annullata, perché il D. era professore in scuola sussidiata dallo Stato e il numero dei dipendenti statali fissato per la Camera dalla legge elettorale vigente era stato già raggiunto. Il D. rinunziò all'insegnamento e fu rieletto il 7 genn. 1884.
Partecipò assiduamente ai lavori parlamentari, sedendo all'estrema sinistra. Difese spesso gli interessi del suo collegio; prese la parola su vari problemi e, tra l'altro, parlò in favore dei maestri elementari e dei professori di ginnasio.
L'intervento più importante è del 23 giugno '84: prese le difese della Romagna, accusata, a suo avviso ingiustamente, dai moderati, di essere tra le regioni più turbolente. Accusò a sua volta la politica repressiva del governo, che accresceva il malcontento delle popolazioni ed esaltò le doti del lavoratore romagnolo e l'ordine esistente nelle locali società operaie (Atti parlamentari, Camera, Discuss., XV legisl., pp. 9312 s.; altro breve intervento il 26 giugno, p. 9489).
La Lega della democrazia, indebolita dalla morte di Garibaldi, era finita nell'83 con la scomparsa di A. Mario. Per imprimere nuovo slancio all'azione nel paese, repubblicani, radicali e socialisti diedero vita al Fascio della democrazia. Il D. ebbe parte importante nel congresso di Bologna dell'8-9 ag. '83 in cui fu fondata l'associazione: fu chiamato al seggio presidenziale, parlò a favore di una direzione centralizzata. Quindi si impegnò nelle campagne promosse dal Fascio. Alla Camera intervenne contro il passaggio ai privati delle linee ferroviarie (4 dic. 1884 e 29 genn. '85; ibid., rispettivamente pp. 9860 s., 11199), sulle leggi Berti e su proposte di legislazione sociale accolte con riserva dall'Estrema Sinistra (16 maggio 1885; ibid., p. 13749).
Non rieletto nel 1886, si presentò senza successo a Grosseto nelle elezioni suppletive del novembre '87 e nelle generali del novembre '90.
La candidatura a Grosseto era un riflesso della sua attività di studioso. Secondando la passione per la storia erudita, durante la permanenza in Romagna scrisse un ponderoso trattato, L'Italia dai primordi all'Evo antico (voll. 3, Forlì 1879-80), la sua opera di maggiore impegno; quindi si dedicò a un documentato lavoro su Vetulonia, in Maremma, e condusse in numerosi opuscoli di varia ampiezza una puntigliosa polemica sul sito dell'antica città. Nel 1895 si presentò al concorso per la cattedra di geografia all'università di Palermo; giudicato non idoneo, confutò astiosamente in fogli a stampa la relazione della commissione.
Con la rinunzia alla cattedra a Forlì il D. si era trovato in difficoltà economiche. Non avendo più ragione di risiedere in Romagna, si trasferì a Roma. Per aiutarlo E. Pantano lo chiamò nella redazione del Fascio della democrazia, quotidiano dell'associazione (lett. di Pantano a N. Colajanni, Roma, 3 febbr. 1884, in Democrazia e socialismo in Italia. Carteggi di N. Colajanni 1878-1898, a cura di S.M. Ganci, Milano 1959, p. 41). Dal 1886 trovò sistemazione stabile come bibliotecario della Lancisiana, annessa all'ospedale di S. Spirito.
