MICHELESSI, Domenico
– Nacque a Spinetoli, presso Ascoli Piceno, il 4 ag. 1735 da famiglia «onesta e ragguardevole ma non di molte facoltà» (Treviso, Biblioteca comunale, Mss., 1261, cc. n.n.), poiché il padre, Francesco, aveva sperperato quasi tutto il suo patrimonio. La madre, Emidia Biagioli, che ebbe parte importante nella prima educazione del figlio, era parente dell’abate Domenico Lazzarini.
Primo di tre fratelli, il M. fu d’ingegno precoce e già a dodici anni cominciò a comporre versi in italiano e latino. Tra i quindici e i sedici anni andò a studiare ad Ascoli retorica e filosofia, seguendo per qualche tempo gli insegnamenti dei gesuiti, poi dei domenicani e, infine, del carmelitano P. Picconi. A diciotto anni fu nominato pubblico maestro di grammatica e retorica a Spinetoli, dove rimase per due anni. Sotto la direzione di Filippo Trenta, giudice e podestà di Ascoli, si perfezionò nello studio della poesia e della letteratura.
Già ordinato sacerdote, il M. fu presentato, probabilmente durante un primo soggiorno veneziano, al futuro doge Marco Foscarini, procuratore di S. Marco. Il M. si impegnò nella stesura di un canto in lode della famiglia Foscarini, di cui leggeva la sera al procuratore e ai suoi amici i versi che man mano componeva. Nel 1761 fu richiesto da monsignor G.M. Centini, vescovo di Montalto, come maestro di retorica nel suo seminario ma, insofferente dell’insegnamento, nel 1762 abbandonò la cattedra adducendo motivi di salute e si trasferì a Venezia.
Morto, l’anno successivo, Foscarini, nel frattempo eletto doge, al M. fu preferito Clemente Sibiliato per la cattedra di lettere allo Studio di Padova.
Nel 1763 il M. compose la Laudatio in funere … Marci Foscareni …, ricompensata dalla famiglia con 20 zecchini, e l’Oratio … ad Franciscum Pisanum Ludovici principis filium D. Marci procuratorem (entrambe a stampa a Venezia lo stesso anno). Intanto, grazie alla protezione della famiglia Condulmer, divenne segretario del nunzio a Venezia Francesco Carafa. Scrisse il Canto per le nozze di s.e. Niccolò Foscarini con s.e. Andrianna Barbaro …, s.d. (ma Venezia 1766) e lasciò il servizio presso Carafa, richiamato a Roma. Per interessamento di Filippo Farsetti fu quindi assunto come segretario da monsignor G.B. Caprara Montecuccoli, destinato alla nunziatura di Colonia. Insieme con quest’ultimo raggiunse Colonia il 14 apr. 1766. Durante i due anni di soggiorno in Germania ebbe la possibilità di perfezionare la conoscenza del greco, del francese e del tedesco e di apprendere l’inglese. Tornato a Venezia nel settembre 1768, con l’aiuto e la protezione di Bonomo Algarotti si dedicò alla stesura della sua opera più nota, le Memorie intorno alla vita e agli scritti del conte Francesco Algarotti (Venezia 1770).
Elegante tributo al carattere cosmopolita del conte Algarotti, le Memorie non si limitano a un profilo agiografico ma, ricostruendone i rapporti e le connessioni con la cultura europea, indicano e correggono errori e infedeltà delle edizioni algarottiane confrontandole criticamente con gli autografi posseduti dal fratello Bonomo. Nel contempo rappresentano anche un abile tentativo di propiziarsi nobilmente i favori di Federico II di Prussia, concedendo ampio spazio alla celebrazione del genio e delle virtù del monarca protettore di Algarotti.
Nel marzo 1770 il M. partì per Vienna, dove rimase per un mese e da dove inviò a B. Algarotti le ultime correzioni per la stampa delle Memorie. Alla fine di aprile riprese il viaggio per la Germania: dopo un soggiorno di oltre due mesi a Dresda, giunse in agosto a Berlino e Potsdam per presentare le Memorie a Federico II (a Sans-Souci il 3 sett. 1770). Si trattenne in Prussia fino a novembre, in dicembre si recò a Brunswick e all’inizio del 1771 visitò le corti di Gotha e Weimar.
