DA CAMPO (da Campo, Campo, Campi), Angelo Alessandro
Nacque a Verona l'11 gennaio 1735 da Tobia, figlio naturale del conte Cristoforo, e da Paola Tedeschi (o Todeschi) e venne battezzato due giorni dopo nella chiesa di S. Eufernia, come risulta dai registri di questa parrocchia (Battezzati, anni 1733-1774., c. 11, n. 56).
Dal matrimonio di Paola e Tobia, celebrato nella stessa parrocchia il 27genn. 1734, nacquero in seguito altri quattro figli: Giampiero Gaetano (6luglio 1736), Rita Laura (9dic. 1737), Francesco Carlo (9luglio 1739) ed Eugenia Teresa (31dic. 1741) morta, presumibilmente di tifo, il 12luglio 1745. Il 14 marzo 1747morì anche Tobia e fu sepolto come la figlia nella tomba di famiglia dei nobili Da Campo nel chiostro di S. Eufemia. La madre Paola visse invece fino alla sua morte (17marzo 1796) con il figlio Angelo rimasto celibe. Non è stato possibile finora accertare alcun legame di parentela o di altro genere tra il D. e quell'Alessandro Campo, pure veronese, che firmò la pala con la Madonna e tre santi della chiesa parrocchiale di Tignale (Brescia), peraltro stilisticamente dissimile dalle opere certe del pittore più noto e documentato (G. Panazza, in Atti del Congresso internaz. ... di Salò, Vicenza 1969, I, p. 246, n. 131, fig. 79).
Secondo lo Zannandreis (1891), autore di una biografia del D. nel complesso abbastanza attendibile, dopo una prima formazione presso Michelangelo Prunati, egli "diedesi ad operare da sé dipingendo parecchie tavole e quadri che gli conciliarono stima", (p. 472). Sebbene di tali opere, forse per gran parte destinate alla committenza privata, pochissime siano oggi identificabili e nessuna di queste appartenga alla sua produzione giovanile, possiamo tuttavia ritenere che il D. acquistasse presto una certa notorietà poiché il suo nome figura tra quelli degli artisti veronesi fondatori della locale Accademia di pittura istituita nel 1764 da Giambettino Cignaroli (Marchini, 1975-76). Nel 1768, in collaborazione con il quadraturista bolognese Filippo Maccari da poco trasferitosi a Verona, affrescò il salone e l'atrio delle scale nella villa Fracanzani a Ponso (Padova), rivelando in questa sua prima opera nota "il gusto per un colorismo piuttosto smorzato e, in generale, una certa povertà di invenzione paga di ripetuti moduli accademici" (Pavanello, 1978, p. 219). Eseguita presumibilmente nello stesso momento è la pala con l'Assunzione della Vergine nella parrocchiale di Ponso, permeata di una grazia tutta settecentesca che ricorda, oltre il Cignaroli, anche il Balestra. Nel decennio successivo, sempre con il Maccari, dipinse il soffitto, con l'Apoteosi di Ercole, nel salone della villa Marioni Pellegrini al Chievo (Verona), una delle sue opere più famose e celebrate dai contemporanei, ma oggi difficilmente valutabile in quanto completamente ridipinta.
Nel 1774 il D. iniziò la sua attività didattica presso l'Accademia di pittura in qualità di "maestro di settimana", conservando questa mansione fino al 1777 e, successivamente, dal 1784 al 1787. Solo nell'agosto 1789 assunse per la prima volta la carica di direttore, carica di durata triennale che ricopri ancora dal 1796 al 1805 e poi dal 1821 al momento della morte (cfr. Atti…, 1763-1857). Ciò contrasta in modo evidente con l'affermazione dello Zannandreis (1891), presumibilmente ricavata dall'epigrafe mortuaria dell'artista (trascritta dallo stesso biografo: p. 474) secondo cui egli avrebbe mantenuto tale incarico per quarant'anni consecutivi.
