CANIGIANI, Domenico
Nacque il 13 genn. 1486 da Matteo di Giovanni. La sua carriera politica iniziò sotto le insegne medicee: nel giugno del 1515 era tesoriere del cardinale Giulio de' Medici e riceveva testimonianze di stima da Giovanni dalle Bande Nere. La considerazione e la fiducia nelle sue capacità dovettero crescere non poco, visto che nel 1525 fu inviato da Giulio, divenuto papa col nome di Clemente VII, in Spagna per fiancheggiare l'opera del legato pontificio Giovanni Salviati alla corte dell'imperatore. Nel giugno del 1527, poi, il papa scrisse alla Signoria fiorentina richiedendo esplicitamente che al C. venisse attribuito l'incarico ufficiale di ambasciatore di Firenze presso quella sede. I Fiorentini rifiutarono ed elessero a quest'ufficio Giannozzo Capponi: il C. era ritenuto, come ci ricorda il Varchi, "…nel concetto dell'Universale per Uomo... vano e da poco.…" (B. Varchi, p. 87) e d'altro canto la restaurazione della Repubblica avvenuta alla fine di maggio di quell'anno e l'elezione di Niccolò Capponi a gonfaloniere non permettevano certo al papa, stretto d'assedio dai lanzichenecchi imperiali, di esercitare alcuna pressione, nonostante la partecipazione di Firenze alla guerra contro gli Spagnoli, a fianco delle truppe pontificie. Tuttavia il C. rimase in Spagna ed ottenne una specie di investitura dai Fiorentini poiché l'ambasciatore eletto non aveva potuto raggiungere la corte di Carlo V per l'ostilità di Tommaso Soderini, avversario personale del Capponi e capo degli oppositori della Repubblica "moderata" da lui proposta.
L'attività del C. nella sede spagnola è scarsamente documentata: egli era in pratica un informatore incaricato di spiare le mene segrete della corte e, a quanto sembra, svolgeva il suo compito "animosamente e con giudizio" (B. Varchi, p. 87). In ragione di ciò l'imperatore stesso gli intimò nel settembre del 1526di abbandonare la corte come persona non gradita: tuttavia la minaccia di espulsione non ebbe seguito poiché il C. rimase a Madrid almeno fino alla pace di Cambrai (5 ag. 1529). I suoi intrighi e le mene a favore del papa irritarono anche i Fiorentini, che egli, nella sua doppia veste di agente pontificio e della Repubblica, rischiava di coinvolgere. Avendo intercettato un suo messaggio in data del 10 dic. 1527diretto al papa e di tenore antimperiale, protestarono con vivacità contro il loro ambasciatore, né tralasciarono di riprenderlo duramente al suo ritorno a Firenze.
Nel 1530 ritroviamo il C. a Firenze in una posizione di secondo piano; a quell'epoca era arroto della Balia per il quartiere di S. Spirito: faceva parte cioè di un gruppo di 136 cittadini che dovevano coadiuvare l'azione della Balia e che sarebbero rimasti in carica per un periodo limitato (fino all'8 ottobre). Inviso ai suoi concittadini, trascurato dal suo precedente protettore, il C. cercò di risollevare le sue fortune altrove e passò al servizio di Ippolito d'Este: tuttavia i suoi rapporti con i Medici si mantennero buoni ed ancora nel 1532 veniva ricordato da Maria Salviati de' Medici nel suo carteggio col pittore Pier Francesco Riccio da Prato, come assai influente presso la sua famiglia (cfr. Lettere inedite..., a cura di C. Milanesi, in Arch. stor. ital., s. 2, VII [1858], p. 26).
Il cardinal Ippolito lo trattò con estrema liberalità, affidandogli l'intera amministrazione dei suoi beni e per tre anni egli godette della munificenza e della considerazione del nuovo signore. In qualità di suo tesoriere fu in contatto nell'agosto 1532con Girolamo Aleandro, nunzio in Germania, al quale il card. Ippolito doveva del danaro: dal carteggio dell'Aleandro si ricava che il C. godeva di una certa influenza nell'ambiente della Curia, in particolare per ciò che riguardava l'amministrazione, tanto che il nunzio gli raccomanda di fare: "l'officio di buon patrone" presso il datario pontificio T. Cortesi (Nuntiaturberichte..., p. 441).La stima del cardinale fu però mal ripagata: il C., non smentendo certo così la sua fama di leggerezza, contrasse un debito enorme sperperando le sostanze dell'Estense per: "...vivere da Signore et far tavole magnifiche et dar grosse provigioni... et vestire et donare et fare il grande" (Lettere di diversi..., p. 492).La conseguenza fu che il cardinale tolse immediatamente l'amministrazione dalle mani del suo rapace dipendente, il quale ebbe anche il cattivo gusto di lagnarsi per un provvedimento così drastico e di partire in tutta fretta verso Firenze senza saldar alcun debito.