Nel corso di un intero anno era stato ricevuto onorevolmente nelle corti tedesche, aveva pazientemente stabilito contatti con politici e letterati, composto poesie celebrative per nozze e nascite di principi, nonché un’apprezzata Orazione in latino per il principe elettore Clemente Venceslao di Sassonia, arcivescovo di Treviri, ma non era riuscito a ottenere una sistemazione stabile. Determinante per il futuro del M. fu invece l’incontro, alla corte del duca Carlo di Brunswick, con i figli del re di Svezia Adolfo Federico II, che viaggiavano per l’Europa in incognito. Rinunciando all’opportunità di entrare al servizio dell’arcivescovo di Treviri e tramontata la possibilità di ottenere una pensione o un canonicato dal re di Prussia tramite gli uffici dell’abate Nicolò Bastiani, il M. decise infatti di accettare l’invito dell’ora re GustavoIII – il padre era morto nel febbraio del 1771 – ad assistere alla cerimonia della sua incoronazione a re di Svezia. Ancora a Dresda in febbraio, arrivò a Praga il 12 marzo e dieci giorni dopo raggiunse Vienna. Ripartì il mese successivo e, attraverso Breslavia, Francoforte sull’Oder e Stettino, dove soggiornava in esilio la prima moglie del principe reale di Prussia Augusto Guglielmo, raggiunse Stoccolma il 14 giugno. Accolto con favore alla corte di Gustavo III di Svezia e della madre Ulrica, sorella di Federico II di Prussia, il M. si dedicò alla composizione di due poemetti celebrativi, La bontà, per il funerale di Adolfo Federico, e Per l’Ordine reale di Wasa …, ordine cavalleresco istituito dal re il giorno della sua incoronazione (Stoccolma 1772), traducendo poi in latino l’orazione di Gustavo III alla Dieta dalla versione francese del conte Carl Fredrik Scheffer, per inviarla in Italia. Nei mesi successivi, imparato rapidamente lo svedese, fu coinvolto in una più intensa attività di traduttore. Per una dama della corte tradusse dal greco in svedese Ero e Leandro di Museo e le due Eroidi ovidiane sullo stesso soggetto, poi rese pubbliche all’Accademia di Stoccolma. Per Gustavo III tradusse invece un dramma destinato al teatro Reale, mentre rimase a uso privato del sovrano la versione del discorso A Nicocle di Isocrate, riconoscibile riferimento ideologico per la futura azione politica gustavina. Nel mese di luglio 1772 compì un primo più lungo viaggio per il paese e il giorno 29, ricevuto all’Accademia delle scienze in presenza del re, recitò un discorso sulla lingua svedese e sul teatro nazionale esaltando le virtù del nuovo sovrano. Insistentemente invitato da Gustavo III a trattenersi ancora in Svezia prima di intraprendere il viaggio in Russia progettato da lungo tempo, il M. fu testimone della rivoluzione del 19 ag. 1772, che concentrò il potere nelle mani del re a scapito della Dieta corrotta e divisa, e ne divenne il fedele e intelligente propagandista con la Lettre à Mgr Visconti … sur la révolution arrivée en Suède le 19 août 1772 (Stoccolma 1772), ben presto diffusa in tutta Europa. In ottobre tradusse dallo svedese la nuova costituzione, subito inviata ad Algarotti, poi i Discorsi di Gustavo III e il suo Carteggio … con il conte di Scheffer, pubblicati a Venezia l’anno successivo. Scritto nel 1772, ma apparso postumo a Colonia nel 1776, è invece il Discours oratoire contenant l’éloge de Gustave III roi de Suède.
Strutturato secondo lo schema classico dell’elogio ma, inusualmente, dedicato a un sovrano vivente, è anche un trattato sull’arte di regnare esemplificato attraverso l’esame delle virtù e delle opere del monarca svedese. Gustavo III è «un Miroir où toutes les classes de Citoyens se regardent», a piena giustificazione di un assolutismo illuministico che, ridimensionando il potere della Dieta e componendo le divisioni fra i partiti, è artefice della felicità dei sudditi e della prosperità dello Stato.
All’inizio del 1773 il M. compì un secondo viaggio attraverso la Svezia, visitò l’Università di Uppsala e le miniere di ferro già cantate nel poema Per l’Ordine reale di Wasa, ritornando a Stoccolma a metà di gennaio.
La prematura scomparsa del M., che morì a Stoccolma il 1° apr. 1773, è narrata brevemente da Ch. Gravier, conte di Vergennes, ambasciatore francese a Stoccolma.
Fu sepolto nel cimitero della chiesa di S. Giacomo a Stoccolma. Un monumento funebre fu fatto erigere in suo ricordo dai conti A.J. Hoepken e C.F. Scheffer, con la breve epigrafe «Dominico Michelessio optimo eruditissimo, natione Italo adoptione Sueco». Il fratello Giuseppe curò una raccolta delle sue Poesie (Fermo 1786), includendovi una cinquantina di componimenti d’occasione non compresi nella silloge fatta stampare da G. Gozzi nel 1773.
