apprendimento, disturbi specifici dell’
Gruppo di disturbi evolutivi che si manifestano con significative difficoltà nello sviluppo di specifiche competenze neuropsicologiche, a fronte di capacità cognitive complessivamente adeguate all’età, in assenza di deficit sensoriali (disturbi non corretti di vista o udito) o di altri disturbi neurologici o psicologici primari e pur in presenza di adeguate opportunità sociali (di istruzione e relazionali). Le due principali caratteristiche che definiscono i disturbi specifici dell’a. sono: la specificità, ossia il fatto che il disturbo interessa uno specifico dominio di abilità in modo significativo ma circoscritto, lasciando intatto il livello intellettivo; la discrepanza tra abilità nel dominio specifico interessato (deficitaria in rapporto alle attese per l’età o la classe frequentata) e l’intelligenza generale (che invece risulta adeguata per l’età cronologica).La prevalenza dei disturbi specifici dell’a. è del 3÷4 % negli alunni tra le classi 3a e la 5a della scuola primaria. La diagnosi precoce è decisiva poiché l’evoluzione di tali disturbi risulta favorita dalla precocità (e adeguatezza) dell’intervento terapeutico, oltre che dalle misure compensative prese nell’ambito del percorso scolastico per favorire l’apprendimento; la diagnosi precoce si può riflettere anche in una prognosi favorevole riguardo all’evoluzione sociale e della personalità di chi presenta queste problematiche. Soggetti con questi disturbi possono sperimentare storie di insuccesso nella scuola dell’obbligo che spesso compromettono carriera scolastica e sviluppo della personalità.
Le basi biologiche dei disturbi specifici dell’a. non sono state chiarite. A fronte di forti indicazioni per la presenza di fattori genetici nella loro eziologia [dimostrati da studi effettuati su famiglie e su gemelli monozigoti (tasso di concordanza del 68%) e dizigoti (38%)] sono stati finora identificati dei loci genomici contenenti geni che conferiscono una maggiore suscettibilità allo sviluppo della dislessia o polimorfismi in zone limitrofe al gene candidato che ne riducono l’espressione. Sono state inoltre identificate, attraverso tecniche di neuroimaging, alcune regioni che sembrano coinvolte in taluni disturbi specifici dell’a.: è questo il caso della corteccia temporoparietale sinistra per la dislessia (➔) o del solco intraparietale per la discalculia (➔).
La principale caratteristica di questo disturbo è una specifica e significativa compromissione nello sviluppo delle capacità di lettura (comprensione, riconoscimento della parola, lettura ad alta voce). Nelle prime fasi di apprendimento della lettura possono manifestarsi difficoltà nel riconoscimento delle singole lettere; successivamente, nella lettura ad alta voce, possono presentarsi errori come omissioni, sostituzioni, distorsioni, lentezza, perdita della posizione nel testo, scarsa espressività, inversioni nella posizione della parole nell’ambito di una frase. Gli errori più comuni consistono in: sostituzione tra lettere che hanno caratteristiche visive simili o speculari (b/d, p/q, r/e, m/n); sostituzione tra lettere con caratteristiche fonologiche comuni (f/v, c/g); anticipazioni, ossia una parola letta per un’altra che ha le stesse lettere iniziali o un significato simile. Nei bambini dislessici la comprensione del testo risulta estremamente variabile: si riscontrano comunemente incapacità a ricordare le cose lette, a trarre conclusioni o inferenze, a utilizzare le informazioni contenute nel contesto del materiale letto.
Il disturbo della scrittura è suddiviso in due componenti, una di natura linguistica (disortografia, deficit nei processi di cifratura) e una di natura motoria (disgrafia, deficit nei processi di realizzazione grafica). Esiste un insieme di difficoltà nella capacità del soggetto di comporre testi scritti, evidenziata da errori grammaticali o di punteggiatura nelle frasi, scadente organizzazione in capoversi, errori multipli di compitazione, e grafia deficitaria. I testi scritti da questi bambini contengono quindi: errori fonologici (sostituzioni, omissioni-aggiunte, inversioni di lettere), non-fonologici (grafema omofono, uso dell’h, separazione errata delle parole, per citare solo quelli sui quali la terapia ha il maggiore effetto). Spesso la disgrafia, una calligrafia poco chiara, disordinata e difficilmente comprensibile, si accompagna alla disortografia: la mancata o incompiuta automatizzazione della scrittura (che generalmente dovrebbe avvenire al terzo anno della scuola primaria) richiede al bambino livelli di attenzione elevata sugli aspetti ortografici, comportando spesso un peggioramento della grafia.
I bambini con questo tipo di disturbo presentano difficoltà nel processamento numerico (mettere in ordine crescente o decrescente una sequenza di numeri, leggerli, scriverli, riconoscerne la grandezza) e nel calcolo (esecuzione rapida e accurata delle operazioni di base a mente e scritte). Nella maggior parte dei casi il disturbo si presenta associato ad altri disturbi specifici dell’a. come difficoltà nella lettura o nella scrittura, che di fatto mostrano alterazioni in meccanismi neuropsicologici analoghi. Solo in pochissimi casi (2 su 1.000) la difficoltà nell’aritmetica si presenta isolatamente, e il profilo neuropsicologico di questi bambini è selettivamente compromesso in alcune aree: si parla, allora, di discalculia evolutiva. Interventi terapeutici appropriati possono migliorare le prestazioni dei soggetti con disturbo specifico delle abilità aritmetiche, ma non la discalculia evolutiva, che implica infatti. una compromissione selettiva delle abilità aritmetiche e, in partic., della capacità di calcolo fondamentali relative alle quattro operazioni. La discalculia evolutiva si caratterizza anche per la mancata comprensione dei termini dei segni matematici, difficoltà nell’identificare i dati pertinenti a un problema aritmetico, ad allineare correttamente i numeri o a inserire decimali o simboli durante i calcoli, difettosa organizzazione spaziale dei calcoli aritmetici. La soluzione dei problemi matematici, di per sé, in genere, può invece essere in questi bambini a volte soddisfacente, a volte compromessa da un eccessivo impegno del bambino nel calcolo o, se è presente anche un disturbo di lettura, da difficoltà nella decodifica del testo del problema.