CARAFA (Caraffa), Decio
Nacque nel 1556 a Napoli, secondogenito di Ottaviano signore di Cerza Piccola, del ramo collaterale dei Carafa della Stadera, e di Marzia Mormile. Destinato alla carriera ecclesiastica, passò la sua infanzia a Napoli sotto la sorveglianza del prozio Mario, arcivescovo di Napoli. Dopo aver terminato gli studi e dopo la morte dello zio che gli aveva lasciato cospicui benefici, si trasferì a Roma entrando al servizio della Curia, dove cominciò la sua carriera come notaio apostolico e prelato domestico. Clemente VIII nel 1594 lo nominò referendario utriusque Signaturae e gli conferì il 17 marzo 1598 l'ufficio di collettore pontificio in Portogallo.
Durante il viaggio a Lisbona, nel giugno del 1598 il C. si trattenne a Madrid, per ricevere le consegne dal suo predecessore Ferrante Taverna ed essere ricevuto da Filippo II. Nell'esercizio delle sue funzioni, che prevedevano la riscossione delle tasse, dei tributi e degli spogli, che il clero portoghese era obbligato a pagare alla Camera e alla Cancelleria apostoliche, il C. incontrò numerose difficoltà causate per lo più dall'interferenza delle autorità civili. Con l'aiuto del nunzio a Madrid riuscì tuttavia a risolvere la maggior parte di questi conflitti a favore della S. Sede. Fu richiamato nell'autunno del 1604 e dopo una visita di omaggio a Filippo III rientrò a Roma il 1º genn. 1605.
Le sue speranze di ottenere l'arcivescovato di Napoli vacante da più di un anno e insieme il cappello cardinalizio andarono deluse: Clemente VIII infatti si ammalò e morì di lì a poco lasciandolo a mani vuote. Continuò a prestare i suoi servizi in Curia anche durante il pontificato di Paolo V, finché fu nominato, il 17 maggio 1606, arcivescovo titolare di Damasco e designato contemporaneamente nunzio nelle Fiandre; la nomina ufficiale ebbe luogo il 12 giugno. Lasciò Roma il 9 luglio e il 1º settembre giunse a Bruxelles, dove il 6 fu ricevuto dai reggenti Alberto e Isabella per la prima udienza.
In base alle istruzioni datate al 2 luglio il C. si doveva adoperare per la riforma del clero secolare e regolare, per il ritorno all'osservanza più severa della disciplina ecclesiastica e per l'istituzione di nuovi seminari; doveva occuparsi inoltre della ricostruzione delle chiese distrutte durante la guerra, di esercitare una censura più rigorosa sugli scritti teologici eterodossi, di rafforzare le missioni cattoliche in Olanda e in Frisia e di indurre i reggenti di Bruxelles a svolgere opera di mediazione presso Giacomo I a favore dei cattolici inglesi. Doveva difendere, infine, i diritti giurisdizionali della Chiesa, senza tuttavia compromettere i buoni rapporti con Bruxelles. I pochi accenni alle questioni politiche riguardavano le trattative di una tregua tra Spagna e Olanda intavolate poco prima. Roma era favorevole al tentativo di arrivare a un accomodamento e ingiunse al C. di minimizzare l'entità dei sussidi pagati agli Olandesi dai Francesi allo scopo di prevenire una rottura tra Parigi e Bruxelles. L'attività del C. non lasciò tracce durevoli nelle Fiandre non soltanto per la brevissima durata della sua missione, ma anche per la sua inesperienza diplomatica. Raggiunse buoni risultati solo su questioni minori di interesse puramente ecclesiastico, come l'elezione contestata di un coadiutore dell'abate del monastero benedettino di Saint-Pierre a Gand e il conflitto del capitolo di Sain-Pierre a Lille con l'ordinario competente, il vescovo di Tournai, per i diritti di esenzione della collegiata.
