disdegno
Deverbale di ‛ disdegnare ' (v.), vale fondamentalmente " disprezzo ", con varie sfumature e con maggiore o minore intensità di significato: Vn XXIII 27 76 tu [Morte] dei omai esser cosa gentile / ... e dei aver pietate e non disdegno; Rime LXXX 28 però che i miei disiri avran vertute / contra 'l disdegno che mi dà tremore, a proposito d'una doma disdegnosa [la filosofia], / la qual m'ha tolto il cor per suo valore. / Tanto disdegna qualunque la mira, / che fa chinare gli occhi di paura (v. 3 ss.). In Rime CVI 19 si tratta di un'altra forma di d., onde il poeta esorta le donne a reprimere spontaneamente la propria bellezza quando non sia desiderata a virtuoso fine: bel disdegno / sarebbe in donna, di ragion laudato, partir beltà da sé per suo commiato. Ancora " disprezzo ", come vuole anche il Buti, è quello di Capaneo, che ebbe... / Dio in disdegno, e poco par che 'l pregi (If XIV 70), dove l'apparente insistenza su un medesimo concetto dilegua quando si pensi che nel passo è messa in rilievo la continuità del disprezzo di Capaneo sia in vita (ebbe) sia ora nell'Inferno (par). Negli altri passi della Commedia la parola, quasi sempre in rima, ha senso vario. Sul valore del termine in If XIII 71, riferito a Pier della Vigna caduto in disgrazia dell'imperatore e suicida, credendo col morir fuggir disdegno, si è molto discusso. Il Sapegno sottolinea come il vocabolo nell'uso del tempo comportasse, rispetto ai valori odierni, accenti di maggiore intensità che stanno sull' " ira " e sul " disprezzo ". Nel passo in questione resta una possibile ambiguità tra un d. o " disprezzo " oggettivo dell'imperatore e della corte verso il cancelliere accusato di tradimento, e un d. proprio, soggettivo, dell'accusato senza colpa. Alcuni interpreti, dal Tommaseo al Momigliano, hanno inteso il d. come il peso dell'ira che grava sull'animo di chi è accusato ingiustamente e trova nel suicidio la liberazione da quel peso. V. DISDEGNOSO.
Il d. può scendere al senso di " stizza rabbiosa ", quale è quello pur grande dei diavoli che invano contrastano il cammino di D. (If VIII 88). " Odio e disprezzo " che generano il desiderio di vendicarsi nel modo più duro e oltraggioso per la vittima è il gesto del conte Ugolino, paragonato a quello di Tideo che ferito a morte dal suo nemico e uccisolo a sua volta, ne addentò il capo: si rose / le tempie a Menalippo per disdegno (If XXXII 131). Il d. dell'angelo che soccorre ad aprire le porte della città di Dite è atto (e aspetto) che sta sull'ira più che sul disprezzo: Ahi quanto mi parea pien di disdegno! (If IX 88). Questo sdegno di fonte divina può risalire al grado di un vero gran disdegno: Tu vuogli udir... / la propria cagion del gran disdegno (Pd XXVI 113), ed è l'ira divina per il peccato originale (cfr. VI 90); un'ira che si attenua in " risentimento " e " misurato sdegno ", in Pd XXIX 89 questo ... si comporta / con men disdegno che quando è posposta la divina Scrittura o quando è torta. Analogamente deve intendersi lo giusto disdegno degli Amidei nei confronti di Buondelmonte de' Buondelmonti (Pd XVI 137).
Maggiore spazio richiede il d. di Guido Cavalcanti del famoso verso di If X 63 forse cui Guido vostro ebbe a disdegno. La parola contestualmente include nel senso del " disprezzo " un contenuto variamente motivato (linguistico, letterario, politico, filosofico, religioso) secondo l'interpretazione che di volta in volta si è voluta dare all'intero passo, che resta tra i più discussi e controversi di tutto il poema; ma per questo v. CAVALCANTI, Guido. V. anche DISDEGNOSO.