DEMIGNOT
Famiglia di arazzieri di origine francese operosi a Torino, oltre che a Roma e Firenze; il capostipite Charles, nato a Montgeroult presso Pontoise, presso Parigi, è documentato (Schede Vesme, IV, Torino 1982, a cui ci si riferisce se non diversamente indicato) al servizio della corte sabauda a partire dal 1629 con l'incarico di napissero d'altalissa" per il restauro e la manutenzione degli arazzi e dei tappeti turchi ducali, ma la sua permanenza torinese è da anticiparsi al 1621-23. Lo stesso è anche autore di arazzi non più conservati, come un baldacchino con insegne reali, sul telaio dal 1633 fin oltre il '51, ed una Madonna donata prima del 1651 da Carlo Emanuele II alla madre. Nel 1648 è insignito del titolo di usciere di camera delle principesse e nel 1663 di usciere di camera del duca, titolo che alla sua morte, nel 1676, viene assunto dal figlio Michele Antonio assieme alla carica di tappezziere. Non è dato conoscere il grado di parentela di Michelangelo, documentato come tappezziere a corte tra il 1699 e il 1710 (Telluccini, 1926, p. 104). Michele Antonio è ancora vivente il 13 giugno 1701 (Müntz, 1880, p. 84 n. 7), quando viene risarcito per le spese sostenute in occasione dell'invio del figlio Vittorio a Bruxelles quale apprendista presso l'arazziere De Vos, invio attuato per desiderio di Vittorio Amedeo II. Richiamato a Torino nel 1711, Vittorio assume l'incarico di manutenzione che era già del padre ed esegue una "portina volante" per l'appartamento della regina raffigurante una Allegoria del fiume Po, mentre una seconda, che doveva rappresentare La Carità, viene lasciata incompiuta per la sua improvvisa partenza per Roma. Il 15 genn. 1715 è già documentato (Müntz, 1880, p. 51 n. 5) come arazziere presso la manifattura di S. Michele a Roma, dove si ferma meno di due anni realizzando una Madonna col Bambino da un quadro di G. Reni per papa Clemente XI (Roma, Palazzi Vaticani, firm. e dat. 1715), uno dei numerosi arazzi di piccolo formato e di soggetto devozionale usciti dalla manifattura papale. Nel novembre dell'anno successivo è assunto come lavorante presso l'arazzeria medicea di Firenze (Conti, 1875, p. 83).
Al suo arrivo la serie dei quattro arazzi dedicata ai Continenti (Firenze, deposito di palazzo Pitti) era già stata messa in programmazione e G. C. Sagrestani aveva già fornito il primo bozzetto dell'Asia. La tessitura di questo primo panno (firm. da Vittorio D., L. Bernini e G. Bruschi, 1718 e 1719) non viene iniziata prima del 1717, quando S. Papi fornisce il cartone dei fregio, mentre solo successivamente G. C. Sagrestani consegnerà via via i modelli, tutti in controparte, per le raffigurazioni centrali dello stesso arazzo (Firenze, Soprintendenza ai Beni artistici e storici, depositi), dell'Europa (Firenze, ibid.; l'arazzo firm. da Vittorio D., L. Bernini, 1723), dell'Africa (Roma, Montecitorio, in deposito dalla Soprintendenza di Firenze; l'arazzo tessuto nel 1723-26 c., firm. da Vittorio D. e L. Bernini) e dell'America (ibid., in deposito dalla Soprintendenza di Firenze; l'arazzo tessuto nel 1725-30c., firm. dagli stessi). Non documentata, anche se possibile, è invece la partecipazione di Vittorio alla manifattura delle prime due portiere degli Elementi (Firenze, Galleria di pal. Pitti), la Terra (1725-28 c.) e l'Acqua (1728-31).
È probabilmente la ristrutturazione di alcuni locali di palazzo reale voluta da Carlo Emanuele III pochi mesi dopo la sua salita al trono che motiva l'ordine, impartito a Vittorio nel febbraio 1731, di tornare al servizio della corte torinese: il rientro è pressoché contemporaneo a quello di C. F. Beaumont da Roma. Il desiderio di istituire un laboratorio di tessitura di arazzi già trapela dal regio biglietto di nomina ad arazziere, del i" maggio (Informativa istorica..., in Arch. di Stato di Torino..., RegistroO) poiché accanto all'obbligo della manutenzione delle tappezzerie già esistenti è prevista la fattura di lavori nuovi da pagarsi a parte e l'ammaestramento di alcuni apprendisti.