Il C. aveva svolto le sue funzioni di nunzio a Bruxelles neanche per otto mesi, quando il 12 maggio 1607 fu deciso improvvisamente a Roma di trasferirlo alla nunziatura di Spagna; la nomina ufficiale seguì il 22 maggio. I brevi di accreditamento con la data del 30 maggio e le istruzioni gli sarebbero pervenuti a Madrid, dove arrivò il 25 luglio e fu ricevuto il 3 agosto da Filippo III. Uno dei suoi primi compiti fu di indurre gli Spagnoli a fare pressioni diplomatiche su Venezia nella controversia dell'interdetto. Particolare attenzione dovette rivolgere anche ai rapporti tra la Francia e la Spagna, sempre difficili, per via dei sussidi pagati dai Francesi all'Olanda. All'inizio del 1610 il conflitto per la successione nei ducati di Jülich e di Cleve minacciò di sfociare in una guerra tra le grandi potenze cattoliche: i preparativi francesi di intervento militare indussero gli Spagnoli a proteggere il pretendente alla corona francese Condé fuggito nelle Fiandre; nell'Impero si inaspriva la tensione tra il campo cattolico e i principi protestanti; nell'Italia settentrionale si delineava uno scontro tra il duca di Savoia alleato della Francia e gli Spagnoli nel ducato di Milano; nell'Italia meridionale, infine, si temeva un attacco in forze della flotta turca. Paolo V alla fine di aprile del 1610 mandò Ulpiano Volpi come nunzio straordinario a Madrid, perché tentasse, in collaborazione con il C., di dissuadere Filippo III da azioni militari contro la Francia e in Italia. Quando però nell'estate il Volpi arrivò a Madrid, la situazione era migliorata dopo l'assassinio di Enrico IV di Francia. I due nunzi insistettero per la smobilitazione delle truppe spagnole nel ducato di Milano e per indurre Filiberto di Savoia, giunto alla corte spagnola nell'ottobre, ad assumere un atteggiamento più arrendevole davanti alle richieste spagnole. Dopo essere giunti nel tardo autunno ad una intesa, nell'aprile del 1611 - poche settimane dopo la fine della missione spagnola del Volpi - si addivenne a Fontainebleau a un accordo per un doppio matrimonio franco-spagnolo e una lega difensiva. Queste intese furono tenute segrete ancora per quasi un anno. ma già nel settembre del 1611 il C. era in grado di informarne Roma. Nell'autunno del 1610 il C. aveva dovuto far fronte ai sospetti spagnoli su un accordo segreto del papa con la Francia durante la crisi della primavera. Il clima più disteso gli permise di chiedere agli Spagnoli un appoggio più attivo degli interessi cattolici nell'Impero. Doveva intervenire però il meno possibile nei rapporti anglo-spagnoli, per timore che eventuali iniziative contro l'Inghilterra provocassero nuove persecuzioni dei cattolici. Gli fu tuttavia ordinato ripetutamente di opporsi al progetto di un matrimonio anglo-spagnolo e di indurre la corte spagnola a proibire la circolazione di uno scritto di Giacomo I, nel quale si giustificava l'introduzione del giuramento dei cattolici e si polemizzava contro il Papato. Doveva favorire inoltre indirettamente la diffusione in Spagna della replica del cardinal Bellarmino. Alla fine del 1609 il C. convinse infine Francisco Suárez a entrare in lizza anch'egli contro lo scritto di Giacomo I.