Nel 1786 il D. firmò la grande pala con l'Incontro tra s. Ambrogio e l'imperatore Teodosio, eseguita su commissione del nobile Giorgio Volpini per la chiesa di S. Ambrogio di Valpolicella (Verona) e considerata in assoluto la sua opera migliore, sia dagli storici dell'epoca (Da Persico, II, 1821, p. 166; Zannandreis, 1891, p. 472) sia dalla critica più recente (Silvestri, 1970). Secondo la tradizione l'autore avrebbe raffigurato nei personaggi del dipinto alcuni amici, tra cui il padre agostiniano Giuseppe. Calefi di S. Eufemia e l'abate Sante Fontana, manifestando un'attitudine per il ritratto evidente anche nella Consegna delle chiavi a s. Pietro, ancora esistente nella chiesa di S. Pietro in Carnario a Verona.
Che il D. godesse di una certa considerazione in questo genere di pittura sembra provato anche dall'incarico di dipingere un ritratto del cavalier Anton Maria Lorgna "valendosi della cera punica mista a colori e dell'encausto", affidatogli nel 1790dall'Accademia, ma poi rifiutato dal pittore l'anno successivo a causa di "urgentissimi impegni di professione sopravvenuti e tuttora incombenti" (Segala, 1969). Secondo lo Zannandreis, il D. si sarebbe distinto anche nel dipingere paesaggi come quelli "con figure di cavalieri e dame a cavallo" in casa Benini a San Salvatore Vecchio (p. 473). Questi dipinti tuttavia sono oggi difficilmente identificabili, come del resto molti altri citati dalla stessa fonte in modo vago o impreciso, sia per quanto riguarda il soggetto, sia per quanto riguarda la collocazione.
Il D. proseguì intanto la sua attività nell'ambito dell'Accademia per la quale stese nel 1804 un piano di ristrutturazione statutaria ed economica in collaborazione con lo scultore Gaetano Cignaroli e con il pittore Germano Prendaglio; a questo progetto la commissione giudicatrice preferì tuttavia quello presentato nel 1805da Saverio Dalla Rosa, che nel medesimo anno gli successe nella direzione dell'Accademia. Nel maggio 1810, con il Dalla Rosa e il Cignaroli, venne chiamato a far parte della commissione incaricata di scegliere, tra i quadri incamerati dal demanio, quelli destinati a formare la Galleria comunale di Verona (Lacquaniti, 1979, p. 122). Il 23 ott. 1821, dopo la morte del Dalla Rosa avvenuta il mese prima, venne nuovamente eletto direttore dell'Accademia, senza tuttavia. interrompere, malgrado l'età ormai avanzata, l'esercizio della sua professione.
Pare avesse appena iniziato a preparare la tela per una grande Deposizione da lasciare come proprio ricordo alla parrocchia di S. Eufemia, quando fu colpito da apoplessia e dopo pochi mesi morì nell'ospedale cittadino, alle ore otto antimeridiane del 7 febbr. 1826, "lasciando fiorita scuola si dei suoi che d'estranei, alcuni de' quali gli fanno grand'onore, essendo egli per natura paziente ed amoroso nell'ammaestrare nell'arte li suoi discepoli" (Zannandreis, 1891, p. 473).
Nella sessione particolare dell'Accademia di pittura tenutasi il 23 febbr. 1826 (Atti, I, c. 147) fu data lettura di una lettera con la quale il direttore del civico ospedale veronese, annunciando la morte del D., chiedeva venisse scolpita a spese dell'Accademia una lapide funeraria intesa a ricordarne i meriti. Tale richiesta venne respinta con la motivazione che altri accademici ugualmente benemeriti non avevano ricevuto un simile riconoscimento e fu invece decisa l'esecuzione di un ritratto del defunto direttore da collocarsi nella serie di quelli degli altri pittori nelle stanze dell'Accademia stessa. Forse per interessamento di qualche amico, la lapide venne comunque scolpita con il testo dettato dall'abate S. Fontana in parte modificato (Repetto Contaldo, 1982, pp. 26 s.; 35) e collocata sulla tomba del pittore nel chiostro di S. Bernardino, allora adibito a cimitero comunale, dove si conserva (Zannandreis, 1891 p. 474; Cagnoli, 1852: entrambi gli autori riportano il testo integrale dell'epigrafe).