DEA SYRIA
La Dea S., divenuta popolare in Italia attraverso i suoi erranti sacerdoti, che ne recavano l'immagine fra gli strati più umili della popolazione, là dove si trovavano mercanti e schiavi siriaci (Apul., Met., viii, 24 ss.), è la grande divinità femminile della Siria, Atargatis, la dea sposa di Hadad. Essa differisce dall'Ishtar babilonese, sebbene talora si confonda con la fenicia Astarte (v.). È forse di origine anatolica, quindi affine alla Magna Mater, ma la sua figura e la sua tipologia si distinguono da quelle delle altre dee. Quantunque adorata in molte città siriache, essa era particolarmente famosa come seconda divinità della triade di Hierapolis (Bambyke) e di Heliopolis (Baalbek). La più antica tipologia la rappresenta, secondo la concezione orientale, come dea della feconda natura; tale essa appare in una terracotta rinvenuta a Hierapolis, nuda fino alla cintola, con pòlos e collana, trecce scendenti sulle spalle, nell'atto di stringere con le mani i seni, secondo il gesto ben noto della divinità dell'amore e della fecondità. Un tipo affine compare sulla monetazione locale della dinastia regnante al tempo di Alessandro. E analogo doveva essere l'aspetto della dea nel tempio di Ascalon, ove, però, essa era raffigurata col corpo a coda di pesce (i pesci erano sacri ad Atargatis anche a Bambyke) e col nome di Derketo. In età romana, invece, la ritroviamo nel tipo del tutto ellenizzato, sebbene con simboli e attributi locali. Dei simulacri del culto dello scomparso santuario di. Hierapolis rimane la descrizione che ne fa Luciano (De dea Syr., 28, 30 ss.): Hadad era del tutto simile a Zeus e Atargatis pareva Hera; il suo trono era sostenuto dai leoni, nelle mani aveva lo scettro e un fuso, simbolo del Fato; in testa aveva la corona turrita, come patrona di Hierapolis, ma anche il nimbo radiato a indicare il suo carattere di divinità astrale; portava il cinto di Venere. Secondo l'autore, Atargatis era raffigurata simile a Minerva, alla Luna, a Rhea, ad Artemide, a Venere, a una Parca. Un'ara ai Musei Capitolini, dedicata a Diasyria da un Acilius Felix porta un'immagine della dea, forse fra le più popolari, ispirata alle tendenze sincretistiche, che in età romana fluivano nel santuario hierapolitano: su una base è rappresentata Atargatis seduta, fiancheggiata dai leoni, con in mano il fuso e lo specchio di Afrodite; ha in testa una mitra, da cui scende il velo e, sopra, il crescente lunare. La triade heliopolitana, venerata nel tempio maggiore, è nota da alcuni monumenti: da un rilievo, ora al museo del Palatino, da un'ara ottagonale da Fakiyeh (Fīkī, Antilibano) e da un' ara da Antiochia al Louvre. La figura della dea paredra si ricostruisce come seduta su un trono fiancheggiato da sfingi (influenza fenicia o egizia in età ellenistica), con ampio velo sul capo e kàlathos, ha la collana e tiene in una mano le spighe. Anche nelle monete di Gabala compare la sfinge presso il trono, ma il monumento più significativo in questo senso è la statua acefala e senza braccia trovata a Baalbek (ora al museo di Beirut), che rappresenta, ovviamente, la divinità locale; essa ha al fianco sinistro una sfinge femminile. In un'ara di Hermel, invece, il trono è sorretto da Tritoni; la dea ha la sinistra alzata, o per sostenere il velo, o nel gesto di benedizione caratteristico delle triadi siriache. Nonostante si riscontrino nel santuario dell'Antilibano alcune influenze egizie, l'affinità con i tipi statuari della Magna Mater è evidente; anzi a Hierapolis l'assimilazione concettuale era così inoltrata che su alcune monete Atargatis fu rappresentata come Cibele (v.), col timpano nella sinistra; altra volta, seduta sul leone. In Occidente la triade giunge da Heliopolis coi nomi di Iupiter, Venere Celeste e Mercurio. Atargatis vi penetra dunque particolarmente nel suo aspetto cosmico, cioè in quella evoluzione compiutasi in Siria in senso astrale sotto l'influsso della scienza babilonese. Su un'aretta triangolare dal tempietto siriaco del Gianicolo, trasformata al Museo del Louvre in un candelabro, e in un'altra ara da Bted'el, è raffigurato, quasi identico, il busto di Atargatis col crescente lunare dietro le spalle. Su un pilastrino rinvenuto in Trastevere, ora nei Musei Capitolini, dedicato da un militare di Heliopolis al Giove heliopolitano, v'è il rilievo di Atargatis-Tyche con timone e cornucopia fra i leoni; questa figura ha riscontro in quella della stessa divinità rappresentata sulla base del bel bronzo Sursok dell'Hadad heliopolitano, sulla cui ependötes sono le immagini delle divinità planetarie; è insomma Atargatis nel suo aspetto di Fortuna-dea cosmica.
Bibl.: Dict. Ant., IV 2, p. 1590 ss., s. v. (F. Cumont); R. Dussaud, Notes de Mythologie Syrienne, in Revue Arch., 1903, I, p. 124, 347 ss.; II, p. 91; H. Seyrig, La triade héliopolitaine, in Syria, X, 1929, p. 325 ss.; S. Ronzevalle, Le dieu héliopolitain, in Mélanges de l'Univesité de Beyrouth, XXI, 1937-38, p. 101 ss.; C. Clemen, Lukians Schrift über die Syrische Götting (Der Alte Orient, 37), Lipsia 1938; R. Dussaud, Temples et cultes de la triade hélipolitaine, in Syria, XXIII, 1942, p. 46 ss.; H. Seyrig, Un idole hiérapolitaine, in Syria, XXVI, 1949, p. 25 ss.; B. M. Felletti Maj, Il santuario della Triade eliopolitana, in Bull. Com., LXXV, 1953-55, p. 137 ss. (bibl. prec. sul culto in Roma).