DELLA TORRE, Lelio Hillel
Nacque a Cuneo l'11 genn. 1805.
La famiglia paterna era di discendenza sacerdotale, anche se l'attributo di "Kohen", sacerdote, non compariva nel cognome italiano. Da entrambi i genitori poteva vantare ascendenze rabbiniche. Il padre, Salomone, Michele Iechiel, originario di Alessandria e rabbino capo di Cuneo, morì a 46 anni il 15 giugno 1807 e il piccolo orfano fu trasferito a vivere nella famiglia della madre, a Casale Monferrato, dove il nonno, Michel Vita Treves, era rabbino.
Il D. mostrò subito spiccata attitudine agli studi ebraici tradizionali, ai quali l'ambiente familiare lo instradava naturalmente; e anche precoce ingegno, se è vero l'episodio che di lui si racconta, che a soli quattro anni sarebbe stato in grado di eseguire pubblicamente nella sinagoga la lettura rituale cantilenata in lingua ebraica di un brano profetico della Bibbia. All'età di undici anni, in seguito alla morte del nonno materno, fu accolto ad Asti da un fratello della madre, Sabbato Graziadio Treves, anch'egli rabbino (futuro padre degli editori Emilio e Giuseppe), e proseguì con impegno gli studi ebraici, favoriti tra l'altro dalla ricca biblioteca che lo zio possedeva. Negli studi ebraici prediligeva in particolare la lingua, nella quale cominciò a comporre in prosa e poesia; a tredici anni scrisse un sonetto per l'anniversario della morte del padre. Si dedicò contemporaneamente a studi laici, di italiano, latino e greco, per i quali almeno inizialmente sembra non abbia avuto maestri.
Nel 1820 seguì a Torino lo zio, che era stato nominato rabbino maggiore delle tredici comunità ebraiche piemontesi; qui l'iniziale formazione autodidattica ebbe modo di confrontarsi con l'insegnamento di latino e greco dei professori D. C. Boucheron e A. Peyron, e per l'italiano si giovò dell'amicizia con A. M. Robiola. A sedici anni era in grado di dare lezioni private e con queste di ricavare le somme necessarie per il mantenimento della madre e delle tre sorelle. Gli anni dell'adolescenza furono comunque caratterizzati dalla grave indigenza familiare e dai notevoli sacrifici che il D. sostenne per continuare i suoi studi. Ebbe un lavoro più stabile nel 1823: l'insegnameno di filologia ebraica ed esegesi biblica e l'incarico di vice ispettore per le classi ebraiche nel collegio torinese "Colonna e Finzi", la più importante istituzione educativa ebraica del Piemonte. L'intensa attività didattica non gli impedì di continuare con profitto gli studi, sia in campo religioso sia laico; nel 1826 ottenne la laurea rabbinica; un anno dopo accettò la carica di vice rabbino della comunità israelitica di Torino.
L'avvenimento decisivo che segnò la successiva esistenza del D. fu la creazione a Padova, nel 1829, dell'istituto convitto rabbinico degli israeliti del Regno Lombardo veneto.
Il nuovo istituto corrispondeva alla necessità di formare in Italia un moderno gruppo dirigente di rabbini, preparati non più solo con un curriculum tradizionale, ma anche con una formazione letteraria classica e con un'educazione critico-scientifica. Tale esigenza derivava dalle mutate condizioni giuridiche degli ebrei negli Stati in cui avevano ottenuto l'emancipazione; veniva espressa congiuntamente, benché non sempre con identiche finalità, da movimenti illuministici ebraici e sovrani illuminati; nel Regno Lombardo-Veneto era stata sanzionata da risoluzioni del governo austriaco del 20 genn. 1820 e 27 maggio 1827. In applicazione a queste norme, ispiratore e programmatore della creazione dell'istituto padovano fu Isacco Samuel Reggio di Gorizia, ma la scelta dei docenti ridimensionò in parte alcuni atteggiamenti fortemente critici della tradizione che erano propri del Reggio: furono chiamati ad insegnare Samuel David Luzzatto e il D., personalità aperte alle novità, ma sempre molto rispettose della tradizione. Il mondo ebraico occidentale era in quei decenni agitato da una polemica molto viva sul problema della riforma dei riti, che in Germania aveva portato alla fondazione di comunità separate con forme di osservanza ebraica radicalmente trasformate e attenuate. Il D. mostrò fin da giovane un atteggiamento di aperta opposizione alla riforma tedesca e ai tentativi sporadici di imitarla in Italia; si dichiarò tuttavia favorevole a modifiche moderate della liturgia sinagogale, sostenendo, ad esempio, la necessità di eliminare le aggiunte poetiche medioevali e di unificare i diversi riti. Sempre in campo liturgico condannò i tentativi di imitazione dei modelli cristiani, ritenendo più consona alla tradizione una decorosa e modesta semplicità.