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Verona, Stato civile del Comune. Morti in città, 1745, n. 72, c. 35; 1747, n. 73, c. 13; 1826, n. 116 (lettera D., alla data 7 febbraio); Verona, Bibl. capitolare, Libro dei battezzati e morti della Parrocchia di S. Eufemia dal 1733 al 1774. cc. 11 n. 56, 19 n. 100, 26 n. 136, 34 n. 176, 42 n. 220 (battezzati), 49 n. 328, 55 n. 377 (morti); Registro dei matrimoni della Parrocchia di S. Eufemia dal 1701 al 1778, c. 70; Verona, Accademia Cignaroli, Atti dell'Accademia di Pittura e scultura di Verona, I (1763-1857). passim; Verona, Bibl. comunale, Ms. Veronesi, Carteggio Sommacampagna, b. 113: Notizie sulla chiesa Parrocchiale ed oratorii esistenti in Cavalcaselle, 20 luglio 1840, c. 2; Verona Biblioteca comunale, ms. 1008: S. Dalla Rosa, Catastico delle pitt. e delle scolt. esistenti nelle chiese e luoghi pubblici... in Verona [1803-04], trascrizione eseguita nel 1958, p. 154; Verona, Museo di Castelvecchio, ms. (1891): P. Sgulmero, Postille allo Zannadreis, cc. 472, 473; G. B. Da Persico. Descriz. di Verona e della sua Provincia, I, Verona 1820, p. 185; II, ibid. 1821, pp. 166, 234; Id., Verona e la sua provincia, Verona 1838, pp. 247 s.; D. Zannandreis, Le vite dei pittori, scultori e archit. veronesi [1831-34], a cura di G. Biadego, Verona 1891, pp. 472 ss.; O. Cagnoli, Iscrizioni in Verona nel cimitero che fu a S. Bernardino, Verona 1852, I, p. 149, n. 42; A. Gloria, Il territorio padovano illustrato, Padova 1862, III, p. 65; A. Cometto, Chievo. Appunti monografici, Verona 1909, pp. 51 s.; A. Pighi, Notizie storiche di Sant'Ambrogio di Valpolicella, Verona 1923, pp. 7 s.; G. Mazzotti, Le ville venete, Treviso 1952, p. 297 (2 ed. 1953, p. 454); C. Donzelli, I Pittori veneti del Settecento, Firenze 1957, p. 38; M. Precerutti Garberi, Affreschi settecenteschi delle ville venete, Milano 1968, pp. 421 s.; ill. 258; P. Rossetti, Sant'Ambrogio di Valpolicella. Notizie storiche, Verona 1968, p. 18, tav. I; C. Segala, Ritratti e ritrattisti del cavalier A. M. Lorgna, in Vita veronese, XXII (1969), p. 168; G. Silvestri, La Valpolicella, Verona 1970, p. 126 (1 ed., 1950, p. 89, fig. 113); A. De Nicolò Salmazo, La catalogaz. del patrimonio artistico nel XVIII sec., in Boll. d. Museo civico di Padova, LXII (1973), 1-2, p. 98; A. Forner, Pittori veronesi del '700. Marco Marcola, in Vita veronese, XXVII (1974), p. 19; La villa nel Veronese, a cura di G. F. Viviani, Verona 1975, p. 597; G. P. Marchini, Le origini dell'Accademia di pittura di Verona, in Atti e inem. d. Accademia di agricoltura, scienze e lettere di Verona, s. 6, XXVII (1975-1976), p. 275; P. De Landerset Marchiori, in Gli affreschi nelle ville venete dal Seicento all'Ottocento, Venezia 1978, p. 152 n. 47 A; G. Pavanello, ibidem, pp. 218 s. n. 145; Tribano. Profilo stor., Milano 1979, p. 90; M. Lacquaniti, Saverio Dalla Rosa e le vicende della vagabonda Pinacoteca veronese, in Progetto per un Museo, II, Dipinti restaurati (catal.), Verona 1979, pp. 122 s.; 131, n. 41; G. P. Marchini, Le istituzioni museali e accademiche, in Cultura e vita civile a Verona, Verona 1979, p. 535; G. M. Dianin, S. Bernardino da Siena a Verona e nel Veneto, Verona 1981, p. 342; P. L. Fantelli, Le cose più notabili riguardo alle belle arti che si trovano nel territorio di Padova, in Padova e il suo territorio, XXVII (1981), 2, p. 33; ibid., 6, p. 28; M. Repetto Contaldo, Per una biogr. del pittore A. D., in Studi storici veronesi L. Simeoni, XXXII (1982), pp. 17-39; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 476; R. Brenzoni, Diz. di artisti veneti, Firenze 1972, pp. 100 s.; 190.