In effetti l'inizio della tessitura della prima serie di arazzi torinesi, quella di Alessandro, è anteriore alla istituzione ufficiale, avvenuta il 26 luglio del 1737, della manifattura reale, composta, oltre che di un laboratorio di basso liccio diretto da Vittorio, da un laboratorio di alto liccio diretto da A. Dini, già pagato dall'ottobre del 1736 (ibid.).
Il primo pezzo della serie, destinata alla camera da parata della regina verso piazza Reale, serie per la quale i bozzetti erano stati richiesti a Beaumont già dal luglio del 1731, è terminato nel 1734: si tratta de Ilgiovane Alessandro riceve lo scettro (Torino, pal. reale, firm. da Vittorio D. e C. F. Beaumont e dat. 1734), il cartone della cui cornice è pagato ai fratelli Valeriani nel marzo del 1733. Sei altri pezzi della serie recano la firma del medesimo arazziere: Alessandro rifiuta l'acqua o Alessandro e il cavallo Bucefalo (Torino, pal. reale), il cui cartone, pagato nel settembre 1737 a J. Nepote (Schede Vesme, III, p. 738) è stato rintracciato, con modifiche di adattamento, sul soffitto della sala da pranzo dello stesso palazzo, Alessandro presso la tomba di Achille (Torino, pal. reale), in lavorazione nell'agosto del 1740 con cartone conservato in pal. reale, Le nozze di Alessandro e Rossana (ibid.), in lavorazione nell'agosto del 1740 e ancora non ultimato nell'agosto dell'anno successivo, il cui cartone viene pagato a M. Franceschini nel 1738 (Schede Vesme, II, p. 481), Alessandro taglia il nodo gordiano (Torino, pal. reale) e i due di minore formato Guerriero che regge un'insegna e Guerriero che regge una bandiera (ambedue Roma, Quirinale), con cartoni a pal. reale. Anche Alessandro e Diogene (Torino, pal. reale), a cui appartiene il cartone in controparte sempre a pal. reale, va attribuito a Vittorio. L'intera serie sarà terminata nel marzo del 1742, quando l'ultimo pezzo di piccolo formato verrà rifinito con le cuciture (Congresso tra Bolgaro... D., 1º ag. 1740, 12 ag. 1741, 3 marzo 1742, in Arch. di Stato di Torino..., RegistroO).
Una serie di Bambocciate su cartoni di A. Palanca era stata progettata fin dal 1737, ma dei tre panni inizialmente previsti per la tessitura nel laboratorio di Vittorio solo il Ballo campestre (Torino, pal. reale, firmato) viene messo in lavorazione: iniziato dopo l'agosto del 1740non è ancora terminato nel marzo del 1742. La preferenza, più che a questa serie ordinaria con ordito di lana che veniva pagata un terzo in meno a palmo, va ai soggetti storici. La seconda serie su bozzetti di Beaumont, quella di Cesare, viene ordinata immediatamente prima dell'agosto del 1740per essere destinata alla camera da parata del piccolo appartamento del re al piano terra di pal. reale. 1 panni a basso liccio verranno però interamente tessuti sotto la direzione di Francesco, che nel febbraio 1743succede, quale direttore del laboratorio, al padre Vittorio morto nell'ottobre 1742. Francesco aveva lavorato nell'arazzeria fin dalla sua fondazione, quando risulta il lavorante a più alto stipendio, e si era distinto, prima dell'agosto del 1742, per la fattura di un arazzo raffigurante un Nano. Nello stesso febbraio 1743anche il fratello Giuseppe, che già lavorava senza retribuzione dal 1741, viene accettato come apprendista e lo stesso è ancora pagato come lavorante nel 1768. Un altro fratello di Francesco, Antonio, chiederà nel 1748, dopo più di un anno di lavoro nella manifattura, di essere accettato come apprendista.
Anche l'identificazione dei teli delle Storie di Cesare tessuti da Francesco non presenta problemi, essendo i sei pezzi, tutti conservati in pal. reale, firmati e datati. Si tratta del Guerriero armato che avanza (1744), da cartone attr. da M. Ferrero Viale (1963, p. 23) a G. D. Molinari (Torino, pal. reale, bozzetto di Beaumont in collezione priv.; cfr. lastra fotogr. 226/5604 presso la fototeca dei Musei civici di Torino), della Lotta tra due guerrieri (1746), da cartone attr. a Molinari (Torino, pal. reale), del Guerriero che colpisce nemico caduto da cavallo (1747), da cartone attribuito a Molinari (ibid.), del Cesare rifiuta di riconoscere Cleopatra per moglie (1749), de La battaglia di Farsalia (1749), da cartone attr. (Telluccini, 1926, p. 182; Viale, 1952, p. 133) a F. Manassero (Stupinigi) e di Cesare sotto le mura di Alessandria (1750), da cartone di Manassero (ibid.).