Nell'agosto del 1829 il D. ricevette l'incarico di insegnamento e si trasferì quindi a Padova, dove rimase per tutto il resto della sua vita. Nell'istituto rabbinico insegnò teologia rituale e pastorale, scienza talmudica e sacra oratoria. Stando alla testimonianza del figlio Michele, l'integrazione sociale nella nuova città non gli fu semplice, né mai del tutto completa, per diversi motivi: il vincolo sociale co munitario era nel Veneto più debole di quello della sua originaria comunità piemontese; la sua condizione economica intermedia era un'eccezione in comunità dove vi erano soltanto o ricchi o poveri. Vi era poi in alcuni settori della comunità una malcelata diffidenza o una opposizione di fondo per ciò che il D. poteva rappresentare culturalmente; al punto che per trent'anni in una delle tre sinagoghe padovane non gli venne neppure riconosciuto il titolo rabbinico. Questi fatti influirono sulla sua personalità e sul suo pensiero; a Padova si considerò come in esilio. D'altra parte l'attività di insegnante fu ricca di soddisfazioni, anche sul piano sociale; ad esempio della stima e dell'affetto di cui era circondato da parte degli allievi si cita il caso di un suo discepolo che, morto prematuramente, lasciò il D. erede delle sue ricchezze.
Il D. coltivò vivaci rapporti con il mondo culturale non ebraico, che ne conobbe l'opera e ne stimò il lavoro; segni concreti dell'apprezzamento furono la sua nomina nel 1835 a socio corrispondente dell'I.R. Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova, su proposta dell'abate Nicolò Girolamo Scarabello, e a socio corrispondente dell'I.R. Ateneo di Venezia: riconoscimenti ancora piuttosto rari per un ebreo in quei decenni.
A Padova, a parte l'insegnamento, non ricoprì la cattedra rabbinica che per un breve periodo di interinato, di pochi mesi, nel 1869, successivi alla morte del rabbino maggiore Leone Osimo.
Morì il 9 luglio 1871, a Padova, dove fu sepolto nel cimitero israelitico. Aveva sposato Anna Bolaffio, da cui ebbe sette figli.
Nell'ebraismo italiano il D. svolse un ruolo di rilievo in svariati campi, dall'insegnamento, all'oratoria, alla pubblicistica, alla poesia. Nella principale attività del D., l'insegnamento nella scuola rabbinica padovana, la contemporanea presenza di S. D. Luzzatto, grande personalità di scienziato, filologo e storico, fu decisiva per fare di Padova il centro culturale dell'ebraismo italiano. Con quest'ultimo il D. ebbe rapporti di grande amicizia, di reciproca stima, di collaborazione scientifica; tra i due si stabilì una precisa divisione e complementarietà di ruoli, nelle materie di insegnamento e nelle attività collegate. Ma l'alto livello del lavoro scientifico del Luzzatto non ha giovato alla fama del D. i cui meriti, però, più che nella produzione filologica e scientifica vanno ricercati in altri campi. Come educatore, in primo luogo: all'epoca, oltre alla scuola di Padova, esisteva in Italia solo un altro centro per la formazione di rabbini, quello di Livorno, ad orientamento più tradizionalista e aperto allo studio della mistica. Egli, insieme al Luzzatto, in quaranta anni di attività, formò gran parte della classe dirigente culturale dell'ebraismo italiano.
Tra i principali interessi del D., che ne fece anche materia distinta di insegnamento, fu l'oratoria sacra, da lui ritenuta un momento fondamentale della liturgia, ed un impegno essenziale del rabbino; egli promosse l'adeguamento dell'oratoria rabbinica ai canoni letterari e al gusto dell'epoca. Numerose orazioni del D. per varie occasioni (ricorrenze festive, discorsi funebri, inaugurazioni, ordinazioni rabbiniche, quest'ultime di particolare interesse per l'immagine ideale del magistero rabbinico che vi viene tracciata) sono state pubblicate anche ripetutamente e considerate per decenni un modello. Un documento notevole della sua attività esegetica e predicatoria è nella raccolta di Pensieri sulle lezioni sabbatiche del Pentateuco (Padova 1872; 2 ediz. Parma 1911). Il D. svolse un'intensa attività pubblicistica, intervenendo su differenti temi di ebraismo: con divulgazioni di temi di cultura tradizionale, con contributi a dibattiti su questioni rituali e su aspetti istituzionali e di organizzazione comunitaria. Trattò a varie riprese il tema della posizione della donna nell'ebraismo; idealizzò il ruolo che la donna ebrea aveva avuto in tempi biblici, e che sarebbe stato progressivamente limitato nella successiva storia, per influsso delle culture e delle società non ebraiche, sostenne di conseguenza la necessità della emancipazione della donna nell'ebraismo, come recupero dei valori più antichi della tradizione.