Scioltosi tra il 1885 e il 1886 il Fascio della democrazia, il D. diradò la sua presenza nella vita politica, senza allontanarsene del tutto. Nel 1890 lo troviamo a Roma nel Comitato centrale radicale per le elezioni (M. Casella, Irepubblicani a Roma alla fine del secolo, in L'Associazionismo mazziniano, p. 174); nel '93 intervenne in favore dei Fasci siciliani, indicando rimedi per migliorare le condizioni dell'isola (Per la Sicilia, in La Rivista popolare, I, n. 8, pp. 265 ss.); nel '94 fu tra i partecipanti al congresso democratico indetto a Roma, con esito negativo, per dar vita a un Fascio nazionale (M. Casella, Democrazia socialismo, movimento operaio a Roma. 1892-1894, Roma 1979, p. 302); nel 1896, dopo Adua, pubblicò a Roma in un unico opuscolo un articolo edito il 19 apr. '85 sul Fascio della democrazia contro le avventure coloniali, Imprese disastrose, e un breve scritto, Dopo il disastro, di censura agli uomini di governo ed ai capi militari che avevano portato l'Italia al grave scacco. L'apatia del popolo e le vicende politiche lo amareggiavano profondamente.
Morì a Roma l'8 apr. 1901.
Scritti: Quelli principali sono stati citati nel testo. Tra i molti opuscoli e fogli volanti ricordiamo il giovanile Giuseppe Berardi, in Fazionedi Monte San Giovanni il 26 ott. 1867, Giuseppe Berardi, Napoli 1867, e i saggi collegati Un decreto sbagliato non corrispondendo Colonna di Maremma al sito di Vetulonia, Massa Marittima 1890; Vetulonia non fu a Colonna di Maremma. Lettera aperta al dott. cav. Isidoro Falchi R. ispettore di scavi, Roma 1891; Vetulonia e i nuovi errori del dott. cav. Isidoro Falchi R. ispettore di scavi, ibid. 1891; La questione di Vetulonia. Al signor dott. cav. Isidoro Falchi, ibid. 1893; Vetulonia, nuovi errori, mistificazioni e menzogne, Pitigliano 1894, Vetulonia e nuove mistificazioni, imposture e falsità, Roma 1895; Sul sito di Vetulonia, fatti e non falsità, ibid. 1895; La questione di Vetulonia. Risposta all'autore anonimo dell'articolo Vetulonia appresso gli antichi, ibid. 1895, un complesso di opuscoli eruditi ascendente a oltre seicento pagine, constituenti una trattazione sull'antica Vetulonia e sulla sua identificazione con l'attuale Massa Marittima.
Fonti e Bibl.: Documenti sulla famiglia e sul D. sono presso i discendenti a Roma; una parte è stata depositata presso l'Istituto di studi del movimento repubblicano; cfr. M. Scioscioli, Il Fondo Dotto de' Dauli, in Archivio trimestrale, VII (1981), 3, pp. 469-482. Sulla famiglia [A. Dotto de' Dauli], Sunto dell'albero genealogico della nobile famiglia Dotto de' Dauli, Palermo 1844. Sommarie è imprecise la biografia di G. Badii in Diz. del Risorg. naz., II, p. 958, e quella in A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, I, p. 381. Dati precisi in A. Scirocco, Democrazia e socialismo a Napoli dopo l'Unità (1860-1878), Napoli 1973, ad Indicem; A. Berselli, Gli arresti di villa Ruffi. Contributo alla storia del mazzinianesimo, Milano 1956, ad Indicem; soprattutto in A. Scirocco, C. D. e la democrazia ital., con lettere e documenti inediti, in Nuovo Archivio trimestrale, I (1989), 1. Cfr. anche Albo a G. Imbriani, Napoli 1871, pp. 165-173; Indice generale degli Atti parlamentari (1848-1897). Storia dei collegi elettorali, Roma 1898; L. Musini, Da Garibaldi al socialismo, Milano 1960, ad Indicem; A. Romano, Storia del movim. socialista in Italia, Bari 1966-67, ad Indices; L. Mascilli Migliorini, M. Quadrio e i repubblicani napol. 1872-1876, in Atti del Secondo Convegno su Mazzini e i mazziniani dedicato a M. Quadrio, Pisa 1978, pp. 279-292; A. Scirocco, Garibaldi "politico" e la Lega della democrazia, in Clio, XIX (1983), 1, pp. 65-88.