Il confronto tra questi e i quattro pezzi della stessa serie eseguiti da Dini permette di focalizzare una caratteristica tecnica che contraddistingue i due laboratori: se negli arazzi di Dini i passaggi di colore e le ombreggiature sono ottenute mediante un sottile lavoro di tratteggio, piùfrequente è nei teli dovuti a Francesco il libero utilizzo di fili di seta écru, procedimento che, assieme alle caratteristiche tecniche generali proprie del basso liccio, permette una esecuzione più veloce.
La capacità produttiva dei due laboratori è, nel 1749, la seguente: 4 telai da 11 piedi per il laboratorio di basso liccio, 2 telai da 12 piedi circa, uno da 10, due da 7 circa e uno piccolo da tre e mezzo per il laboratorio di alto liccio. Fra lavoranti ed apprendisti, che all'atto della istituzione della arazzeria erano 12, se ne contano nel 1740 11 per il basso e 8 per l'alto liccio. Nel periodo successivo, almeno fra il 1768 e il 1779, il numero totale sarà di 8 lavoranti e 5 apprendisti. Nel laboratorio di Francesco i lavoranti a più alto stipendio, dediti alla tessitura delle parti più impegnative, le "carnagioni", sono Francesco Limosino e Nicolao Vaccarino, entrambi già presenti alla fondazione e ancora attivi, il primo, almeno fino al 1768 e, il secondo, almeno fino al 1779 (tutti i docc. relativi sono nell'Arch. di Stato di Torino..., RegistroO e Registro 3, pp. 225, 475, e in Schede Vesme, IV, p. 1253 al 26 luglio 1737).
La nomina nel 1745 dell'architetto Benedetto Alfieri a direttore generale delle arazzerie accanto a Beaumont si accompagna ad un parziale cambiamento di gusto nella scelta dei soggetti e ad una maggiore sobrietà nelle cornici decorative. La serie dei Paesaggi e boscarecce, eseguita su cartoni di F. Antoniani a partire dal 1743, quando viene consegnato a Francesco il primo modello, è destinata al piccolo appartamento del re a Torino (Schede Vesme, I, p. 35).
I panni tessuti sicuramente a basso liccio, due terminati entro il dicembre 1745 e gli altri entro il 10 luglio dell'anno successivo, sono identificabili (Natale, 1984) con il Giovane che pesca in un torrente (Torino, Museo civico di pal. Madama), che conserva il cartone in controparte (Rivoli, provvisoriamente presso il Municipio ma destinato al castello), Famiglia con cane di collezione privata, il cui cartone in controparte, proveniente dal castello, è oggi anch'esso conservato presso il Municipio di Rivoli, Vacche e pastori presso un ponte e La famiglia del pastore intorno al gregge, conservati fino al 1954 al Quirinale ed oggi in coll. privata. Sono cartoni degli ultimi due: Donna che chiede informazione a dei pastori, La famiglia del pastore e la parte sinistra del Giovinetto che chiede informazioni ad una donna, tessuto da Dini, tutti a Stupinigi.
Su cartoni di F. Antoniani, al quale il primo pagamento è dell'agosto 1745 (Schede Vesme, I, p. 36), è anche la serie delle Architetture, sempre destinate al piccolo appartamento. Francesco ha in lavorazione un primo pezzo nel dicembre del 1745, un secondo nel gennaio del 1748 e porta a compimento l'ultimo, gia iniziato nel maggio 1750, entro la fine del 1751 (congressi del 19 dic. 1745, 14 genn. 1748, 1º maggio 1750, 6 genn. 1752 in Arch. di Stato di Torino..., RegistroO). I tre pezzi (Torino, Museo civico di pal. Madama) sono identificabili in Guerrieri tra rovine di edifici antichi, ilcui cartone in controparte è diviso in tre (Stupinigi); Guerriero con picca appoggiato ad una colonna spezzata, ilcui cartone in controparte si trovava nella sala del Bonzanigo del castello di Rivoli; Figura presso balaustra, attribuibile a Francesco per le caratteristiche tecniche.
