DANIELE Ricciarelli, detto Daniele da Volterra
Pittore e scultore. Nacque circa il 1509; morì a Roma nel 1566. Scolaro del Sodoma poi di B. Peruzzi, recatosi assai giovane a Roma fu tolto come aiuto da Pierin del Vaga; indi divenne seguace di Michelangelo, il più coscienzioso e profondo se non il più immaginoso e pronto. Ciò, se lo preservò dalla faciloneria invadente, gl'impedì di produrre molti lavori, poiché non mai contento vi penava dietro anni. Le sue opere quindi sono rare, ma mirabili per equilibrio di composizione, nettezza di esecuzione, conoscenza anatomica, sebbene la sua tecnica pittorica lisci e gonfi alquanto le figure togliendo loro vitalità.
La prima opera di Daniele da Volterra, la Giustizia nel Museo di Volterra, è molto prossima al Sodoma. A Roma, in S. Marcello, terminò l'opera di Pierin del Vaga nella cappella del Crocefisso; quindi tra l'altro dipinse bellissimi fregi nei palazzi Massimo e Farnese. Tra il 1541 e il 1546 nella Trinità dei Monti frescò la cappella Orsini con storie della Croce; non ne rimane che la Deposizione la quale per armonia di composizione, nobiltà di atteggiamenti ed efficacia di espressioni fu considerata uno dei capolavori dell'arte, ma oggi è quasi una rovina. Per la cappella della Rovere, dirimpetto a quella, fece intorno all'altare un'Assunta, opera faticosa e oggi molto guasta, lasciando che gli aiuti eseguissero la maggior parte delle altre storie, tra le quali la Strage degli Innocenti, che replica in grande la tavoletta degli Uffizî da lui firmata. Paolo IV gli commise di rivestire di panni sottili i nudi di Michelangelo nel Giudizio Universale, onde fu soprannominato "Braghettone". Dopo la morte di Pierin del Vaga, nel 1547, Daniele ebbe l'incarico di decorare la Sala Regia in Vaticano e a lui si debbono i partimenti in stucco con fregi e putti elegantissimi, ma a causa della sua lentezza e irresoluzione le pitture furono poi commesse ad altri. Si diede anche alla scultura, ma sempre per i soliti difetti poco condusse a termine e poco rimane oltre il magnifico busto bronzeo del Buonarroti. Il suo grandioso cavallo di bronzo per il monumento di Enrico II, dopo aver servito a quello di Luigi XIII, fu distrutto durante la Rivoluzione.
Bibl.: G. Vasari, Le Vite, ed. Milanesi, VII, Firenze 1881; L. Lanzi, Storia pittorica dell'Italia, ecc., Bassano 1809, II, p. 103; E. Steinmann, Das Schicksal d. Kreuzlegende des D. da V., in Monatsh. f. Kunstw., XII (1919), pp. 193-212; H. Voss, Die Malerei d. Spätrenaissance in Rom u. Florenz Berlino 1920, I, pp. 120 segg.; E. Michon, Le "David Vainqueur de Goliath" de D. da V., in Revue de l'art anc. et mod., XLI (1922), pp. 201-12: R. Schendier, ibid., XLII (1922), pp. 383-86; W. Stechow, D. da V. als Bildhauer, in Jahrb. d. preuss. Kunsts, XLIX (1928), pp. 82-93.