Fu vivace polemista, in particolare contro diversi detrattori dei valori dell'ebraismo; svolse anche incarichi politici; in gioventù partecipò ad una missione alla corte viennese per sollecitare - senza esito - dei provvedimenti in favore degli ebrei del Lombardo Veneto; negli ultimi anni della sua vita fu anche presidente del comitato regionale veneto mantovano della "Alliance israélite universelle". Fu vivace assertore dell'integrazione politica degli ebrei negli Stati moderni, e il suo pensiero in questo campo continua ad essere oggetto di opposte interpretazioni; all'inizio del secolo il figlio, e suo biografo, Michele, tentò di servirsene nell'ambito di una polemica antisionista. Come storico, filologo e critico si contano almeno una trentina di suoi contributi su vari argomenti, con particolare attenzione ad aspetti storici dell'ebraismo italiano.
Tradusse dall'ebraico il libro dei Salmi (Vienna 1845), le Preghiere degli israeliti secondo il rito tedesco (ibid. 1846), le Massime dei padri (Padova 1862); restano altri suoi brevi saggi di traduzione di testi vari.
Pur considerando la lingua ebraica come morta sotto certi aspetti, il D. dedicò molte energie al suo studio e al recupero delle originarie forme bibliche, che riteneva le più pure, e comunque le uniche legittime in una produzione poetica. Scrisse numerose poesie in lingua ebraica, che furono raccolte nel volume di Poésies hébraïques (Padova 1868), che contiene una prima parte di produzioni giovanili (Tal Yaldūt, Rugiada di giovinezza) e una seconda di età matura (Eglēṭal, Stille di rugiada; in quest'ultimo gruppo si segnala il poema di 451 versi: Ōlām hafūkh, Il mondo alla rovescia, considerazioni critiche dell'autore sulla società del suo tempo). Un fascicoletto aggiuntivo di poesie, dal titolo Tiqqūn ha-ṭal, Aggiunta di rugiada, fu pubblicato a Padova nel 1870. In ebraico il D. scrisse anche delle epigrafi (la raccolta fu pubblicata nel 1870 a Padova) e vari esempi di brevi traduzioni di classici latini e di Dante.
Indicazioni bibliografiche sugli scritti del D. (che sono - tra articoli e saggi - oltre trecento) sono in Jona, pp. 298 s. e 319 ss. e in appendice alle Orazioni postume, Padova 1878 (di qui in parte riportate in Calabresi, 1971, pp.675 n. 11, 677 s. n. 12). Una raccolta in due volumi di Scritti sparsi è stata pubblicata a Padova nel 1908. Una vasta raccolta di scritti, forse in parte ancora inediti, èconservata in plico sigillato nella Comunità israelitica di Padova. Manoscritti inediti contenenti lezioni di ritualistica del D. sono conservati presso la Comunità israelitica di Ferrara (nn. 30, 33, 34). Un analogo manoscritto è a Londra, Jews' College (Hirschfeld 451 b).
Fonti e Bibl.: S. Jona, L.D., biografia, in Corriere israelitico (Trieste), X (1871), pp. 117-124, 161 ss., 176-182, 232-236, 263-270, 294-299, 319 ss.; V. Castiglioni, Biografia di L.D., in Oraz. postume di L. D., Padova 1878, pp. 187-202; M. Della Torre, Studio biografico intorno a L. D., introd. a L. Della Torre, Scritti sparsi, Padova 1908; G. Castelbolognesi, Il Collegio rabbinico di Padova al tempo di Samuel David Luzzatto, in La Rassegna mensile di Israel, V (1930), pp. 314-322 (ristampato in XXXII[1966], pp. 205-211); H.Schirmann, Miḥār he-shirāh ha-'ivrīt be-Italyāh, Berlin 1934, p. 501; E. S. Artom, 'Al targūm ha-Tĕhitīm shel R. H. D. (A proposito della traduzione dei Salmi del rabb. D.), in Italia (Gerusalemme), I (1945), pp. 8-13; A. Milano, Bibliotheca Historica Italo-Judaica, Firenze 1954, p. 193;G. E. Calabresi, L. D. nel primo centenario della sua scomparsa, in La Rassegna mensile di Israel, XXXVII (1971), pp.655-703; N. Vielmetti, Die Gründungsgeschichte des Collegio rabbinico in Padua, in Kairos, XIII (1971), pp. 38-66; N. Pavoncello, Nel centenario della morte di L. D., in Israel, LVI (1971), 34, p. 3;Y.Colombo, Una lettera inedita di L. D. a Adolphe Crémieux, in La Rassegna mensile di Israel, XXXVIII (1972), pp. 59-69; D. Nissim, Noterelle di storia, ibid., XXXIX (1973), pp.184 s.; G. E. Calabresi, Ancora su L. D., ibid., XLV (1979), pp. 393-416;G. Tamani, I. S. Reggio e l'illuminismo ebraico, in Gli ebrei a Gorizia e a Trieste tra "Ancien Règime ed emancipazione", Udine 1984, p. 40; D. Carpi, in Enziclopedia 'Ivrit, Jerusalem-Tel Aviv1964, XVIII, col. 517; Enc. cattolica, IV, col. 1383; G. Kressel, in Encyclopaedia Judaica, Jerusalem 1972, V, col. 1476.