DAFINO (Daffino, Daffini, De Fine)
Famiglia di fabbricanti di canne di Gardone Val Trompia, attiva dalla prima metà del sec. XVI alla seconda metà del sec. XVIII. Le notizie documentarie attualmente disponibili non consentono di ricostruime l'albero genealogico, ma sono sufficienti a dimostrare che i D., in vari momenti e con varia incisività, sono stati presenti per oltre due secoli in tutte le attività nelle quali si articolava il processo di fabbricazione delle canne sia da guerra sia civili.
Nel 1529 un Bartolomeo, "maestro di canne" è autorizzato a trasferire da Gardone a Brescia - anziché a Venezia come prescritto da una recente disposizione - duecento canne. Nel 1587 GiovanniMaria, "maestro d'archibusi", è in rapporto coi duca di Mantova al quale deve procurare una "canna rigata". Nel 1643 un GiovanniBattista figura nell'elenco dei "capi maestri" di Gardone ed è titolare di un "fuoco" (o "fogatello"), cioè di una fucina nella quale le lastre. di ferro venivano trasformate in canne. Un suo omonimo era rimasto ucciso nel 1635 in uno scontro tra le due fazioni, dei Rampinelli e dei Chinelli, che dividevano e spesso insanguinavano Gardone. Nel 1661 un Paolo fu Rinaldo è "livellatore" (o "drizzatore": la maestranza cui era affidata la fase più delicata nella fabbricazione di una canna); nello stesso anno un altro Paolo succede a Giovan Battista nella proprietà di un "fuoco". Dal 1657 al 1704 un Pietro è titolare di un "molaro", officina in cui si effettuava la lucidatura finale delle canne prima di passarle, quando si trattava di canne "civili", ai "camuzzatori" che provvedevano, in Gardone o anche in Brescia, alla loro decorazione, e che di norma le firmavano. Dal 1664 al 1723 gli "Eredi di Ludovico Dafino" sono "drizzatori" e proprietari di un fuoco. Nel 1719 gli "Eredi di Gio. Batta Dafino" sono al secondo posto tra gli esportatori di canne civili, e passeranno al primo nel 1724. In quell'anno i "Daffini" non figurano più tra i proprietari di fuochi bensi tra i "mercanti che ordinano canne": hanno cioè preso parte attiva al processo di trasformazione in atto a Gardone, da una organizzazione esclusivamente artigianale, attuata dalle varie "maestranze" (che tuttavia dureranno fino alla caduta della Repubblica) a quella imprenditoriale-mercantile. Continua però anche l'attività strettamente legata alla produzione: dal 1723 al 1763 un Bartolomeo fu Pietro è titolare della metà di un fuoco; nel 1726 un Pietro è incaricato di raccogliere tutte le canne che devono passare nelle mani della maestranza dei "vitonieri e fondellieri" di cui egli fa parte; infine nel 1763 un Rinaldo figura come successore degli eredi di Ludovico nel posto di "drizzatore" in una delle principali fucine di Gardone. Va aggiunto che tra il 1702 e il 1738 è immatricolato ed ha una bottega di armaiolo in Roma un Girolamo Daffina o Dafino, probabilmente discendente da questa stessa famiglia.
Col 1763 cessano le notizie documentarie, e i D. non figurano, per es.; tra i firmatari di una petizione del 1800 rivolta al governo di Milano dagli artigiani di Gardone J. Gelli, Gli archibugiari milanesi, Milano 1905, p. 135) o tra i proprietari di fucine nel 1845 (M. Cominazzi, Cenni sulla fabbrica d'armi di Gardone, Milano 1845, p. 15). È da segnalare tuttavia che una "Ditta Battista Daffini e Elli", forse discendenti dagli antichi "maestri", era operosa a Gardone nella prima metà del nostro secolo (M. Abbiatico, in Diana Armi, febbraio 1984, p. 60).
Diverse opere superstiti confermano il ruolo dei D. come produttori di canne. L'assegnazione all'uno o all'altro dei membri della famiglia cisati nei documenti è, come per tutte le canne gardonesi, estremamente difficile, stante le frequenti omonimie, la datazione sempre opinabile e il fatto che, come già detto, le firme venivano apposte di norma da decoratori che operavano individualmente e non nell'ambito delle fucine, minutamente analizzate negli estimi (Rossi, 1981). In questo caso conviene addirittura rinunciarvi e limitarsi ad una semplice elencazione, avvertendo che nella maggior parte dei casi si tratta di canne montate su armi di buona o anche alta qualità.
Quattro canne (forse di due artefici distinti, entrambi però operanti, in momenti diversi, nella seconda metà del sec. XVII) firmate da Piero, o Pietro, D. tra punti trilobati, si trovano nel Museo L. Marzoli di Brescia, nell'Ermitage di Leningrado e nell'armeria dei Thurn und Taxis a Ratisbona. Più numerose, e assegnabili al tardo Seicento o ai primi del XVIII sec., le canne firmate "Gio. Batta. Dafino", conservate nei musei storici di Dresda, di Mosca e della Città ciel Vaticano, nell'Armeria di Vienna, e in quelle dei castelli di Coburgo, di Dyck in Germania, di Wawel a Cracovia. Altre opere, sia di Pietro sia di Giovan Battista, si trovano in musei minori e in raccelte private. Di un Lorenzo, non altrimenti conosciuto, è la canna di un archibuso nel costello Waldeck ad Arolsen (nella Repubblica federale tedesca). Ai D. sono stati anche attribuiti alcuni marchi con le iniziali "B D" (Battista Dafino?) impressi sotto la culatta, cieè dopo la prima fase di lavorazione, da "maestri bollitori" operanti in "fogatelli" posseduti da questa famiglia.
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