DUPRA, Domenico (Giorgio Domenico)
Nato con ogni probabilità a Torino verso il 1689, si trasferi in gioventù a Roma (1717 c.) a studiare pittura nello studio di F. Trevisani, specializzandosi nel genere del ritratto. Abbandonata l'Italia, si recò a Lisbona, forse su richiesta del re Giovanni V di Braganza e in compagnia di F. Juvarra: a Lisbona è documentato come ritrattista di corte dal 1719 (anno della sua iscrizione alla locale Compagnia di S. Luca) al 1730.
Nella capitale lusitana apri uno studio in Paço Real da Ribeira e sposò nel 1724 Gervasia Maria Rodriguez, dalla quale nel 1727 e 1729 ebbe due figli (de Carvalho, 1958). Del soggiorno portoghese rimane un buon numero di ritratti, alcuni dei quali firmati, pubblicati dal de Carvalho: quelli di Maria Barbara, principessa del Brasile (Madrid, Prado) e di Don José, principe del Brasile (Madrid, Palacio de Oriente), entrambi del 1725, il secondo firmato sul retro con l'aggiunta del nodo sabaudo; un ritratto di Giovanni V duca di Braganza alla Biblioteca dell'università di Coimbra; il gruppo conservato nel palazzo ducale di Vila Viçosa, che comprende un secondo ritratto, a figura intera, di Giovanni V di Braganza, uno di Vosé principe del Brasile (anch'esso a figura intera), uno dell'Infanta del Portogallo D. Luisa Isabel josefa (ritratto postumo), uno dell'Infante Don João (anch'esso postumo). Il de Carvalho (1958), che si sofferma sul periodo portoghese dell'artista, nota nelle sue opere, dal punto di vista stilistico, una notevole affinità con la scuola di F. Trevisani, non escludendo, tuttavia, un'influenza di Jean-Baptiste Van Loo. In ogni caso le opere del D. in Portogallo denotano soprattutto un'attenzione ai canoni tipici della ritrattistica aulica di gusto francese, diffusissimi del resto in Europa per tutto il Settecento, che potevano essere entrati a far parte del bagaglio culturale dell'artista già dalle sue prime esperienze torinesi (peraltro fino a questo momento ignote, ma assai plausibili, visto che il D. si recò a Roma non prima dei ventott'anni) e che sicuramente erano state rafforzate dal suo primo soggiorno romano.
Al momento della partenza da Lisbona per l'Italia, il re Giovanni V lo ricompensò, affermano i documenti d'archivio riportati dal de Carvalho (1958), con undici chilogrammi e mezzo d'oro, segno evidente della grande stima che il pittore piemontese s'era saputa procurare presso la corte del Portogallo.
Dal 1731 al 1750 il D. fu a Roma, ove da tempo era residente suo fratello Giuseppe, pittore di ritratti ma anche di soggetti storici, allievo di M. Benefial: da questo momento, fino alla morte del D., furono numerosi i dipinti eseguiti in collaborazione dai due fratelli.
Il primo nucleo di ritratti dipinti dal D. dopo il rientro a Roma è quello di una serie di cardinali eletti tra il 1731 ed il 1735: il cardinale Vincenzo Bichi, già nunzio apostolico a Lisbona e quasi certamente ben conosciuto dal D. fin dal periodo portoghese (il ritratto è perduto, ma lo si conosce attraverso un'incisione di R. Pozzi), il cardinale Sinibaldo Doria, morto nel 1733 (anch'esso noto attraverso l'incisione del Pozzi), ed il cardinale Giuseppe Spinelli, vescovo di Ostia, di cui esistono sia la versione dipinta (Napoli, proprietà duca di Marinella, firmato e datato 1735; cfr. Tarchiani, 1927), sia quella incisa, di N. Billy (per queste incisioni, cfr. Busiri Vici, 1977). Secondo il Busiri Vici, il D. prese il posto di P. Nelli come ritrattista della grande nobiltà romana, favorito in questo dagli stretti contatti con l'aristocrazia cardinalizia: primo risultato sono i ritratti degli esiliati Giacomo III Stuart e Clementina Sobieska (entrambi Edimburgo, Scottish national portrait Gallery), certamente anteriori al 1735 (anno di morte della donna), non firmati ma plausibilmente attribuitigli dal Busiri Vici (1977).