Non abbiamo notizie della sua vita per gli anni immediatamente successivi. Il C. dovette comunque accostarsi nuovamente ai Medici, ormai definitivamente insediatisi nel dominio della città, tanto che il 19 dic. 1535 lo ritroviamo come maggiordomo di corte al seguito di Alessandro, duca di Firenze, quando questi si recò a Napoli presso l'imperatore per dirimere la controversia con gli esuli fiorentini. Alla morte di Alessandro, il C., eletto a far parte dei Quarantotto di balia, fu il più strenuo sostenitore del tentativo del cardidinal Cybo di eleggere successore il figlio naturale del defunto, Giulio, che aveva solo 5 anni. Il C. avrebbe sostenuto che solo in questo modo si poteva garantire la continuità del dominio mediceo: tuttavia sembra che egli si prestasse involontariamente al giuoco degli aristocratici, avversari del Cybo, ai quali fu facile neutralizzare questo tentativo e imporre l'elezione di Cosimo de' Medici, figlio di Giovanni dalle Bande Nere. Il C. tuttavia si mostrò ostile a questa scelta, che pure portava al potere il figlio del condottiero del quale aveva goduto in passato il favore ed aveva contenuto antimperiale; tanto ostile da calunniare con malignità i componenti della Balia in presenza dell'inviato spagnolo, il Cifuentes, in occasione della sua venuta a Firenze nel 1537.
Dopo quest'episodio non abbiamo molte altre notizie sulla sua vita: sappiamo che fu priore prima e commissario a Pistoia poi, ma ignoriamo in quali anni. Morì il 31 ag. 1548.
Cortigiano spregiudicato, il C. ebbe modo di accostare alcuni dei più famosi uomini del suo tempo: tra questi vi fu anche Michelangelo, del quale godette una certa amicizia, testimoniata da numerose allusioni nel carteggio dell'artista. Tra il 1515 ed il 1522, durante un lungo soggiorno a Roma al seguito di Giulio de' Medici, il C. si fece ricordare più volte al Buonarroti da amici comuni e giunse fino ad offrirgli ospitalità nel caso di una sua venuta improvvisa. Non sembra però che i suoi rapporti con l'artista siano andati oltre quest'affettuosa cordialità.
Fonti e Bibl.: Lettere di diversi eccellentissimi uomini…, Venezia 1544, pp. 490-94; B. Varchi, Storia fiorentina, Colonia 1721, pp. 87 s., 166, 458, 632; B. Castiglione, Lettere..., a cura di P. Serassi, II, Padova 1771, p. 69; B. Segni, Storie fiorentine, II, Milano 1805, p. 141; Lettere inedite di Giovanni de' Medici detto delle Bande Nere, a cura di F. Moisè e C. Milanesi, in Arch. stor. ital., VII (1858), 2, p. 26; A. Desjardins, Négociations diplomatiques de la France avec la Toscane, II, Paris 1861, pp. 980, 1901; Il carteggio di Michelangelo, a cura di G. Poggi-P. Barocchi-R. Ristori, Firenze 1967, I, pp. 162, 191; II, pp. 280, 312, 336, 361; Legation L. Campeggios... und Nuntiatur G. Aleandros 1532, in Nuntiaturberichte aus Deutschland, Ergänzungsband I, 1 a cura di G. Müller, Tübingen 1969, pp. 405, 410, 413, 430, 432, 440, 444; S. Ammirato, Istorie fiorentine, X, Firenze 1826, p. 216; A Virgili, F. Berni, Firenze 1881, pp. 461, 507; L Staffetti, Il cardinal Innocenzo Cybo, Firenze 1894, p. 153; V. Luciani, F.Guicciardini e la fortuna dell'opera sua, Firenze 1949, p. 58.