Ma accanto ai problemi della politica europea impegnarono il C. anche le questioni ecclesiastiche, in primo luogo le accese polemiche sulla dottrina della grazia tra gesuiti e domenicani, seguite alla pubblicazione delle tesi di Luis de Molina. Filippo III, sotto l'influenza del suo confessore, il domenicano Luis de Aliaga, premeva per una decisione dottrinale vincolante contro le tesi del Molina che il papa invece voleva evitare. Suo compito specifico fu di imporre in tutta la Spagna l'esecuzione dei decreti di riforma del concilio di Trento per l'osservanza rigorosa della disciplina ecclesiastica e comporre i conflitti all'interno dei singoli Ordini e le controversie tra singoli membri del clero. Nel 1608-09 svolse opera di mediazione nel conflitto tra i mercedari di Valladolid e il loro generale, nel 1610 tra i trinitari e il loro generale, in occasione dell'elezione del quale aveva presieduto il capitolo generale dell'Ordine tenuto nella primavera del 1608. All'inizio del 1610 riuscì ad eliminare certi abusi nell'Ordine dei romitani scalzi, nell'autunno del 1609 fece eseguire una visita dei canonici regolari a Calatayud, alla fine di quell'anno partecipò al capitolo generale dei benedettini. Tuttavia più di una volta dovette oltrepassare i poteri concessigli, se all'inizio del 1610 i domenicani cominciarono a lamentarsi in Curia per gli interventi indebiti del C. negli affari interni dell'Ordine e i cisterciensi protestarono contro le visite delle abbazie di Poblet e di Santa Creus disposte dal nunzio. La Curia nella primavera del 1611 gli rimproverò il suo atteggiamento di durezza e i suoi indebiti interventi, soprattutto nel caso dell'Ordine domenicano sottoposto alla protezione del cardinale. Scipione Borghese, nipote del papa. All'inizio del 1611 anche l'ambasciatore spagnolo a Roma protestò contro le dure censure ecclesiastiche inflitte agli ordinari di Burgos e di Valencia per i privilegi dell'ospedale di Burgos e i diritti di esenzione dell'abbazia de las Huelgas che si erano trascinati per anni; Roma difese il nunzio, raccomandandogli però nello stesso tempo una maggiore moderazione. Ancora più difficile si presentò il suo intervento nello spoglio dei beni vacanti: nel tentativo di salvaguardare gli interessi della Camera apostolica si scontrò spesso con le autorità ecclesiastiche locali e con quelle statali che intervenivano di rincalzo: così fu nel 1608-10 in Portogallo e a Tarazona, e soprattutto nel 1610-11 a Saragozza.
Il suo atteggiamento inflessibile lo rese sempre più malvisto alla corte spagnola che nell'estate del 1611 chiese al papa di separare in futuro l'ufficio del nunzio dalle funzioni del collettore generale. Sorsero altre tensioni tra Roma e Madrid, quando gli Spagnoli nell'ottobre del 1610 proibirono la diffusione dell'undicesimo volume degli Annales del Baronio contenente il trattato sulla Monarchia Sicula: al C. non riuscì di ottenere la revoca di questa censura fortemente osteggiata a Roma.
Dovette curare anche gli interessi privati della famiglia Borghese: nel 1608 procurò al nipote del papa, il cardinale Scipione Borghese, una pensione spagnola; nello stesso tempo si adoperò perché fossero concessi allo stesso cardinale benefici spagnoli tenuti dal defunto cardinale Ascanio Colonna e alcune abbazie in Sicilia; nel 1610 riuscì ad assicurare la vendita del principato di Sulmona ad un altro nipote del papa, Marcantonio Borghese.
Il 17 ag. 1611, Paolo V lo nominò cardinale e lo richiamò - a quel che pare per le insistenze spagnole - dalla nunziatura di Madrid. Continuò ad esercitare le sue funzioni fino all'arrivo del suo successore Antonio Caetani: lasciò Madrid il 16 genn. 1612, il 2 aprile fu ricevuto dal pontefice per un colloquio privato, cinque giorni dopo fece la sua entrata solenne a Roma. Il 7 maggio gli venne conferito il titolo di S. Lorenzo in Panisperna, che il 18 giugno egli cambiò con quello dei SS. Giovanni e Paolo. Era considerato una delle "creature bisognose" di Paolo V e il cardinale Borghese gli dovette cedere due dei suoi benefici; già nell'aprile gli era stata concessa una abbazia in Terra d'Otranto del valore annuo di 1.000 scudi. Dopo aver rinunciato nell'estate del 1612 al titolo di arcivescovo di Damasco, il papa gli conferì, il 7 genn. 1613, l'arcivescovato di Napoli da poco vacante. Il C. inizialmente pensò di rifiutare la nomina, forse per l'opposizione spagnola, cosicché Paolo V gli conferì il pallio soltanto il 22 apr. 1613. L'8 maggio il suo procuratore Pier Antonio Ghiberto prese possesso dell'arcidiocesi, che gli procurò entrate di circa 12.000 scudi annui e della cui amministrazione incaricò inizialmente il suo vicario generale Fabio Maranta, vescovo di Calvi.