I rapporti con gli Stuart e i personaggi del loro seguito (i "giacobiti") dovevano essere per il D. assai stretti, se egli dipingeva il mezzo busto di William Hay of Edington (1739; Edimburgo, Scottish national portrait Gallery), di John Drummond, quartoduca di Perth, avvolto in un caratteristico plaid di lana scozzese (1739; ibid.), del dottor John Irwin (ibid.), di James Carnegie of Boysack (1739; Glasgow Art Gallery), pubblicati per la prima volta da Skinner (1958). A questa serie appartengono altri ritratti conservati in collezione privata scozzese, soltanto citati dallo Skinner, raffiguranti Charles Edward e Henry Benedict Stuart, firmati "Dom.co Duprà fece Roma 1740": di un ritratto di Charles Edward dei D. esiste un'incisione di Gille s.Edmé Petit, mentre un'altra effigie dello stesso, a figura intera, sempre del D., è stata incisa dal De Poilly (Busiri Vici, 1977); dello stesso anno è il ritratto dell'inchore svizzero Jacob Frey, notoattraverso un'incisione di J. J. Haid (Londra, British Museurn), mentre firmato e datato 1741 è un raffinato busto di gentiluomo in abito rosso, già Sestieri ed oggi di ignota ubicazione (Busiri Vici, 1977); al 1743 risale il noto ritratto del pittore Jan Frans Van Bloemen detto l'Orizzonte (Roma, Accademia di S. Luca; cfr. Busiri Vici, 1974).
In quegli stessi anni il D. entrò in stretto contatto con casa Rospigliosi, stando almeno ai due ritratti di Camillo (ubicazione ignota) e Don Giovanni Battista Rospigliosi-Pallavicini (Roma, Galleria Pallavicini), entrambi firmati e datati 1747, passati all'asta della collezione nel 1932. Il primo è preparatorio per il ritratto a figura intera del principe a cavallo, pubblicato da Busiri Vici (1977) e da lui ritenuto opera di collaborazione tra il D. ed il fratello Giuseppe (Roma, Museo di palazzo Braschi); dello stesso anno è anche l'effigie dell'abate Lorenzo Pinelli, conosciuto soltanto attraverso l'incisione di G. Rossi, stilisticamente collegata, anche se di epoca assai posteriore, al gruppo dei ritratti cardinalizi degli anni Trenta. Il Busiri Vici (1977) attribuisce al D., in maniera assai attendibile alcuni ritratti che precedentemente andavano sotto svariate quanto inaccettabili attribuzioni.
Nella primavera del 1750 il D. ritornò definitivamente in Piemonte, presto seguito dal fratello Giuseppe, chiamato dal re appositamente per dipingere i ritratti di Vittorio Amedeo duca di Savoia e della sua sposa Maria Antonia Ferdinanda di Spagna (Torino, palazzo reale; cfr. Griseri, 1963, p. 115): il Baudi di Vesine (1966) rende nota una lettera del 1° apr. 1750 in cui il cardinale Alessandro Albani raccomanda "il signor Duprà eccellente ritrattista" (evidentemente Domenico) a L. Del Carretto marchese di Gorzegno, ministro dell'Estero a Torino, "quantunque venga bastantemente raccomandato al di lei patrocinio dall'onorevole commissione alla quale è stato chiamato di ritrattare li Reali sposi". Da questo momento si susseguono i pagamenti al D. o ai due fratelli insieme per una grande quantità di ritratti di personaggi della famiglia reale sabauda. Il 16 sett. 1750 i due fratelli (Giuseppe era ancora per qualche tempo a Roma) furono nominati dalla corte "nostri pittori in ritratti … coll'annuo trattenimento di livre mille di Piemonte tra ambi".
Dal 1751 s'infittiscono i pagamenti per i ritratti ducali, molti dei quali destinati a corti straniere, Parigi, Madrid, Sultzbach, Parma, Napoli, oppure alle dimore sabaude di campagna, Moncalieri, Stupinigi, Aglié, Racconigi e Venaria Reale, spesso eseguiti in collaborazione dai due fratelli. Sono inoltre numerosi i ritratti attribuibili al D., sempre in palazzo reale a Torino, di cui si ha notizia, in Schede Vesme (1966) e in Rossetti Brezzi (1980; cfr. anche Gabrielli, 1966, p. 99).
Il D. mori a Torino il 22 febbr. 1770.
Dal punto di vista stilistico, giustamente la Rossetti Brezzi (1980) rileva nei ritratti del D. un "tono internazionale", cioè il tentativo di adeguarsi ai canoni ritrattistici in voga a Roma nella prima metà del Settecento, tra Trevisani ed i francesi della cerchia del Subleyras; non bisogna tuttavia dimenticare (cfr. Busiri Vici, 1977, p. 2) un interesse per la ritrattistica aulica di Rigaud, Nattier e discepoli: questo stile, appena aggiornato negli anni guardando ad esempio a Iacopo Amigoni, rimarrà nel D. sostanzialmente inalterato lungo tutto il corso della sua carriera.
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A. Cottino