MORICHINI, Domenico Lino
MORICHINI, Domenico Lino. – Nacque a Civita d’Antino (L’Aquila) il 23 settembre 1773 da Anselmo, agricoltore e uomo profondamente religioso, e da Domitilla Moratti. I due ebbero altri due figli, Maria Francesca e Felice, che morì fanciullo.
Frequentò per tre anni il seminario vescovile di Sora, quindi per i due successivi il R. collegio Tuziano della stessa città. A partire dai 15 anni proseguì la sua formazione a Roma, dove compì il triennio di studi medico-chirurgici, ottenendo nel 1792 il dottorato in filosofia e medicina e di seguito la matricola d’onore in medicina e la medaglia d’oro in ostetricia. Con questi e altri titoli, tra cui l’incarico di assistente presso l’ospedale di Santo Spirito, partecipò nel 1794 e ancora nel 1795 al concorso a lettore soprannumerario di medicina al pubblico studio della Sapienza, ottenendo in entrambi i casi l’idoneità. Nella seconda occasione ebbe la stessa valutazione «optime» del vincitore, che gli fu però preferito per anzianità. Il 18 luglio 1797, in concomitanza con la giubilazione di uno dei professori della classe di medicina, chiese e ottenne la nomina a lettore soprannumerario per la classe medica presso l’università romana. Gli fu allora assegnato l’insegnamento di chimica, nel quale introdusse subito le nuove dottrine lavoisieriane.
In quel tempo, grossi sconvolgimenti politici stavano avvenendo a Roma, con l’ingresso delle truppe del generale Louis- Alexandre Berthier e la proclamazione della Repubblica romana (15 febbraio 1798). Morichini partecipò attivamente alla nuova fase storica: fu tra l’altro nominato membro residente del neonato Istituto nazionale della Repubblica romana e in esso fece parte della commissione incaricata della riforma delle scuole superiori. Come lettore della Sapienza, pronunciò il giuramento di fedeltà previsto dalla Costituzione repubblicana che non ritrattò, come altri fecero, dopo la condanna papale del gennaio 1799, ma solo nell’ottobre di quell’anno, alcune settimane dopo la caduta della Repubblica. Nel novembre 1801, con la riammissione di tutti professori della Sapienza all’esercizio delle loro cattedre decisa da Pio VII e la conseguente riapertura dell’ateneo, poté prendere finalmente servizio in qualità di professore sulla cattedra di chimica, che ricoprì per più di 30 anni, fino alla giubilazione e alla collocazione fra i professori emeriti il 14 febbraio 1833.
Ammalatosi da lì a poco, probabilmente in seguito a ictus cerebrale, peggiorò rapidamente e morì a Roma il 21 novembre 1836, lasciando i sette figli che aveva avuto dal matrimonio con Cecilia Calidi, contratto nel 1804. Tra questi il primogenito Carlo Luigi fu sacerdote e divenne in seguito cardinale.
Difficilmente Morichini può essere etichettato solo come chimico, essendo per tutta la sua vita impegnato anche come professore, medico, consulente della Sacra consulta per tutto ciò che atteneva la politica igienico-sanitaria, uomo di cultura e membro di molte importanti accademie nazionali e internazionali, tra le quali l’Accademia degli Arcadi, a cui partecipò con lo pseudonimo di Melampo di Coo, la Società italiana delle scienze (poi Accademia nazionale delle scienze detta dei XL), la Royal Society di Londra e infine la romana Società dei ‘Babbioni’, uomini dotti che si riunivano nei caffé della città, di cui Morichini fu presidente e principale animatore.
Nel campo della chimica, oltre al merito di aver introdotto tra i primi a Roma e in Italia la nuova dottrina di Antoine-Laurent Lavoisier, Morichini è noto per aver individuato la presenza di fluoro nei denti. Incaricato dell’analisi chimica dei denti fossili di un elefante trovati a Roma, nei pressi di Porta del Popolo, da Carlo Lodovico Morozzo, allora presidente dell’Accademia delle Scienze di Torino, trattò i reperti con acido solforico concentrato, notando un’abbondante effervescenza dovuta alla liberazione di gas, che riconobbe come diossido di carbonio e fluoro, rilasciato soprattutto dallo smalto e identificabile in quanto capace di corrodere il vetro del recipiente e formare fluoruro di calcio a contatto con l’acqua di calce. Successivamente Morichini proseguì le ricerche su denti umani, trovando anche in essi fluoro sotto forma di fluoruro, sia pure in minor misura e associato a fosfato in un rapporto che non riuscì a determinare. Solo diversi decenni più tardi divenne chiaro come nella dentina, nell’avorio e nelle ossa dei viventi il fluoro sia in realtà presente in tracce e si accumuli invece durante il processo di fossilizzazione, costituendo ciò la base per uno dei metodi di datazione relativa dei fossili.
Un’altra ricerca per il quale Morichini acquistò grande celebrità riguardò le proprietà magnetizzanti della radiazione ultravioletta. A partire dalle precedenti esperienze di William Herschel, Johann Ritter e altri, che avevano mostrato la presenza ai limiti della luce visibile di altre radiazioni, denominate all’epoca «raggi calorifici» e «raggi chimici», Morichini ipotizzò che la luce potesse contenere in sé oltre al calore anche gli altri due «fluidi», magnetico ed elettrico. Sulla base di tali premesse, nel 1812 sottopose degli aghi d’acciaio alla radiazione violetta constatandone la magnetizzazione. Questi esperimenti, ripetuti più volte, anche davanti a scienziati italiani e stranieri in visita a Roma, in differenti condizioni di temperatura, umidità ecc., ebbero grande risonanza e furono riportati da molte riviste scientifiche, spingendo altri scienziati a replicarli. I risultati furono controversi: alcuni, quali Humphry Davy, George Cuvier e più tardi Andreas Baumgartner e Mary Sommerville, li confermarono, mentre altri, come Alessandro Volta, Pietro Configliachi e, in seguito, i tedeschi Peter Riess e Ludwig Moser, espressero perplessità sul ruolo diretto della luce nella magnetizzazione e sulla riproducibilità stessa del fenomeno, in effetti dipendente da troppe variabili, non tutte ben identificabili. Come per la determinazione del fluoro nei denti, anche in questo caso Morichini ebbe il merito di essere stato un pioniere in un campo di ricerca appena aperto, lo studio delle radiazioni elettromagnetiche e delle relazioni tra esse, al di là delle conclusioni e delle teorizzazioni, inevitabilmente premature, con cui cercò di spiegare le sue preliminari osservazioni.