Si trasferì a Napoli solo nel maggio del 1615: tenne tre sinodi diocesani nel 1619, nel 1622 e nel 1623 e pubblicò numerosi decreti per migliorare la disciplina ecclesiastica e impedire la pratica scandalosa dei sacramenti, ma anche per evitare esagerazioni nella pittura e nella musica sacra e nella celebrazione delle feste ecclesiastiche. Uomo di grande pietà ascetica che si sottoponeva regolarmente agli esercizi ignaziani, il C. cercò di dare un esempio con la propria condotta di vita. Era membro della Compagnia della Trinità dei pellegrini, ma dava il suo appoggio anche all'attività di altre confraternite e associazioni caritative napoletane. Si adoperò per l'istituzione di nuove parrocchie e la fondazione di monasteri, favorì in modo particolare alcuni Ordini come i cappuccini, i gesuiti e, soprattutto, i teatini, ai quali era legato da tradizioni famigliari. Spese grandi somme per il restauro e l'abbellimento interno del duomo di Napoli: fece costruire un secondo organo e dispose la collocazione di un cancello del coro decorato di intarsi e di un nuovo rivestimento in marmo dell'altare maggiore, che fece ornare delle statue degli otto patroni della città. Trasformò la chiesa, originariamente gotica, secondo il gusto barocco e fece collocare un nuovo soffitto di legno, tutto dipinto, che venne completato nel 1621 e costò esso solo 14.000 ducati; restaurò la sagrestia assegnandole un legato di 6.000 ducati destinati all'acquisto di paramenti e di altri arredi per la messa. Fece ingrandire e restaurare anche il palazzo arcivescovile.
Nel 1621 e nel 1623 si recò a Roma per partecipare ai conclavi, ma senza svolgere alcun ruolo attivo, afflitto com'era dalla vecchiaia e dalle malattie. Non aveva certo prospettive per sé, benché fosse ritenuto papabile, dato che gli Spagnoli, memori della sua nunziatura a Madrid, avevano fatto sapere che avrebbero osteggiato risolutamente una sua eventuale candidatura.
Morì a Napoli, dopo lunga malattia, il 23 genn. 1626 e fu sepolto nel coro del duomo, dove già nel 1617 aveva fatto erigere un monumento sepolcrale per sé e per lo zio Mario.
Fonti e Bibl.: L'istruzione per l'ufficio di collettore in Portogallo è conservata in Arch. Segreto Vaticano, Segreteria di Stato,Portogallo, 209, ff. 1-6 (ai ff. seguenti 6v-210 si trovano corrispondenze degli anni 1606-1608); l'istruzione per la nunziatura di Bruxelles è pubbl. in A. Cauchie-R. Maere, Recueil des instructions générales aux nonces de Flandre(1596-1635), Bruxelles 1904, pp. 7-26; l'ediz. degli atti della nunziatura di Bruxelles per gli anni 1606-07 viene preparata da L. Van Meerbeeck (cfr. L.E. Halkin, Les archives des nonciatures, Bruxelles-Rome 1968, p. 38, con l'indicaz. delle fonti vaticane relative). La corrispondenza della nunziatura di Madrid per gli anni 1607-1611 è pubblicata in modo frammentario e sotto forma di regesti in J. de Olarra Garmendia-M. L. de Larramendi, Correspondencia entre la nunciatura en España y la Santa Sede. Reinado de Felipe III (1598-1621), I-IV, Roma 1960-1964, ad Indices; singoli scritti diplomatici degli anni 1609-1611 sono pubbl. in H. Laemmer, Meletematum Romanorum mantissa, Ratisbonae 1875, pp. 260, 281 ss., 285 s., 302 s., 305 s., 330; un elenco completo degli atti diplomatici del C. per gli anni 1606-1611 conservati nei diversi fondi dell'Arch. Segreto Vaticano e della Bibl. Apostolica Vaticana si trova