Ancora ad Antoniani è affidata (Schede Vesme, I, p. 36) la realizzazione dei cartoni per le Marine, destinate alla camera da parata dell'appartamento di Sua Maestà al piano terra di pal. reale.
Per questa serie è documentata (congressi 14 genn. 1748 e 1º maggio 1750, in Arch. di Stato di Torino..., RegistroO) la tessitura da parte di Francesco di due pezzi: uno sul telaio nel gennaio del 1748 e terminato entro il maggio dell'anno successivo, ed il secondo rimontato sul telaio nel 1750 dopo essere stato temporaneamente accantonato. L'unico dei due arazzi rimasti (Torino, pal. reale), il Porto di mare, appare però tecnicamente attribuibile al Dini.
La produzione delle serie storiche conserva tuttavia la sua centralità. Piuttosto intricata è la vicenda della realizzazione di quella che viene sempre definita come Storia di Ciro, per la quale più attinente sarebbe però il nome di Storia di Pirro. Destinata alla camera da parata della regina è anch'essa realizzata su bozzetti di Beaumont.
Gli unici arazzi della Storia di Ciro lavorati prima della soppressione del laboratorio di alto liccio, avvenuta il 17 dic. 1754 (Schede Vesme, IV, p. 1258), sono due panni tessuti da Dini ed uno da Francesco che risultano in lavorazione nel maggio del 1749 e che sono già terminati nel maggio dell'anno successivo. Nello stesso periodo, fra il 1749 e il 1753, quattro o cinque panni "di Pirro" vengono invece sicuramente tessuti dal solo Francesco, e ad essi corrispondono i pagamenti nel 1748 a F. Manassero per un cartone (ibid., II, p. 645), nel 1752 a M. Boys per un altro (ibid., I, p. 205) e a V. A. Rapous per due cartoni (ibid., III, p. 896) e nel 1754 a G. D. Molinari per Pirro che vendica la morte di Tolomeo suo figlio (ibid., II, p. 707). Alla serie non viene cambiato soggetto neppure negli anni immediatamente successivi il 1754: i pagamenti per altri cartoni a M. Boys nel 1755 (ibid., I, p. 205), a G. Molinari nel 1756 (ibid., II, p. 707), a V. Blanchery nel 1760 (ibid., I, p. 141) e a G. Girò nel 1762 (ibid., II, p. 535) sono infatti tutti relativi alla Storia di Pirro. Èsolo col posteriore riutilizzo dei panni, sostituiti nella loro originariamente prevista collocazione dalla Storia di Enea, piùconsona ai gusti della regina, che tale cambiamento sarà effettuato.
Nessuno dei dieci arazzi rimasti appare identificabile come tessuto dal Dini, poiché tutti conservano il bozzetto di Beaumont o il cartone in controparte, tranne Senofonte che discutela via della ritirata (Torino, pal. reale), che però non appartiene sicuramente alla Storia di Ciro poiché riproduce una mappa dell'Epiro, e La battaglia di Cunaxa (Roma, Quirinale), che tecnicamente non gli è attribuibile. Gli altri arazzi, per i quali è difficoltosa una ricostruzione della cronologia, si elencano con la denominazione tradizionale: Ciro fanciullo (Roma, Quirinale, con bozzetto a pal. Madama e cartone già a Rivoli), Ciro muove guerra ad Artaserse (Roma, Quirinale, con bozzetto a pal. Madama e cartone a Stupinigi), Il capo e le mani di Ciro mozzate (Torino, pal. reale, con bozzetto a pal. Madama), Senofonte riceve l'annuncio della morte del figlio (Torino, pal. reale, con bozzetto a pal. Madama e cartone attr. a Molinari a Stupinigi), Il soldato di Rodi (Torino, pal. reale, con bozzetto a pal. Madama), Soldato che si volge a guardare la statua di un toro imbizzarrito (Roma, Quirinale, con bozzetto a pal. Madama e cartone attr. a Molinari a Stupinigi), Guerriero che riceve ordini (Torino, pal. reale, con bozzetto a pal. Madama) e Guerriero porta bandiera (Torino, pal. reale, con bozzetto a pal. Madama).
Va ancora ricordato che nel 1752 viene tessuto nel laboratorio di Francesco un Tappeto per il trono, perduto, per il quale aveva fornito il cartone G. Mingozzi Colonna (congresso 6 genn. 1752, in Arch. di Stato di Torino..., RegistroO).