Altre opere. Orazione … detta il 3 di maggio dell’anno 1761 nella chiesa de’ rr.pp. Agostiniani di Offida in onore dell’ostia miracolosa che ivi si conserva, Pesaro 1761; Orazione panegirica in lode di s. Andrea Avellino …, Ascoli 1762; Poésies, Berlin 1770; Carteggio del principe reale, ora re di Svezia, col conte Carlo di Scheffer …, Orazioni di S.M., la Lettera dell’abate Michelessi a mons. Visconti …, Venezia 1773; Operette in prosa, ed in verso composte in Svezia …, s.d. (ma ibid. 1773); Elogio al conte Tessin senatore di Svezia … recitato … da … il conte Giannandrea di Hoepken … tradotto dallo svezzese in italiano, ibid. 1775.
Il fratello del M., Giuseppe, nato il 27 luglio 1742, prese il nome di Gaetano entrando nell’Ordine dei minori osservanti. Autore di numerose poesie d’occasione, come il canto La pietà (Ascoli 1780), fu continuatore degli Annales minorum, redigendo e pubblicando il XX volume (Roma 1794), dedicato al pontefice Pio VI. Rimasero invece inedite le sue traduzioni in esametri latini dell’Orlando furioso di L. Ariosto e della Gerusalemme liberata di T. Tasso. Visse nel convento della Nunziata di Ascoli e poi nel palazzo vescovile, ospite del cardinale G.A. Archetti. Nel 1808, costretto a deporre l’abito francescano, fu incaricato dal nuovo governo italico di scegliere i libri più rari e di maggior pregio dalle biblioteche dei conventi e monasteri soppressi nelle Marche. Con la Restaurazione, a causa dell’età e della salute malferma, rinunciò a riprendere l’abito religioso, si ritirò a Spinetoli e vi morì il 10 dic. 1820. Gli sono attribuite anche le Memorie delle imprese militari del signor Giuseppe Cellini (Roma 1800).
Fonti e Bibl.: Treviso, Biblioteca comunale, Mss., 1260 (lettere autografe del M. a B. Algarotti e altri, 1769-73); 1261 (memorie e testimonianze relative al M. raccolte da B. Algarotti); 1262 (Gustavi IIItii Sveciae regis orationes Sueco in Latinum conversae); Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Racc. Gamba, coll. 44/33-1 (lettera autografa del M. a B. Algarotti); 1263 (minute di lettere di B. Algarotti al M.); Padova, Biblioteca del Seminario vescovile, Cart. G. Patriarchi, I.378 (lettera di Patriarchi a G. Gennari sul soggiorno veneziano del M.); Gazette littéraire de Berlin, nn. CCCXXXVI (3 sett. 1770), pp. 281-283; CCCXL (1° ott. 1770), p. 316; CCCXLI (8 ott. 1770), p. 321; Journal littéraire dédié au roi, Berlin, novembre-dicembre 1772, pp. 114s.; Notizie del mondo, nn. 19 (6 marzo 1773), pp. 146s.; 36 (4 maggio 1773), p. 284; Hamburgische Neue Zeitung, 13 apr. 1773; Gazette de Nice, n. XXXVII (10 maggio 1773), p. 146; G. Gozzi, Lettere, Parma 1999, pp. 619-622; G. Cantalamessa Carboni, Memorie intorno i letterati e gli artisti della città di Ascoli nel Piceno, Ascoli 1830, pp. 251-253 (pp. 253 s. su Giuseppe Michelessi); E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri, I, Venezia 1834, pp. 162 s. (VIII, ibid. 1841, pp. 182-184 per Giuseppe Michelessi); G. Gozzi, Scritti, a cura di N. Tommaseo, III, Firenze 1849, pp. 118-129; A. Beijer, Abbé D. M. …, in Samlaren, n.s., I (1920), pp. 92-140; F. Venturi, Settecento riformatore, III, La prima crisi dell’Antico Regime, Torino 1969, pp. 296-320; R. Wis, D. M. un marchigiano nella Svezia del Settecento, in Accademie e biblioteche d’Italia, LIV (1986), pp. 6-14; R. Caira Lumetti, Il principe e lo Stato del «Discours oratoire contenant l’éloge de Gustave III roi de Suède» di D. M., in Studi latini e italiani, III (1989), pp. 153-165; Id., La cultura dei lumi tra Italia e Svezia, Roma 1990, pp. 23-31; T. Privitera, Un italiano in Svezia nel XVIII secolo, in Classiconorroena, III (1994), pp. 5-8.
M. Catucci