in J. Semmler, Das päpstliche Staatssekretariar in den Pontifikaten Pauls V. und Gregors XV. 1605-1623, Rom-Freiburg-Wien 1969, pp. 13, 22, 25, 27, 30, 35, 37; indicazioni supplementari offre W. Reinhard, Akten aus dem Staatssekret. Pauls V. im Fondo Boncompagni-Ludovisi der Vatikan. Bibl., in Röm. Quartalschrift für christl. Altertumskunde und Kirchengesch., LXII (1967), p. 99. Altri docum. relativi alla nunziat. di Madrid che non sono stati utilizzati sono conservati nel Zentralarchiv della Repubblica Democratica Tedesca a Merseburg, Rep. 94 I A 5, vol. 6. Dati biografici si possono trovare nei numerosi Avvisi di Roma degli anni 1605-1626, p. es. nella Bibl. Apostolica Vaticana, fondo Urbinate latino, voll. 1073, ff. 7, 66, 85; 1080, ff. 361v s., 398, 646, 724 ss.; 1081, ff. 7v., 20v, 207; 1083, ff. 99, 108v, 144 s., 162v, 165, 189; 1096, f. 45; e nel fondo Barb. lat., vol. 6347, ff. 49v, 77v ss., 83, 86, 119v. Cfr. inoltre: Relazioni degli Stati europei lette al Senato dagli ambasciatori veneti..., a cura di N. Barozzi-G. Berchet, s. 3, Relazioni di Roma, I, Venezia 1877, p. 166; A. Bulifon, Giornali di Napoli dal MDXLVII al MDCCVI, a cura di N. Cortese, I, Napoli 1932, pp. 99 s., 110, 112, 122, 125, 133; Documents relatifs à l'admission aux Pays-Bas des nonces et internonces des XVIIe et XVIIIe siècles, a cura di J. e P. Lefèvre, Bruxelles-Rome 1939, pp. 24-26, 62; Correspondance d'Ottavio Mirto Frangipani,prémier nonce de Flandre(1596-1606), a cura di A. Louant, III, Bruxelles-Rome 1942, ad Indicem; B. Aldimari, Historia genealogica della famiglia Carafa, II, Napoli 1691, pp. 319-24; D. M. Zigarelli, Biografie dei vescovi e arcivescovi della Chiesa di Napoli..., Napoli 1861, pp. 156-161; F. Petruccelli della Gattina, Hist. diplom. des conclaves, III, Paris 1865, pp. 11, 15, 19, 44, 55 s.; R. de Scoraille, François Suarez…, II, Paris 1913, ad Indicem; A. Pasture, La restauration religieuse aux Pays-Bas catholiques sous les archiducs Albert et Isabelle(1596-1633)..., Louvain 1925, pp. 11, 64, 88 s., 101, 105, 114, 144, 167 s., 242, 245, 250, 252, 260, 281, 289, 300, 353 s.; Id., La riforme des chapitres séculiers pendant le règne des archiducs(1596-1633), in Bull. de l'Inst. hist. belge de Rome, V (1925), pp. 29, so; L. von Pastor, Storia dei papi..., XII, Roma 1930, pp. 164, 194, 228 s., 242, 384 s.; XIII, ibid. 1931, pp. 29, 230, 232, 235, 242, 1004; B. Katterbach, Referendarii utriusque Signaturae..., Città del Vaticano 1931, pp. 213, 240; L. Lopetegui, La Secretaria de Estado de Paulo V,y la composicion del "Defensio Fidei" de Suárez, in Gregorianum, XXVII (1946), pp. 585-592; J. Olarra Garmendia-M. L. Larramendi, Indices de la correspondencia entro la nunciatura en España y la Santa Sede durante el reinado de Felipe II, II, Madrid 1194, pp. 564-67, 571, 573; R. De Maio, Le origini del seminario di Napoli, Napoli 1958, ad Indicem; Id., S. Andrea Avellino ed il card. D. C., in Regnum Dei-Collectanea Theatina, XIV (1958), pp. 238-248; P. Lopez, Riforma cattolica e vita religiosa e culturale a Napoli..., Napoli 1964, pp. 16 s.; J. Grisar, Maria Wards Institut vor römischen Kongregationen(1616-1630), Roma 1966, ad Indicem; W. Reinhard, Papstfinanz undNepotismus unter Paul V. (1605-1621), I-II, Stuttgart 1974, ad Indicem; Enc. catt., III, coll. 745 s.; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., XI, coll. 990 s.