Oltre all’attività di ricerca, Morichini fu coinvolto per molti anni in qualità di esperto in diverse questioni su cui dovettero pronunciarsi in quegli anni la Camera Apostolica e la Sacra consulta dello Stato pontificio. Per esempio, si espresse, con ripetute e articolate relazioni scritte, a favore della costruzione di saline a Corneto, l’attuale Tarquinia, superando con la sua autorità scientifica l’opposizione locale, alimentata dal timore che le saline potessero favorire il diffondersi delle febbri malariche. A lui si debbono anche le analisi di alcune acque minerali, per esempio quella di Nocera, o termali, come quella di Civitavecchia. In genere, diede un notevole contributo alla nascita e al rafforzamento della politica sanitaria in un territorio all’epoca particolarmente colpito, soprattutto nella campagna e nella costa, dalla malaria, fornendo altresì il proprio parere in svariate questioni riguardanti la pubblica igiene, quali la scelta di luoghi acconci per la costruzione di cimiteri, le norme più sicure per la salute da seguire nella coltivazione del riso, e altre ancora.
Morichini, del resto, fu anche e soprattutto un medico ed esercitò tale professione per tutta la sua vita. Dapprima fu assistente e in seguito, dal 1802, primario all’ospedale di Santo Spirito; successivamente, dopo aver rinunciato a tale incarico perché incompatibile con le altre sue incombenze, continuò la libera professione, costruendosi anche in questo campo una fama che ben presto varcò i confini dello Stato. Fu tra l’altro aggregato al Collegio medico-chirurgico sin dal 1822 e ne partecipò da allora a tutti i lavori. Tra i suoi pazienti illustri vanno segnalati Pio VII e Pio VIII (del quale effettuò l’autopsia nel 1830). Nel 1819 gli fu richiesto un parere sull’infermità di Napoleone Bonaparte, all’epoca confinato a Sant’Elena. Nel 1828 curò il chimico inglese Humphry Davy, colpito da grave malattia durante il suo soggiorno romano.
Davy in occasione di una precedente visita a Roma, nel 1814, aveva assistito alle citate esperienze sugli effetti magnetici della luce, accompagnato in quel frangente da Michael Faraday. Nel 1806 anche Joseph-Louis Gay Lussac visitò Roma e lavorò per un breve periodo con Morichini. Questi esempi, ai quali possono aggiungersi i contatti avuti con Cuvier o John Playfair, forniscono adeguata testimonianza della rete di relazioni che Morichini intrecciò con alcuni tra i più importanti scienziati dell’epoca e anche dell’eccezionale prestigio internazionale che seppe guadagnarsi.
Opere: la prima memoria sulla presenza di fluoro nei denti fu Analisi chimica del dente fossile, in Memorie di matematica e di fisica della Società italiana delle scienze, X (1803), parte I, pp. 166-170; le ricerche furono ampliate in Analisi dello smalto di un dente fossile di elefante e dei denti umani, ibid., XII (1805), parte I, pp. 73-88, 268 s.. La prima memoria sulle esperienze relative alle relazioni tra luce e magnetismo fu letta all’Accademia dei Lincei il 16 settembre 1812; in seguito venne tradotta in francese e pubblicata come Mémoire sur la force magnétisante du bord extrême du rayon violet, in Journal de Physique, LXXVII (1813), pp. 208–215, 297–308. Tali memorie furono successivamente inserite nel volume Raccolta degli scritti editi ed inediti del cav. dott. D. M., Roma 1852, contenente un totale di 48 testi.
Fonti e Bibl.: sulle vicende inerenti in particolare l’attività accademica di Morichini: Roma, Arch. di Stato, Sacra Congregazione, b. 1, f. 1 e b. 470, f. 2017; Ibid., Università, b. 93, cc. 313, 327, 330, 346, 377, 404, 444; Arch. segreto vaticano, Segreteria del Camerlengato, Vecchio tit. XV, f. 87; Arch. storico del Vicariato di Roma, Clero, Tomo 68. Necrologi e biografie: V. Iandelli, Biografìa del cav. dott. D. M. professore di chimica nella università romana, in Giornale arcadico di scienze, lettere, ed arti, LXXIII (1837), pp. 248- 270; A. Lombardi, Elogio storico del Socio Cav. D. M., in Memorie di matematica e di fisica della Società italiana delle scienze, XXIII (1844), pp. 1-10; D. Müller, Biografie autografe ed inedite di illustri italiani di questo secolo, Torino 1853, pp. 258-262; G. Provenzal, D.L. M., in Id. Profili biobibliografici di chimici italiani Sec. XV- Sec. XIX, Roma, s.d., pp. 105-109; Id., I “Babbioni” ed il chimico M., Roma 1945. A queste biografie va aggiunto il saggio anonimo Memorie storiche del cavalier D. M. che fa da introduzione al volume Raccolta degli scritti editi ed inediti del Cav. Dott. D. M., Roma 1852, pp. III-LIV.