La crisi del laboratorio di alto liccio e già evidente nel 1753: l'ordine di chiusura dello stesso laboratorio, comunicato il 12 nov. 1754 (Determinaz. di S. Maestà per le fabbriche..., in Arch. di Stato di Torino..., RegistroO), dispone che i tre lavoranti fissi rimasti siano trasferiti al laboratorio di basso liccio, assieme ai telai, per terminare sotto la direzione di Francesco i lavori iniziati. A partire dal 1755 tutti gli arazzi vengono quindi prodotti in un'unica manifattura di alto e basso liccio sita in alcune stanze del palazzo della regia università in via Po. 1 primi lavoranti sono nel 1768 Carlo Giuseppe Pastoris e Nicolao Vaccarino (Schede Vesme, IV, p. 1256), quest'ultimo affiancato nella direzione a Francesco, probabilmente già malato, a partire dal 1779 col titolo di assistente al capo (Natale, 1984).
La serie di Annibale, destinata all'anticamera dei paggi nell'appartamento della regina, era stata iniziata dal Dini fra il 1748 e il '54 con la tessitura di quattro panni.
Dei sei sopravvissuti almeno due vengono sicuramente tessuti dopo il 1755: Annibale giovinetto giura eterno odio ai Romani (Torino, pal. reale), il cui cartone viene pagato a G. P. Romegialli nel 1760 (Schede Vesme, III, p. 939) e La battaglia di Canne ("hautelisse"; Torino, pal. reale, dat. 1778), per il cui cartone (un frammento a Torino, pal. Chiablese, un altro a Torino, pal. reale) viene pagato nel 1762-64 e ancora nel 1767 V. Blanchery (Schede Vesme, I, p. 141; bozzetto di Beaumont a Vercelli, Museo Borgogna). Pagamenti ai pittori per la stessa serie vengono effettuati nel 1758 a G. D. Molinari (ibid., II, p. 707) nel 1770 a M. Rossi (ibid., III, p. 947) e nel 1769 ad un Antoniani (ibid., I, p. 36) per le ghirlande di fiori delle cornici. t tutt'altro che certo, quindi, che gli altri quattro arazzi (Torino, pai. reale) siano tutti identificabili in quelli eseguiti dal Dini prima del 1755: solo per Il bottino di Canne (bozzetto di Beaumont passato all'asta con altri cinque presso Sotheby's di Londra il 10 dic. 1986) e per Lostratagemma di Annibale a Casilino la realizzazione dei cartoni è sicuramente anteriore a tale data. Non è però quantificabile il peso della partecipazione di Francesco alla realizzazione di questa serie, come a quella dei dieci arazzi (Roma, Quirinale; Torino, Museo civico di pal. Madama e Gall. Sabauda) che si ricostruisce intorno ai cartoni di Paesaggi pagati a V. A. Cignaroli fra il 1753 e il '63 (Schede Vesme, I, p. 318) e destinati al gabinetto del piccolo appartamento d'estate al piano terra.
Sicuramente a Francesco spettano invece i due arazzi firmati della Gall. Sabauda, Villici che giocano a carte (dat. 1762) e Rissanti separati da una donna, la cui scadente esecuzione è forse dovuta alla fretta di completare una serie tessuta a Bruxelles da Peter e Franz Vari der Borght, della quale riprendono ingenuamente la cornice. Sicuramente al lavoro è Francesco nel 1769, quando viene pagato (Viale Ferrero, 1960, p. 297) per un restauro di arazzi fiamminghi, e forse nel 1773 (Bollea, 1942, p. 309 n. 2), quando riceve oro filato per la tessitura di due pezzi di Artemisia, i cui cartoni erano stati pagati a V. Blanchery nel 1766 (Schede Vesme, I, p. 141) uno dei due teli, destinati a completare una serie preesistente, è stato identificato nell'Architetto (Torino, pal. Chiablese) inserito nella più antica cornice.
Ormai malato, Francesco probabilmente non prende neppure parte alla tessitura della Storia di Enea, per la quale nel 1768 F. De Mura invia da Napoli otto bozzetti (Schede Vesme, II, p. 412) trasposti in cartone da G. D. Molinari a partire dal 1771 (ibid., p. 707).
116 luglio del 1784, a causa dei "gravi abituali incomodi di salute, cui da lungo tempo soggiace" (ibid., IV, p. 1256), Francesco viene messo definitivamente a riposo, sostituito a partire dal 16 agosto dello stesso anno dal direttore provvisorio dell'arazzeria A. Bruno (Bollea, 1942, p. 318).
Il 15 agosto dell'anno successivo Francesco risulta già morto (Schede Vesme, IV, p. 1256).
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