La divisione della comunione è l’atto con il quale si scioglie la comunione, mediante la ripartizione del patrimonio comune tra i partecipanti effettuata in proporzione delle rispettive quote. Ogni partecipante può sempre domandare lo scioglimento della comunione (art. 1111 c.c.). La divisione non può essere chiesta prima dell’eventuale termine stabilito dalle parti (che non può essere superiore a dieci anni) e può essere dilazionata, per un periodo massimo di cinque anni, dall’autorità giudiziaria, se l’immediato scioglimento della comunione pregiudichi gli interessi degli altri compartecipi. Deve aver luogo in natura, proporzionalmente alle singole quote, a meno che si tratti di cose le quali, se divise, cesserebbero di servire all’uso a cui sono destinate. Ciascun partecipante può esigere che siano estinte le obbligazioni in solido contratte per la cosa comune, le quali siano scadute o scadano entro l’anno dalla domanda di divisione. Il legislatore, nel dettare la disciplina della divisione della comunione (artt. 1111 ss. c.c.), ha posto un espresso rinvio (art. 1116 c.c.) alle norme sulla divisione dell’eredità (v. Comunione e divisione ereditaria).