debito finanziario
Obbligo del debitore, privato o pubblico, di adempiere una determinata prestazione a vantaggio del creditore, consistente di solito nel dare o restituire qualcosa, soprattutto denaro. Nel linguaggio finanziario si distinguono diverse forme di debito.
Si parla di d. di funzionamento (o di regolamento) per i d. generati nell’esercizio dell’attività d’impresa. Si tratta di prestiti ottenuti dai fornitori che consentono una dilazione di pagamento. Nascono per effetto delle operazioni economiche relative agli acquisti di beni e di servizi, effettuati per realizzare i ricavi che conducono all’individuazione del reddito. Essi si distinguono dai d. di finanziamento.
Nel linguaggio contabile indica un’obbligazione di pagamento gravante su un’azienda, da effettuare a saldo di prestiti attinti. Al pari del d. di funzionamento, esso grava sul patrimonio come un elemento negativo e rappresenta una passività aziendale.
Nel 2010 i d. finanziari delle imprese italiane si sono attestati a 1300,811 miliardi di euro (+1,5% rispetto al 2009), soprattutto nella forma di d. bancari e titoli obbligazionari. Il grado di indebitamento si colloca su livelli storicamente elevati: il rapporto tra i d. finanziari e la somma degli stessi con il patrimonio ai valori di mercato (leverage) nel 2010 è salito di oltre un punto, al 46,8% (Banca d’Italia, dati 2011).
Con il termine d. pubblico (➔ debito pubblico ) si intende, generalmente, la consistenza delle passività finanziarie del settore delle amministrazioni pubbliche, valutate al valore facciale di emissione. Il d. è calcolato secondo i criteri definiti nel Regolamento del Consiglio delle Comunità europee 2009/479, sommando le passività finanziarie riguardanti le monete, i depositi, i titoli diversi dalle azioni e i prestiti. A seconda del grado di liquidità che lo caratterizza, il d. pubblico si distingue in d. fluttuante (detto anche di amministrazione) e d. consolidato. Il primo è costituito dall’insieme dei d. contratti per un periodo di tempo non superiore all’anno per far fronte a disavanzi di cassa che si sperano momentanei (in Italia dai Buoni Ordinari del Tesoro; ➔ BOT), dalle anticipazioni di biglietti di banca da parte dell’istituto di emissione e dalle aperture di conto corrente al Tesoro da parte di istituti finanziari. Il d. consolidato è costituito da d. contratti per far fronte a necessità che superano le ordinarie possibilità di bilancio e quindi a lunga o indeterminata scadenza. Il d. consolidato si distingue in redimibile e irredimibile, a seconda che lo Stato si sia assunto l’impegno di rimborsare il capitale a epoche e con modalità stabilite, oltre che di pagare gli interessi, oppure si sia impegnato soltanto a corrispondere questi ultimi a tempo indefinito. Nell’ambito del d. pubblico, infine, si parla di regolazione di d. pregressi con riferimento alle operazioni con le quali lo Stato regola, in contanti o in titoli, la posizione debitoria propria o di altro soggetto pubblico, relativa a transazioni effettuate in esercizi precedenti.
Al 31 dicembre 2010, il d. pubblico complessivo dell’Italia ammontava a 1843,051 miliardi di euro, pari al 119% del PIL (Banca d’Italia, dati 2011).
Si definisce d. estero (➔) quello contratto dai residenti in un Paese verso i non residenti. È considerato d. l’impegno effettivo, non eventuale, assunto dal debitore, che si sostanzia nella restituzione, a una futura scadenza, di capitale e/o di interessi. Il d. estero italiano, calcolato secondo gli standard previsti dal Fondo Monetario Internazionale (➔ FMI), fissati nell’ambito dell’iniziativa Special Data Dissemination Standard (SDDS), coincide con la parte del passivo della posizione patrimoniale sull’estero ottenuta escludendo la componente azionaria, gli utili reinvestiti e la posizione in strumenti derivati.
Nel 2010 la posizione debitoria netta dell’Italia sull’estero si è ridotta rispetto al 2009 (385,2 miliardi), attestandosi a 376,7 miliardi di euro, pari al 24,3% del PIL (Banca d’Italia, dati 2011).